Laser parodontale

In che modo la terapia fotodinamica laser cura la parodontite ?

La parodontite, comunemente detta anche piorrea, è una patologia di origine batterica che attacca le gengive, crea tasche gengivali tra i denti e la gengiva ed attraverso queste ultime raggiunge il mascellare causando il riassorbimento dell’osso alveolare che lascia gli elementi dentali privi di supporto quindi sono destinati a cadere spontaneamente oppure a mezzo dell’estrazione dentale posta in essere da un dentista.

I sintomi accusati dal paziente non annoverano il dolore e questo fa si che l’appuntamento per curare la parodontite venga sempre rimandato. Tra gli effetti collaterali della malattia parodontale abbiamo: arrossamento dei tessuti che circondano il dente, sanguinamento gengivale, placca e tartaro sulla superficie dei denti, antiestetiche concrezioni giallastre o marroni alla base dei denti nonché alitosi cronica.

Cos’è la terapia fotodinamica laser ?

La terapia classica per curare la parodontite è composta da manovre di pulizia denti professionale eseguite da un dentista o un’igienista dentale che comprendono anche la detartrasi o ablazione del tartaro sia sopra che sotto le gengive (generalmente i primi 3 mm del solco gengivale).

L’asportazione delle incrostazioni di tartaro, della placca batterica e del materiale necrotico e purulento dalle tasche gengivali, è effettuata attraverso strumenti manuali (scalers) o ad ultrasuoni (ablatore). La disinfezione battericida delle tasche è affidata ad antibiotici ad uso topico inseriti direttamente nelle tasche.

In quale fase della cura della parodntite il laser può essere determinante ?

Alcuni studi hanno dimostrato come le sole manovre di rimozione manuale del materiale infetto ed infettante dalle tasche non siano sufficienti a garantire la completa guarigione dei tessuti coinvolti e spesso si registrano casi di recidiva.

Il motivo di tale parziale efficacia sta nel fatto che i batteri causa della parodontite non vengono rimossi completamente ed i rimanenti hanno il tempo per riprodursi e ricreare l’infezione che si era tentato di debellare.

E’ proprio nell’eliminazione selettiva dei batteri che entra in gioco la terapia fotodinamica laser per la cura della parodontite.

Applicazione del laser

Dopo aver effettuato la rimozione manuale del tartaro e della placca sia dalle superfici dei denti sia dall’interno delle tasche gengivali, il dentista provvede a “spalmare” una soluzione colorante sia sulla superficie dei denti che all’interno delle tasche.

La funzione di tale sostanza è quella di aderire alla membrana dei batteri. Al passaggio del laser (laser a diodi, con una lunghezza d’onda di 850 nanometri,) la soluzione adesa ai microrganismi si attiva (reazione fotosensibilizzante) e colora di blu le colonie di batteri residue.

Il raggio laser poi completa la procedura distruggendo tali colonie grazie alla formazione di ossigeno attivo che rompe o dissolve la membrana di ciascun battere.

Risultati

Il connubio tra il curettage manuale e la terapia fotodinamica antimicrobica effettuata con il laser per curare la parodontite consente il ripristino del corretto equilibrio della flora batterica all’interno delle tasche gengivali.

Dopo pochi giorni dalla seduta, il paziente può già percepire il risultato del trattamento.

L’utilizzo del laser in parodontologia è un sistema relativamente nuovo visto che sono già 12 anni circa che tale metodica è monitorata e documentata dalla comunità scientifica.

Benefici della terapia fotodinamica laser contro la parodontite

  • Adozione del laser nella cura della parodontite comporta numerosi vantaggi, tra i quali:
  • E’ una procedura indolore che non necessita di anestesia locale;
  • Non è necessario assumere antibiotici (salvaguardando così anche lo stomaco poiché è noto che detti farmaci sono altamente gastrolesivi);
  • Elimina quasi immediatamente il sanguinamento delle gengive;
  • Bonifica totalmente le tasche gengivali con una probabilità di successo che si approssima al 100%;
  • Pone in essere un forte effetto biostimolante su tutti i tessuti coinvolti (compresso il tessuto osseo) riducendo quindi i tempi di guarigione;
  • Grazie anche all’utilizzo del microscopio, il laser permette, in molti casi, di escludere l’intervento di microchirurgia (levigatura radicolare a cielo aperto) evitando quindi anche i punti di sutura e tutto stress post operatorio ai tessuti ed al paziente.

Conclusioni

L’utilizzo della terapia fotodinamica laser per la cura della parodontite è una metodologia sempre più utilizzata negli studi di odontoiatria ma è da tener presente che ancora non si può prescindere dalla preventiva pulizia professionali denti e dalla levigatura radicolare manuale.

