Dicembre 2019: The Clash – LONDON CALLING (1979)

London calling

 

Data di pubblicazione: 14 dicembre 1979
Registrato a: Wessex Sound Studios (Londra)
Produttore: Guy Stevens & Mick Jones
Formazione: Joe Strummer (voce, chitarra ritmica, piano), Mick Jones (chitarra, piano, armonica, cori), Paul Simonon (basso, cori, voce in The guns of Brixton), Topper Headon (batteria, percussioni)

 

Lato A

 

                         London calling
                        Brand new Cadillac
                        Jimmy Jazz
                        Hateful
                        Rudie can’t fail

 

Lato B

 

                        Spanish bombs
                        The right profile
                        Lost in the supermarket
                        Clampdown
                        The guns of Brixton

 

Lato C

 

                        Wrong ‘em Boyo
                        Death or glory
                        Koka kola
                        The card cheat

 

Lato D

 

                        Lovers rock
                        Four horsemen
                        I’m not down
                        Revolution rock
                        Train in vain

 

 

La nostra musica è violenta, ma noi non lo siamo
(Joe Strummer)

 

La fine degli anni ’70 vide in diverse parti del mondo una serie di eventi terrificanti che non facevano altro che confermare il continuo stato di tensione, di agitazione e di elettrica violenza che si respirava. Un po’ da tutte le parti le ideologie stavano mietendo le loro vittime, e la situazione generale non faceva sì che si vivessero periodi tranquilli. I Clash condensarono nella musica tutta quella tensione…
Nati come fenomeno punk nell’omonimo debutto del 1977 riflettevano quella tensione terribile che ribolliva per le strade d’Inghilterra, tramite un senso dello humor decisamente noir, decadente e un sarcasmo velenosissimo. Se i Sex Pistols erano l’espressione nichilista e dissacrante di un’Inghilterra che rifuggiva dai punti di riferimento e dai valori, i Clash erano un’autentica macchina da guerra spaventosa e incazzata. Le loro canzoni non vogliono ridicolizzare vecchi pilastri della società, ma essere gli inni di un punk politicizzato che scende in piazza, prende posizione decisa nei confronti del razzismo e del totalitarismo di regime, e di tutto ciò che rende l’uomo schiavo del perbenismo e dell’ipocrita educazione borghese. I Clash sono proletari veri e la loro è una rivoluzione rock che a colpi di accordi secchi, approcci reggae bianchi e accenni alla tradizione britannica, cerca di scardinare una cultura ingessata e ipocrita.
Stilisticamente parlando però i Clash sono stati una band che è andata ben oltre le rigide classificazioni di genere, e ha cercato sempre di fondere nella sua musica diversi approcci, diverse culture e diversi generi musicali in un connubio sempre esplosivo e vigorosamente violento.
Il disco manifesto della loro arte esplosiva e impegnata è comunque il loro terzo album: London calling. Un disco leggendario già a partire dalla sua immortale copertina, frutto di uno scatto di Pennie Smith a Paul Simonon durante un concerto dei Clash al Palladium di New York il 21 settembre del 1979, e una grafica che ricorda tanto quella del primo album di Elvis Presley. Uno scatto che immortala azione e tensione, e diversamente da come la cultura punk sosteneva, legami con la tradizione del rock’n’roll. London calling è un disco ambizioso e mastodontico (l’album fu pubblicato in doppio vinile), e nello stesso tempo una pietra miliare della storia del rock. In questo disco vi è una fusione di generi che spaziano tra il punk, lo ska, il pop, il reggae, rockabilly, rhythm and blues e addirittura il jazz.
I Clash venivano dalle scosse profonde del loro disco d’esordio, e i passaggi transitori di Give ‘em enough rope, e trovarono in questo disco la piena maturazione rigettando tanto il nichilismo esasperato della cultura punk quanto il suo analfabetismo musicale, e in un certo senso chiudeva quella stagione musicale per proiettare il rock in una dimensione tutta nuova che poi avrebbe preso piedi nel rock degli anni ’80 (si pensi a War degli U2, degno figlio dell’ispirazione di Strummer e compagni, o anche ai Pogues o al limite ad alcune cose dei Police). Chiudendo quindi la fase di rigetto del punk, i Clash si pongono come anello di continuità tra innovazione e tradizione, guardando avanti ben essendo consapevoli delle proprie radici.
La furiosa title-track apre le danze chiamando alle armi tutta la generazione impegnata a prendere coscienza dello stato delle cose. London calling è più di una canzone: è l’urlo di guerra di una generazione! Riff secchi e ritmica serrata e un testo che incita alla presa di posizione. Non vi è spazio per la mediocre rassegnazione: London calling vuole cambiare le cose! A seguire si passa alla rilettura del classico rockabilly di Vince Taylor Brand new Cadillac, e subito dopo si amoreggia col jazz nella curiosa Jimmy Jazz e alla cadenzata Hateful. Il primo lato del primo vinile si chiude con il funk-ska di Rudie can’t fail.
Il lato B si apre con l’esplosiva Spanish bombs, proseguendo con il reggae svisato di The right profile e le velleità discopop di Lost in the supermarket. Clampdown si tinge di coloriture funk e The guns of Brixton, scritta e interpretata da Paul Simonon, è il reggae che si sofferma sui disordini razziali. Così si chiude il primo lp.
Il secondo lp, alla prima facciata, si apre con lo ska di Wromg ‘em Boyo e con il rock’n’roll di Death or glory. Il curioso episodio di Koka kola sul consumismo di massa allaccia alla anthemica The card cheat, sostenuta da un piano scintillante.
La quarta facciata si apre con la meravigliosa Lovers rock, sostenuta da un assolo di chitarra e una melodia ficcante, proseguendo con la vigorosa Four horsemen, la funkeggiante Working for Clampdown, la bizzarra Revolution rock, quasi un compendio di tutti i generi suonati nel disco, e chiudendo con la meravigliosa Train in vain, incalzante shuffle, funk e pop di altissimo livello, per un album che sposa esistenzialismo e teorie rivoluzionarie. London calling è un disco immediato e sboccato, duro e nello stesso tempo aperto alla delicatezza. Un vero e proprio manifesto!
Dopo questo disco epocale, i Clash proseguiranno sulla stessa strada creativa con l’altrettanto valido e variegato Sandinista! e il granitico Combat rock. Poi i problemi interni alla band, la cacciata di Mick Jones e il grigio addio di Cut the crap porteanno la band alla calata del sipario. Ma quel richiamo di guerra, quell’urlo primordiale ancora risuona tra le strade di Londra, e ancora ci ricorda che le battaglie sono ancora molto dure, e che la tenacia delle proprie idee sono l’arma inossidabile per poter abbattere tutti i muri della vergogna!

 

Credo che se i Clash siano diventati una leggenda è soprattutto perché sono uno dei pochi gruppi di quel periodo ad aver sempre saputo evolversi e trasformarsi
(Paul Simonon)

Dicembre 2019: The Clash – LONDON CALLING (1979)ultima modifica: 2019-12-16T07:54:37+01:00da pierrovox

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