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Brutte abitudini

Eccomi ancora una volta. Anche questo nuovo post sarà un po’ pesante, per lo meno dal mio punto vista.

 

Contenuto vietato ai minori di 14 anni.

 

Abitudini.

 

Di certo avrò già scritto in passato qualche riflessione sul tema, è abitudine tornare su pensieri già vissuti.

 

“L’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte del nostro cervello zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative.”

Josè Saramago

 

Vecchi e nuovi aforismi, perle gettate qui e lì. Un’altra mia abitudine.

Non è semplice percepire i nostri comportamenti e come un’espressione matematica, estrarli dalla formula. E da quella formula, tra gesti e parole, riconoscere le variabili e le costanti che ne incatenano la logica.

Stamattina mi è capitato di assistere ad una scenetta che non saprei definire.

Nelle ore che passeggio Frida, mi capita d’incrociare di continuo runner e ciclisti che corrono. Uomini e donne che, a passo di marcia, mi sorpassano a destra e a sinistra.

Oggi! arrivato in piazza, vedo una giovane ragazza, che fa piegamenti su una panchina. Esercizi, molto probabilmente per sciogliere l’acido lattico o mantenere i muscoli caldi dopo la corsa.

Ad una decina di metri, un gruppo di uomini, quattro per l’esattezza, la fissano ridendo, come si suol dire, sotto i baffi.

La ragazza in tenuta sportiva indossava una tuta molto aderente. Le temperature sono quasi primaverili dalle mie parti, è comune quindi vedere ragazze e ragazzi vestiti con tute aderenti – ideali per la corsa – sovente con braccia e gambe scoperte anche in questa stagione.

I movimenti della ragazza erano, se visti fuori dal contesto, abbastanza sexy, oserei dire erotici, si piegava a gambe divaricate, mostrando in tutta la sua tonicità il sedere.

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Non è la ragazza che ho visto, ho condiviso questo scatto preso dalla rete solo per far capire cosa quei quattro uomini vedono.

Un paio di volte ho visto due dei quattro uomini toccarsi i genitali, probabilmente in tutto questo non c’è nulla di male, un po’ d’imbarazzo io, però, l’avrei provato. Tante che i quattro ad un certo punto si sono avvicinati costringendo la ragazza accortasi del siparietto a riprendere la corsa, credo, un po’ infastidita.

 

Brutta abitudine, per l’uomo, questo comportamento. Il voyerismo è comune tra gli uomini, per molti potrebbe anche avere una logica e una sana utilità. Perché si sa! Guadare è sempre meglio che toccare.

 

L’uomo è attratto dalle forme della donna, è un fatto chimico. Le rotondità della donna sono una selezione naturale da parte dell’evoluzione. Lo scopo? Attrarre il maschio riproduttore che è in noi.

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A volte mi chiedo?

L’istinto a tradire è frutto dell’occasione che fa l’uomo ladro?

O è frutto della sua natura, frutto di quello sguardo intriso di libido e ormoni che non riesce a distogliersi da una scollatura o uno spacco?

Non sono perfetto, ho una moltitudine di difetti, il tradimento, per lo meno quello legato alla coppia, non mi è, però, mai appartenuto. Capita, sì, che l’occhio a volte cade, la moda attuale è troppo appariscente a volte. La mia natura riservata non mi ha, però, mai permesso di approcciarmi con altri esseri umani in maniera naturale, ho difficoltà già solo a trovare le parole per iniziare un dialogo, pensare a fare sesso con chi ho davanti non si è mai, neanche, palesato nell’anticamera dei miei pensieri. Triste? Per alcun teste di cazzo di certo. Ne conosce parecchi che mi considerano un fesso, per alcuni (umani legati dal sangue) persino un frocio. Ho visto stupore e sollievo anche nei miei parenti più stretti, il giorno che ho presentato la mia compagna. Abitudini che si percepiscono.

E devo scrivere da quel che ho vissuto e vivo, che era ed è ancora oggi, in certi ceti, un’abitudine per il siciliano essere maschio e virile.

Se c’è una donna o ragazza avvenente, con le forme ben in vetrina, è quasi un rito provarci, quasi un dovere guardarla come se mai donna avesse messo piede sulla terra. E alle donne piace tutto questo, magari non a tutte, ma a gran parte sì.

Da ragazzo, poi, non avevo un bel rapporto con il mio corpo, è questo frena nell’approcciarsi con l’altro sesso e mette davanti a noi a me in questo caso, tante inibizioni.