Accertato che la malattia parodontale sia stata innescata dalla scarsa igiene orale domiciliare, è necessario che il paziente impari ad utilizzare lo spazzolino da denti, sia esso manuale o elettrico, nonché il filo interdentale.

A completare ed a garantire l’igiene orale necessaria e sufficiente per mantenere sani i denti naturali, ci sono le visite di controllo periodiche (ogni 6 mesi o, almeno, una volta all’anno) che sono fondamentali per la prevenzione e per risparmiare soldi, tempo e dolore.

Il digitale nella cura parodontale

Le nuove frontiere della parodontologia annoverano il laser per curare la piorrea evitando così il ricorso alla chirurgia parodontale, senza la necessità di anestesia locale e con tempi di recupero e guarigione molto più contenuti.

La piorrea è la patologia cronica e degenerativa che colpisce il parodonto costituito da gengiva, legamento parodontale e osso alveolare sede dei denti.

I batteri della placca producono acidi e tossine che si depositano sui denti ed all’interno del solco gengivale.

Con il passare del tempo e la sedimentazione del materiale patogeno, si forma il tartaro ma non solo, il solco gengivale si fa più profondo a causa dell’infiammazione che fa recedere i tessuti che lasciano spazio alle tasche gengivali all’interno delle quali i microrganismi responsabili della piorrea prolificano e continuano la loro azione fino a raggiungere l’osso.

A questo punto si assiste all’ultima fase della malattia ovvero il riassorbimento dell’osso che sostiene il dente il quale ultimo è destinato a cadere.

Come si svolge la terapia laser ?

E’ bene chiarirlo si da subito, il laser da solo non sarebbe efficace contro la piorrea quindi è necessario utilizzare più di una tecnica per sconfiggere questa subdola malattia che si sviluppa in modo silente ed asintomatico, progredisce creando antiestetiche concrezioni di tartaro alla base dei denti e provocando, come se non bastasse, alitosi più o meno accentuata in base al soggetto ed alla gravità della patologia stessa.

Le manovre che precedono l’utilizzo del laser per curare la piorrea sono quelle classiche della pulizia professionale dei denti che include anche la rimozione del tartaro attraverso l’ablazione manuale e meccanica.

Una volta liberate le superfici dei denti e le tasche gengivali dalle incrostazioni ed affrontata la levigatura radicolare, entra in gioco il laser che bonifica la zona trattata vaporizzando tutti batteri residui che, se lasciati accidentalmente in loco, provocherebbero una inevitabile ricaduta.

Vantaggi del laser

Il laser per curare la piorrea presenta una serie di vantaggi che sono stati comprovati, documentati ed hanno permesso di mettere a punto protocolli odontoiatrici applicati da numerosi parodontologi di tutto il mondo.
I principali vantaggi nell’utilizzo del laser rispetto al ricorso all’intervento chirurgico sono per il trattamento della piorrea:

  • Blocca immediatamente il sanguinamento gengivale;
  • Favorisce la rigenerazione dei tessuti del parodonto (osso alveolare e legamento parodontale);
  • Favorisce la rapida chiusura spontanea delle tasche gengivali;
  • Riduce la mobilità dentale;
  • Nella maggior parte dei casi non necessita di anestesia locale;
  • Elimina i tessuti necrotici senza danneggiare le gengive;
  • Elimina i disagi durante l’intervento e nel post operatorio;
  • Non occorrono punti di sutura;
  • Secondo le casistiche presentate, ha un tasso di successo maggiore rispetto alle terapie che non lo vedono impiegato;
  • Diminuisce fortemente i casi di recidive.

Tipi di laser per curare la piorrea

In generale il laser emette luce altamente concentrata e canalizzata in un raggio rettilineo che è possibile dirigere attraverso il manipolo dello strumento.

I laser per curare la piorrea si differenziano anche per il tipo di lunghezza d’onda emessa e, sulla base di tale distinzione, abbiamo laser capaci di “lavorare” tessuti come l’osso e lo smalto (tessuti duri) ed altri laser, invece, specifici per i tessuti molli come la gengiva senza, peraltro, arrecare nessun danno ma solo benefici ciò in funzione di tutelare la salute del paziente.

Il tipo di laser più diffuso per la cura della piorrea è al Neodimio YAG (Nd:YAG) anche se si sta facendo strada un altro laser capace di raggiungere una frequenza più alta, il Neodimio YAP.

Anche i laser a diodi sono spesso utilizzati anche se la loro efficacia è leggermente inferiore.

Diagnosi piorrea parodontite come e dove?

