DENTI FISSI SENZA OSSO VASRESE

LA MANCANZA D’ OSSO MASCELLARE NON E’ PIU’ UN PROBLEMA NELLE NOSTRE SEDI.

COME EVITARE INNESTI D’SSO E GRANDI RIALZI DEL SENO MASCELLARE

TESTIMONIANZA DI DINO DA VARESE CHE PROVIENE DA FALLIMENTI DI INNESTI E RIALZI E CADUTA IMPIANTI – TRAMITE LE NOSTRE TECNICHE TORNA A SORRIDERE CON DENTI FISSI. ASCOLTALO

INTERVENTO DI DINO PAZIENTE SENZA OSSO PORTATORE DI 2 PROTESI MOBILI. ESEGUITO CARICO IMMEDIATO IN 24 ORE DENTI FISSI CIRCOLARE SU IMPIANTI SENZA GENGIVA

Quando parliamo di poco osso, stiamo parlando di un soggetto paziente, con patologia di assenza o mancanza d’osso mascellare, lieve o massiccia.

Generalmente, come si comporta la medicina tradizionale e il medico quando si trova a diagnosticare e gestire questa particolarità?

Quando un paziente, si reca dal medico odontoiatra per eseguire un’accertamento delle condizioni del suo osso mascellare, per la necessità di sottoporsi ad intervento di implantologia dentale, vista l’edentulia, il medico sottopone il paziente ad ulteriore investigazione attraverso un panoramica o tac cone beam.

Una volta acclarata l’atrofia mascellare nella parte posteriore del mascellare del paziente, risulta chiara al medico l’inpossibilità di procedere, mancando l’osso basilare, per l’inserimento di un qualsiasi impianto e quindi deve trovare una soluzione che permetta ugualmente al paziente senza osso di tornare a sorridere con denti fissi.

Il problema giunge ora, cosa consiglierà il medico o la struttura al paziente?

LA VECCHI SCUOLA, QUANDO GESTISCE UN PAZIENTE CON MASCELLARE ATROFICO, PER LA SOLUZIONE OFFRE AL 90%100 DEI CASI 2 SOLUZIONI CHIRURGICHE SOTTO RIPORTATE.

  • 1 Innesto d’osso sintetico, animale o autologo
  • 2 Grande rialzo del seno mascellare

LA NUOVA SCUOLA, QUANDO GESTISCE UN PAZIENTE CON MASCELLARE ATROFICO, PER LA SOLUZIONE OFFRE AL 90%100 DEI CASI 6 SOLUZIONI CHIRURGICHE SOTTO RIPORTATE.

1 Innesto d’osso sintetico, animale o autologo

L’innesto osseo è un intervento chirurgico orale nel corso del quale la massa ossea rimasta viene aumentata con un materiale sostitutivo. Questo materiale sostitutivo viene scelto in base alla condizione di salute del paziente. Normalmente si usano i seguenti materiali:

L’osso proprio, tolto da un’altra parte del proprio corpo, si integra molto più rapidamente per cui con questo metodo il trattamento può essere completato prima. L’osso può essere tolto da una parte più larga della mandibola oppure dall’anca, secondo la struttura ossea del paziente. La soluzione migliore è l’anca, perché essa offre una grande quantità e buona qualità di osso. Siccome l’osso tolto deriva dal proprio corpo, non c’è rischio di rigetto. A causa dell’intervento chirurgico avvenuto all’anca è normale avere dolori e difficoltà di camminare per 2-3 settimane dopo l’operazione. Bisognerà attendere almeno 6/8 mesi per la guarigione, sperando che avvenga l’osteointegrazione della parte d’osso autologo inserito e la base del proprio mascellare. Questo metodo di innesto osseo è più complicato, ma in alcuni casi non esiste alternativa per il trapianto osseo mandibolare o mascellare, che invece non può essere evitato per ricompensare la perdita ossea dentale.