Le ha messe per lo meno. La maturità aiuta, l’esperienza aiuta, nel tempo qualche trucco s’impara.

Al di là di quel che si dice, di quel che diciamo noi timidi, noi sfortunati o sfigati, la solitudine non è mai una conquista, quando, invece, una eredità giunta per caso.

La brutta abitudine di sentici soli, non è poi così costante.

Aggiungo inoltre, che chi dice: “sto bene da solo o sola”, in realtà mistifica la verità e muta il vero significato della solitudine.

Perché di fatto non si è mai soli.

Siate onesti e oneste con voi stessi/e.

Le volte che si dice: “io sto bene da solo o sono sempre stato bene da solo o da sola”, in realtà non si vive la solitudine, ma una sorta di evasione da uno scorcio di vita, che vuoi o non vuoi, ci ha segnato e continua a segnarci.

Ritagliarsi un paio d’ore di solitudine, o un giorno, o persino una settimana, non basta a dare forma alla solitudine e alle sue profonde inquietudini.

Il mal di vivere, invece, è una costante e un’abitudine, una brutta abitudine.

 

“Qualsiasi essere amato – anzi, in una certa misura qualsiasi essere – è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.”

Marcel Proust

 

Che frase triste e sconsolata, degna del più disilluso decadentismo.

Chissà!!! Visto i tempi, se mai fine abbia avuto questa corrente?

Il senso della frase sembra chiaro: Qualunque cosa facciamo non ci rende felice, non ci rende soddisfatti. È il mal di vivere.

 

Brutta abitudine.

 

Com’è che da tette e culi sono arrivato al mal di vivere?

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Sono onesto, in queste ragazze più che libertà, vedo un profondo mal di vivere.

Forse è questa la natura dello stupro. Fottersi la vita, fottersi il cervello.

Lo sappiamo cosa succede quando siamo in prende all’eros, al brivido che per pochi minuti ci rende illogici e incapaci di fermarci.

Uno, due, forse tre uomini su venti riuscirebbero a tirare fuori il loro pene quando dentro la donna lei dice: NO, BASTA.

Non so!!! Per la donna è lo stesso? Ho avete più controllo?

L’orgasmo è una bella abitudine, anche la verginità era una bella abitudine.

Oggi però è, per questa società, questo il modo di percepire l’amore:

 

Fottersi.

Fottersi.

Fottersi.

 

Nel pronunciare questa parola, non avvertite un disagio e al tempo stesso un perverso compiacimento.

Fottersi la vita, ha un senso.

Fottersi il cervello, ne ha un altro.

Ciò che è sempre lo stesso è il linguaggio che lega i comportamenti. Che siano di rivalsa o di disfatta, l’atto che prevale sulla morale è lo stesso che descrive la violenza della vita e con essa la sua fine.

Un lungo atto sessuale che può generare, vita o morte, piacere o dolore.

La riflessione di fatto è diventata un po’ a luci rosse.

Ma convengo in questo con Freud. Per il celebre analista, l’amore o è narciso o è nostalgico, in entrambi i casi doloroso e perverso e per naturale evoluzione sessuale.

Al solito esondo i miei limiti e vado oltre quel che avevo intenzione di descrivere.

A volte mi chiedo se non sarebbe meglio limitarmi a condividere un semplice aforisma e una canzone, invece di mettermi a vaneggiare come un folle.

Per ritrovarmi, alla fine, anello dopo anello, incatenato alle parole e all’ossessione.

Si scrive per tanti motivi, in linea di massima tutti giusti.

Un cantastorie tramanda vite, un poeta la denuda, la vita. Io che non sono né l’uno, né l’altro racconto il vuoto dell’anima.

 

Oh me, oh vita!

Domande come queste mi perseguitano,

infiniti cortei d’infedeli,

città gremite di stolti,

che vi è di nuovo in tutto questo,

oh me, oh vita!

Risposta: Che tu sei qui,

che la vita esiste e l’identità,

Che il potente spettacolo continui,

e che tu puoi contribuire con un verso.

Walt Whitman

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Questa è tra le più belle poesie di Whitman, tra le più belle della letteratura.

Il mal di vivere è un vuoto, un vuoto insostenibile.

Nel raccontarlo si può forse riempierlo.

Persino forse dare una descrizione dei suoi limiti, dare forma alle pareti e al suo fondo.

Perché è ancor peggio, non sapere.