La visita parodontale, detta anche esame parodontale, consiste nella raccolta di dati da parte del dentista o parodontologo per formulare una diagnosi corretta in base alla situazione in cui si trova il paziente affetto da gengivite o parodontite, pianificare un’efficace terapia per risanare la bocca in esame e scongiurare la caduta prematura dei denti.

Il passaggio più importante di tutta la visita è il sondaggio parodontale con cui il dentista registra sulla cartella le differenti profondità delle tasche gengivali da curare.

L’esame parodontale è composto da successivi step di cui il primo è l’anamnesi:

Con l’anamnesi inizia la visita parodontale

Prima di iniziare la visita parodontale vera e propria ovvero procedendo con la valutazione dello stato delle gengive, con il sondaggio parodontale o gengivale etc. il dentista richiede al paziente di compilare una scheda con i propri dati anagrafici e di rispondere ad alcune domande che possano permettere al medico stesso di avere un quadro dettagliato circa la situazione clinica della persona che ha davanti.

L’anamnesi parodontale ha lo scopo di evidenziare potenziali fattori ereditari, abitudini quotidiane scorrette e situazioni particolari in cui si trova il paziente, anche temporaneamente e cheinfluenzano l’insorgenza della parodontite.

I fattori di maggior interesse sono:

  • informazioni sull’igiene orale domiciliare;
  • frequenta della pulizia dentale professionale (ablazione del tartaro);
  • Tabagismo (consumo di sigaretta);
  • consumo di alcool;
  • abitudini alimentari scorrette;
  • stile di vita (sedentarietà, situazioni di stress);
  • assunzione di farmaci particolari (ciclosporine, calcio antagonisti, anticonvulsivanti);
  • presenza di malattie sistemiche come il diabete o altre patologie ereditarie o acquisite che alterano le difese immunitarie (HIV o AIDS);
  • sbalzi ormonali in atto, quali quelli legati al periodo della pubertà e durante la gravidanza o menopausa;
  • Casi di parodontite accaduti a familiari stretti (la parodontite aggressiva ha una forte componente ereditaria).

Tutte queste informazioni, insieme alle successive, che descriviamo di seguito, completano la cartella parodontale del paziente.

L’anamnesi medica e dento-parodontale può far emergere la presenza di una serie di elementi che influenzano l’insorgenza e la progressione delle parodontiti in termini di fattori o indicatori di rischio malattia.

Valutazione dello stato delle gengive

La visita parodontale prosegue con la valutazione delle gengive il dentista prende in considerazione una serie di parametri quali ad esempio:

Alterazione del colore (da rosa a rosso intenso)

le gengive irritate tendono ad abbandonare il classico colore rosa che caratterizza i tessuti sani per presentarsi di un rosso più intenso che sottolinea appunto l’infiammazione;

alterazione dei tessuti molli

  • in presenza di parodontite, il tessuto gengivale tende ad essere più molle del normale e meno aderente alla superficie del dente;
  • L’infiammazione comporta un inspessimento dei tessuti che può essere di modesta entità ma può anche arrivare a vere e proprie tumefazioni;

stima del grado di recessione gengivale

sia la gengivite che la parodontite innescano un meccanismo di autodifesa della bocca che implica la recessione gengivale la quale lascia scoperta una parte della radice facendo apparire i denti più lunghi ma anche favorendo l’adesione della placca batterica al cemento radicolare che sappiamo essere meno resistente dello smalto agli attacchi dei batteri cariogeni.

Sondaggio parodontale

Terminata la valutazione dello stato delle gengive, il dentista prosegue la visita parodontale con la procedura definita sondaggio parodontale. Per capire cosa sia il sondaggio dobbiamo fare un breve passo indietro.

Nell’articolo “La parodontite” abbiamo detto che la placca si insinua preferibilmente nel solco gengivale e, se non rimossa, inizia la sua lenta ed inesorabile azione infiammatoria a danno delle gengive le quali perdono di tono e si allontanano dal dente permettendo la formazione di tasche gengivali all’interno delle quali si insinuano i batteri patogeni. Nelle tasche gengivali la malattia progredisce fino allo stadio di parodontite grave o complicata caratterizzata da importante distruzione delle strutture di sostegno del dente (osso alveolare) e dalla presenza di liquido purulento, pus, all’interno delle tasche stesse. A questo punto la patologia parodontale manifesta in maniera imbarazzante e sgradevole un ulteriore sintomo ovvero l’alitosi, a ciò si aggiunge la mobilità dei denti colpiti.

Adesso che abbiamo un quadro completo dell’evoluzione della parodontite possiamo proseguire con il passaggio successivo della visita parodontale ovvero il sondaggio parodontale.

