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Quarto giorno - I parte

Post n°148 pubblicato il 15 Marzo 2007 da myk_dee

Apro gli occhi ed è già tardi. Sono le otto di mattina. Per fortuna la doccia l'ho fatta ieri sera. La routine è sempre quella: toeletta mattutina, vestizione svelta e discesa sulla strada per colazione veloce. Il programma di oggi è molto bello, anzi, è proprio quello che preferisco: andarmene in giro per la City da solo. Infatti la mia compagna di viaggio vuole visitare il Guggenheim Museum: insiste col dire che non può proprio fare a meno. Data la mia scarsa propensione per la visita a musei e robe del genere, propongo di fare così: «Ascolta, tu vai al museo mentre io mi faccio un giretto. Ci troviamo, diciamo verso mezzogiorno e mezzo, davanti al museo e proseguiamo con la visita della città.» Lei annuisce. Stessa colazione di ieri mattina solo che questa volta compro due cinnamon rolls e il solito cappuccino. Uno dei dolcetti lo incarto e lo metto nello zaino. Metti che mi viene fame. Ci dirigiamo verso la stazione della metro e prendiamo la linea 6 direzione Uptown. Il Guggenheim si trova sulla 5th Av all'altezza della 88th St. Arrivati all'entrata del Museo ci salutiamo, dandoci l'appuntamento per l'ora prevista, e ci salutiamo. Mi guardo attorno: la Città è mia per due ore e mezza. Corro alla subway più vicina, aspetto giusto un minuto per la linea 6, direzione Uptown, entro nel treno, mi siedo, indosso le cuffie e l'hip hop si prende la mia anima. Qui, dove è nato. Lì, dove sto andando. Nel Bronx. E' domenica mattina, in metro c'è poca gente e man mano che saliamo i "bianchi" scendono e i "neri" salgono. Siamo ad Harlem, appena sopra la 101st. La mia fermata è la penultima. Mezzora di viaggio e ci sono: 161st St, Yankee Stadium. La stazione della subway, ora, non è più sottoterra ma è sopraelevata. Il paesaggio, dalle belle case che si affacciano su Central Park, è diventato grigio ed enormi palazzoni, grigi anch'essi, svettano alti sulle strade malconce. Scendo dalla sopraelevata e mi dirigo verso lo stadio, proprio di fronte a me. Ieri c'è stata la partita e si notano, per terra, gli effetti: cartacce, lattine e bottiglie vuote volteggiano nel freddo vendo del Bronx. Mi piacerebbe vedere da dentro lo Stadio ma, mi informa uno degli addetti ai lavori, le visite sono soltanto guidate e cominciano alle 12. Non faccio in tempo, peccato. Faccio comunque il giro dello stadio: sulla mia destra ci sono alcuni campi da basket e sui canestri vi è disegnato il logo degli Yankees. E' un peccato essere venuti di domenica e con questo cattivo tempo. Scommetto che nei sabati d'estate c'è molta gente che gira lì attorno. Ecco, ho finito di fare il giro dello stadio e torno verso la stazione. Prima però noto che di fronte a questa c'è un altro campo da basket e sul muro che lo separa da un palazzone c'è un graffito raffigurante dei giocatori famosi della squadra di baseball. Molto bello. Su 10 newyorkesi, almeno 8 portano il berretto o una felpa o una giacca o quant'altro degli Yankees. E' la loro squadra e il loro orgoglio.
Mi ci vorrà, a questo punto, un'altra mezzoretta buona di strada per tornare dov'ero prima. Tuttavia decido di cambiare strategia: dalla parte opposta del Guggenheim c'è la Columbia University, famosa università sede di molti film, e assai prestigiosa. Come non andare a vederla? La metro 6 in direzione Manhattan mi porta verso sud. Scendo alla Grand Central Station (anche questa, nota location di molti film) e prendo la linea rossa e scendo, venti minuti più tardi, alla fermata 116th St, Columbia University. Per trovare l'università non ci vuole molto: basta seguire le decine di studenti che camminano per Broadway verso un'unica direzione. Un cancello con due statue a me ignote mi fanno da monito: «stai per entrare alla Columbia University, studia», sembrano dire. Un vialetto alberato mi porta nella piazza principale del campus. Sulla mia destra, monumentale, si erge la ex-Biblioteca mentre sulla sinistra, ancora più grande, compare la vera Biblioteca. Il primo è un edificio in stile neoclassico: sembra di vedere un Pantheon in miniatura. L'altro è anch'esso nello stesso stile, cambia solo la forma. In mezzo alla piazza sosta una macchina della vigilanza e gli studenti, qui, sono davvero pochi. Sarà perché è domenica, penso. Voglio fare un giro nel campus ma è talmente grande che mi serve qualche indicazione. Trovo quello che fa per me in un cartello con la pianta dell'università e i nomi e le posizioni dei dipartimenti. Partendo dalla "A" cerco "astronomy". Non c'è; cerco "physics" e lo trovo. Decido di mettermi in marcia per il "Department of Physics". Passo davanti alla "Mathematics Hall" e davanti a me un edificio molto alto mi fa capire di essere arrivato. Una cupola verde è il segno di un telescopio al suo interno mentre un cartello sul portone recita: "Department of Pysics. Laboratoires". Ottimo. Una ragazza entra e la seguo. Purtroppo non faccio in tempo ad entrare con lei: la porta si chiude e per aprirla ci vuole la tessera dell'università. Peccato. Sono le 11 e mezza ed è venuta l'ora di ritornare al luogo di incontro. Un sms mi informa che il nuovo luogo per il ritrovo è adesso l'albergo. Bene, ho ancora qualche minuto libero. Ritorno alla metro e prendo la linea 1 in direzione Downtown. Sulla cartina vedo che una delle fermate è la 72nd St. Ricordo che in questo incrocio con la Broadway hanno girato una scena di Die Hard 3 e dunque decido di scendere per verificare di persona. Infatti è proprio come nel film. Scatto qualche foto e mi viene in mente del dolcetto alla cannella che ho nello zaino. Lo estraggo e me lo gusto mentre aspetto il treno che mi porterà a Times Square, dove scenderò. C'è da dire che Times Square di giorno non ha nulla da togliere a se stessa vista di notte.


In foto: la Columbia University Library

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