Father and Son

Father and Son - Photographs by Valery Poshtarov | Essay by Magali Duzant | LensCulture

Untitled. Batak, Bulgaria, 2022

Un padre e un figlio che si tengono per mano ben oltre i limiti anagrafici. Un gesto rivoluzionario perché assente dalla grammatica che regola una delle più belle relazioni che umanità conosca. Se n’è occupato in qualità di fotografo Valery Poshtarov. Ma anche la letteratura c’ha messo del suo inquadrando a tutto tondo le conflittualità padre-figlio senza dimenticare, come nel caso di McCarthy, certe sfumature simbiotiche che tuttavia restano relegate a quel periodo della vita in cui per un bambino l’unico vero eroe è il suo papà.

Untitled. Blagoevgrad, Bulgaria, 2023

Anche se di mio padre dirò questo: quando tornò dal teatro di guerra e smise di essere l’agente della morte che fischiando cadeva giù dal cielo – era il 1945, l’anno in cui nascemmo mia sorella e io, nel Michigan, alla base Wurtsmith di Oscoda – forse era, come molti soldati americani, nella stretta di una grande, imprecisata gravità. Lottando contro questa gravità, passò il resto della vita cercando di essere positivo e di stare a galla, prendendo decisioni sbagliate che per un attimo sembrarono giustissime, ma in definitiva non comprendendo il mondo in seno al quale era tornato e lasciando che questa incomprensione diventasse la sua vita. Dev’essere stato così, ripeto, per milioni di ragazzi, anche se lui non l’avrebbe mai capito e non avrebbe ammesso che era vero.” Richard Ford, Canada

Untitled. Shipka, Bulgaria, 2023 © Valery Poshtarov

Quello non era un posto sicuro. Adesso che era giorno dalla strada li si poteva vedere. Il bambino si rigirò nelle coperte. Poi aprí gli occhi. Ciao papà, disse.

Sono qui.

Lo so.

Un’ora dopo erano sulla strada. Lui spingeva il carrello e avevano entrambi uno zaino in spalla. Negli zaini c’erano le cose essenziali. Casomai avessero dovuto abbandonare il carrello e fuggire. Alla maniglia del carrello era attaccato un retrovisore da motocicletta cromato che l’uomo usava per tenere d’occhio la strada dietro di loro. Si risistemò lo zaino sulle spalle e scrutò la terra devastata in lontananza. La strada era deserta. Sotto di loro, nella piccola valle, la serpentina grigia e quieta di un fiume. Precisa e immobile. Lungo la riva un ammasso di canne morte. Tutto bene?, chiese l’uomo. Il bambino annuí. Poi si incamminarono sull’asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l’uno il mondo intero dell’altro.” Cormac McCarthy, La strada

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Untitled. Dobrich, Bulgaria, 2021

Il mese scorso sono venuto a trovarti nella cittadina del Nord in cui vivi adesso. È una città brutta e grigia. Il mare è solo a pochi chilometri di distanza ma tu non ci vai mai. Non ti vedevo da diversi mesi – è stato tanto tempo fa. Quando mi hai aperto la porta non ti ho riconosciuto.

Ti ho guardato, provavo a leggere sul tuo viso gli anni passati lontano.

La donna con cui vivi mi ha spiegato più tardi che non puoi quasi più camminare. Mi ha anche detto che di notte hai bisogno di un macchinario per respirare, altrimenti il cuore si ferma. Non può più battere senza assistenza, senza l’ausilio di una macchina, non vuole battere più. Quando ti sei alzato per andare in bagno e sei ritornato, l’ho visto, i dieci metri percorsi ti hanno lasciato senza fiato, ti sei dovuto sedere per l’affanno. Ti sei scusato. Le scuse da parte tua sono una novità, devo abituarmici. Mi hai spiegato che soffri di una forma di diabete grave e di colesterolo, che avresti potuto avere un arresto cardiaco in qualsiasi momento. Mentre mi spiegavi questa cosa ti mancava il respiro, il torace ti si svuotava di ossigeno, come se ci fosse una perdita, perfino parlare era uno sforzo troppo grande, troppo intenso. Ti vedevo lottare contro il corpo ma cercavo di far finta di niente.” Édouard Louis, Chi ha ucciso mio padre 

Father and Sonultima modifica: 2024-04-29T12:10:56+02:00da hyponoia

8 pensieri riguardo “Father and Son”

