Storia di un arcobaleno sfortunato

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C’era una volta un tranquillo arcobaleno in campagna, in una bella serata. Lo notai e mi diede un’insolita speranza. Ci trovammo invece a dover tornare a Roma, con l’uomo di cui sono innamorata, e dopo un’incredibile serie di traversie, nell’insieme piuttosto drammatiche, lo rividi piccolo, in un adesivo di plastica, sul retro di un auto parcheggiata, e provai uno strano presagio pessimista.

Passarono lunghi anni, prima che riaprissi gli occhi a sufficienza per far nuovamente caso agli arcobaleni. Il primo che incontrai fu in un riflesso sulla parete bianca del guardaroba di mamma, in una bella primavera, che una volta di più si cangiò in dramma, per me in particolare, invece.

Di quel periodo, mi rimane una manciata di magia bianca nell’aria, a Porta Maggiore a Roma, che mi suggeriva di trasformarmi in una Fatina della Foresta Nera, e trascinarmi dietro il mio uomo in quanto Elfetto. Mia mamma era una donnina in miniatura che abitava tranquilla nel suo piccolo fungo, dal quale potevamo entrare e uscire, ben arredato e pulito.

Non entro nei dettagli di come mi trovai in quella situazione, né di cosa successe in seguito, c’è una serie di circostanze che mi potrei ricordare o meno, ma che comunque sfuggono al contesto, non possono appartenere a nessuna fiaba.

L’arcobaleno riflesso che notai in seguito era sul vetro di un quadro, e firmava il mio rapporto con mia madre, rappresentato in forma astratta, in quanto l’arcobaleno era dovuto a dei riflessi di piccoli soprammobili in cristallo preziosi, che le regalavo spesso intanto da bambina, e nel quadro è rappresentata una bella casa vecchia in campagna, un po’ isolata.

L’arcobaleno naturale, che in quanto tale era comunque ottimistico almeno per me, anche se appariva sullo sfondo di un cielo grigio scuro, lo vidi dalla finestra l’autunno scorso, ovvero a fine autunno del 2021, e in fondo la tragedia tuttora in corso era rappresentata bene proprio da quel grigio scuro, ma purtroppo non potei di nuovo fermarmi e ripartire nella vita reale da lì.

Ora, nel contesto del dramma che si continua a svolgere indisturbato in Italia e nel mondo, ho fissato il mio arcobaleno in una foto, tra le tante che mi hanno incuriosita in questo periodo, di cui non so l’autore ma che comunque è la foto di un attimo fuggente in un deserto messicano. Il cielo su cui si staglia l’arcobaleno è attraversato da un fulmine lampeggiante, sullo sfondo della terra rossa del deserto, con un alto cactus.

Nel frattempo, mi sono rimessa a fotografare riflessi di arcobaleni, e li ho ancora trovati, proprio davanti all’ingresso della bella casa isolata di campagna nel quadro, nonché tra le ombre giapponesi e cinesi del profilo di un camaleonte intagliato a mano nel legno di un soprammobile che viene da un Madagascar lontano nel tempo. Potrei attribuirgli vari significati, ed anche tentare di farmene guidare, ma i colori sono più vividi, e mi appaiono come un po’ surreali.

Infatti la foto che ho messo è quella del fantasma di mio padre che ride dalla costa Calabrese non di questo racconto, ma dei cattivi che non hanno permesso alla figlia che amava di potersi tenere quella manciata di magia bianca prima, o almeno rientrare nella realtà in accordo con un arcobaleno ottimista ultimamente.