“Le amiche di Jane” di Annalisa De Simone

“E tuttavia, a dispetto di quanto si dica, le prime impressioni non sono sempre le più attendibili.
Nei romanzi, come nella vita.”


Molti pensano che la parola ‘fine’ porti a chiudere un romanzo e a scordarsi di lui. Non è vero, o meglio, non lo è per i libri belli e che hanno tanto da dire anche fra le righe. E quelli di Jane Austen fanno parte di questo gruppo.

La cara zia Jane ha, ahimé, scritto pochi romanzi, ma le sue storie aprono scenari che molti autori hanno saputo cogliere e sviluppare (spesso immaginando un seguito, altre volte inventando avventure per la stessa Jane).

2970066Annalisa De Simone, nel suo “Le amiche di Jane” (Marsilio Editore) fa qualcosa del genere, analizzando le figure principali dei lavori della Austen, a partire dal più noto, Orgoglio e Pregiudizio, rapportandoli ai casi che la coinvolgono nella vita reale.

Si parte da George Wickham, l’ufficiale apparentemente perfetto che sembra avere solo un difetto, ossia essere povero, soprattutto se paragonato all’altero e freddo Mr Darcy. Due uomini diversi che portano Elisabeth Bennet a sbagliarsi, a ricredersi e a rivalutare tutto man mano che il suo cuore e la sua mente fanno ordine dentro di sé.
E gli esempi vissuti in prima persona dall’autrice permettono di confrontare la finzione e la realtà e gli strani intrecci che spesso gli uniscono.

Si procede vagliando le parole, le situazioni, il pensiero di un’epoca che l’autrice ha intessuto cercando nella vita di tutti i giorni. In molte sue eroine si intravede forse il vero volto di Jane Austen? Forse sì, se si pensa alla voglia di non abbattersi di Lizzy, o alla silenziosa maturità di Anne Elliott, di Persuasione.

Così il lettore approfondisce gli aspetti già noti di romanzi senza tempo che appaiono moderni sotto l’analisi precisa e accurata della De Simone.

In questo lavoro si esamina lo stile di Jane, le sue intenzioni, le sue peculiarità; si ribadisce la genialità di una scrittrice che ha raccontato il quotidiano entro mura domestiche creando trame che poco avevano a che fare con i libri dell’epoca.
Avete mai letto le autrici che Jane Austen ha letto? Dalla Radcliffe alla Burnes, tutte hanno raccontato di protagoniste nobili, indifese e alle prese con un riscatto sempre vantaggioso. Sono tutte sante e piene di tutte le virtù.  Quelle di Jane Austen, invece, sono imperfette, inciampano e sbagliano, un po’ come Elisabeth Bennet e le “sue prime impressioni”. Quelle di Jane sono storie verosimile, dove non sempre tutto fila liscia o segue uno schema. Nessuno viene estremizzato, nemmeno gli antagonisti perché “anche i cattivi, nelle sue storie, sono capaci d’amore.

Questo libro mi ha completamente catturata. Leggere di Jane, e leggere un lavoro così profondo, mi ha fatto bene dentro. Queste pagine non elogiano, ma spiegano senza pretese quel mondo fatto di inchiostro e carta che ha condizionato la vita di una giovane donna che non aveva soldi, ma doveva sposarsi per poter sopravvivere. E che invece fa tutto l’opposto. Rinuncia alla sicurezza economica data da un matrimonio di interesse perché sa che non potrà mai essere felice senza sentimento.
Voleva scrivere.
E lo ha fatto cercando quel riscatto che la sua società le ha negato, sopratutto perché era una donna.

“Le eroine di Jane Austen sono chiamate a una prova comune: conoscere se stesse e, soltanto in seguito, rendersi disponibili a conoscere l’altro.”
Jane si conosceva bene, trovando se stessa nelle pieghe dei suoi libri.

“Emma” di Jane Austen

“Una mente vivace e tranquilla sa accontentarsi di non vedere nulla, e sa non vedere nulla che non la interessi.”


Emma Woodhouse è bella, ricca e intelligente. Vive con un padre anziano che si crede perennemente malato, ha tanti nipoti che ama, vive nella sua bella tenuta da padrona incontrastata e ha tutto per essere felice. Per questo si è convinta di avere fiuto per combinare matrimoni, attribuendosi il merito delle nozze della sua istitutrice, la signorina Taylor, con l’eccellente signor Weston. E vuole riprovarci, intessendo i fili di quella rete in cui spera che il signor Elton, il vicario di Highbury, cada insieme alla sua nuova protégé Harriet, una ragazza che oltre la bellezza e all’ingenuità può vantare ben poche altre qualità. A nulla valgono le proteste del vecchio amico di famiglia, il signor Knightley, l’unico che non vede solo le perfezioni di Emma, ma anche il suo lato capriccioso e spesso troppo presuntuoso. E mentre per lei si spera un matrimonio con il figliastro della signora Weston, l’arrivo stesso del giovane Frank Churchill porta una ventata di novità per tutto il paese.

