Come reagire all’impennata del cambiamento climatico

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Ho scelto come copertina una bellissima veduta aerea dell’isola di Capraia, una foto di Guglielmo Giambartolomei che ho trovato su internet. L’isola ha un po’ la forma di una tartaruga gigante. A chi conosce il Mar Mediterraneo suggerisce ricordi belli.

Scarpinate in discesa, attraverso la macchia mediterranea, appunto, con rametti che graffiano le gambe abbronzate e faticose risalite, in cui gli odori penetranti e lo iodio si respirano a pieni polmoni.  In mezzo, una qualche caletta appartata e un tuffo in un’acqua limpida; poi una nuotata con la maschera e le pinne per affacciarsi sul piccolo e affollato mondo sommerso, popolato di pesci e pesciolini, su un fondale con ricci di mare tra i quali spicca qualche stella marina, e magari qualche polipo, qualche granchio, addirittura qualche aragosta. Infine, uno scoglio abbastanza poco appuntito dove ci si possa sdraiare, e chiudere gli occhi per rilassarsi grazie ai raggi di sole che penetrano attraverso le palpebre.

Sapevo che almeno alcune delle isole italiane erano in salvo, ovvero che si era riusciti a renderle praticamente autonome e dipendenti solo da fonti proprie di energia rinnovabile. Pensavo che ci fosse più tempo, che con più calma, dopo aver iniziato dalle isole, si sarebbe potuto estendere il ricorso a fonti di energia rinnovabile ad altre zone naturali altrettanto particolari e uniche nel loro genere che si trovano qua e là per la bellissima penisola italiana, e nelle sue due isole maggiori. Non mi ero resa conto che il cambiamento climatico potesse avere un’impennata, dovuta evidentemente intanto alla pandemia, ma anche al fatto che l’Italia si trova in una posizione abbastanza centrale nel Mar Mediterraneo, e questo la rende più fragile, dal punto di vista del cambiamento climatico in particolare.

Nella situazione attuale, la maggioranza delle persone è intanto affaticata dalle conseguenze dello scoppio della pandemia, nonché disturbata dalle variazioni inaspettate del clima che cambiando così bruscamente è diventato anche instabile. Anche per questo, mi sembra si pensi che non si possa fare altro che aspettare che questo periodo passi. Questa posizione però la trovo preoccupante, intanto in Occidente e in particolare in Italia.

Sono abbastanza convinta, su basi scientifiche qualitative, che questo periodo non passerà, che se non si interviene al più presto si continuerà ad assistere a quello che è l’opposto di una glaciazione (la glaciazione che ha portato alla nota estinzione dei dinosauri, e alla conseguente diffusione dei mammiferi, in un periodo così lontano nel tempo da essere difficilmente immaginabile, perché si parla dell’ordine di un milione di anni fa). Nel caso attuale, la temperatura globale si è innalzata oltre il livello di guardia, e si sta avendo invece, nell’insieme, una desertificazione (vedi Colpo d’occhio sulla desertificazione , nello stesso blog).

Una bella foto delle Dolomiti trovata su internet.
Una bella foto delle Dolomiti trovata su internet.

Forse si dovrebbe tener conto in contemporanea dei due punti di vista che immagino diversi, tra quello delle persone al governo, che si preoccupano magari di mantenere l’ordine e di salvare almeno in parte l’economia, e quello della popolazione, che si ritrova già danneggiata più di quanto potesse aspettarsi e vorrebbe invece delle risposte immediate ai problemi pratici che si sono creati e si stanno creando. Il vero problema diventa forse che si tenta di affrettare, di dare appunto delle risposte sufficientemente rapide per mantenere il controllo, e questo ha come risultato che invece si danno delle risposte miopi, che tengono conto solo dell’immediato futuro e sono destinate a rivelarsi fallimentari su tempi più lunghi. Dall’altro lato la popolazione, anche se magari solo in maggioranza, è disinformata, e non ci tiene ad essere informata di qualcosa che spaventa e che appare senza risposta possibile proprio.

Non è vero che non si possa fare niente, ci sono una quantità di cose banali che potrebbero migliorare la situazione. Mi limito a prendere esempio proprio dall’autosufficienza energetica già raggiunta in alcune piccole isole.  Intanto va premesso che l’energia che proviene da fonti rinnovabili si ottiene di base nella forma di energia elettrica. Poi, magari, andrebbe ricordato che si hanno già soluzioni tecnologiche in abbondanza per ottenerla, anche se naturalmente si possono sempre ideare nuovi metodi che si rivelino ancora più efficienti. Dai mulini a vento a quelli che trasformano in energia elettrica le onde marine, passando per le dighe che permettono di sfruttare la potenza del flusso di un fiume. Aggiungendo a tutto questo le note cellule fotovoltaiche, che possono rendere autosufficienti intanto dei piccoli edifici. In particolare, si potrebbe intanto allargare l’uso di queste ultime ai tetti dei palazzi in città, permettendo di contribuire almeno in parte all’alimentazione elettrica degli appartamenti.

