Agosto 2019: Kaleidoscope – TANGERINE DREAM (1967)
Data di pubblicazione: 24 novembre 1967
Registrato a: Londra
Produttore: Dick Leahy
Formazione: Peter Daltrey (voce, tastiere), Eddy Pumer (chitarra, tastiere), Steve Clark (basso, flauto), Dan Bridgman (batteria, percussioni)
Lato A
Kaleidoscope
Please excuse my face
Dive into yeasterday
Mr. Small, the watch reapairer man
Flight from Ashiya
The murder of Lewis Tollani
Lato B
(Further reflections) In the room of percussion
Dear Godrich
Holiday maker
A lesson perhaps
The sky chidren
“Il soggetto collettivo delle nostre canzoni è semplice: la vita e le persone.
Abbiamo scritto le nostre canzoni su di voi. Persone allegre, persone tristi, persone amabili e qualche persona confusa.
Abbiamo scritto dei bambini, del re e della sua regina,
e abbiamo anche incluso qualche parola su di noi,
sulle nostre vite e sui nostri sogni”
(Peter Daltrey)
Nell’epopea del rock psichedelico si distinse un giovane gruppo britannico che durò giusto il tempo della stagione, ma riuscì comunque a segnare profondamente il genere e l’epoca. Quei ragazzi erano i Kaleidoscope, e si rivelarono un’ottima alternativa nel genere ai più famosi e celebrati Beatles e Pink Floyd.
La loro musica era viaggio in altri mondi sonori, fluttuazione pura, con melodie pop e ammantate di epica. Non per niente furono presentati dalla casa discografica come una “band giovane ed eclettica, per di più in grado di scrivere ottimo materiale originale”. Una premessa non da poco se si tiene conto che siamo in un periodo in cui l’esplosione creativa stava portando tantissimi artisti a dire la propria in un terreno ancora molto fertile e favorevole.
Il loro disco d’esordio, Tangerine dream, venne pubblicato verso la conclusione dell’anno di grazia 1967, e si rivelò come uno dei dischi più interessanti della stagione. Veniva aperto dall’omonimo pezzo, che si vestiva di una serie di colori sonori fantasiosi, vivaci e una melodia spumeggiante. Please excuse my face che seguiva invece era una folk song malinconica che richiamava lo spirito di Syd Barrett, mentre Dive into yesterday scintillava di psichedelia pura, con tutta quella frenesia sonora strabiliante. Mr. Small, the watch reapairer man è un pezzo apparentemente sconclusionato, aperto da alcune note di flauto e proseguendo su una struttura che ricorda i Beatles di Tomorrow never knows, ma con maggiore solarità. Flight from Ashiya richiama ancora una volta Syd Barrett nei suoi solchi e soprattutto i primi Pink Floyd, soprattutto nei climax sonori tendenti all’eco e alla fluttuazione in ambienti siderali. Chiude il primo lato la sofisticata The murder of Lewis Tollani.
Il secondo lato si apre con l’elettro-folk antetaminico di (Further reflections) In the room of percussion, che tanto richiama alla memoria tanto i Byrds quanto i primi Who. Dear Godrich è una stupenda ballata folk intrisa di suoni liquidi. Per Holiday maker abbiamo invece un attitudine più pop, girando verso un brit mod tanto in voga nella seconda metà degli anni ’60. A lesson perhaps è una favola acustica declamata su note pizzicata alla chitarra. Il disco viene chiuso dalla lunga distensione onirica di The sky children, che trasporta l’ascoltatore in mondi incantati, senza tempo.
Ed in un certo senso tutto questo rappresenta l’arte di questo gruppo, scoperto da Lenny Kaye per la sua raccolta Nuggets: un’arte senza tempo, una melodia sempiterna che ancora oggi affascina ed incanta con immutato splendore!