Maggio 2022: Dave Gahan & Soulsavers – IMPOSTER (2022)
Data di pubblicazione: 12 novembre 2021
Registrato a: Shangri-La Studios (Los Angeles), Wolf Cabin (Oxford)
Produttore: Rich Martin & Dave Gahan
Formazione: Dave Gahan (voce, armonica), Sean Read (organo, piano), James Walbourne (chitarra), Tony Foster (chitarra, pedal steel), Martyn Lenoble (basso), Kevin Bales (batteria, percussioni), Ed Harcourt (piano), Rich Martin (sintetizzatore, chitarra), Wendi Rose, Janet Ramus, Travis Cole (cori)
Tracklist
The dark end of the street
Strange religion
Lilac wine
I held my baby last night
A man needs a maid
Metal heart
Shut me down
Where my love lies asleep
Smile
The desperate kingdom of love
Not dark yet
Always on my mind
“Ho un animo molto spirituale”
(Dave Gahan)
Dave Gahan è un grandissimo performer, carismatico, vitale, sensuale, carico di energia. Ma Dave Gahan è anche un grandissimo interprete, dotato di un timbro vocale di incredibile bellezza, oltre che di una duttilità vocale che concede intensità alle canzoni. Oltre alla sua lunga attività nei Depeche Mode, Dave Gahan dal 2003 ha intrapreso un discreto percorso da solista, che lo ha portato a pubblicare materiale di grande fattura, nonostante qualche incertezza ai primi passi. Questo lo ha portato a contribuire in fase di scrittura anche nella band madre, da Playng the angel fino ai giorni nostri. Ma c’è anche un’altra attività, quella con i Soulsavers, che ha portato dischi di pregevole fattura. Non ultimo, Imposter, album registrato nell’autunno del 2019 e poi rimandato a causa della pandemia da covid-19 (così come i Depeche Mode non han potuto poi espletare alla cadenza quadriennale dei loro album). Un disco interamente composto da cover, ma che riflettono il carisma e l’intensità di un interprete straordinario, oltre che la grande maestria dei Soulsavers che lo accompagnano in questo viaggio.
Si spazia da repertori antichi, omaggiando Chaplin e Aretha Frankilin, ma si attinge anche anche al cantautorato alternativo, da Mark Lanegan a Cat Power, fino ai mostri sacri, da Neil Young a Bob Dylan, passando per Jeff Buckley. In nessuna traccia vi sono cali di tensione, e l’emozione è sempre molto alta. Un disco che non è un’opera di passaggio, ma la testimonianza di un uomo che sa invecchiare bene, come il vino buono