Il dentista inserisce delicatamente una sonda di metallo, millimetrata e con la punta arrotondata (detta sonda parodontale) tra il dente e la gengiva al di sotto del margine gengivale per misurare la profondità della tasca.

Normalmente il solco gengivale è profondo dai 2 ai 3 millimetri quindi dai 4 millimetri ed oltre siamo in presenza di, rispettivamente, gengivite o parodontite.

Il sondaggio parodontale è una procedura che il dentista ripete per tutti i denti all’interno della bocca ed in più punti per ciascun tende proprio poiché la parodontite non si presenta in maniera uniforme su tutte le superfici bensì potrebbe essere molto più aggressiva in posizione interdentale piuttosto che linguale o viceversa.

Ogni misurazione è annotata scupolosamente sulla cartella parodontale affinché durante e dopo la cura sia possibile stimare il grado di guarigione delle gengive.

Nel lcorso della visita parodontale è’ diventato sempre più frequente utilizzare la macchina fotografica digitale per avere un riscontro visivo dello stato delle gengive prima e dopo la parodontite.

Valutazioni complementari

Durante la visita parodontale, il dentista verifica anche ulteriori parametri che permettano di valutare oggettivamente lo stato di salute della bocca del paziente. Ad esempio:

Sanguinamento gengivale dopo il sondaggio (BOP = bleeding on probing)

Attesta semplicemente il sanguinamento dopo il sondaggio gengivale.

E’ importante sottolineare che il sanguinamento delle gengive non è dovuto all’azione meccanica della sonda all’interno delle tasche al disotto del solco gengivale bensì all’infezione parodontale da cui è affetto il paziente. Il sondaggio parodontale, di per se, è un esame totalmente indolore.

Indice di placca batterica (PlI = Plaque Index)

Il medico annota sulla cartella parodontale se sui denti del paziente è possibile evidenziare la presenza di placca batterica o tartaro ed in che quantità.

La visita parodontale determina, quindi, anche l’indice di placca (placca assente indice = 0; placca evidenziata utilizzando la sonda, indice = 1; placca visibile ad occhio nudo, indice = 2; quantità importante di placca indice = 3)

Indice di mobilità dentale

La parodontite, come sappiamo, mina la stabilità dell’elemento dentale che ne è affetto poiché attacca direttamente i sostegni di quest’ultimo e “sgretola” l’osso alveolare in cui il dente stesso risiede fino a determinarne la caduta.

La mobilità dentale, tuttavia, non si verifica da un giorno all’altro bensì si tratta di una progressione lenta ed inesorabile che può essere fermata e riconvertita se presa in tempo e con le giuste terapie.

L’indice di mobilità dentale misura il grado di mobilità del dente all’interno del suo alveolo e va da “1” a “3”:

  • grado 1
    se il dente si muove in direzione orizzontale per 0.2 – 1 mm;
  • grado 2
    se il dente si muove in direzione orizzontale per più di 1mm;
  • grado 3
    se è mobile anche in direzione verticale.

Cambiamento del colore dei denti

A causa della cospicua presenza di tartaro sia sotto ma soprattutto sopra il solco gengivale, i denti tendo a cambiare colore, ad ingiallirsi e con l’andare del tempo a diventare sempre più scuri indicando la presenza distruttrice della piorrea ed evidenziano i danni da essa prodotta a livello estetico oltre che funzionale.

Presenza più o meno marcata di alitosi

La visita parodontale completa prende in considerazione anche gli aspetti “collaterali” della parodontite ed uno di questi è senza ombra di dubbio la presenza di alitosi.

La placca batterica ed il tartaro solidificato alla base dei denti sono un ricettacolo di residui di cibo, di batteri che consumano zuccheri e producono acidi e tossine, tutti questi elementi contribuiscono alla modificazione, in peggio, dell’alito del paziente.

L’alito pesante è un effetto della parodontite che provoca notevoli disagi per chi ne è affetto poiché influenza negativamente i rapporti con gli interlocutori che si accorgono immediatamente del cattivo odore, si creano così situazioni di imbarazzo.

Presenza di manufatti protesici inadatti

L’infiammazione delle gengive ed il successivo peggioramento in parodontite può essere causato anche da incongruenze tra ricostruzioni protesiche e gengiva.

Quando la protesi dentarie od i restauri di tipo conservativo non sono stati ben calibrati possono creare zone in cui è difficile arrivare con lo spazzolino per la quotidiana igiene orale e, quindi, la placca può annidarsi indisturbata e procedere con la sua azione infiammatoria (ai danni dei tessuti molli) e corrosiva ai danni dei denti (carie).

