(im)permanenza

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Di tutto è rimasto un poco /
Rimane sempre un poco di tutto / A
volte un bottone / A volte un topo.

Questi versi tratti da una bellissima poesia del poeta brasiliano Drummond De
Andrade rimandano, in qualche modo, al tema dell’impermanenza/permanenza,
motivo predominante di questa riflessione pittorica. La tela bianca, smisurata –a
prescindere dalla sua grandezza-, ci rammenta che comunque resterà sempre qualcosa
(dopo), ma anche ora che sono dinanzi ad essa e provo a risolverla scrutandone
attento la trama, che ne occulta l’accesso. Resta sempre qualcosa persino nel gesto
iniziale, di “attacco” alla tela per sottrarle il dipinto, che scandisce il mio tempo
addomesticato, o il presente, sospeso in un gesto, che tarda a svelare l’ignoto appena
trascorso nei segni. A volte un quadro permane. A volte l’emozione indistinta che
ravviva un ricordo negletto, forse un viso, che è anche un suono o un profumo di un
altro ricordo. Certe linee, che alterano un equilibrio cromatico, mi procurano
angoscia, il disagio medesimo percepito a Madrid un mattino d’estate ad un incrocio
di strade ostruito. Ogni cosa che passa pure un poco permane, ci racconta del tempo
che abbiamo trascorso, che forse allora non abbiamo “afferrato”, ma ci può capitare
d’incontrarlo di nuovo, di riviverlo nei soliti gesti che ci sorprendono ancora. I
quadri, prevalentemente di grande formato, documentano un periodo di lavoro
piuttosto lungo nel quale il motivo dell’impermanenza, ma anche di ciò che resta
della nostra esperienza sensoriale e dell’incontro con gli altri, vengono rappresentati
attraverso temi meramente emozionali (dipinti astratti), o più facilmente riconoscibili
quali il sogno o la rivisitazione in forma simbolica della maternità. La parola, poi, si
rende “visibile”, si espone, accompagnando due quadri a rinnovare l’impegno,
l’azzardo, di un’espressione possibile, necessaria al di là di ogni forma.

Quarantena

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Il cielo azzurro
A linee frastagliate
Profila i tetti
Il campanile di una chiesa
Nella vetrata diafana
Della mia stanza
Die Kunst der Fuge
Il mondo sensibile
Che mi sovrasta.

Stella d’oltremare

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Stella d’oltremare

La stanza oscurava di luce
Luccicava di risvegli argentati
Traiettorie sonore
Di un’essenza multipla
A domande
Scomposte/de-composte
Collidevano
Nella variabile geometria
Di fuga del suo volto
Simile ad un gioco d’azzardo
Di confortanti promesse
Dall’esito fatale
Tu che giungi dal mare
Avvolta in diafani veli
Di salsedine
Col passo inquieto
Della tua danza immobile
Tra petali di sogni
E memorie profumate
Di libeccio
Narrami dei rami
Sagomati dai flutti
La deriva immemore
Delle genti straniere
Il coltello e la voglia
Nell’indolenza dei passi
L’attesa degli occhi
Nei profumi di spezie
Dei mercati d’Oriente.

(c)