Innesti d’osso controindicazioni e rischi

Complicanze e successo terapeutico

L’innesto autologo comporta certamente una convalescenza più lunga ma meno rischi, mentre l’osso sintetico d’uso implantologico può presentare controindicazioni in alcuni soggetti.

Alcune complicanze post-operatorie si limitano però unicamente a degenze più lunghe del previsto: ad esempio pazienti con quadri clinici patologici sono più esposti al rischio di contrarre infezioni; gli individui affetti da diabete guariscono più lentamente; mentre coloro che hanno un sistema immunitario compromesso richiedono maggiori attenzioni e monitoraggio costante nella fase post-chirurgica.

Altri effetti indesiderati possono riguardare il sistema vascolare, in quanto se si recide un vaso può esservi un’emorragia difficoltosa da gestire; e ancora, può verificarsi un anomalo attecchimento dell’innesto provocato dalla recisione di uno o più vasi.

Altre complicanze possono insorgere invece per un fattore anatomico, o per una mancata o incompleta osteointegrazione degli innesti, diversamente da quanto previsto.

Le percentuali di successo variano dunque certamente in base fattori differenti, alcuni dei quali dipendono anche dal grado di atrofia sul quale si è dovuti intervenire, oltre che dalla tecnica utilizzata. C’è poi la fisiologica risposta del paziente, assolutamente soggettiva e non totalmente prevedibile.

Detto questo, è possibile affermare che le percentuali di successo sono da considerarsi alte e che tale, comprovata tecnica, offre la speranza di una riabilitazione protesica con impianti anche a chi, diversamente, non avrebbe potuto beneficiarne.

2 Grande rialzo del seno mascellare

Il Rialzo del Seno Mascellare è attualmente una tecnica chirurgica-implantare comunemente accettata per la riabilitazione protesica tramite impianti dei settori posteriori edentuli (cioè privi di denti) del mascellare (cioè dell’arcata superiore). La necessità di eseguire un rialzo di seno mascellare si pone nel momento in cui la perdita dei denti posteriori abbia determinato un riassorbimento osseo tale da impedire il posizionamento di impianti senza sconfinare all’interno del seno mascelllare, cavità pneumatica (cioè piena d’aria) presente all’ interno dell’osso della mascella.

La mancanza di altezza ossea è il risultato dell’involutivo riassorbimento dell’osseo alveolare conseguente alla scomparsa dello stimolo trofico (cioè di “mantenimento dell’osso) prodotto dai denti e dalla concomitante pneumatizzazione del seno mascellare.

La legge di Wolf stabilisce infatti che l’osso si rimodella in funzione delle forze che su di esso si esercitano; l’osso necessita di stimoli per mantenere la sua forma e densità e sono i denti che esercitano queste forze di compressione e di trazione sull’osso alveolare riducendone pertanto il riassorbimento.

Rialzo del seno mascellare controindicazioni e rischi

Le complicanze che possono sorgere nei casi di rialzo del seno mascellare possono essere intra-operatorie, come la perforazione della membrana di Schneider, la recisione delle anastomosi tra l’arteria alveolare posteriore-superiore e l’arteria infraorbitaria e post-operatorie come ematomi, ed edemi, sinusite e infezioni dell’innesto (piuttosto rare).

La più frequente in assoluto è la lacerazione, parziale o totale, della mucosa seno mascellare durante le manovre di antrostomia o di scollamento della stessa. La perforazione della membrana di Schneider aumenta la possibilità di sinusite post-operatoria e, oltre a mettere il paziente a rischio di infezioni batteriche, mette anche a dura prova la stabilità dell’impianto.

Anche la recisione delle anastomosi tra l’arteria alveolare posteriore superiore e l’arteria infraorbitaria rappresenta uno dei rischi dell’intervento di rialzo del seno mascellare. Anche essa piuttosto frequente, questo tipo di complicanza intra-operatoria porta con se un conseguente sviluppo di un emoseno, versamento di sangue nella zona sinusale del cranio. Questa complicanza, tuttavia, non rappresenta un’ostacolo alla continuazione dell’intervento, in quanto, solitamente, la contrazione reattiva del vaso reciso determina una spontanea interruzione del versamento di sangue.