"Emma" di Jane Austen

“Emma” di Jane Austen

In questo romanzo Jane Austen non ci parla solo della sua inconsueta protagonista, ma ci illustra la vita di una comunità campagnola quale può essere quella di Highbury, con i suoi pregi e suoi difetti. Non scenari nobiliari, non misteri da risolvere nel ben noto stile gotico dell’epoca in cui scriveva, ma un paese di campagna alle prese con una vita spesso senza troppi eventi di rilievo. Una società varia e ben assortita. C’é Jane Fairfax,per esempio, una ragazza coetanea di Emma, ma poco apprezzata da quest’ultima forse perché l’altra ha pregi e meriti che lei non vuole coltivare; oppure la mitica e loquace signorina Bates, fin troppo ingenua e benevola per poterla odiare e che incanta il lettore con i suoi discorsi inconcludenti e pieni di fronzoli. Non manca la superba presenza della moglie del reverendo, la signora Elton, che racchiude tutto ciò che è gretto e poco raffinato e che crea un contrasto molto netto con il carattere ingenuo e semplice della bella Harriet.

Tanti personaggi le cui vite si intersecano all’insaputa di molti, protagonista compresa. Perché Emma, alla fine, dovrà fare i conti con i suoi errori e le sue sbagliate convinzioni, il vero e unico nemico che si ritroverà davanti.

“Emma” è sicuramente il personaggio meno amato, almeno all’inizio, fra quelli di Jane Austen. Lei stessa pensava che difficilmente qualcuno avrebbe amato la sua eroina a parte lei. Le sue altre protagoniste sono spigliate, ma modeste, spesso vivono in contesti che mortificano le loro virtù e devono risolvere anche altri aspetti prima di dirsi felici; Emma no, invece. Lei è consapevole delle sue capacità e spesso le sopravvaluta, portando il lettore a trovarla troppo impicciona e frettolosa. Non un’eroina, insomma, ma che si muove fra le vite altrui spinta da buone intenzioni lasciando una scia di “prime impressioni” negativa.
L’Austen, però, ci insegna che bisogna andare oltre e alla fine il lettore scopre che Emma ha un’intelligenza viva e si scopre essere solo vittima dei suoi stessi sentimenti, resi ciechi dalla convinzione di essere un buon giudice per gli altri.

3708b776b32412aee1c77c18fb5c2f98 (1)

Gwyneth Paltrow e Jeremy Northam in “Emma” (1996)

In queste settimane nei cinema c’è la nuova versione di “Emma”, ma io mi sento di consigliare agli appassionati e non, la versione del 1996 del regista Douglas McGrath con Gwyneth Paltrow e Jeremy Notham: un film ben riuscito, con un ottimo cast.

I libri di Jane Austen, scopro sempre con più rammarico, sono spesso disprezzati dalla componente maschile dei lettori che, immagino, pensano di approcciarsi a una letteratura femminile. Che grande sbaglio! Molti, ne sono sicura, apprezzerebbero lo stile ironico di quella che è, indubbiamente, la mia scrittrice preferita: Jane è per tutti, o meglio, per tutti quelli che vanno al di là dei pregiudizi. E lei, in materia, è maestra.
Buona lettura.

Lost in Austen: una mini serie sulle orme di Jane Austen

Lost in Austen

I libri hanno l’incredibile potere di regalare al lettore vite diverse nelle quali immergersi, spesso permettendo loro di compiere quei viaggi nel tempo preclusi, per adesso, all’uomo. È ciò che accade sovente ai lettori di Jane Austen catapultati nel fascinoso mondo fatto di balli, riverenze e matrimoni di convenienza. Tuttavia chiunque ami la cara zia Jane ha a disposizione un assai ridotto materiale a cui possono attingere avendo l’autrice lasciato numerosi lavori giovanili (ma spesso acerbi), e solo sei romanzi compiuti. Non appare stano, quindi, che si cerchi Jane in tutto ciò che da lei prende ispirazione o che graviti nel suo mondo. Basti pensare al riuscito libro e film “Il club di Jane Austen”, dove i protagonisti interpretano a loro insaputa i personaggi di cui leggono, o alla curiosità che spinge molti lettori nel ricercare quei testi che la stessa autrice, all’epoca, avrà letto (basti pensare al famoso “I misteri di Udolpho” di Ann Radcliffe citato in Northanger Abbay).
Spinta in questa direzione ho finalmente trovato, e visto, una mini serie scritta da Guy Andrews intitolata “Il romanzo di Amanda”( dall’originale “Lost in Austen”) dove una giovane donna inglese del 21° secolo viene catapultata nel libro che più di tutti, forse, rappresenta Jane Austen: “Orgoglio e pregiudizio”.