C’è un aspetto ottimista, in tutto questo, che si potrebbe riuscire a passare alle fonti rinnovabili più rapidamente proprio in quanto in questo periodo c’è una sovrabbondanza di energia sprigionata da eventi naturali, ed il sole scalda anche troppo. D’altra parte, arrestare l’ulteriore innalzarsi della temperatura globale, e con il tempo riportarla al di sotto dei valori troppo alti attuali, lascerebbe aperto in seguito un’adattamento più lento alle reali possibilità energetiche, minori di quelle che si hanno in un periodo di crisi.

Come ho accennato in un’altra pagina del blog ( Colpo d’occhio sulla desertificazione ), la desertificazione e il caldo sempre maggiore in media sono legati principalmente all’aumento della CO2 (anidride carbonica) nell’atmosfera, quindi l’altro passaggio fondamentale, che è in sé stesso reso possibile appunto dallo sfruttare le fonti rinnovabili ed ottenerne energia elettrica, è quello del passaggio alle automobili elettriche, il cui funzionamento è basato su delle batterie ricaricabili. Qualcosa che si può forse dire in un blog meglio che altrove è che non si tratta di un’utopia, perché 6 o 8 delle 2 batterie di un buon motorino elettrico sono sufficienti per dare autonomia dignitosa e far muovere ad una velocità dignitosa un’automobile. Da un confronto banale dei prezzi, notando che si possono direttamente produrre batterie più grandi ed avvantaggiarsi ulteriormente, sembrerebbe emergere che le automobili elettriche attualmente disponibili sul mercato sono nettamente più costose dell’indispensabile.

Per concludere, se si partisse dalla prospettiva che questo aumento del caldo medio si può ancora invertire, invece di stressarci ulteriormente a procurarci in fretta dei condizionatori nuovi e a muoverci tra fornitori di energia elettrica più economici, forse si potrebbe chiedere di accelerare in questa prospettiva.

Storia di un arcobaleno sfortunato

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C’era una volta un tranquillo arcobaleno in campagna, in una bella serata. Lo notai e mi diede un’insolita speranza. Ci trovammo invece a dover tornare a Roma, con l’uomo di cui sono innamorata, e dopo un’incredibile serie di traversie, nell’insieme piuttosto drammatiche, lo rividi piccolo, in un adesivo di plastica, sul retro di un auto parcheggiata, e provai uno strano presagio pessimista.

Passarono lunghi anni, prima che riaprissi gli occhi a sufficienza per far nuovamente caso agli arcobaleni. Il primo che incontrai fu in un riflesso sulla parete bianca del guardaroba di mamma, in una bella primavera, che una volta di più si cangiò in dramma, per me in particolare, invece.

Di quel periodo, mi rimane una manciata di magia bianca nell’aria, a Porta Maggiore a Roma, che mi suggeriva di trasformarmi in una Fatina della Foresta Nera, e trascinarmi dietro il mio uomo in quanto Elfetto. Mia mamma era una donnina in miniatura che abitava tranquilla nel suo piccolo fungo, dal quale potevamo entrare e uscire, ben arredato e pulito.

Non entro nei dettagli di come mi trovai in quella situazione, né di cosa successe in seguito, c’è una serie di circostanze che mi potrei ricordare o meno, ma che comunque sfuggono al contesto, non possono appartenere a nessuna fiaba.

L’arcobaleno riflesso che notai in seguito era sul vetro di un quadro, e firmava il mio rapporto con mia madre, rappresentato in forma astratta, in quanto l’arcobaleno era dovuto a dei riflessi di piccoli soprammobili in cristallo preziosi, che le regalavo spesso intanto da bambina, e nel quadro è rappresentata una bella casa vecchia in campagna, un po’ isolata.

L’arcobaleno naturale, che in quanto tale era comunque ottimistico almeno per me, anche se appariva sullo sfondo di un cielo grigio scuro, lo vidi dalla finestra l’autunno scorso, ovvero a fine autunno del 2021, e in fondo la tragedia tuttora in corso era rappresentata bene proprio da quel grigio scuro, ma purtroppo non potei di nuovo fermarmi e ripartire nella vita reale da lì.

Ora, nel contesto del dramma che si continua a svolgere indisturbato in Italia e nel mondo, ho fissato il mio arcobaleno in una foto, tra le tante che mi hanno incuriosita in questo periodo, di cui non so l’autore ma che comunque è la foto di un attimo fuggente in un deserto messicano. Il cielo su cui si staglia l’arcobaleno è attraversato da un fulmine lampeggiante, sullo sfondo della terra rossa del deserto, con un alto cactus.

Nel frattempo, mi sono rimessa a fotografare riflessi di arcobaleni, e li ho ancora trovati, proprio davanti all’ingresso della bella casa isolata di campagna nel quadro, nonché tra le ombre giapponesi e cinesi del profilo di un camaleonte intagliato a mano nel legno di un soprammobile che viene da un Madagascar lontano nel tempo. Potrei attribuirgli vari significati, ed anche tentare di farmene guidare, ma i colori sono più vividi, e mi appaiono come un po’ surreali.

Infatti la foto che ho messo è quella del fantasma di mio padre che ride dalla costa Calabrese non di questo racconto, ma dei cattivi che non hanno permesso alla figlia che amava di potersi tenere quella manciata di magia bianca prima, o almeno rientrare nella realtà in accordo con un arcobaleno ottimista ultimamente.