E di te che saprò?

E di te che saprò? le tue apparenze

han detto quel che vuoi, quel che non sei

credi tu

che dietro a questa assurda

fuga di giorni

ci attenda il passo delle vere parole?

o che immutati, forse

con un nuovo segreto a mantenere,

ci sorprenda l’addio?

Luciano Erba

Un ringraziamento a tutti coloro che, appassionati di letteratura e poesia, ne scrivono senza risparmiarsi. E non di rado, svincolati dalle mode, restituiscono piccoli tesori dimenticati troppo in fretta. Talvolta perché i proprietari, raggiunta la ribalta, se ne sono allontananti senza più voltarsi indietro. Con l’ostinazione che nasce dal disprezzo per la massificazione, per il conformismo.

vetrina fotografica: Michael Kenna e lo scatto lento – Il Canto delle Muse

foto di Michael Kenna

Dedicato a Rupi Kaur

Prende in mano oggetti scompagnati

una pietra,

una tegola rotta, due fiammiferi bruciati,

il chiodo arrugginito del muro di fronte,

la foglia entrata dalla finestra, le gocce

che cadono dai vasi innaffiati,

quella pagliuzza

che ieri il vento portò sui tuoi capelli,

li prende

e là nella sua corte costruisce press’a poco un albero.

In questo press’a poco sta la poesia. La vedi?

Ghiannis Ritsos

Questa è poesia, carissima instapoet. Mistero che sostanzia la meravigliosa insensatezza della vita.

Belle scoperte

Morta la poetessa Patrizia Cavalli

La poesia è una forma d’arte alta, e forse è a causa di questa peculiarità (o stigma?) che ai più è nota solo a livello teorico, e guardata con sospetto. Ora, posto che ognuno fa come gli pare, non credo si possa restare indifferenti imbattendosi nelle poesie di Patrizia Cavalli (foto). A condizione d’aver militato nel bello.

Adesso che il tempo sembra tutto mio

Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.

Quante tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d’acqua,
un guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla gattina.
Così dimentico sempre
l’idea principale, mi perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è vano
tentare qualsiasi ritorno.

Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova faccia.
È tutto così semplice,
sì, era così semplice,
è tale l’evidenza
che quasi non ci credo.
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi.

L’io singolare proprio mio

Quasi sempre chi è contento è anche volgare;
c’è nella contentezza un pensiero
che ha fretta e non ha tempo per guardare
ma passa via compatto e maniacale
e reca oltraggio volgendosi a chi muore
Avanti con la vita, su, coraggio!

Chi è fermo nel dolore non frequenti
gli allegri e disinvolti corridori
ma solo i passi lenti dei suoi uguali.
Se una ruota s’inceppa e l’altra gira
quella che gira non smette di girare
ma avanza quanto può e trascina l’altra
in una corsa povera e sghimbescia
finché il carretto o si ferma o si rovescia.

Cosa non devo fare

Cosa non devo fare
per togliermi di torno
la mia nemica mente:
ostilità perenne
alla felice colpa di esser quel che sono,
il mio felice niente.