Le complicanze post operatorie come infezioni dell’innesto e sinusiti sono piuttosto nulle se sono stati osservati accuratamente, dall’odontoiatra, i protocolli preoperatori. È possibile, tuttavia, che nella fase post-intervento, si formino ematomi sottocutanei o edemi dovuti all’operazione stessa

L’operazione di rialzo del seno mascellare come tutti gli interventi chirurgici comporta non solo benefici ma anche rischi e controindicazioni. Vediamo assime quali.

Innanzi tutto l’impiego inevitabile di anestetico locale, con vasocostrittore o senza, a cui alcuni soggetti possono risultare particolarmente sensibili per allergie, patologie renali, cardiache, endocrine o stato di gravidanza è assolutamente inevitabile per un intervento di rialzo del seno mascellare.

In secondo luogo potrebbe verificarsi la possibilità di traumi sulle mucose a causa degli strumenti manuali o meccanici utilizzati e dell’eventualità remota di ingestione accidentale di detti strumenti.

Inoltre vi possono essere delle complicanze legate specificamente all’intervento.

Tra i rischi non possiamo accennare all possibile recisione di un vaso sanguigno il quale può determinare:

  • un’intensa emorragia intraoperatoria, talora di difficile gestione che può cessare spontaneamente grazie ad una contrazione reattiva del vaso interrotto dalla soluzione di continuo.
  • un emoseno (cioè il riempimenti di sangue del seno mascella ritardato di molte ore rispetto l’incidente operatorio per cessazione dello spasmo reattivo del vaso
  • difficoltà di attecchimento dell’innesto di materiale la cui neovascolarizzazione (cioè la sua “invasione” da parte di piccoli vasi sanguigni, necessaria per la riuscita dell’innesto) proviene, tra le altre, anche da quest’arteria

La recisione di un vaso sanguigno arterioso, con conseguente sviluppo di un emoseno rappresenta purtroppo una complicanza piuttosto frequente all’intervento di grande rialzo di seno mascellare, tuttavia però non costituisce una controindicazione alla prosecuzione dell’intervento stesso in quanto, spesso, la contrazione reattiva del vaso reciso determina una spontanea interruzione del versamento ematico. Laddove ciò non si dovesse verificare, è sufficiente tamponare a pressione il vaso fino a ottenerne la contrazione. Nonostante si riesca ad ottenere un riassorbimento del versamento ematico, è comunque necessario effettuare una somministrazione di antibiotici al fine di evitare la compromissione del processo di osteointegrazione (cioè di integrazione dell’ innesto da parte dell’ organismo).

La perforazione della membrana del seno mascellare potrebbe rappresentare un ulteriore rischio.

La lacerazione della membrana del seno è un altro incidente intraoperatorio di comune riscontro. A causa dell’esiguo spessore della mucosa respiratoria, questa può subire, durante la sua mobilizzazione (cioè durante il suo distacco dall’osso che la circonda), micro e macrolacerazioni. Le microlacerazioni della mucosa, non complicate dal passaggio di materiale da innesto all’interno del seno, producono soltanto un’area di infiammazione circoscritta alla sede di perforazione per cui non rappresentano una controindicazione al proseguimento dell’intervento, a meno che non determino il passaggio di materiale da innesto all’interno del seno mascellare. In questi casi è sufficiente una terapia medica decongestionante per le alte vie aeree al fine di eliminare i focolai infiammatori della membrana sinusale. Le macrolacerazioni, invece, rappresentano una controindicazione al proseguimento dell’intervento, specie se il materiale innestato è in granuli.

Infine potrebbe verificarsi un non attecchimento dell’ innesto osseo, evento in conseguenza al quale l’intervento non risulta riuscito.