 

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada

Ma in questa vita oggi non trovo più la strada

Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo

Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:

Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo

Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto

Non ridere, ti prego, di queste mie parole

Io sono solo un’ombra e tu, Rossana, il sole

Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora

Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora

Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano

Se mi ami come sono, per sempre tuo

Per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano

Francesco Guccini “Cirano”

 

Riempitevi l’anima di poesia e bellezza e verrà da sé,

che!!!

 l’amore che vive nell’atto

verrà declamato con le forma della virtù.

Allora accadrà!

Quel verso cercato sarà trovato.

Quel vuoto, riempito.

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Scusate il lungo post e il suo contenuto.

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“Cara” vita

Ieri sera, insieme alla mia compagna, sono uscito per una passeggiata. Abbiamo gironzolato senza badare al tempo, finché guardando l’ora sul cellulare non ci siamo accorti che si erano fatte le 20:30. Vista l’ora abbiamo deciso, quindi, di cenare in uno dei tanti locali del centro paese.

Alla fine della cena abbiamo subito, e sì! Subito, una sorpresa.
Una sorpresa da 68 euro.

68 euro, per due secondi, una bottiglia (in plastica) d’acqua, una birra e gli immancabile coperti.

Non è un pò troppo?

Lo sento, spesso, dire in tv o lo leggo nei quotidiani, il tanto nominato: “caro vita”.
Che non è un modo dolce o affettuoso per elogiare la propria vita, ma un modo pretenzioso per declinare gli aumenti e i rincari (che poi sono la stessa cosa).

Mi chiedo? Dove finisce l’urgenza economica – LA CRISI –  e inizia la speculazione fraudolenta?

A forza di esser presi per il culo, alla fine ci si abitua a questa dolorosa azione sociale.

“È un errore frequente misurare le cose in base al denaro che costano.”
Albert Einstein

Ci sta, sempre, la citazione per rafforzare un valore e di valore si parla, il valore delle cose, per citarne un’altra:

“Qualunque sia il prezzo, si compra bene solo ciò che è necessario.”
Cicerone

La cena, al ristorante o in trattoria, non è certo qualcosa di necessario, se ne può fare benissimo a meno (per chi sa cucinare ovviamente), come si può fare a meno di tante velleità che sono spesso inutili e nocive per la nostra stessa vita. Una perdita di tempo, in molti casi, e di tempo non ce n’è mai abbastanza.
A volte persino le azioni necessarie vengono eclissate da una logica di benessere che è: superflua.
Esempio: Giorni fa ho comprato una ciotola per Frida, una ciotola per l’acqua con dispensatore da 3 litri, tra gli articoli in vendita c’era anche un dispensatore di cibo automatico. Un robot da 300 euro che erogava in autonomia al nostro cucciolo la quantità di cibo necessaria nei tempi programmati, calcolando in base all’età e al peso, dosi e qualità del cibo. Nutrire il cucciolo è una necessità che cementa il legame tra le due anime, sostituire la mano dell’uomo con un robot è qualcosa di stupido oltre che superfluo.
Questo esempio mi riporta in mente un articolo letto su Focus.

«L’intelligenza artificiale rappresenta un pericolo per l’umanità paragonabile a quello di pandemie e guerre nucleari: l’allarme di 350 scienziati.

“Mitigare i rischi di estinzione causati dall’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale, così come viene fatto per altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare”.

Con questo laconico comunicato firmato da 350 scienziati e ingegneri impiegati nel campo dell’IA e pubblicato dalla no-profit Center for AI Safety, i massimi esperti del settore tornano a parlare dei rischi connessi allo sviluppo sempre più avanzato dell’intelligenza artificiale: non più soltanto deep fake e perdita di posti di lavoro, ma addirittura la scomparsa della nostra specie.
Tra i firmatari della sinistra lettera aperta spiccano i leader delle principali compagnie di IA come Sam Altman, direttore esecutivo di OpenAI, Demis Hassabis, stesso ruolo in Google DeepMind e Dario Amodei, alla guida della startup statunitense di IA Anthropic. Ci sono inoltre Geoffrey Hinton e Yoshua Bengio, vincitori di un Turing Award (l’equivalente del Nobel per gli scienziati informatici) e considerati pionieri dell’intelligenza artificiale per i loro studi fondamentali sulle reti neurali, i modelli per l’elaborazione di informazioni alla base dell’apprendimento nei sistemi di riconoscimento facciale, di guida autonoma, ecc. ecc.»

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Al di là del comunicato dal sapore apocalittico, credo che ne passare acqua sotto i ponti, prima di vedere un Terminator per le strada di Roma o Milano.

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T-1000 tra realtà e fantascienza.

È vero, però, che il rischio di vedere persa la necessità del vivere è reale.

