Recensione di “Seconda possibilità” di Renato Ghezzi

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“Seconda possibilità” di Renato Ghezzi

I sogni nel cassetto sono la molla che spingono l’uomo a osare, a re-inventarsi, a trovare un motivo per andare avanti. Lo sa bene Richard Bower quando con i Terriers, la sua squadra di hockey, gioca una partita importante contro i Black Bears per aggiudicarsi la coppa NCAA. Un traguardo che sarà per lui un trampolino verso la meta tanto sognata: diventare un giocatore di hockey professionista. Un’occasione ghiotta che in qualche modo compensa quell’andare un po’ tutto a rotoli che lo circonda: i rapporti pessimi con il padre, che non ama l’hockey, le incomprensioni con la fidanzata Kate e una tesi in fisioterapia che sembra sempre più un miraggio. Rick, però, ha fiducia in se stesso e sa di potercela fare.

Così si apre “Seconda possibilità” di Renato Ghezzi, pubblicato dalla Casa Editrice LE MEZZELANE, fra incontri sul ghiaccio e la voglia di emergere che caratterizza il protagonista.

Ma cosa accade se le cose non vanno come sperato? Se la strada che sembrava già tracciata subisce delle deviazioni che aprono scenari impensabili? Difficile prova per un ragazzo giovane come Rick che si ritrova a cambiare i propri progetti dopo essersi trovato faccia a faccia con la foto di un noto giocatore di hockey della Germania degli anni’30. La chiave di lettura sarà incentrata sulla figura di Rudi Bauer e le scelte fatte per sopravvivere assieme alla sua famiglia: cosa mai può unire quest’uomo alla figura, quasi anonima, del nonno di Rick? Quali fili uniscono le vite di uno studente americano con quella di un uomo ebreo del periodo nazista? Quanto potere può avere il passato per tracciare il nostro futuro?
Il romanzo cattura fin dalle prime righe l’attenzione dei lettori, anche quelli poco avvezzi a seguire uno sport come l’hockey: tutto merito di Ghezzi ha la capacità di farti appassionare a quel disco che i giocatori si lanciano. La storia ha un crescendo molto intrigante man mano che il passato del protagonista emerge attraverso documenti e testimonianze orali: un susseguirsi di eventi che hanno la loro eco anche in realtà storiche ben più note. Come per il protagonista, anche il lettore viene catapultato in uno dei capitoli più bui della storia dell’umanità e che vide gli ebrei protagonisti involontari: l’antisemitismo. Emergono, così, fatti minori di uno sterminio che l’uomo non deve dimenticare per non ripetere mai più e che, in questo romanzo, seguono parallelamente i passi di un giocatore che amava l’hockey.

Il nazismo è purtroppo una traccia indelebile della storia più recente che influenzò persino lo sport. Significativa è la frase di uno dei personaggi del romanzo quando si parla di razze di appartenenza: “Io conosco solo due razze. […]Quelli che sanno giocare a hockey e quelli che non sanno giocare”, ma sappiamo bene che la distinzione per i vertici politici era assai più radicata.
Il lavoro di Renato Ghezzi è magistrale nella ricostruzione storica di eventi realmente accaduti che si fondono, in maniera impercettibile, con l’invenzione per restituirci un quadro molto intenso a cavallo fra due epoche lontane solo nel tempo. È il protagonista Richard a guidarci e a svelare i misteri della propria esistenza, a vedere realizzati quei cambiamenti che lo restituiranno alla sua vecchia vita con nuove idee e convinzioni:

“Aveva giocato la sua partita, aveva dato il meglio di sé contro un avversario molto più forte e aveva conseguito il miglior risultato possibile”.

Una regola che si applica tanto allo sport quanto alla vita vera.

Mi sono lasciata catturare da queste pagine in maniera totale, assorbendo le emozioni che le righe facevano trapelare attraverso un titolo molto evocativo: chi di noi, infatti, non vorrebbe una seconda possibilità quando tutto va a rotoli? Chi ci riesce a inseguirla? E come riesce l’uomo a riconciliare il famoso sogno nel cassetto con le occasioni e le sorprese della vita? Nel modo più semplice che esista e che Rick intuisce quando i pezzetti del puzzle saranno tutti a loro posto:

Bisogna sempre lasciare a chiunque una seconda possibilità”.

