eccentricità

albert

Partendo da qua, vorrei restare nel tema dell’eccentricità, ma legata ai personaggi e non a quello che fanno, proprio per quei tanti, molti, moltissimi che, per un certo verso, credo che nemmeno ce li cagheremmo per quello che fanno se non lo sponsorizzassero anche con la loro eccentricità. Venendo all’arte ed anche alla scienza, e mi riferisco all’arte vera così come alla scienza vera – non a quelli che se gli togli il gettone raccattato dietro il burattinaggio degli schermi televisivi gli toccherà andare alla Caritas per racimolare un tozzo di pane – quello che mi chiedo è quanto realistica sia la loro eccentricità sia nell’abbigliamento che nella capigliatura. Ora, per fare un esempio, Einstein anche se si fosse pettinato per bene o con la criniera alla Hamsik, la sua grandezza non sarebbe cambiata di una virgola. Anzi io penso che la sua capigliatura non fosse una ricerca d’eccentricità. Einstein, a mio avviso, da un certo momento in poi, ha perso confidenza prima con lo specchio e poi anche col pettine o la spazzola. Anzi pettinarsi era una fatica inutile perché navigando mentalmente in formule borderline ovvero quelle ai confini con la pazzia, immagino che le mani le tenesse sempre infilate nei capelli, proprio come me quando mi toccava risolvere 4 equazioncelle del cazzo. E quindi di fronte ai miei supplizi tantalici ne uscivo sempre spettinato ma anche sputtanato perché la mia soluzione non quadrava mai con quella del libro.
Quindi l’eccentricità, a ben guardarla, per una gran parte è solo un modo per sponsorizzare un po’ di merda venduta come arte oppure scopiazzare l’artista vero che, in realtà, non è eccentrico ma è proprio così in natura. Uno che nella testa ha ben altre cose a cui pensare piuttosto che abbinare giacche e pantaloni o abbinare maglie e giacconi. Lui compera quello che gli serve: gli serve una giacca ed è già tanto se non sbaglia fra il femminile ed il maschile. Ne prende una, la infila e se gli sta comoda, cosa diversa dal concetto di taglia giusta, la prende. Lo stesso fa con i pantaloni e così con le maglie o le camicie. Abbinare i colori? Ma come si potrebbe chiedere ad un Picasso o ad un Braque o ad un Kandisky di abbinare i colori? Per loro nemmeno il cielo e le nuvole hanno un colore che sarà sempre quello, anzi cielo e nuvole forse non hanno neanche il senso che gli diamo noi. Gli artisti quelli veri non sono eccentrici, sono artisti e basta. Poi ci sono i pataccari. Quelli che fanno gli eccentrici pensando che così diventano anch’essi artisti ovvero quelli che non hanno capito che l’artista vero non è eccentrico, ma è artista. Ed ecco che i pataccari scelgono la giacca e la scelgono rossa e sotto scelgono il pantalone che dovrà essere rosa oppure verde pisello. La loro eccentricità è una costruzione ed impiegano più tempo a disegnarla e curarla in ogni dettaglio per poi esibirla come disordine, piuttosto che il tempo per quello che fanno. Alla fine, loro restano eccentrici e pataccari mentre gli artisti restano artisti a tutto tondo ed il loro casino esterno non è eccentricità, ma solo una piccola parte del casino che hanno dentro.

Alla fine, come ha scritto Fanny_Wilmot, meglio di lei non avrei saputo fare:
“agli artisti, invece, coevi e posteri esprimeranno gratitudine perché permettono di intuire cos’è l’eternità”.

eccentricitàultima modifica: 2020-04-29T20:04:18+02:00da arienpassant

5 pensieri riguardo “eccentricità”

  1. Infatti non è un caso se sei riuscito a spiegare un concetto, comunque semplice di per sé, ricorrendo a due vocaboli: pataccaro e artista. L’arte, in senso onnicomprensivo, nasce in un luogo e in un tempo precisi, e può essere riconosciuta come tale in tempo reale oppure essere radicalmente ignorata, ma in ogni caso troverà il modo per mettere radici. Ora, siccome esiste una forma di giustizia che esige il riconoscimento del merito, dei pataccari non ricorderemo nulla perché nulla hanno dato; agli artisti, invece, coevi e posteri esprimeranno gratitudine perché permettono di intuire cos’è l’eternità.

  2. “Esiste un’enorme zona d’ombra in cui solo la letteratura e le arti in genere possono penetrare; di certo, come disse il mio maestro Juan Benet, non per illuminarla o rischiararla, ma per percepirne l’immensità e la complessità; è come accendere una debole fiammella che perlomeno ci consenta di vedere che quella zona è lì e di non dimenticarlo”. Javier Marías

  3. Due commenti, due concetti per provare a dare una definizione dell’arte. Potendo scegliere, per impreziosire il post, ho preferito ritoccarlo con quello che la definisce meglio. Sull’arte, infatti, si possono esprimere millemila definizioni, tutte più o meno accattivanti o ad effetto, ma quella che la racconta meglio è proprio il gene contenuto nel suo dna ovvero il suo sopravvivere al tempo: la sua eternità.

  4. p.s.: ah, grazie perché ora so cosa rispondere a chi dovesse chiedermi di spiegargli cos’è l’eternità e fargliene un esempio. Gli dirò: qualcosa che vive e sopravvive al tempo, tipo l’arte.
    Del resto, alla puttanata dell’amore eterno non ho mai creduto. 🙂

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