Che cosa significa vivere?

Per me significa: Disegnare ombre e luci su un foglio di carta, dipingere una tela sentendo il colore attaccarsi alle dita, modellare la creta e scorgere un volto tra le sue pieghe, scrivere una poesia da dedicare a lei, creare con le mie mani un oggetto utile per la sua bellezza o il suo uso, che possa finire sul tavolo di uno sconosciuto cliente, nutrire e accudire Frida, cucinare per la mia compagna, guidare la domenica al sorgere del sole per fare la spesa, vedere le mani di un essere umano creare dal nulla ciò che prima era solo pensiero. Ecco!!! Tutto questo, per me, significa vivere.

Oggi, le tele, vengono stampate da computer e vendute a poche decine di euro, i vasi come soldati in uniforme, uguali in ogni dettaglio si mettono sull’attenti sugli scaffali, perfetti e indistinguibili. La torta la compri sì, non più, però, dal pasticcere, ma all’ipermercato, confezionata nel suo involucro da battaglia pronta a resistere tutto il tempo che serve al cliente per decidere che, impastarla, farcirla e cuocerla in casa, non è più conveniente, né necessario.

Questa è la società di oggi, una società contraddittoria, che crea poveri da un lato e aumenta i prezzi e i consumi dall’altro, che lascia ogni giorno sul campo di battaglia tanti lavoratori senza più sostentamento da una parte, e investe sull’A.I. e sull’automazione dall’altra.
Senza, poi, citare la più grande beffa ideologia che l’uomo ha mai concepito: Inneggiare alla pace da un lato e rifornire di armi i campi di guerra dall’altro.

Ci deve essere, però, del buono in mezzo a tutto questo caos?
Del buono e bello che non sia solo la sempre citata poesia o la melodia che abbraccia e scalda anima e cuore.

È così diseguale la mia vita
da quello che vorrei sapere.
Eppure al di là di ogni immondizia
e sutura, c’è la grande speranza
che il tempo redima i folli
e l’amore spazzi via ogni cosa
e lasci inaspettatamente viva
una rima baciata.
Alda Merini

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Alda Merini – 21 marzo 1931, Milano – 1 novembre 2009, Milano.

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Dolcezze e amarezze della vita

Riallacciandomi alla riflessione condivisa nell’ultimo post, voglio aggiungere un tassello al pensiero, un tassello che segue per forza di cose la natura espressa in quel dì.

Tra gli elementi più rilevanti alla base del pensiero c’era e c’è il sesso.
Quando si parla di prostituzione si sottintende, anzi, si esplicita il sesso.

Nella coppia, è, in molti casi, l’ago, insieme al carattere e alle sue incompatibilità, che determina le dinamiche di scontro.
La mia compagna due anni fa ha subito un intervento chirurgico che ha provocato dei notevoli cambiamenti nel suo stile di vita e conseguentemente causato difficoltà.
Tra questi c’è il rapporto sessuale, in questo momento della sua vita, in cui lotta per adeguare un corpo e uno stile di vita nuovi, è passato in secondo piano, le sue necessità sono altre.

Le mie necessità, in questo contesto temporale potrebbero scontrarsi con le sue, è causare un conflitto tacito e silenzioso.
Questo è quello che accade, secondo me, nella mente degli uomini che per un motivo o un altro vedono chiusa quella porta, quel desiderio.

L’amore mi impedisce di vedere altro se non il suo benessere, il suo stare in pace con sé stessa, non la obbligherei mai a nulla che non fosse per lei un desiderio o una scelta, in questo caso ancor più d’amore. C’è da dire che per natura non sono mai stato tormentato dal sesso, è stata fortunata ad incontrare me 😀 lo so, me la tiro un pò, spero mi concediate questa lusinga.

Certo non è tutto rose e fiori, gli scontri ci sono, è nella nostra natura ancorarci a idee e giudizi e batterci per sostenerli.

Se con uno sconosciuto nulla impedisce di superare il limite del dolore, con chi conosciamo e amiamo quel limite dovrebbe esser invalicabile e invece. Sembra più facile offendere il nostro riflesso che un’ombra.

Amore e violenza, due parole che insieme non stanno bene, non le immagini complementari, ma opposte, la realtà sembra invece prepotentemente gridarci che camminino mano nella mano.

Persino l’amore più innocente quello per i figli vede la violenza un alibi per l’educazione.
Chi non ha mai ricevuto uno schiaffo o una cinghiata?

Amore!!! Quante parole ci sprechiamo e quanti alibi inventiamo per nascondere una natura incapace di viverlo a pieno.