  1. Di Cormac McCarty mi torna in mente il romanzo “Oltre il confine”. In particolare mi hai fatto tornare in mente il pezzo della lupa. Bellissimo. Tranquilla, non ho mai letto quel romanzo perciò togliti dal viso quell’espressione fra divertita e sorpresa, anzi tienitela perché mi piace. Ne feci un post, dopo aver sentito quel pezzo letto da Baricco. Raccontava di una lupa che il padre di un ragazzo, malgrado mille tentativi e trappole non riusciva mai a sorprendere. Un giorno, poiché il padre non poteva tornare nella boscaglia, dove la lupa lasciava sempre le sue tracce, il ragazzo ci andò da solo. Preparò un paio di trappole e, incredibile, stavolta fu più furbo di essa. Malgrado il padre gli avesse raccomandato di non avvicinarsi alla lupa e, se l’avesse catturata, di spararle lui non ebbe il coraggio di ammazzarla ma, si avvicinò ad essa, e con mille attenzioni la legò, le mise una museruola rudimentale che creò al momento, la legò dietro al cavallo e si avviò. Poi, sulla strada del ritorno, alcuni tizi lo fermarono e gli chiesero di chi era quella lupa. Lui rispose “E’ mia”. Quelli dissero che non era possibile possedere una lupa, gliela presero e la portarono via. Lui rimontò a cavallo e si riavviò verso casa. Cavalcò per un po’ e, qui, Baricco dipinse quel tratto di sentiero come solo lui o, forse, solo McCarty seppe fare. Quel sentiero che si tramutò in un bivio: tornarsene a casa oppure dare una svolta alla sua vita girando gli zoccoli del cavallo e tornare indietro per andare a riprendersi quella lupa che, come una donna, era sua. Da qui, tutto il romanzo. Come un destino fra lui e la lupa. Fino al confine col Messico, oltre il confine. La ritrova. Se la riprende. La perde ancora.
    Un romanzo bellissimo che non ho mai letto, ma ho ascoltato.

  2. grazie grazie grazie per il mirabile Baricco che un video dopo l’altro si conferma un imbattibile cantastorie nel senso più nobile del termine. Detto questo, com’è che mi era sfuggito un romanzo così? ora però non vorrei perdermi il tuo post, lo cercherò 🙂

    1. Non lo troverai perché non posso più trovarlo neanch’io. Un paio di mesi fa nel riordinare il mio passato da blogger devo aver fatto una cazzata e ho perso tutto… sigh…
      Posso aiutarti solo a riascoltare il racconto di Baricco, ma credo che quel tuo “grazie, grazie, grazie” significasse proprio che l’avevi già visto. Se non fosse così:
      https://www.youtube.com/watch?v=ug-IPUOc4cw
      https://www.youtube.com/watch?v=NBBYajYdvD4
      https://www.youtube.com/watch?v=zqrz9R8LrnU&t=323s

  3. Infatti hai dedotto bene, già visto tutto e sono rimasta estasiata. Pensa che a Baricco perdono anche l’uso delle onomatopee che in genere sono trovo irritanti… 🙂
    comunque è un peccato che tu abbia perso tutto, qualche volta ho immaginato di poter rileggere i tuoi esordi…

  4. Se, come credo, “onomatopee” significa somiglianza fra due tope, non comprendo il nesso con Baricco.
    Sui miei esordi, rien va plus, il latte ormai l’ho versato 🙂
    Comunque, anch’io sono rimasto estasiato a riascoltare quella storia e poco importa che sia durante che a fine racconto, Baricco si sia incartato nel voler ricorrere a tutti i costi a qualche onomatopea che spiegasse sia quel bivio della vita che ci fa imboccare una via piuttosto che l’altra o quel rapporto magico fra Billy e la lupa.
    Quel racconto, a mio avviso, McCarty l’ha disegnato come quei baci che conoscono tutte le scorciatoie per arrivare al cuore prima di qualunque parola o spiegazione. 🙂

  5. “Se, come credo, “onomatopee” significa somiglianza fra due tope, non comprendo il nesso”
    🙂 caro il mio spiritoso, intendevo proprio i suoni tipo “zac” che Baricco usa spesso.
    “Quel racconto, a mio avviso, McCarty l’ha disegnato come quei baci che conoscono tutte le scorciatoie per arrivare al cuore prima di qualunque parola o spiegazione.”
    Questa mi piace molto.

    1. ahhh, sono quei “zac”, “paf” e così via le onomatopee… c’è poco da fare, le spiegazioni sono molto meglio della mia avventurosa ignoranza. Grazie 🙂

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