Studio delle radiografie

L’ultimo step della visita parodontale consiste nell’analisi del cosiddetto “full endorale” ovvero una serie di radiografie endorali eseguite una di seguito all’altra di tutti i denti che permetta al dentista di valutare la situazione ossea attorno ai denti. In altre parole, le radiografie permettono di capire esattamente quanto l’azione distruttiva della parodontite abbia danneggiato gli alveoli all’interno dei quali alloggiano le radici dei denti.

Compilazione della cartella parodontale

Tutti i rilevamenti e gli esiti degli esami fatti durante la visita parodontale e che abbiamo descritto fino a questo momento costituiscono il contenuto della cartella parodontale che entra di diritto nella documentazione personale del paziente.

La cartella parodontale fornisce un quadro preciso riguardo le situazione in cui versa la bocca del paziente inoltre, serve anche e soprattutto per individuare la corretta terapia da intraprendere per curare la parodontite nonché per verificare nel tempo l’andamento della patologia in seguito alle cure apportate e nel contesto di un riesame.

Il mercato ha studiato appositi software anche per la branca della parodontologia e non è raro che il medico preferisca annotare i dati su una cartella parodontale digitale anziché cartacea.

Colloquio col paziente

Il colloquio iniziale tra dentista e paziente prende il nome di esame soggettivo ed ha lo scopo di portare il medico a conoscenza dei disagi/sintomatologia percepita o constatata dal paziente stesso.

Il colloquio che scaturisce, invece, dopo aver completato la visita parodontale ed i relativi esami e valutazioni descritte in precedenza in questo articolo, quindi dopo che il dentista abbia redatto la cartella parodontale, ha lo scopo di descrivere al paziente l’iter terapeutico individuato dal parodontologo per curare la parodontite o piorrea.

Il dentista potrebbe decidere per una cura antibiotica complementare, quindi indirizzare il paziente per un test microbiologico allo scopo di individuare le differenti specie di batteri patogeni che hanno colonizzato le tasche gengivali.

In odontoiatria, non tutti i medici concordano sull’efficacia dell’utilizzo degli antibiotici per debellare la malattia parodontale; ecco perché abbiamo preparato un articolo dal titolo “parodontite: antibiotici si o no ?” in cui sono descritte le motivazioni a sostegno e contro l’utilizzo della terapia antibiotica.

Malattia gengivale, se non curata porta alla perdita dei denti.

La parodontite è una grave infiammazione del parodonto ovvero degli elementi che sostengono il dente quali la gengiva, il legamento parodontale e l’osso alveolare. Si manifesta a causa della placca batterica sedimentata che infiamma le gengive senza comportare dolore e con sintomi come sanguinamento, gonfiore gengivale, alitosi e, nei casi più gravi anche mobilità dentale.

Curare la parodontite è possibile e può essere fatto tramite la rimozione del tartaro fonte di infezione sia sopra che sotto le gengive. In caso di recessione gengivale importante e notevole riassorbimento osseo la terapia da adottare prevede l’utilizzo della chirurgia orale per la cura completa della parodontite.

Che cos’è il parodonto ?

Dall’articolo “anatomia di un dente” sappiamo che, esternamente, un elemento dentale è suddiviso in tre differenti parti: la corona, ovvero la parte visibile del dente; la radice, che è quella parte che non vediamo poiché scompare all’interno della gengiva ed il colletto cioè quella zona in cui la corona lascia il posto alla radice e lo smalto al cemento radicolare.

Il dente è alloggiato all’interno della cavità ossea mascellare chiamata alveolo.
Allo scopo di mantenere il dente saldo nell’alveolo e permettergli di sopportare i carichi masticatori, esiste tutta una serie di fibre cha partono dal cemento radicolare e concludono nel tessuto che circonda il dente, esse costituiscono il legamento parodontale.

A livello del colletto, le fibre del legamento parodontale collegano la parte non visibile del dente alla gengiva formando il solco gengivale che impedisce alle sostanze esterne di penetrare lungo la radice.

Adesso diventa facile rispondere alla domanda iniziale; il parodonto è formato da: gengiva, osso alveolare e legamento parodontale. La parodontite, a vari gradi, colpisce tutti questi tessuti provocando l’instabilità del dente favorendone la caduta.

Cause della parodontite

La causa principale della formazione della parodontite è la scarsa igiene orale domiciliare che permette la formazione della placca batterica da cui le tasche gengivali, il tartaro e l’infiammazione dei tessuti parodontali.

