Agosto 2017: Abba – ARRIVAL (1976)

Abba - Arrival

 

Data di pubblicazione: 11 ottobre 1976
Registrato a: Metronome & Glen Studios (Stoccolma)
Produttore: Benny Andersson & Björn Ulvaeus
Formazione: Benny Andersson (voce, piano, sintetizzatori, fisarmonica, campane tubulari, xylofono, tastiere), Agnetha Fältskog (voce), Anni-Frid Lyngstad (voce), Björn Ulvaeus (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica), Ola Brunkert (batteria, percussioni), Lars Carlsson (sassofono), Anders Dahl (orchestrazioni), Malando Gassama (percussioni), Anders Glenmark (chitarra elettrica), Rutger Gunnarsson (basso), Roger Palm (batteria), Janne Schaffer (chitarra elettrica), Lasse Wellander (chitarra acustica, chitarra elettrica)

 

Lato A
                       When I kissed the teacher
                        Dancing queen
                        My love, my life
                        Dum dum diddle
                        Knowing me, knowing you
                       

Lato B

 

                        Money, money, money
                        That’s me
                        Why did it have to be me?
                        Tiger
                        Arrival

 

Volevo dire loro quanto amassi la loro musica
(Madonna)

 

Questa dichiarazione risale al 2005, anno in cui fu pubblicato Confessions on a dancefloor, album che fece rialzare le quote di Miss Ciccone, dopo il mezzo scivolone di Music, blando tentativo di ripetere i fasti creativi di Ray of light, e soprattutto dopo il bolso impegno civile del retorico American life, tutt’oggi considerato come uno dei suoi punti più bassi. Confessions on a dancefloor non voleva per niente suonare impegnato o metafisico, quanto semmai impattare una certa fisicità, riportare tutti a sculettare sul dancefloor, e lo faceva in maniera del tutto derivativa, strizzando l’occhio alla discomusic degli anni ’70. In particolare il singolo apripista Hung up si avvaleva del celebre motivo synth di Gimme, gimme, gimme degli Abba, campionato appositamente per celebrare una delle band più bistrattate e sottovalutate degli anni ’70, soprattutto nell’ambito del rock. Si sa che spesso lo snobismo è uno dei difetti duri a morire nell’ambiente degli appassionati del rock, ma grazie a Dio gli stereotipi sono anche destinati spesso ad essere smontati, e quindi ci si accosta alla band svedese oggi con rinnovato interesse, e soprattutto valutando per bene l’apporto importante che son stati capaci di introdurre nella nuova concezione della musica pop degli anni ’70. In particolare è anche grazie a loro se lo sviluppo della dancemusic ha trovato un’evoluzione andata anche ben oltre il confine del genere, ed è riuscito ad incontrare diverse generazioni. E non a caso Hung up è una delle cose migliori partorite da Madonna nell’età matura, anche grazie a quel campionamento. E non solo: capità anche che Bono, durante un concerto degli U2 nella tappa Zoo Tv di Stoccolma, proponesse nella sezione acustica Dancing queen, proprio per smontare la grande seriosità di un certo pubblico del rock.
Gli Abba sono questo: una nuova visione del pop, di cui spesso ci si vergognava di ammettere di seguire, ma che in qualche modo hanno segnato un’epoca. La vergogna non fa parte di questi lidi, per cui per rappresentare bene sia la band che il filone artistico che rappresentava si sceglie a modello Arrival, quarto album della compagnia, e uno dei loro successi più grandi. Arrival si avvaleva di motivetti orecchiabili a presa rapidissima, testi innocenti, sentimentalismo e indovinatissimi arrangiamenti dance.
Questo lo si può sperimentare da subito nell’apertura affidata alla sbarazzina When I kissed the teacher, o nel singolo funky irresistibile di Dancing queen, uno dei loro pezzi più celebri, autentico inno della discomusic, capace di fondere soul nero e aperture sintetiche, per certi aspetti anticipatore di tutto un fermento che prenderà piede durante gli anni ’80. My love, my life invece si riveste di un candore angelico, estatico, di cui forse tanto sarà debitrice una certa Madonna negli anni a venire. Il giro sintetico che apre Dum dum diddle si lega immediatamente con una melodia irresistibile di solare giovialità. Chiude il primo lato un altro pezzone straordinario e celebre come Knowing me, knowing you, altro cavallo di battaglia dell’ensamble svedese.
Un altro motivetto celeberrimo apre il secondo lato, ed è quello di Money, money, money, sostenuto da un piano elettrico e tappeti sonori sintetici. Da qui si passa alla portata disco di That’s me, e all’anima rockabilly di Why did it have to be me? come a voler dimostrare che, in fondo, del rock non ci si dimentica mai, e che è facile far convivere i Supremes con Little Richard. Dello stesso afflato rock è permeato Tiger, mentre la title-track che si preoccupa di chiudere la festa è una sorta di estasi sonora e corale, pieni di effetti sia sintetici che chitarristici. In certe edizioni c’era spazio anche per il celebre singolo Fernando.
Quello che si vuol dimostrare è che gli Abba non son certo secondi a nessuno nella cultura pop, e che la loro proposta è stata determinante per la sua evoluzione, per l’incontro di certe sensibilità, e per la formazione di certi artisti, da Madonna a Lady Gaga. Hanno chiuso la loro carriera nel 1982, ma l’eco di quelle voci e di quel genere così spensierato ha permesso alla band che si ritagliasse un posto del tutto importante per loro nella storia del pop sentimentale di sempre.

 

Pop gradevole, intelligente, spensierato, ovvero tutto ciò che pop dovrebbe essere
(da Debaser)

Agosto 2017: Abba – ARRIVAL (1976)ultima modifica: 2017-08-07T10:39:36+02:00da pierrovox

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