Nel caso innesto disperso/penetrato nel seno mascellare, si renderà necessaria una valutazione interdisciplinare (odontoiatra-otorinolaringoiatra) per decidere la migliore strategia operativa. Talvolta, potrebbe rendersi necessario un approccio chirurgico mediante chirurgia funzionale del seno mascellare che può essere contestuale o meno a un approccio chirurgico intraorale per la rimozione dell’innesto e/o degli impianti dentali endo-ossei.

ALTRO VIDEO TESTIMONIANZA E INTERVENTO DEL SIG. VASO SOTTOPOSTO A TUTTI I TIPI DI INNESTI D’OSSO POSSIBILE ED IMMAGINABILI CON CONSEGUENTE CADUTA IMPIANTI. PRESSO LA NOSTRA STRUTTURA TORNA A SORRIDERE IN 24 ORE CON DENTI FISSI A CARICO IMMEDIATO

In alternativa a queste due tecniche chirurgiche esistono le ulteriori tecniche chirurgiche, che ci permettono di evitarle baipassandole.

  • 1 Impianti dentali Corti Short
  • 2 Impianti dentali inclinati
  • 3 Impianti dentali Split Crest
  • 4 Impianti dentali Pterigoidei
  • 5 Impianti dentali Zigomatici
  • 6 L’interazione delle tecniche fornisce ul’teriore soluzione
  • 1 Impianti dentali Corti Short

Gli impianti dentali Short sono stati progettati per l’utilizzo in situazioni cliniche nelle quali vi sia una ridotta dimensione ossea verticale. Per questo, ad una altezza ridotta, si aggiunge una spira performante ed alta capacità di taglio, per garantire un’ottima stabilità primaria dell’impianto anche in caso di osso poco compatto.

Nei casi di ridotta dimensione verticale dell’osso, è stato sviluppato un impianto di lunghezza ridotta: Questo impianto unisce alle caratteristiche di versatilità dell’impianto regolare, una caratteristica riduzione della sua lunghezza, che favorisce la stabilizzazione in fase chirurgica malgrado la scarsa densità ossea dei protocolli di riabilitazioni full arch, permettendo anche in questo caso di raggiungere stabilità primaria.

  • 2 Impianti dentali inclinati

Il posizionamento inclinato degli impianti dentali permette di superare i limiti anatomici con i quali il chirurgo implantologo ogni giorno si confronta.

  • – Nel mascellare superiore l’inclinazione dell’impianto permette di evitare il recesso mesiale del seno mascellare.
  • – Nel mascellare inferiore l’inclinazione dell’impianto permette di evitare l’emergenza del nervo alveolare inferiore.

Inoltre gli impianti inclinati, poiché vengono ancorati in maniera ottimale nell’osso residuo del paziente, permettono il carico immediato, protocollo che non sarebbe attuabile allorché si intervenisse con tecniche di rigenerazione o di innesto osseo.

Ma in taluni casi clinici molto impegnativi gli impianti corti o gli impianti inclinati non sono sufficienti per ottenere garanzie di successo. Queste situazioni che possiamo definire ”estreme” e che sono tipiche di pazienti che per molti anni hanno portato protesi mobili e che quindi hanno poco osso, possono essere risolte con l’inserimento di impianti zigomatici e/o pterigoidei.

  • 3 Impianti dentali Split Crest

Cos’è: lo split crest è una tecnica chirurgica utilizzata nelle nostre cliniche per aumentare l’osso mandibolare o mascellare perché troppo sottili per permettere l’inserimento degli impianti dentali. L’osso così assottigliato si definisce cresta ossea a lama.

Tecnica: viene effettuata un’incisione sopra la gengiva, parallela all’andamento dei denti, e attraverso un’apposita lama (il piezoelettrico) viene separato l’osso crestale in due parti sottili che poi allargate creano uno spazio verticale per permettere l’inserimento di sostituti ossei e/o di impianti dentali.