Quanti versi per lusingarlo, provocarlo e infine incoronarlo.

Immaginate una stanza buia, l’unica luce, la luna sfumare delicatamente dalla finestra.
Immaginate un uomo innamorato, nel buio fa sue le forme indefinite del corpo dell’unica amata, tra le mani un oggetto, che quotidianamente usa per accedere la sigaretta, in quei momenti di tormento fisico.
Ecco!!! Ora immaginate.

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Jacques Prévert

Bella no? Che provate a leggere questi versi? Di certo passione, quella che fa arrossire il cuore e tenerezza per quel che la vita riesce a far sbocciare.

Quasi ogni mattina io e la mia compagna facciamo collazione, ieri mentre preparavamo, lei intenta ad uscire dal frigo le delizie, io occupato ad apparecchiare il tavolo, mi sono, senza alcun riguardo per la sua salute, messo a cantare, salute delle sue orecchie perché sono, letteralmente, stonato e così per il purò gusto di dedicarle alcuni versi mi sono impietosamente cimentato in una serenata mattutina.

Oje vita, oje vita mia…
Oje core ‘e chistu core…
Si’ stata ‘o primmo ammore…
E ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me!

Potrei concludere, qui, questo pensiero, questa dedica alla mia compagna. L’unico e più grande amore della mia vita, ora insieme a Frida.

Ma aleggia, ancora, nell’aria la violenza, brutto da dire, pericoloso d’affermare, ma è presente nel mio cuore, non si dimentica quel che si è subito e vuoi o non vuoi riemerge a volte latente, come un vecchio e morente fiore di loto che galleggia isolato in un lago calmo e cristallino a volte esplode prepotentemente come le onde in tempesta che s’infrangano sulle rocche alte e violente e l’anima non può che spaurirsi.

Amore e violenza o odio che dir si voglia, due facce per la stessa moneta.
Potevo lasciarvi in bocca la dolcezza della vita e concludere, è, però, un’illusione, irreale, dovete assaporare anche l’amarezza per gustare a pieno la vita, senza illusioni, nella sua interezza, così comè: bella e tragica.

Ed è sempre la poesia a mostrare l’amarezza, come prima ha donato la dolcezza d’un amore delicato.

“[…]
Come sono salita su questo camioncino? Ci sono venuta io da sola? Muovendo i piedi uno dietro l’altro, dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso? Non lo so. Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… e il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Ma perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Io sono come congelata.
Ora, quello che mi tiene da dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… mi tiene tra le sue gambe… divaricate come ho visto fare anni fa, ai bambini quando toglievano loro le tonsille. È l’unica immagine che mi viene in mente.
Ma perché la radio? Forse, forse perché non grido. Non c’è molta luce, neanche molto spazio, è per questo che mi tengono semidistesa. Oltre a quello che mi tiene da dietro, ce ne sono altri tre. Li sento calmi, sicurissimi. Che fanno? Si accendono una sigaretta.
Fumano adesso? Perché mi tengono così e fumano? Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Respiro a fondo… due, tre volte. Ma non riesco a snebbiarmi. Ho soltanto paura. Uno, uno si muove, si ferma qua in piedi davanti a me, l’altro si accuccia alla mia sinistra, l’altro a destra, sono vicinissimi. Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Aspirano profondamente le sigarette. Vedo il rosso delle sigarette vicino alla mia faccia.
Quello che mi tiene da dietro non ha aumentato la stretta, soltanto teso tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo come a essere più pronto… a bloccarmi. Il primo che si è mosso, si inginocchia tra le mie gambe divaricandomele, è un movimento preciso che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, infatti subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei, a bloccarmi.
Io ho sù i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con sù i pantaloni? Sono a disagio, peggio che se fossi nuda! Da questa sensazione mi distrae qualcosa che non riesco a capire subito, un tepore tenue poi sempre più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro. Una punta di bruciore. Le sigarette… le sigarette, ecco perché si erano messi a fumare. Io non so cosa debba fare una persona in queste condizioni, io non riesco a fare niente, mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualcosa di orribile. Una sigaretta dietro l’altra sotto il golf, fino alla pelle, insopportabile. Il puzzo della lana bruciata deve disturbare: con una lametta mi tagliano il golf da cima a fondo, mi tagliano il reggiseno, mi tagliano… anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri.
Quello che è inginocchiato tra le gambe, ora mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora tutti si danno da fare per spogliarmi una gamba sola… una scarpa… sola. Ora uno mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Calma, devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni. Devo stare calma. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”.
Non conosco più nessuna parola, non capisco nessuna lingua. Sono di pietra.
“Muoviti puttana, devi fammi godere”. Ora è il turno del secondo… Una sigaretta dietro l’altra: “Muoviti puttana devi farmi godere”. La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa sulla faccia una, più volte, non sento se mi taglia o se non mi taglia. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”. È il turno del terzo. Il sangue dalle guance mi cola alle orecchie. “Muoviti puttana, devi farmi godere”. È terribile sentirsi godere nella pancia… Delle bestie.
Sto morendo, riesco a dire. Ci credono, non ci credono.
Facciamola scendere. Sì, no. Vola un ceffone tra di loro e poi mi spengono una sigaretta, qui, sul collo. Ecco, io lì, credo di essere finalmente svenuta. Sento che mi stanno rivestendo. Mi riveste quello che mi teneva da dietro come se io fossi un bambino piccolo. Non sa come metterla con i lembi del mio golf tagliato, me lo infila nei pantaloni e si lamenta, si lamenta perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… è l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, mi mettono la giacca, mi spaccano gli occhiali e il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere e… e se ne va.
Mi chiudo la giacca sui seni scoperti. Dove sono? Al parco. Mi sento male… mi sento male proprio nel senso che mi sento svenire… e non soltanto per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per la rabbia, per l’umiliazione, per lo schifo… per le mille sputate che mi son presa nel cervello… per… quello che mi sento uscire. Mi appoggio a un albero… mi fanno male anche i capelli… certo me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo una mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Alzo il bavero della giacca e vado. Cammino… cammino […]”
Stralcio da: “Lo Stupro” di Franca Rame.

