Maggio 2019: Rory Gallagher – TATTOO (1973)

Rory Gallagher - Tattoo

 

Data di pubblicazione: 11 novembre 1973
Registrato a: Polydor Records (Londra)
Produttore: Rory Gallagher
Formazione: Rory Gallagher (voce, chitarre, armonica, sassofono, mandolino, bouzouki), Gerry McAvoy (basso), Lou Martin (tastiere, organo), Rod de’Ath (batteria, percussioni)

 

Lato A

 

                        Tatto’d lady
                        Cradle rock
                        20:20 vision
                        They don’t make them like you anymore
                        Livin’ like a trucker
 

Lato B

 

                        Sleep on a clothes line
                        Who’s that coming
                        A million miles away
                        Admit it
 

Non passa giorno senza che
metta su un disco di Muddy Waters
(Rory Gallagher)

 

Uomo del blues e chitarrista dotato di incredibile talento l’irlandese Rory Gallagher. La sua storia risale sin da quando era bambino, e fu svezzato a pane e blues, con massicce dosi di Muddy Waters e Leadbelly. Si narra addirittura un particolare aneddoto relativo alla sua inseparabile Fender Stratocaster Sunburst del 1961, a quanto pare la prima vera Fender che abbia mai toccato il suolo irlandese. Pare che un negoziante di Cork ne avesse ordinata una rosso ciliegia, ma la Fender gli inviò un’altra chitarra, confondendo gli ordini. Il negoziante allora pensò bene di venderla ad un prezzo ribassato, e se l’aggiudicò il quindicenne Rory. Da allora quella chitarra è stata la sua inseparabile compagna di viaggio. Gallagher ne fece quello che volle: la modificò, la portò ovunque, addirittura gliela rubarono, e poi riuscì a ritrovarla. Fu la sua più fedele compagna fino alla sua morte, avvenuta il 14 giugno del 1995, in seguito a delle complicazioni per un intervento al fegato, che gli fu trapiantato l’anno precedente poiché il suo era andato a causa della terribile dipendenza dall’alcool.
Ancora molto giovane, Rory Gallagher si trasferisce a Londra, e lì assieme ad un gruppo di amici mette su la sua prima band, i Taste, con i quali si divertiva a suonare prevalentemente blues americano. Il gruppo durerà qualche annetto, ma poi nel 1971 Rory decide che è ora di chiudere i battenti, e di avviare una carriera da solista. Da solista inanella una serie di album uno più bello dell’altro, risalendo via via le radici del blues più nero, e avendo come incrollabili punti di riferimento Robert Johnson, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Leadbelly e Willie McTell. I riferimenti però non negavano al chitarrista irlandese di sviluppare un suo personalissimo stile, adattato perfettamente alla nuova realtà sonora degli anni ’70, dove la facevano da padroni giganti del calibro di Jimmy Page o Pete Townshend. Il suo stile quindi verteva tanto sul più classico e canonico blues, ma facendolo convertire con le nuove sonorità derivanti dall’hard rock, il jazz, il funky.
In questa sede, per poterlo rappresentare, è stato scelto Tattoo, il suo quarto album in studio, sorta di unione delle sue due esperienze da artista. Qui vi confluirono alcuni brani scritti quando era ancora nei Taste, ma nello stesso tempo ne sviluppa la contemporaneità, per un album robusto e roboante come solo il buon rock’n’roll sa essere.
Il disco si apre con Tattoo’d lady. Cantato sporco ma non eccessivamente, movimentati riff di chitarra ai limiti tra il blues ed il rock, una sezione ritmica libera di rimarcare l’andamento leggero della canzone ed una tastiera a sottolineare i momenti più blues del pezzo. Segue la rumorosa e festaiola Cradle rock, una sorta di jam impazzita dove vi confluiscono diversi generi, alimentati dalla sovrapposizione dei vari strumenti. 20:20 vision dal canto suo è una ballata acustica che prosegue con una vago incedere country. Con They don’t make them like you anymore si apre una vera e propria festa per le proprie orecchie, con un brano che sa miscelare con disinvoltura umori jazz, cabaret, rock’n’roll e pop, con ritmi irresistibili e un assolo blues che ci ricorda il più sfrenato B.B. King. Livin’ on a trucker chiude il primo lato con una frizzante frenesia.
Il secondo lato si apre con il crossover rock’n’roll di Sleep on a clothes line, che in qualche modo lascia pensare ai Lynyrd Skynyrd. Who’s that coming invece parte come una pura gemma acustica, dettata dalla slide guitar, in perfetta linea con alcune cose di Ry Cooder (pare anticipare gli umori dell’indimenticabile colonna sonora di Paris, Texas), ma con maggiore vivacità, tanto da subentrare con una vivace frenesia elettrica per una cavalcata rock’n’blues da strada. A million miles away è un’altra delizia di blues e rock’n’roll d’autore, e si chiudono le danze con i muri di chitarre sature di Admit it.
Tattoo è un album solido e ben suonato, oltre che invecchiato benissimo, come il buon vino. A questo disco seguirà il celeberrimo Irish Tour ’74, a detta di molti il vero e proprio capolavoro di Rory Gallagher, dove poter assaporare l’insana energia che si sprigionava nei suoi concerti. Ad ogni modo sono in tanti a rendere omaggio al talento di questo immenso chitarrista irlandese, da Van Morrison a The Edge, da Johnny Marr a Slash. Del resto pare che di dica che in un intervista lo stesso Jimi Hendrix, alla domanda “cosa si prova ad essere il miglior chitarrista del mondo”, abbia risposto: “Cosa volete che ne sappia? Chiedetelo a Rory Gallagher”. E con questo penso che abbiamo detto veramente tutto!

 

In qualche mondo parallelo dunque, se qualcuno vuole gingillarsi, esiste un Rory Gallagher ancora più famoso e scintillante di quello che ci ha fatto compagnia. Ma non serve, non ci manca. A noi basta quello autentico, il ragazzo irlandese con i capelli lunghi, la camicia da grande magazzino e i jeans stinti che sale sul palco, apre il vaso di Eolo della musica rock e scatena la tempesta
(Riccardo Bertoncelli)

 

Maggio 2019: Rory Gallagher – TATTOO (1973)ultima modifica: 2019-05-09T12:59:36+02:00da pierrovox

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