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Terzo giorno - II parte

Post n°146 pubblicato il 09 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Il museo dell'immigrazione è una sorta di esposizione di fotografie e oggetti d'epoca, risalenti agli anni '20. Ci sono persino le carte di identità statunitensi di quegli anni e le banconote portate in America dagli immigranti dei varii paesi. Un grande tabellone sforna le statistiche dei popoli (prettamente europei) che più hanno "invaso" gli Stati Uniti. Scopro che noi italiani siamo entro i primi dieci, ma non ricordo l'esatta posizione. Dopo una breve visita a questa esposizione, decidiamo di ritornare sulla terraferma. Durante il tragitto in traghetto guardo la mappa della City per pensare a dove andare. Decidiamo di farcela a piedi da Battery Park fino a Union Square: è abbastanza strada, ma il tempo è bello (il vento nel frattempo è diminuito) e, dopo tutto, ne vale la pena. Quindi eccoci qui, sul molo di Battery Park che proseguiamo lungo la promenade che si affaccia al mare. In lontananza si vede il Ponte di Verazzano, che collega Long Island a Staten Island, le ciminiere fumanti di Jersey City e dall'altro lato il Brooklyn Bridge in tutta la sua lunghezza. L'idea è di percorrere Water St su fino a raggiungere l'imbocco della 1st Av, svoltare a sinistra, passare per Tompkins Square - dove hanno girato Die Hard 3 -, ritornare sulla Water St, attraversarla, così come attraversare la Broadway e raggiungere Washington Square, nel bel mezzo del Greenwich Village.
Cominciamo la nostra passeggiata prendendo la Water St da Battery Park e, dopo poco, notiamo sulla destra un via vai di gente su e giù per un molo (che lì si chiamano pier). Un cartello ci informa che siamo al Seaport: in pratica su questo pier hanno aperto una serie di negozi e di ristoranti di pesce e ristrutturato i casolari, tipicamente portuali, dell'epoca. Sembra di essere in Europa. Velocemente diamo un'occhiata a questo inusuale porticciolo e proseguiamo sulla nostra strada. In lontananza sentiamo suoni di tamburi e voci e, avvicinandoci, veniamo travolti da un mare di colori: è Chinatown con i suoi abitanti che stanno festeggiando ancora il capodanno cinese. Un dragone di stoffa ci svolazza davanti, seguito da uomini e donne con tamburi e piatti e i bambini cantano e tutti ridono. Attorno al caseggiato c'è molta polizia che blocca il traffico se la processione cinese deve attraversare qualche strada. Molti sono anche i curiosi che come noi, sentito il frastuono, sono accorsi per assistere allo spettacolo. Data la nostra mancanza di tempo, salutiamo velocemente la processione e continuiamo il nostro cammino verso nord. Il quartiere di Chinatown è molto grande ed è riconoscibile anche per il fatto che i cartelli stradali sono scritti in due lingue: inglese e cinese. I colori cambiano di centimetro in centimetro e il marciapiede è sovraffollato di negozi di vario tipo; dalle pescherie al fruttivendolo: tutti prodotti importati dalla Cina. Ovviamente vi sono anche innumerevoli ristoranti cinesi. Oltrepassiamo Chinatown e Water St cambia nome in Bowery St. Svoltiamo in destra per Houston St e successivamente in sinistra per A Av fino a Tompkins Square. Qui c'è un parco dove sostano sulle panchine sia senza tetto che mamme con pargoli al seguito. E' così New York: una città piena di contraddizioni. Cerco invano la fontana con gli elefanti che compare nel film ma, irrimediabilmente, non la trovo. Scatto una foto per celebrare il momento, attraversiamo il parco fino alla 10 St e la percorriamo fino alla Broadway. Qui svoltiamo in sinistra fino a raggiungere Washington Pl, dove giriamo in destra e arriviamo in Washington Square. In mezzo alla piazza, beh, a dire il vero non proprio in mezzo, c'è un grande arco, tipo quello di Trionfo a Parigi. La mia compagna di viaggio dice che in questo posto hanno girato molti film, quindi scatto un paio di foto. Inoltre scopro che i palazzi attorno alla piazza sono i varii dipartimenti della New York University e noto la presenza di molta gioventù. Risaliamo dunque la University Pl ed eccoci, finalmente a Union Square. Sono le 16.30 e dobbiamo decidere cosa fare. Mi guardo attorno: la piazza pullula di giovani e per terra ci sono molte piume e ragazze girano con dei cuscini in mano. Evidentemente ci siamo persi la Battaglia dei Cuscini, peccato. Decidiamo