Ci si chiede spesso quale sia il limite del lecito in un rapporto BDSM.
Dove si può arrivare senza compiere un reato?
Qual’è il limite invalicabile se esiste un limite invalicabile?
Al di là della arcinota formula SSC (sano sicuro e consenziente) che presuppone il rispetto assoluto dell’integrità psicofisica dei soggetti interessati, la giurisprudenza consolidata sostiene che :
“Il sesso è libero in quanto costituisce uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, rientrante tra i diritti inviolabili tutelabili costituzionalmente… ma è del pari innegabile che non si tratta di una libertà indisponibile, occorrendo una forma di collaborazione reciproca tra soggetti che vengono in relazione sessuale tra loro. Rapporti sadomasochisti ed inclinazioni sessuali di tale natura, pertanto, non possono certo definirsi illeciti o fonte di responsabilità penale, purchè siano caratterizzati “da un reciproco scambio di consensi informati, liberi e revocabili e a condizione che i soggetti interessati non si trovino in situazioni patologiche la cui presenza finirebbe con il neutralizzare il consenso rendendolo privo di effetti giuridici per carenza della piena capacità di intendere e di volere”.
Evidente quindi che fra persone adulte, consenzienti e sane di mente, in assenza di altre e maggiori fonti di reato (lesioni colpose o peggio) non sussistono fonti di illecito penale.
Sano…..non deve procurare danni
Sicuro…..non deve cagionare pericoli
Consenziente….. deve essere voluto e condiviso
Il problema resta uno solo: l’onere della prova.
Se dovesse succedere qualcosa come si prova il consenso? come si prova la sicurezza? come si prova l’assenza di danno?
Tre le parole d’ordine: attenzione, prudenza e rispetto….sempre…..
Meditate gente, meditate.
Dominjus
Intanto bentornati ad entrambi;-) E’ un piacere ritrovarvi. Non so se vi è capitato leggerlo, ma mistero ha appena scritto un post sulla “Schadenfreude”…mi viene in mente perché, letteralmente, questo termine si traduce con “gioia scaturita dalla sofferenza altrui”. Ecco, io credo che vada compreso come la connotazione di quel tipo di piacere, almeno nell’accezione presentata dall’assetto del post, sia molto differente dal rapporto con la sofferenza contemplato all’interno del BDSM. Perché, senza voler aggiungere altro alle parole che hai riportato tu, sia ricordando l’imprescindibile formula delle tre paroline – sano sicuro e consenziente – sia in ambito legislativo, con la definizione esaustiva del come e del quando (con i conseguenti perché) un’espressione sessuale esuli o non esuli dalla caratteristica di qualsivoglia illecito penale, penso si possano solo rendere ancora più evidenti i differenti “moventi” e la diversa “colorazione” o peculiarità del dolore nei due contesti presentati, anche quando in entrambi i casi viene implicato il concetto di sadismo. Nella “gioia per la sofferenza altrui” trattata da misti, infatti, il movente – per un proprio unilaterale piacere – è sempre la demolizione: psicologica/ fisica/emotiva (vale a dire umana) di un altro individuo, intesa come mezzo per un degenerato piacere solipsistico; nel sadomasochismo, invece, – se praticato da persone adulte, consenzienti e sane di mente – diventa una/la componente di un rapporto di natura erotica ed il movente si capovolge letteralmente. E proprio in virtù di questa sua natura di fatto voluttuosa, poi, anche quando il dolore viene ricercato o inflitto, non è mai un dolore distruttivo – ricordiamo il senso del sano e sicuro che, in questo caso, non solo non mira a procurare danni ma tutela, predisponendosi per non cagionarli – ed in più è una sofferenza che si presenta pur sempre come componente di un piacere reciproco e condiviso, dal quale anche se non nell’immediatezza, non si disgiunge mai. Ed essendo praticato in un ambito finalizzato, comunque, ad una gratificazione – mentale, fisica, emotiva ed anche qui – in una parola – umana, non può che implicare ed abbracciare il consenso di entrambe le parti e soddisfare un desiderio d’intenti che per forza di cose dev’essere reciproco…
non ho ancora letto il post di Misty e voglio rispondere prima di farlo per non rimanerne influenzato. Quello che credo è che siamo tutti chi più chi meno portate a godere sadicamente delle disgrazie altrui, ma in questo caso credo che le motivazioni siano differenti.
Ricordo come grande lezione l’unica insufficienza presa nelle scuole dell’obbligo in quinta elementare in un tema di classe il cui titolo suonava più o meno così:
“racconta una storiella comica”
ebbene tutti in classe me compreso raccontammo vicende nelle quali il lato comico derivava da disgrazie altrui, come nel più trito e ritrito canovaccio delle “comiche” degli anni 30.
