“I Viceré” di Federico De Roberto

“La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi.”


La morte della principessa Teresa apre la questione dell’eredità nella nobile famiglia siciliana conosciuta come i Viceré. Un testamento che spoglia dell’intero patrimonio la legittima successione del maggiore, il principe Giacomo, rendendolo coerede con il conte Raimondo, prediletto dalla madre. Non solo: altri lasciti agli altri cinque figli che creano tumulto in una famiglia già smembrata dall’autorità materna fin troppo severa con tutti.

E i lettore inizia a conoscere i vari membri di una famiglia nobile, fiera di esserlo, consapevole di occupare un posto importante nella società antecedente all’Unità d’Italia. I due fratelli Angiolina e Ludovico, destinati alla vite ecclesiastica facendo credere loro, fin da giovani, che tale destino è il più auspicabile, ma di fatto è solo un espediente per non dover creare e disporre la dote per loro. Poi c’è Chiara, contraria al matrimonio, ma poi innamoratissima, fino all’esagerazioni, verso il marito, oppure Lucrezia, testarda nel voler sposare un facoltoso giovane senza sangue nobile nelle vene, che poi si pente della propria scelta; sullo sfondo Ferdinando, chiamato dalla madre “Babbeo”, dedito a ogni capriccio la mente gli possa suggerire nella sua isolata casa di campagna.

Poi le macchinazioni del primogenito Giacomo, per riprendersi con gli inganni ciò che è suo di diritto, così maltrattato dalla madre tanto da non rendersi conto del ripetersi di tali errori nemmeno con suo figlio Consalvo. I divertimenti di Raimondo, infine, la sua superficialità ai danni dei sentimenti di chi lo ama, la sua fredda voglia di essere sempre del partito contrario a chi vuole solo aiutarlo per il suo bene.

101909917_311296596541808_3052397042102960128_nI Viceré” di Federico De Roberto è un romanzo che parla al lettore delle vicissitudini, più o meno serie, di una grande e antica famiglia, ma non solo. Pone l’accento sulla questione politica della Sicilia di metà ottocento, del Risorgimento, con la caduta dei Borboni a favore dei Savoia, intrecciando gli eventi noti con quelli degli Uzeda. Una famiglia nobile, con radici spagnole, con un alto senso di sé che contagia tutti.

Stravaganti e impopolari, amati e criticati, i Viceré affrontano i cambiamenti politici di pari passo con quelli familiari. Ed è Consalvo, la nuova generazione, il ragazzo che fa valere la democrazia solo per mascherare la sua voglia di primeggiare, che riassume bene i tratti degli Uzeda:

 “Ma la storia della nostra famiglia è piena di simili conversioni repentine, di simili ostinazioni nel bene e nel male.”

È il racconto di una famiglia orgogliosa che si interfaccia attraverso i suoi membri, da una generazione all’altra, che ci mostra il passaggio spesso più polito che reale verso una nuova realtà dinastica senza dimenticare il forte attaccamento alla “roba”, ai testamenti, alla superbia che si nasconde dietro a un casato.

A parte alcune espressioni un po’ obsolete per il lettore moderno, “I Viceré” ha la forza di incantare il lettore attraverso i suoi protagonisti e le loro sorti. Colpisce le tradizioni legate alle famiglie che raccoglievano il patrimonio per un unico erede, destinando gli altri figli a scelte imposte, come la chiesa o una vita priva di affetti di una famiglia propria.

Un libro maestoso, un racconto che non si dimentica di nessuno, che non crea né eroi né cattivi, perché l’uomo può essere entrambe le cose, ma spesso di lascia solo guidare dal proprio interesse.