di andare nella zona dell'Empire State Building, che si trova non distante da Union Sq. Tuttavia, esausti della camminata, optiamo per prendere la subway e scendere fra due fermate, alla 34 St. Una volta usciti dalla metro, dall'altra parte della strada appare il grande magazzino Macy's e di fronte a questo c'è Foot Locker. Ma dov'è l'Empire? Un momento: devo alzare la testa per vederlo! E infatti eccolo là: altissimo, spettacolare, come lo si vede nei film, il grattacielo che è stato per molto tempo l'edificio più alto del mondo! Entriamo da Macy's e facciamo un giretto tra il caos e il caldo e l'asfissiante odore di 1000 profumi mescolati assieme. Io, però, voglio vedere Foot Locker: è circa 20 volte i negozi che ci sono qui in Italia e le scarpe presenti al suo interno davvero sono migliaia. Nel frattempo è passata un'ora e mezza e pensiamo di fare così: visto che siamo nei paraggi e la giornata è bella, conviene salire sull'Empire State Building e, una volta scesi, troviamo un posto per cenare.
La salita al punto di osservazione dell'edificio costa sui 14 dollari. Al primo piano c'è la coda per salire, anzi, ci sono varie code. La prima è per passare i controlli di sicurezza. La seconda è per acquistare i biglietti. E poi c'è la terza che è la più lunga ed è la fila per prendere gli ascensori. Morale della favola: un'ora e mezza per riuscire ad entrare nell'ascensore. Questo, una volta partito, sale con una velocità paurosa tant'è che le orecchie mi si tappano e l'indicatore dei piani va di decina in decina fino a fermarsi al numero 80. Qui dobbiamo rimetterci in fila per poter raggiungere l'86esimo piano. Tutto sommato, però, ne vale la pena. La terrazza d'osservazione è gremita di gente e i flash delle fotocamere si sprecano. Il vento, a questa altezza, è molto forte tanto da far chiudere un'ala della terrazza. Lo spettacolo è magnifico: un mare di luci giace sotto di noi. Deboli si sentono i clacson delle automobili che, da qui, sembrano minuscole formiche luminose. All'orizzonte, guardando verso Lower Manhattan, si possono ammirare, illuminati di verde e di giallo, il Brooklyn Bridge e il Manhattan Bridge e, più in là, il Verazzano Bridge. Volgendo la vista verso nord, quella che in gergo si chiama Uptown, notiamo il Chrysler Building, il GE Building, sede del Rockefeller Center, e una zona ad illuminazione uniforme che altro non è che il Central Park. Verso ovest noto una luce bianca che pervade una zona in cui non riesco a vedere il suolo. Si intravede un pannello colorato che cambia di forma e colore: si tratta di Times Square. Scatto una moltitudine di foto ma alcune verranno mosse a causa del vento e del fatto che le faccio senza flash e con un tempo di esposizione più lungo. Alzo per una attimo la testa chiedendomi se per caso, in quel mare di luci, si possono ancora vedere le stelle a quello che vedo è la gigantesca antenna dell'Empire, divenuta famosa per il film King Kong. E' illuminata di blu. Sono ormai quasi le nove e il freddo e la fame ci impediscono di restare ulteriormente fuori sulla terrazza. Decidiamo di scendere e, come siamo ormai abituati, dobbiamo fare la fila. Sicuramente molto più corta di quella precedente e infatti dopo una decina di minuti siamo nuovamente sulla strada. Proprio ai piedi dell'Empire c'è un pub/ristorante e, vista l'ora, pensiamo che sia cosa buona e giusta fermarci per cena. Una cosa che ho notato subito è che in qualsiasi ristorante c'è, all'ingresso, una persona che ti saluta e ti fa' accomodare al tavolo, se ne hanno uno libero. Sta sera il nostro tavolo si trova al piano interrato. Il locale è bello e mi sembra di essere a casa e penso che i pub sono tutti uguali. Un cameriere ci porta i menu e io scelgo la tipica bistecca di NYC, la New York Strip Steak. E, ovviamente, una birra. La carne è buona, anche se forse un po' bruciacchiata: del resto per gustare una buona steak bisogna andare nelle steakhouse. Ce n'è una che mi ha consigliato il babbo e espongo l'idea che non sarebbe male farci un salto prima di partire verso casa.
Finita la cena paghiamo, lasciando la mancia al cameriere, prendiamo la metro e torniamo in hotel. E anche il terzo giorno è finito.



In foto: Lower Manhattan vista dall'Empire State Building. In lontananza, quello verde, si nota il Ponte di Verazzano.

 
 
 
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