Concupiscenze

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La lettera che scriviamo è uno spazio condiviso da due persone; non inviandola, colui che l’ha scritta rivendica il potere di includere e al tempo stesso di escludere il destinatario. Un gesto che per vigliaccheria o autocontrollo viene compiuto in nome del tatto o del buonsenso“.

Yiyun Li, Caro amico dalla mia vita scrivo a te nella tua

Devo confessare, indipendentemente dal discorso di spedire o meno una lettera, che sono di parte: ho scritto così tante lettere che non posso che dirmi convintamente sostenitrice dell’importanza di coagulare un sentimento in inchiostro. Ma ora, nulla posso della vitrea immediatezza di una e-mail o peggio ancora di un whatsapp, le cui “prose”, usurate dalla servilità alla comunicazione contemporanea, i più presuppongono di maggiore efficacia perché “snelle”. E pazienza se il messaggio virtuale dice poco o niente dell’esercizio alla sincerità – o per converso della cattiva fede di chi lo ha scritto – né tanto meno è di qualche interesse rilevare, nel caso di uno scambio amoroso, la ricerca della frase giusta da parte del mittente per scongiurare l’eventuale spaesamento del destinatario. Nulla ha la meglio su quei miseri agglomerati di parole attraverso cui pretendiamo di saldare un legame.