Sono uno fra di noi si uscì da ta le stereotipo e fu l’unica sufficienza della classe. Il Maestro motivò il cattivo voto dicendo che non si ride delle disgrazie altrui. DA allora faccio fatica a guardare programmi come paperissima dove il fulcro della comicità è proprio il dolore altrui.
Il sadismo nel BDSM è altra cosa, almeno per quanto mi riguarda….il sadismo altro nn è che il contrappasso del masochismo: l’uno non potrebbe esistere senza l’altro perchè diventerebbero violenza reciproca.
Il dolore nel rapporto va inteso come componente ludica, come enfatizzante del piacere, come stimolo fisico controllato e gestito.
Il vero problema nasce nel poi…nel rischio che un rapporto prima consenziente venga poi millantato come violenza negando la validità del consenso pregresso.
E’ un pò come nelle vicende che vedono attrici di vario calibro scagliarsi contro produttori o registri di vario calibro denunciando violenze o molestie probabilmente prima accettate anche se per tornaconti poco etici.
Dom
Non posso che darti ragione, il dolore nel rapporto bdsm sano, consenziente e sicuro “va inteso come componente ludica” e “il sadismo è il contrappasso del masochismo: l’uno non potrebbe esistere senza l’altro” se così non fosse, infatti, diventerebbero violenza reciproca, ma quando il rapporto è vissuto reciprocamente come finalizzato al piacere – ancora una volta reciproco – ne diventa elemento enfatizzante.
Va distinto e scisso il dolore fine a se stesso o in prospettiva di danneggiamento da quello, di ben altre forme e contestualizzato in ambiti e per scopi precisi. E lo si può comprendere dal più banale dolore legato ad una terapia – fisica o psicologica – necessario in virtù di una guarigione fino al dolore catartico e propedeutico che accompagna l’anima attraverso il parto di una scoperta e, infine, senza dimenticare ancora. E’ sufficiente pensare all’etimologia del termine “passione” per rendersene conto e per potersi accorgere di come lo stesso misticismo ne sia considerevolmente intriso (pensiamo a quello che è stato definito l’“erotismo bianco”) delle figure religiose. Due esempi su tutti: Angela da Foligno e Santa Teresa d’Avila. Della prima si legge : “Durante le estasi era come se fossi posseduta da uno strumento che mi penetrava e si ritirava strappandomi la carne … venivo riempita d’amore e saziata di una pienezza inestimabile… le mie membra si frantumavano e si rompevano di desiderio mentre io languivo, languivo, languivo…” E lei stessa ammette d’essere è consapevole di essere preda di “un vizio che non oso nominare”, la sua passione la conduce a voler utilizzare, come estremo rimedio, “carboni ardenti sulla vagina per smorzarne le voglie”. Santa Teresa d’Avila, invece, scriveva “qui non c’è coscienza, c’è solo godimento” e rispetto ad un’apparizione angelica che la santa sostenne di aver visto, si legge “un giorno mi apparve, bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. Il dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce”. E queste non sono certo le uniche narrazioni di erotismi sacri in un linguaggio di immagini simbolicamente o esplicitamente sensuali…
P.S. Non so se sia un duplicato, ma ho perso la connessione mentre lo pubblicavo…per precauzione riprovo ,-)
Nominata in saletta Mistero_* ..si cari Dom ed Ele, la “Schadenfreude” era scaturita da una riflessione sull’emozione opposta: essere felici per qualcuno, senza alcuna, piccola, invidia, per un suo successo. E ce ne accorgiamo eccome quando ci complimentiamo con stucchevole partecipazione o, stiamo per iniziare a farlo. Ciò esulava completamente da quanto ben trattato qui, ed è stato piacevole leggere e proprio sul tema del “falso accordo”, quello chiosato per violenze millantate che negano la validità del consenso pregresso, sorge il dubbio su quanto a volte sia difficile capire cosa piace davvero fare (nel contesto di erotismo adulto). Questo semplice presupposto libera in parte dal meccanismo di responsabilità, e da macchinose rivendicazione, da indirizzare quanto meno e per prima a sè stessi, alla consapevolezza dell’esperienza e soprattutto imparare a non negare, anche una “colpevolezza”. Come sappiamo è sui tabù e sulla punizione che l’umano crede di rischiare. Quest’ultima frase può riaprire il dibattito sul piacere_* Con infinita simpatiaM^