Ogni tanto rivedo lo straziante monologo di Franca, dovrebbero mostrarlo con tutta la sua ferocia nelle scuole magari non medie, ma superiori, come esempio di quel che l’uomo non deve essere, di come si deve sentire guardandosi allo specchio, una merda, una vigliacco senza palle e intelligenza, così, come le donne devono comprendere che non è necessario conquistare il cuore di un uomo camuffandosi da puttana, fingendosi una puttana.

Un’amica con grande cuore e empatia, ha espresso la compassionevole volontà di comprendere anche la prostituta, distinguendola dalla puttana e forse ha ragione le prostitute a volte non sono puttane.
Cara amica, però, non ho pietà neanche di loro, come non ne ho dell’uomo che sbatte la faccia di una ragazza sul marciapiede, le strappa le mutandine e la violenta, solo perché a differenza di una puttana dice di no.

Principi e valori.

Come tanti homo sapiens dal nostro piedistallo in coro gridiamo alla pace, alla non violenza, al deporre le armi, e come tante teste di cazzo, tutti, nessuno escluso, facciamo finta di niente mentre armiamo mani e braccia che uccidono, alla faccia della morte. Allo stesso modo camminiamo a passo di lumaca con in mano fiaccole e manifesti in omaggio e ricordo della morta strupata di turno, gridando lo slogan più accattivante, mentre in silenzio si lasciano figlie e figli ruzzolare in un fango virtuale dove accattivanti pose e luccicanti labbra si vestano da puttane, togliendo piano, piano dignità e arte, quell’arte che rende un nudo una preghiera all’anima.

Eccola, la vita dolce e amara di ogni essere umano.

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Sospiri

“In tre tempi si divide la vita: nel presente, passato e futuro. Di questi, il presente è brevissimo; il futuro, dubbioso: il passato, certo.”
Lucio Anneo Seneca

Guardando i post precedenti, mi sono ritrovato a scorrere le pagine a ritroso fino al primo post.
4 parole contro le 943 dell’ultimo.

TUTTO INIZIA DAGLI OCCHI

Questo il primo pensiero condiviso. Da questo mi è nata una lugubre considerazione. Se tutto inizia (a mio parere) dagli occhi, tutto, dove o come finisce?
Mi verrebbe da scrivere da un sospiro.

“Ero a Venezia sul Ponte dei Sospiri; un palazzo da un lato, dall’altro una prigione; vidi il suo profilo emergere dall’acqua come al tocco della bacchetta di un mago”
Lord George Gordon Byron

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Considerato oggi il ponte dell’amore o il ponte degli innamorati, la leggenda vuole che scambiandosi un bacio sotto il suo arco su una gondola nel momento preciso in cui il Campanile di San Marco fa sentire le sue campane, si assicura il proprio amore all’eternità!