Buona lettura.

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Recensione “A.D. 1324. Alice Kyteler. La strega di Kilkenny” di Lorena Marcelli

A.D. 1324. Alice Kyteler. La strega di Kilkenny di Lorena Marcelli

A.D. 1324. Alice Kyteler. La strega di Kilkenny di Lorena Marcelli

La storia, per i posteri, dovrebbe rappresentare la memoria collettiva a cui far riferimento per non commettere gli stessi errori. Alcuni eventi sono stati dimenticati, altri sono divenuti purtroppo noti e gettano biasimo sui loro l’artefici. A questi ultimi si fa riferimento nel romanzo storico di Lorena Marcelli, pubblicato dalla Casa Editrice Le Mezzelane. Ambientato a cavallo fra il 13° e il 14° secolo, approfondendo un episodio di presunta stregoneria nell’Irlanda dell’epoca, “A.D. 1324. Alice Kyteler. La strega di Kilkenny”ci fa conoscere le vicende realmente accadute che interessarono la nobildonna che dà il titolo all’opera.

Una donna accusata di eresia e condannata al rogo per le pratiche che riguardavano l’antica religione celtica e che facevano di lei una weccan, ossia una donna saggia che conosceva il potere delle erbe, sapeva interpretare i segni della natura ed era la custode dei segreti della vita e della morte. Una figura realmente esistita, una donna molto scomoda soprattutto se si considerano le sue doti intellettuali e la sua posizione di rilievo nell’economia di una cittadina come Kilkenny. Le vicende narrate ci mostrano una donna caparbia, conscia delle sue doti; una personalità ricca di sfumature che sopravvisse a molti mariti e che dispensava prestiti e rimedi medicali dietro compensi. Un quadro che ci fa ben comprendere l’astio che si tirò addosso, non solo da parte degli stessi concittadini, ma anche e soprattutto da parte della chiesa che aveva della donna le idee piuttosto chiare, anche se poco condivisibili oggigiorno:

“Le donne sono il tramite del demonio e devo rimanere in disparte, accettare le decisioni del marito e non apparire mai,se non sono chiamate in causa.”

Quella che comunemente viene chiamata caccia alle streghe è stato un brutto capitolo che si andò a intrecciare con una serie di riforme che la chiesa cattolica apportò per rendersi più forte: da perseguitati sotto l’impero romano, i cristiani divennero in seguito loro i carnefici e dimostrarono la stessa ceca arroganza di chi li aveva preceduti. Si creò un clima di paura dove già la morte, la fame e la guerra mietevano vittime; si crearono le streghe dove invece c’erano donne che perpetuavano gli antichi riti della loro cultura.

Anche Alice lo fece, non arrendendosi davanti a nulla. In questo accurato lavoro il lettore, attraverso la figura della protagonista, può partecipare ai sacri riti di Yule o Mabon, respirando quell’aria carica di antico sapere che, in buona parte, il cristianesimo inglobò, per poter mettere radici. Seguiamo così questa donna nell’arco della sua vita, attraverso l’amore con Robert de Artisson e quella per i figli. Non una vita facile la sua, ma che non la fece neppure retrocedere dal suo compito quando sull’isola arrivò il vescovo Richard de Ledrede, con il compito di estirpare la stregoneria dall’isola. Sarà stato sufficiente tutta la sua tenacia contro il corvo francese? E saranno state giuste le decisioni che la portarono davanti alla sacra reliquia che la sua gente attendeva?

Questo romanzo è ricco di dettagli che rimandano a un lavoro di ricerca che l’autrice Lorena Marcelli non si è risparmiata. La ricostruzione storica è magistrale, frutto di un lavoro ispirato dalla passione e dalla voglia di dare voce a eventi che non vanno dimenticati. Il ritratto dell’epoca e della stessa protagonista è un’istantanea precisa dove il lettore può immergersi, facendo un salto nel tempo. Un viaggio importante che ci ricorda che spesso, in passato, essere donna comportava portarsi addosso un bagaglio di ingiustizie dettate non dalla religione ma dall’ ignoranza.

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