Dopo ogni pasto il Ph della bocca si altera soprattutto se consumiamo zuccheri e può capitare che qualche residuo di cibo rimanga tra i denti. In queste condizioni si sviluppa la placca batterica che aderisce alla superficie dei denti (soprattutto sulle superfici interdentali ed occlusali) e si insinua all’interno del solco gengivale. I batteri iniziano così a produrre sostanze chimiche (in maggioranza acidi) altamente irritanti per le gengive che si infiammano e danno vita alla gengivite.

Se la placca batterica non viene rimossa attraverso l’igiene orale quotidiana, l’infiammazione gengivale viene continuamente alimentata e le fibre del legamento parodontale tendono ad essere gravemente compromesse tanto da permettere ai batteri di “scavare” all’interno del solco gengivale formando delle vere e proprie tasche gengivali (o tasche parodontali) all’interno delle quali non è possibile arrivare con il semplice spazzolino o il filo interdentale per rimuovere la placca.

Con il tempo la placca sedimenta e mineralizza formando il tartaro il quale può essere rimosso soltanto attraverso manovre di pulizia professionale dei denti mentre, se non rimosso, l’azione dei batteri patogeni in esso contenuti continua indisturbata fino a dar vita alla parodontite grave ovvero l’infezione si propaga a tutti i tessuti parodontali minando la stabilità dell’elemento dentale che è condannato a cadere o costringe il dentista ad un’inevitabile estrazione del dente colpito ancorchè sano (non compromesso dalla carie).

Cause complementari

Dal paragrafo precedente possiamo asserire che la placca batterica è la principale responsabile dell’infiammazione gengivale che, aggravandosi, sfocia in gengivite e poi in parodontite. L’accumulo di placca è indice inequivocabile di scarsa igiene orale.
Esistono, tuttavia, cause complementari o concause che contribuiscono a vario grado alla comparsa di questa fastidiosa malattia delle gengive. Vediamone alcune insieme:

sbalzi ormonali

in alcuni periodi della vita di un individuo può capitare che si verifichino delle fluttuazioni anche importanti dei livelli ormonali e questo capita sicuramente durante la pubertà quando I caratteri sessuali secondari iniziano a comparire in seguito appunto della stimolazione ormonale.

In gravidanza molte donne accusano maggior secchezza delle fauci (xerostomia) o una sostanziale modificazione della saliva che diventa meno liquida e, quindi, perde il suo naturale potere di contribuire a rimuovere micro particelle di cibo residuate tra i denti risultato, magari, di spuntini notturni che non prevedono lo spazzolamento dei denti nell’immediato.

Anche la menopausa per le donne e l’andropausa per gli uomini sono momenti di riassetto ormonale e, come tali, periodi in cui, indirettamente, anche la bocca e le gengive ne risentono.

Predisposizione genetica

Si stima che il 30% della popolazione erediti geneticamente la predisposizione ad ammalarsi di parodontite quindi, anche in persone estremamente accorte nel mantenere puliti i denti si possono registrare casi infiammazioni gengivali serie.

Abuso di alcolici e fumo di sigaretta

il fumo di sigaretta tende a favorire in modo determinante l’insorgenza della parodontite nonché del recesso gengivale;

Patologie sistemiche

la parodontologia ha ormai verificato che persone affette da diabete hanno molta più probabilità di altre di soffrire di parodontite (soprattutto diabete scompensato);

Difese immunitarie deboli

Ogni giorno le nostre difese immunitarie ci proteggono da una quantità spaventosa di batteri potenzialmente pericolosi che il nostro corpo riesce a combattere proprio in virtù delle difese sviluppate durante l’evoluzione dell’uomo ed all’adattamento all’ambiente circostante.

Tuttavia, in periodi di forte stress le nostre difese si abbassano, i batteri hanno la meglio ed iniziano la loro azione patogena. Anche l’immuno-deficienza-acquisita o HIV od anche AIDS contribuisce alla comparsa e proliferazione della parodontite poiché rende il nostro corpo più debole ed incapace di respingere gli attacchi quotidiani.

Sintomi della parodontite

La parodontite è una malattia ambigua poiché non è caratterizzata dal dolore proprio del mal di denti come ad esempio nel caso della pulpite e quindi il paziente posticipa il più possibile la visita dal dentista.

Esistono, comunque, alcuni campanelli d’allarme che devono essere tenuti in considerazione come ad esempio il sanguinamento delle gengive specie se spontaneo.

Abbiamo deciso di suddividere i sintomi in base alla gravità della parodontite ma bisogna tenere a mente che detta malattia può portare alla caduta dei denti anche senza mostrare alcun sintomo.

Stadio iniziale

  • Modesto sanguinamento delle gengive a seguito dell’uso dello spazzolino da denti;
  • Cambiamento del colore delle gengive che da rosa diventano rosse (arrossamento gengivale);
  • Leggero gonfiore delle gengive;
  • Alitosi di modesta entità;
  • Cambiamento del gusto dei cibi.

