Wikipedia me la raffiguro sempre di più come uno di quei depliant che trovi nelle agenzie di viaggio. Ti soffermi su un’isoletta poi, zoomando al contrario, allarghi l’orizzonte e scopri che quell’isoletta fa parte di un piccolo arcipelago con altre isolette intorno.
Ero partito da cesura, la più piccola delle isolette che nella didascalia viene così descritta:
“la denominazione che in metrica definisce ogni demarcazione ritmica statisticamente significativa all’interno di un verso sufficientemente lungo, di cui delimita gli emistichi“.
Grazie alla didascalia ho notato i due piccoli ponti che la collegano alle due isolette laterali ad essa e che prendono il nome di emistichio est ed emistichio ovest ovvero:
“le due parti in cui un verso, suscettibile di ripartizione, viene diviso dalla cesura“.
Le foto dall’alto delle tre isolette mi aiutano a decifrare meglio la loro geografia ma, senza questa didascalia, cesura mi sarebbe rimasta ancora da scoprire:
“La lirica novecentesca accoglie la struttura antica ma la rielabora, come in L’amica di Nonna Speranza di Guido Gozzano, dove, al quinto distico, l’autore pone la cesura dopo la prima sillaba della parola D’Azeglio”:
“le tele di Massimo D’A-zeglio, le miniature,/ i dagherrotípi: figure sognanti in perplessità.”
Qui, però, spunta un’altra isoletta ed è distico. Prima di essa, ancora due foto e due didascalie illustrano cesura rivelandomela completamente assieme ai due emistachi:
“Pascoli utilizza l’emistichio, ma spesso lo isola con la punteggiatura interna al verso e l’enjambement, mentre D’Annunzio rima il primo emistichio dell’esametro con l’uscita del pentametro e l’uscita dell’esametro con il primo emistichio del pentametro.”
Glissando sulla perversione che c’è in questa frase perché conosciamo i gusti del poeta:
“il primo emistichio dell’esametro con l’uscita del pentametro e l’uscita dell’esametro con il primo emistichio del pentametro”
quello che c’è di bello in alcuni viaggi, ancor più bello del viaggio stesso, è proprio lo stupore del viaggio nel viaggio.
Certi luoghi, non hanno fine. Così come i viaggi nel viaggio ed ecco che, dopo distico appare un’altra isoletta, l’enjambement che in foto differisce dalle altre perché più ostica ma, non per questo, meno bella.
Distico è immediata come la sua didascalia:
“è una strofa formata da una coppia di versi”.
Due palme su un arenile bianco come un foglio, punto.
Su enjambement, situata leggermente più a sud, mi devo soffermare un po’ di più, ma l’assenza di spiaggia e la ricca vegetazione me la rendono meno accessibile. Più misteriosa ed impenetrabile come la didascalia che l’accompagna:
“alterazione tra l’unità del verso e l’unità sintattica. Si tratta cioè di una figura retorica della sintassi o di un sintagma o anche di una parola causata dall’interruzione del verso, la quale induce un prolungamento del periodo logico oltre la pausa ritmica.”
Quel sintagma mi allarma. Sarà la suggestione dovuta alla vegetazione impenetrabile, sarà la mia paura ad infilare le mani o anche solo le dita nelle tane o anche solo nei buchi. Oddio, non proprio in tutti i buchi, però decido che questo viaggio finisce qua.
Pazienza che in aereo il solito pirla:
“E sintagma?”
“No, quella non l’ho vista.”
“Cazzo, ti sei perso il meglio!”
“E ti pareva”, penso abbassando lo schienale e vaffanculo. Dormo.
:)scrivere di un certo ritmo …o con le figure retoriche , a volte mi domando quanto sia innato e cioè comunque frutto di assimilazione di tutta una vita di studio lettura cultura o se semplicemente applicazione di una metrica; certo però immagino che nell’oltre non esplorato ci possa essere, come in una scala verso la luna, l’inaspettato. Un po’ come macinano i giorni verso, siamo avanti con febbraio e tra poco sarà primavera.