Il Ponte dei Sospiri è uno dei luoghi più romantici di Venezia. A dispetto del nome i sospiri a cui fa riferimento non sono, però, i sospiri degli innamorati.

Ai tempi della serenissima il ponte dei sospiri veniva attraversato dai condannati o dai detenuti in attesa di giudizio. Trascinati a volte in catena dagli uffici dei tribunali di Palazzo Ducale alle Prigioni o viceversa, i sospiri erano, in realtà, i lamenti per le dure condanne che questi dannati ricevevano dalla giustizia del Doge.

Perché vi sto raccontando tutto questo?

Non certo per descrivervi la bellezza architettonica, che di certo vale, del meraviglioso ponte veneziano.

Ci sono luoghi che sono unici per bellezza e storia e poi ci sono luoghi che entrano nell’anima perché raccontano solo noi.

C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte, dove rimani senza fiato per quanta emozione provi; dove il tempo si ferma e non hai più l’età.
Quel posto è tra le tue braccia in cui non invecchia il cuore, mentre la mente non smette mai di sognare.
Alda Merini

Ricordo, quasi tutti, i luoghi del mio amore. Ricordo il luogo dove le ho dato il primo bacio, il luogo dove lei, finalmente, dopo tanti no, ha risposto sì, ricordo il primo luogo dove la macchina nel buio ha sostato. Difficile, è, ricordare il momento in cui, l’amo, è sbocciato, la consapevolezza di quel momento, se devo usare le parole di Seneca, è una certezza che unisce i tempi dell’anima.

Accorgersi di esser innamorati, è accorgersi di non esser più soli.

Ogni tanto ho bisogno di ricordare che la vita è anche poesia.

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Riflessi

Ho usato questo oggetto tante volte per descrivere un pensiero o un concetto, si lascia veicolare e metaforizzare docilmente, quasi ti seduce. Che vuoi? È sempre stato un oggetto che attrae e affascinata, che incatena e tormenta.
Lo specchio.

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Dietro un riflesso c’è, sempre, un mondo e infinite prospettive.

Negli autoritratti lo specchio è più che un riflesso, l’artista impara ad andare oltre la superficie e cercare nelle espressioni il cuore delle emozioni.

In questi ultimi post si è scritto di giudizio, spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall’opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa, lo diceva Seneca.

È quel che accade davanti allo specchio, ci lasciamo plasmare del tempo che sfiora la superficie, fissando i contorni, senza oltrepassare il velo che definisce e limita l’orizzonte.

Perché? Sono i perché che ci rendono, alla fine, quel che siamo.

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Infinito

E poi ci sono le stelle.

Era estate, io e la mia compagna ci siamo messi in viaggio per raggiungere un parco in una bellissima località della mia terra. Quando siamo arrivati era già calata la sera.
Era necessaria per quel che ci aspettava.
Una notte tra le stelle.
C’era gente, non tantissima ma abbastanza per rendere una festa quel che abbiamo vissuto. Ricordo la fila per vedere Giove e Saturno.
Attraverso un telescopio astronomico ho visto gli anelli e le macchie del gigante.

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Ecco questo è quello che ho visto – l’immagine che ho condiviso è presa dalla rete – più o meno questo è, però, quel che ha mostrato il telescopio, una monetina d’oro circondata da un’anello perfetto.

Perché vi ho raccontato questo ricordo?
Perché molte volte è capitato di alzare gli occhi al cielo e cercare in quell’infinito, ispirazione e conforto.

Ispirazione nel trovare le forme, i colori, i versi e i suoni della gioia, della speranza e in ultimo dell’amore.

Conforto dalle miserie, dalle ingiustizie e dalle sofferenze della vita.

Ora le scelte sono due, dare voce all’ispirazione o al conforto.
L’ispirazione conduce alla poesia, alla musica e all’arte. Quanti versi da cantare, quante opere d’ammirare.
Il conforto al contrario sprofonda nel delirio. Strappo al passato o al presente frammenti d’anima che lacerano il mio corpo e cerco nel pianto la consolazione alla disperazione.

La vita è questo, una moneta che gira e mostra una faccia diversa ad ogni giro.
Può capitare di persistere su una faccia e perdersi in quella, ma come una moneta è solo un’illusione, come la luna l’altra faccia è solo nascosta e riabbracciarla è una scelta.