Stadio avanzato

  • Il sanguinamento si fa più frequente ed anche spontaneo ovvero senza una causa scatenante;
  • Si assiste alla recessione gengivale, le gengive si accorciano lasciando scoperto il cemento radicolare a cui si salda più placca batterica che, in breve, diventa tartaro;
  • Riassorbimento dell’osso alveolare con conseguente notevole mobilità degli elementi dentali colpiti;
  • Sporadicamente si assiste al cambiamento di posizione da parte di alcuni denti che pregiudica la corretta occlusione e masticazione (la cui correzione chiama in causa le procedure di ortodonzia);
  • L’alito cattivo si fa più marcato e persistente.

Diagnosi e terapie

Diagnosticare una parodontite è, oggi, un compito abbastanza facile per qualsiasi dentista che possa definirsi tale poiché in presenza di sanguinamento gengivale, modificazione del colore dei tessuti, recessione gengivale e quant’altro, la diagnosi preliminare è più che immediata tuttavia, per individuare la terapia corretta è necessaria una visita parodontale accurata che permetta al parodontologo di stabilire se intervenire con le consuete manovre di eliminazione del tartaro sopra e sottogengivale oppure, in caso di tasche gengivali molto profonde ed importante recesso gengivale nonché osseo, non sia preferibile adottare la chirurgia per curare la parodontite.

Spetta comunque sempre al paziente prendere in seria considerazione i campanelli di allarmi come l’arrossamento dei tessuti ed il loro sanguinamento e fissare l’appuntamento con il dentista allo scopo di intervenire subito per curare la parodontite sul nascere anziché dover affrontare lunghe e fastidiose cure con il rischio di non poter sanare completamente e definitivamente le proprie gengive.

Prevenire la parodontite

La parola d’ordine per la prevenzione della parodontite è “igiene orale quotidiana”.
Spazzolino da denti, filo interdentale e collutorio antiplacca sono le uniche armi che abbiamo per mantenere puliti i nostri denti e sane le gengive.

Con la pulizia professionale dei denti, l’igienista dentale od il dentista, riesce a capire se commettiamo degli errori nella pratica quotidiana ed eventualmente a rimuovere il tartaro stratificato che può essere asportato solo con gli strumenti professionali di cui è dotato lo studio dentistico.

Nel caso di sospetto di particolare predisposizione alla parodontite, è consigliabile effettuare un semplicissimo test genetico chiamato (ParoGen® Test), totalmente indolore, che prevede il prelievo di una modesta quantità di saliva.

Seguendo il semplice programma di visite di controllo e d’igiene proposto dal medico, è possibile azzerare o quasi le possibilità che una gengivite diventi parodontite o che un piccola carie possa diventare un cratere tale da implicare la devitalizzazione o, peggio, l’estrazione del dente.

Implantologia senza osso? Tecniche Alternative agli innesti, i rialzi con gli Impianti dentali Pterigoidei

L’impianto pterigoideo è un impianto dentale che viene inserito nell’area molare dell’arcata superiore e raggiunge il processo pterigoideo. L’osso in questa zona alle volte presenta delle caratteristiche atte a renderlo ideale per un inserimento di un impianto ed assicurarne la perfetta osteointegrazione. L’impianto pterigoideo è quindi la soluzione è ideale per evitare l’innalzamento del seno mascellare. E’ però questo un tipo di intervento estremamente specialistico che rientra nella casistica dell’Implantologia avanzata. Non pochi sono infatti i rischi di operare nelle vicinanze dell’emergenza di un’arteria molto importante quale è l’arteria palatina.

Gli impianti pterigo-mascellari rappresentano un’alternativa poco nota al rialzo di seno mascellare: una soluzione complessa dal punto di vista chirurgico ma che promette grandi vantaggi per il paziente. Sfruttando l’ancoraggio osseo nelle lamine pterigoidee e garantendo l’utilizzo del pilastro di resistenza omonimo, diventa un’arma di trattamento in più di cui un professionista può avvalersi. L’impianto pterigoideo ha una lunghezza media di 18 mm, inclinato di circa 45° sul piano sagittale e 15° su quello lateromediale, che a partenza dal tuber mascellare interseca le lamine ossee della fossa pterigoidea.