Lost in Aausten- mini serie

Lost in Austen- mini serie

La trama è semplice e spesso tragi-comica: Amanda Price è una londinese che rilegge all’infinito la storia d’amore di Elizabeth Bennet e Mr Darcy essendo insoddisfatta di quella vita che lei considera poco romantica. Quando si ritrova Miss Bennet in bagno, perciò, crede sia un’allucinazione e quasi stenta a credere che la porticina nascosta in quella stanza possa portare a Longbourn, la località in cui è ambientato il romanzo. Eppure, ben presto si accorge che è proprio così e, sotto i suoi occhi increduli, si ritrova a vivere le vicende che ben conosce in qualità di amica di Elizabeth, al momento assente. Iniziano così molti equivoci divertenti intorno ai personaggi principali che muovo passi, però, fuori la trama prevista dall’autrice: con crescente impaccio Amanda compie il possibile per ripristinare gli eventi così come li conosce ma i risultati saranno ben presto contro di lei.

download (4)

I personaggi della serie

La serie è piacevole, ma che lascia molto amaro in bocca. Si ride e si cerca di capire le prossime mosse dei personaggi, anche se si pensa di saperli e il risultato è un confuso quadro dove le cose più improbabili accadano, sfidando storia originale e, a volte, anche il buon senso. Assieme ad Amanda anche lo spettatore si chiede come sarebbero andate le cose se qualcosa avesse disturbato i piani abilmente intessuti dell’autrice: basta, infatti, l’assenza di Elizabeth Bennet perché il romanzo (o serie in questo caso) cambi completamente.

Il risultato è un prodotto leggero che pecca di precisione, però, in alcuni passaggi fondamentali. Come ogni buon lettore di Jane Austen sa in nessun caso Mr Wickham avrebbe potuto mettere piede a Pemberley con il permesso di Mr Darcy, mentre in una scena della serie la cosa accade senza che il padrone di casa abbia nulla a ridire. Lo stesso Wickham è quasi redento grazie alla confessione di Georgiana Darcy il che, lasciatemelo dire, è una coltellata al petto della nostra cara Austen.

Non solo, ma la stessa assenza di Elizabeth è vissuta con una leggerezza che insospettisce alla stessa maniera del modo scelto per congiungere due mondi agli antipodi per realtà e tempo vissuti. Sarebbe stato più coerente far incappare Amanda in una casa dove Jane avesse vissuto e qui inscenare una sorta di viaggio del tempo: perché infatti la via di Longbourn si aprirebbe solo nel bagno di Amanda? Per non parlare della naturalezza con cui tutti i personaggi sembrano accettare questa giovane donna mai vista prima, vestita in maniera assurda e con una piega di capelli che…beh, nel 18° secolo non sarebbe stata possibile.

Matthew Macfadyen nei panni di Mr Darcy

Matthew Macfadyen nei panni di Mr Darcy

La conclusione a cui sono giunta è che questa mini serie va vista senza troppe pretese: è un tentativo satirico di affrontare la storia con elementi spesso poco realistici persino per un romanzo. Anche il ritratto di Mr Darcy appare troppo serioso, anche per lo stesso personaggio creato dall’autrice. Qui appare una caricatura severa del normale Darcy serio che siamo abituate a conoscere: al momento l’unico in grado di interpretarlo magistralmente per me è Matthew Macfadyen nel film del 2005.

Un po’ tutte, a ogni lettura, ci chiediamo cosa avremmo fatto noi in un quel dato episodio e questo lavoro ci mostra una versione di come potrebbero svolgersi le cose con l’assenza della protagonista e una londinese moderna al suo posto. Se il risultato sia ben riuscito è lasciato al personale gusto dello spettatore. Da parte mia pensò che mi atterrò ancora una volta al mio originale cartaceo. Jane, credo, lo apprezzerebbe.

13882621_10207810527154412_8090235421747157243_n

Recensione “Jane Austen si racconta” di Giuseppe Ierolli

Jane Austen: lettrice, scrittrice, ma soprattutto una ragazza con una grande passione.

5b8fd1c7-3310-46bd-ba2f-3e8a04d64c1f

Ironica, divertente e, a tratti, puntigliosa: per me questa è sempre stata Jane Austen. Una scrittrice che cerca di dare vigore a un mondo considerato troppo superficialmente; una donna che incanta con parole e personaggi, un’autrice che fece della sua più grande passione la sua ragione di vita. “Niente donne perfette” avrebbe detto lei stessa e, infatti, Jane non lo era, per nostra grande fortuna.

