CORONAVIRUS

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Che cos’è che in aria vola?
C’è qualcosa che non so?
Come mai non si va a scuola?
Ora ne parliamo un po’.

Virus porta la corona,
ma di certo non è un re,
e nemmeno una persona:
ma allora, che cos’è?

È un tipaccio piccolino,
così piccolo che proprio,
per vederlo da vicino,
devi avere il microscopio.

È un tipetto velenoso,
che mai fermo se ne sta:
invadente e dispettoso,
vuol andarsene qua e là.

È invisibile e leggero
e, pericolosamente,
microscopico guerriero,
vuole entrare nella gente.

Ma la gente siamo noi,
io, te, e tutte le persone:
ma io posso, e anche tu puoi,
lasciar fuori quel briccone.

Se ti scappa uno starnuto,
starnutisci nel tuo braccio:
stoppa il volo di quel bruto:
tu lo fai, e anch’io lo faccio.

Quando esci, appena torni,
va’ a lavare le tue mani:
ogni volta, tutti i giorni,
non solo oggi, anche domani.

Lava con acqua e sapone,
lava a lungo, e con cura,
e così, se c’è, il birbone
va giù con la sciacquatura.

Non toccare, con le dita,
la tua bocca, il naso, gli occhi:
non che sia cosa proibita,
però è meglio che non tocchi.

Quando incontri della gente,
rimanete un po’ lontani:
si può stare allegramente
senza stringersi le mani.

Baci e abbracci? Non li dare:
finché è in giro quel tipaccio,
è prudente rimandare
ogni bacio e ogni abbraccio.

C’è qualcuno mascherato,
ma non è per Carnevale,
e non è un bandito armato
che ti vuol fare del male.

È una maschera gentile
per filtrare il suo respiro:
perché quel tipaccio vile
se ne vada meno in giro.

E fin quando quel tipaccio
se ne va, dannoso, in giro,
caro amico, sai che faccio?
io in casa mi ritiro.

È un’idea straordinaria,
dato che è chiusa la scuola,
fino a che, fuori, nell’aria,
quel tipaccio gira e vola.

E gli amici, e i parenti?
Anche in casa, stando fermo,
tu li vedi e li senti:
state insieme sullo schermo.

Chi si vuole bene, può
mantenere una distanza:
baci e abbracci adesso no,
ma parole in abbondanza.

Le parole sono doni,
sono semi da mandare,
perché sono semi buoni,
a chi noi vogliamo amare.

Io, tu, e tutta la gente,
con prudenza e attenzione,
batteremo certamente
l’antipatico birbone.

E magari, quando avremo
superato questa prova,
tutti insieme impareremo
una vita saggia e nuova.

(Roberto Piumini)

Ipotesi su Barabba

Cosa ne è stato di Barabba

ZBIGNIEW HERBERT

IPOTESI SU BARABBA

Cosa ne è stato di Barabba. Ho chiesto nessuno lo sa
Libero da catene uscì sulla bianca via
poteva svoltare a destra proseguire dritto svoltare a sinistra
girare in cerchio erompere in un canto di festa come un gallo
Egli Imperatore delle proprie mani della propria testa
Egli Governatore del proprio respiro

Lo chiedo perché in certo modo ho preso parte all’affare
Attratto dalla folla davanti al palazzo di Pilato gridavo
così come gli altri libera Barabba Barabba
Acclamavano tutti se io solo avessi taciuto
sarebbe accaduto esattamente quello che doveva accadere

E forse Barabba è tornato alla sua banda
Sulle montagne uccide rapido saccheggia per bene
Oppure ha messo su un negozio, fa ceramiche
e monda nell’argilla della creazione
le mani macchiate dal delitto
È portatore d’acqua mulattiere usuraio
proprietario di navi – su di una Paolo faceva vela per Corinto

oppure – cosa non da escludersi
è diventato una spia preziosa al soldo dei Romani

Guardate e ammirate il gioco da vertigine del destino
su possibilità potenze sorriso della fortuna

E il Nazareno
è rimasto solo
senza alternativa
con uno scosceso
sentiero
di sangue.

(da Elegia per l’addio, 1990 – traduzione di Valeria Rossella)

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Il poeta polacco Zbigniew Herbert nelle sue poesie ama presentare i protagonisti da una prospettiva intellettuale che mette in risalto la dignità degli esseri umani, rappresentandoli come inconsapevoli ingranaggi della macchina del destino: è il caso del Barabba raffigurato in questa “Ipotesi”, che ho scelto come personaggio sotto la lente della poesia in questo Venerdì Santo: «Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: “Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?”» (Mt, 27,15-17).
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ANTONIO CISERI, “ECCE HOMO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Accettare / ma al tempo stesso / distinguere dentro di sé / e possibilmente / trasformare la materia della sofferenza / in qualcosa o qualcuno.
ZBIGNIEW HERBERT, Rapporto dalla città assediata

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