A cosa serve?

L’espansione di cresta (Split Crest)

Una delle più frequenti limitazioni anatomiche che ci impediscono un corretto posizionamento implantare è il riassorbimento orizzontale dell’osso.

Oltre alle tecniche su menzionate, per l’incremento orizzontale delle creste edentule atrofiche oggigiorno il dentista possiede un’altra modalità; di trattamento, la tecnica “Splt Crest”.

La realizzazione della tecnica split crest (espansione crestale), previa osteotomia (taglio dell’osso), consente di aumentare lo spessore di creste edentule contestualmente all’inserimento di impianti.

Si otterrà così, un’elevata percentuale di successi (98%), che consentirà una riabilitazione implantoprotesica soddisfacente.

  • 4 Impianti dentali Pterigoidei

L’impianto pterigoideo è un impianto dentale che viene inserito nell’area molare dell’arcata superiore e raggiunge il processo pterigoideo. L’osso in questa zona alle volte presenta delle caratteristiche atte a renderlo ideale per un inserimento di un impianto ed assicurarne la perfetta osteointegrazione. L’impianto pterigoideo è quindi la soluzione è ideale per evitare l’innalzamento del seno mascellare.
E’ però questo un tipo di intervento estremamente specialistico che rientra nella casistica dell’Implantologia avanzata. Per questo motivo è di grande ausilio, per posizionare questi impianti dentali, altamente specialistici recarsi, da medici implantologi, altamente specializzati, con una casistica estremamente abbondante alle spalle.

  • 5 Impianti dentali Zigomatici

La prassi stabilisce che quando si deve intervenire per la riabilitazione implanto-protesica di mascellari gravemente atrofici richiede metodiche chirurgiche complesse d’innesto di osso o lembi microvascolarizzati con lunghi tempi di guarigione e notevole disagio e dolore per i pazienti.

Un’alternativa è rappresentata dallo sfruttamento di zone di addensamento osseo, biomeccanicamente valide, localizzate lontano dalla cresta alveolare, chiamate pilastri, utilizzabili a fini di ancoraggio implantare, come il pilastro zigomatico.

L’ impianto zigomatico è un impianto speciale molto lungo (da 30 a 50 mm.) che viene inserito nell’osso dello zigomo il quale ha una densità ossea molto elevata immagine di un impianto zigomatico
L’impianto parte dalla zona premolare o molare e, una volta raggiunto l’osso zigomatico, è possibile ancorarlo in modo stabile tale da potere procedere, anche nelle situazioni più estreme, con una riabilitazione a carico immediato.

L’inserimento di un impianto zigomatico è un intervento che restituisce la nostra funzionalità estetica e funzionale, un’ottima alternativa agli innesti e i rialzi del seno mascellare.

Letteratura, pongono l’uso di impianti zigomatici come alternativa riproducibile e predicibile ad altri tipi di interventi riabilitativi in gravi atrofie, con il vantaggio di protesizzare immediatamente i pazienti e quindi un notevole risparmio di tempo.

INTERVENTI DI CARICO IMMEDIATO CON 2 ZIGOMATICI E 2 PTERIGOIDEI E 4 IMPIANTI TRASVERSALI NEL PREMAXILLA – DENTI FISSI IN 24 ORE IN PAZIENTE SENZA OSSO

L’IMPIANTO DENTALE PTERIGOIDEO ASSOCIATO A IMPIANTI DENTALI TRASVERSALI NEL PREMAXILLA O AD IMPIANTI DENTALI ZIGOMATICI, PERMETTONO DI RISOLVERE DEFINITIVAMENTE LA STABILITA’ PRIMARIA DELLA MASTICAZIONE RISOLVENDO DEFINITIVAMENTE CON DENTI FISSI L’INTERVENTO

DENTI FISSI SENZA OSSO VASRESEultima modifica: 2018-10-24T03:27:56+02:00da studizirilli