INTERVENTO DI INSERIMENTO IN PAZIENTE SENZA OSSO DUE IMPIANTI PTERIGOIDEI PRE CREARE I PILASTRI POSTERIORI, CHE SORREGGERANNO LA PROTESI FISSA IN QUESTO MODO BAIPASSARE GLI INNESTI E I RIALZI DEL SENO MASCELLARE, CHE SENZA GARANZIE TRA CIRCA 2 ANNI DAREBBERO LO STESSO RISULTATO

La tecnica consiste nello sfruttare un pilastro di resistenza dello scheletro facciale, in cui fisiologicamente si scaricano le forze durante i cicli di masticazione con i denti naturali. L’impianto, a partenza intraorale con corpo e apice nel pilastro, permette di trasferire i carichi direttamente al pilastro, saltando denti e osso alveolare. La tecnica quindi non è di tipo ricostruttivo, ma vicariante soltanto la funzione e non l’anatomia delle strutture perdute.

In anestesia locale, viene scheletrizzata la tuberosità del mascellare, una volta identificati i reperti anatomici orali ed extraorali si provvede al posizionamento dell’impianto, in un tempo medio di intervento di 20 minuti. L’indicazione è nelle ricostruzioni implanto-protesiche delle edentulie posteriori del mascellare atrofico, dovute sia a perdita ossea verticale del processo alveolare proprio, sia alla fisiologica pneumatizzazione del seno mascellare.

Presso le nostre sedi, se sei un paziente con grave atrofia mascellare e desideri tornare a sorridere, tramite la sicurezza di essere in buone mani, senza paura di sbagliare, contattaci oggi stesso ti dare l’opportunità di eseguire una visita gratuita, oppure potrai inviarci la tua tac cone beam, per una valutazione specialistica senza impegno, evitando in questo modo:

ALTERNATIVA ALL’INNESTO D’OSSO  – ALTERNATIVA AL RIALZO DEL SENO MASCELLARE EVITANDO DI RESTARE 2 ANNI SENZA DENTI

LE NOSTRE TECNICHE ALTERNATIVE PER PAZIENTI SENZA OSSO MASCELLARE

Implantologia a carico immediato senza osso

Implantologia a carico immediato con poco osso

IMPLANTOLOGIA FISSA SENZA OSSO – EVITANDO INNESTI D’OSSO E RIALZI

Siamo specializzati nellla riabilitazione implantare del paziente atrofico con tecnica del carico immediato senza osso. Il paziente che desidera sottoporsi a questa tipologia d’intervento, spesso e volentieri presenta assenza parziale o totale di ossa mascellare, nella parte posteriore dei molari.

Le soluzioni, che incontrano oggi i pazienti, con queste tipologie, sono gli innesti d’osso autologo o il rialzo del seno mascellare.

La nostra offerta, si distinque proprio in questa fase, presso le nostre sedi, offriamo valide alternative al rialzo del seno mascellare e all’innesto d’osso autologo, per preparare e sottoporre il paziente all’inserimento degli impianti dentali, che forniranno successivamente i pilastri qui poggera’ la protesi fissa definitiva.

Le nostre alternative, offrono una soluzione su misura, a seconda delle tipologia e gravità d’assenza d’osso, che il paziente rappresenta.

Presso le nostre strutture, l’intervento di implantologia dentale senza osso avviene in 24 ore. In questo modo andiamo a risolvere definitivamente il problema principale di questa categoria, l’inserimento di impianti dentali in soggetti, che se non trattati con le nostre tecniche non avrebbero potuto inserire gli impianti dentali, se non prima trattati con innesti e rialzi.

Una volta terminato in 24 ore l’intervento chirurgico il medico valuterà se il paziente potrà effettuare un caricamento della protesi fissa immediata sugli impianti dentali, oppure dovra’ aspettare 4/6 mesi portando una protesina mobile, per giungere ad osteointegrazione avvenuta a mettere i denti fissi.

Se anche tu’ soffri di atrofia mascellare e desiderando i denti fissi, ma dove ti sei rivolto, ti è stato prospettatto di sottoporti ad innesti o rialzi del seno e vuoi evitarli, mandaci una panoramica o chiamaci al 388 7527525 per usufruire di una prima valutazione, se anche tu’ puoi sottoporti a queste tecniche che ti evitano almeno 2 anni senza denti fissi, dolore e dispendio ulteriore di risorse finanziarie, senza la garanzia finale, della soluzione definitiva.

TRATTIAMO QUALSIASI TIPOLOGIA DI ATROFIA MASCELLARE, DALLA PIU’ ORDINARIA A QUELLA STRAORDINARIA IN TUTTI I CASI OFFRIAMO SOLUZIONI CELERI, PRECISE, DEFINITIVE A PREZZI ONESTI E CALMIERATI.

SEGUONO 3 INTERVENTI DI IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO CON DENTI FISSI IN 24 ORE IN PAZIENTI SENZA OSSO CON IMPIANTI ZIGOMATICI

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