Quando è capitato un evento particolarmente coinvolgente nel bene o nel male, ho sempre donato un pensiero, una mia impressione. In Turchia e in Siria in queste ore si cerca di fare la cosa giusta tutti insieme, si dà conforto allo strazio e si ispira forza e coraggio. Tutti stanno collaborando e dal mondo gli aiuti sono partiti, Italia, Francia, Germani, Usa, Cina, hanno dato la loro disponibile a dare un mano, un aiuto anche l’Ucraina e la Russia.
E sì, anche Ucraina e Russia, l’unione è una scelta, dare aiuto è una scelta, dare la vita è una vita, dare la morte è una scelta. Il bello delle scelte è che possono cambiare.

Non bisogna mai smettere di alzare gli ogni al cielo e scorgere l’infinito dell’anima.

L’associazione è quasi scontata, l’infinito mi riporta in mente e mi ispira i versi di una poesia, una bellissima poesia del Leopardi, che tutti noi conosciamo.

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Manoscritto de L’infinito di Giacomo Leopardi, 1819, Biblioteca Nazionale di Napoli

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Conchiglia

Oggi avevo in mente di scrivere tutt’altro post, ma ieri leggendo le notizie ho avuto modo di riflettere ed ora sento di dover scrivere un piccolissimo pensiero.
La notizia riguarda un’interrogazione parlamentare dell’attuale maggioranza di governo.
Con tutti i problemi che abbiamo ci vuol coraggio a perdersi nel futile.
Qualcuno potrebbe ribattere che è importante anche quel tema.
Io non lo credo, con il costo dell’energia che aumenta, il costo della benzina che aumenta, con due pazzi che minacciano la guerra mondiale, con la corruzione che sempre più dilaga e la violenza che sempre più è nelle mani di giovanissimi.
La politica pensa a San Remo.
Si può esser più idioti, più incapaci, più inutili?

Una puntualizzazione, una delle tante che doveva esser reclamata e scritta.

Adesso però, non lascio il pensiero incatenato a questa pessima politica, a queste notizie che sono deprecabili, a queste puntualizzazione che ci umiliano.
Se riesco, il pensiero, lo porto altrove cercando d’esser il meno malinconico possibile. Per chi ha letto il post di ieri sa che al momento un pò di tristezza c’è.

Come mandarla via?

«Tristezza come posso renderti meno triste?»

«Recitami una poesia. Una poesia dove possa vedere il mare, recitamela e il cuore mio sarà meno triste.»

 

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Garcìa Lorca

«Sei meno triste ora?
Ti ho raccontato di una conchiglia e del mare.
Lo vedi? È lì, in fondo al nostro cuore, lì, dove i ricordi sbocciano come fiori.»

«Sì lo vedo! Vedo le onde giocare a rincorrersi, sento il suo canto lusingare il vento e il sole accarezzarlo con stelle brillanti.
Ora sono meno triste.»

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Dolcezza

Non serve, poi, una grande ed esagerata prova, un’eclatante manifestazione per dimostrare affetto, per dimostrare amore.

Possono bastare, un paio d’uova, un pò di farina, qualche spruzzata di limone, un pizzico di burro e tanta frutta.
Con la giusta combinazione di movimenti e manipolazioni, si può dare forma a qualcosa di sensibilmente dolce.

La dolcezza! E quando mi ricapita di citarlo:

“Amor che nella mente mi ragiona
cominciò egli a dir si dolcemente
che la dolcezza ancor dentro mi suona.”

Danta Alighieri

 

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Ieri è stato il compleanno della donna che amo. Questo dolce cuore, è stato il mio regalo culinario.

La forma era scontata, il cuore parlava.

La superficie non è perfetta, ma non lo poteva, mai, essere. La mia anima è cucita, attraversata da mille cicatrici, lo sono anche le mie creazioni. Imperfette esternazioni d’un fragile equilibrio.

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Crepuscolo

La poesia è bella?! Perché ha la naturale attitudine al conforto, anche quando è malinconica o profondamente decadente.
Ci affidiamo ad essa per esternare i nostri pensieri, proprio, per questa sua capacità di poterci esprimere al meglio della parola.
Ieri leggendo un pensiero poetico di un’amica, come spesso capita, trovo parole che hanno la capacità di aprire porte, d’ispirare sogni.

Il crepuscolo.
È amato da poeti, artisti e romantici.

La poesia non è, emotivamenete bella solo da leggere, ha il suo fascino anche ascoltandola, soprattutto se accopagnata da un sottofondo melodico:

Buon mercoledì.

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Versi

È tra le sue più belle poesie, forse, la più conosciuta, leggerla o rileggerla è, sempre, un dono per il cuore.

 

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Nazim Hikmet

Ed è di questo, che ho bisogno e perché no (scusate la presunzione) avete bisogno.

Attimi d’Amore.