Di Jane molti ne hanno parlato, tantissimi continueranno a farlo. Ci sono libri, ci sono film, ci sono tentativi di emularla in romanzi che prendono spunto dalle sue opere, ma ben poca ombra è rispetto alla luce delle sue opere. Di lei si sa solo ciò che lei stessa, nella corrispondenza con i suoi parenti, lascia intravedere ed è comunque poca cosa. La sorella Cassandra provvide, dopo la sua morte avvenuta nel 1817, a distruggere molte lettere personali, forse quelle relative a fatti e situazioni che non si voleva far trapelare.L’autrice di Orgoglio e Pregiudizio o e di Emma, però, doveva essere qualcosa di più di quella che traspare nella biografia redatta dal nipote, ben attento a non mettere in cattiva luce nessuno.

Tuttavia, il libro a lei dedicato da Giuseppe Ierolli, ci permette di scavare molto più in profondità di quanto non appaia in superficie. “Jane Austen si racconta” (Edizioni Utelibri) è il tentativo ben riuscito di ricostruire la vita di una ragazza prima, e una giovane donna poi, che voleva scrivere e amava i libri; un lavoro che ci mostra una Jane dedita alla famiglia, amorevole con i nipoti e legatissima alla sua amata sorella Cassandra, dove tuttavia traspare quel vezzo ironico che ritroviamo nei suoi romanzi.

Il libro di Ierolli è un susseguirsi di epistole, e il loro commento, dalle quale si scorgono squarci di vita quotidiana, la stessa che traspare nei suoi lavori. Jane Austen non ha mai scritto di ciò che lei stessa non padroneggiava, ritenendo saggio non compiere voli di fantasia quando il materiale a cui attingere è ben fornito di esempi. Lo consiglia lei stessa alla nipote Anna, anch’essa in procinto di scrivere un romanzo:

“Lascia che i Portman vadano in Irlanda, ma dato che tu non sai nulla delle Usanze di laggiù, faresti meglio a non andare con loro. Correresti il pericolo di fare descrizioni inesatte. Resta fedele a Bath e ai Forrester. Là sarai a casa tua.”

Un consiglio molto rilevante, perché rispecchia il suo stesso stile, le sue stesse scelte. Jane non farà mai l’errore di parlare di qualcosa che lei stessa non avesse potuto ascoltare e considerando che lei non scriveva fantasy la sua scelta credo sia molto azzeccata. Quello che aveva le bastava; tutto ciò che la circondava era fonte di ispirazione. A proposito non posso non ricordare un passo contenuto in Emma, che in qualche modo può essere applicato alla sua scrittura: “Una mente vivace e serena può farlo senza vedere nulla, e nulla di ciò che vede non la interessa.

Da quest’opera il lettore può delineare la figura di una ragazza che scriveva abusando delle maiuscole, che apprezzava i doni del fratello marinaio tanto da includere l’episodio in una scena di Mansfield Park; emerge una donna in ristrettezze economiche e il suo mondo che ruotava sulla dipendenza da gli altri, ma anche un’attenta osservatrice dei caratteri.

Sicuramente questo libro può trovare accoglimento soprattutto negli appassionati dell’autrice: non senza un pizzico di presunzione posso dire che solo chi ha amato Persuasione o Mansfield Park, solo che ha riconosciuto la sua abilità ironica in Northanger Abbey, può essere attratto dalle minuzie di una donna normalissima che parlava di sentimenti forse perché non aveva potuto esprimere i suoi, una scrittrice che ci regala descrizioni superbe anche di personaggi subdoli come Mr Collins.

Il lavoro è magistrale e, dopotutto, l’autore Giuseppe Ierolli è il massimo esperto dell’Austen in Italia. Dietro a questa ricostruzione si intravede la passione del lettore di Jane prima che l’autore di un libro a lei dedicato.

Mi piace pensare che la mia cara scrittrice oggi riderebbe di noi che ne facciamo un tale elogio, apostrofandoci con la sua solita ironia, che non abbandonò mai il suo modo di scrivere. Il suo stile, lei ne era consapevole, poteva non piacere, ma ciò non la portò mai a conformarlo a quello che era il gusto degli altri. Lei stessa lo dice. In risposta alle sempre più pressanti richieste del reverendo J.S. Clarke (bibliotecario della tenuta del principe reggente) circa alcuni consigli di futuri protagonisti dei suoi lavori, Jane replica che: “No – devo mantenere il mio stile e andare avanti a Modo mio; E anche se non dovessi mai avere successo in quello, sono convinta che fallirei totalmente in qualunque altro.

E visto che ancora oggi noi parliamo di Elisabeth Bennett e Emma Woodhouse la scelta è stata vincente.