Agosto 2019: Fred Neil – FRED NEIL (1967)

Fred Neil

 

Data di pubblicazione: Febbraio 1967
Registrato a: Hollywood
Produttore: Fred Neil & Nick Venet
Formazione: Fred Neil (voce, chitarra ritmica, chitarra elettrica, mumbles, finger snaps), Peter Childs (chitarra acustica, chitarra elettrica, chitarra ritmica), John T. Forsha (chitarra acustica, chitarra ritmica, chitarra elettrica, chitarra a dodici corde), Cyrus Faryar (bouzouki, chitarra ritmica), Al Wilson (armonica), James Bond Jr (contrabbasso), Billy Mundi (piatto crash, piatti, tambourine, grancassa, batteria), Rusty Faryar (piatti), Ufo & Friends (cori), Nick Venet (effetti sonori)

 

Lato A

 

                        The dolphins
                        I’ve got a secret (didn’t we shake sugarfree)
                        That’s the bag I’m in
                        Ba-de-da
                        Faretheewel (Fred’s tune)
 

Lato B

 

                        Everybody’s talkin’
                        Everything happens
                        Sweet cocaine
                        Green rocky road
                        Cynicrustpetefredjohn raga
 

Il J.D. Salinger del folk-rock
(Riccardo Bertoncelli)

 

Ci sono artisti destinati a non ottenere il giusto tributo nel corso della loro carriera, salvo poi essere riscoperti e apprezzati nel tempo. Uno di questi è il cantautore proveniente dall’Ohio, Fred Neil, che tanto ha in comune con Tim Buckley, compreso uno smisurato genio e una carriera purtroppo spesso relegata nell’ombra.
Se si pensa a personaggi come Bob Dylan, Leonard Cohen o Van Morrison, ci si rende conto dello smisurato genio che ha animato la loro arte, ma nello stesso tempo ci si rende conto che il pubblico ha saputo accogliere e apprezzare, e ricambiare con affetto. Ma se si considera la carriera di gesti artisti, ci si rende conto del contrario. Forse perché, come spesso si dice, certe cose sono per gli “eletti”.
Esattamente come Tim Buckley, Fred Neil era un conclamato genio, dotato di un talento canoro fuori dal comune, di un’intensa voce baritonale, e un’abilità musicale votata all’innovazione. In particolare la sua formula musicale prevedeva un folk-rock riletto in maniera quasi dissacratoria attraverso la visione psichedelica, jazzata e squisitamente acida. Gli stilemi del folk e del blues quindi non erano più qualcosa di autoreferenziale, ma delle realtà stilistiche votate al mutamento e alla sperimentazione. Ma, esattamente come Tim Buckley, Fred Neil vedrà tributarsi il giusto merito solo col tempo. Anzi, rispetto al primo, lui vedrà riconoscersi una qualche popolarità grazie alla reinterpretazione delle sue canzoni da parte di altri artisti (la più celebre la rilettura di Everybody’s talkin’ di Harry Nilsson). Ciò non toglie che si abbia a che fare con un genio, nonostante una discografia decisamente scarna, ma non per questo priva di capolavori.
Dei quattro album registrati e pubblicati, il più intenso e straniante è senza dubbio il terzo, omonimo. Rappresentato da una nera copertina, che forse in qualche modo già anticipava l’estetica della darkwave, l’album è una vera e propria miniera sonora, dove si possono incrociare stili differenti, e canzoni magnifiche, a partire proprio dalla poesia nostalgica di The dolphins, che apre le danze. Attraverso umori jazz alla West Coast, Fred Neil disegna scenari legati alla sua terra, a luoghi reali ed immaginari impressi nella sua memoria, ed insostituibili per l’animo umano. Segue immediatamente il tetro jazz-country di I’ve got a secret (didn’t we shake sugarfree), intrisa di sonorità che fanno pensare direttamente a Tim Buckley (anzi, per certi aspetti gli aprono certe prospettive che poi ritroveremo in dischi come Starsailor o Happy sad), mentre That’s the bag I’m in è un blues d’annata, attraversato però da accordi suonati da una chitarra echeggiata, e alcuni ricami chitarristici, muovendosi in direzione Johnny Cash o Leonard Cohen. Ba-de-da invece miscela una melodia cristallina con alcuni umori jazz della West Coast. Il primo lato si chiude con l’eco degli accordi di Faretheewell (Fred’s tune), fluttuando leggera e soave in una dimensione quasi onirica.
Si riparte nel secondo lato con la già citata Everybody’s talkin’, che è un vero e proprio classico, e che per un pelo non rischiò di non rientrare nella scaletta del disco. Si narra che fu il manager ad insistere affinché il brano fosse preso in considerazione. Everything happens segue procedendo con un passo felpato ed elegante, intrigante nella sua fusione tra elementi folk e jazz. Sweet cocaine è il blues acido, dilatato dalle sostanze stupefacenti. Green rocky road riflette lo spirito psichedelico di certe cose che poi ritroveremo in David Crosby, aperto ad orizzonti estatici e metafisici, mentre nella conclusiva Cynicrustpetefredjohn raga Fred Neil getta un ponte verso le sperimentazioni del disco successivo, Sessions, che poi chiuderà la sua carriera da artista. Dopodiché Fred si ritirerà dedicandosi ai suoi amati delfini. Ci lascerà un triste 7 luglio 2001, consumato da un cancro alla pelle.

Agosto 2019: Fred Neil – FRED NEIL (1967)ultima modifica: 2019-08-26T07:54:04+02:00da pierrovox

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