Partendo dal presupposto che la nostra gravidanza sia fisiologica (di cui all’articolo “la gravidanza non è una malattia”), avete mai pensato veramente a quanta differenza ci sia tra l’una e l’altra figura di riferimento?
Qui trovate molte informazioni sulla loro formazione professionale e su quali dovrebbero essere i loro compiti:
http://www.genitorichannel.it/gravidanza-parto/ginecologo-ostetrica-o-doula.html
Io vi voglio raccontare la mia esperienza:
Il mio ginecologo
In gravidanza di Sophia (2001), come la maggior parte delle donne faceva e fa tuttora, mi sono recata dal ginecologo appena ho scoperto di essere incinta (che per me vuol dire intorno alle 8/9 settimane perché ho sempre avuto cicli molto irregolari) e da lì ho cominciato la trafila di incontri all’incirca mensili per misurare sostanzialmente la mia pressione e il mio peso, visto che non avevo altre problematiche a cui prestare particolare attenzione.
Anche i miei esami del sangue sono sempre stati pressochè perfetti, se non per il ferro un po’ basso, per cui il ginecologo mi prescrisse degli integratori verso il 7° mese. Intorno al 5° mese e mezzo cominciai ad avere delle contrazioni dolorose, ma brevi, per cui, nonostante il collo dell’utero fosse sempre ben chiuso, si raccomandò di mettermi a riposo e mi prescrisse la Vasosuprina, un farmaco che ha l’obiettivo di rilassare i muscoli dell’utero e pertanto dovrebbe evitare un parto pre-termine.
Si occupò sempre lui di farmi tutte le ecografie del caso (col senno di poi oserei dire anche troppe), con cui stabilì all’8° mese che la bimba (in realtà non seppi mai per la costante posizione rivolta di schiena se era maschio o femmina) era podalica e che occorreva fissare un taglio cesareo. In effetti la piccola non si mosse più da quella posizione e…
…caddi letteralmente dal pero quando ad uno degli ultimi incontri del corso pre-parto una mamma ci disse che il suo piccolo, anche lui podalico, si era girato in posizione cefalica grazie alla moxibustione, di cui io non conoscevo assolutamente l’esistenza, così come di altre pratiche non invasive e naturali per cercare di rivolgere i bimbi ed evitare quindi un intervento come il taglio cesareo.
Iniziò così, quel giorno e con quella notizia fulminante, il mio sconforto ed il mio sentimento di impotenza di fronte ad una persona che ritenevo di fiducia e che invece secondo me aveva omesso delle informazioni importanti per me (e per la mia bambina), in qualità di ginecologo nei confronti di una donna in gravidanza, che dovrebbe essere messa a conoscenza ed in grado di scegliere di fronte e tutte le opportunità che riguardano la sua condizione, per il bene suo e della creatura che porta in grembo.
Purtroppo per me era troppo tardi per tentare la moxibustione e solo molto tempo dopo venni a conoscenza di altre manovre di rivolgimento, per il cui il 04.04.2001 nasceva Sophia, dopo un cesareo persino anticipato di qualche giorno rispetto alla data programmata perché secondo il ginecologo di turno avevo troppe contrazioni (ma nessuna dilatazione!) e se avessi aspettato l’avrei fatta per strada.
Era il giorno degli esami preoperatori ed il mio ginecologo non era di turno, quindi, per continuare con la mia presa di coscienza di quanto mi veniva indorata la pillola del “ti trattiamo come un numero e non come una persona che ha bisogno di attenzioni e cure in un momento così delicato”, dopo avergli gentilmente versato ogni mese o quasi un obolo di circa 100.000 di vecchie lire, non fu nemmeno lui a disturbarsi nel tagliarmi la pancia.
In seguito al cesareo sono rimasta molto stupita dal fatto che la gente in giro mi dicesse “almeno non hai sentito alcun male”, quando io invece mi sentivo a pezzi dal dolore! In ospedale non riuscivo nemmeno a tenere in braccio le mia bambina le prime ore e i primi giorni a casa non potevo starnutire o soffiare il naso o semplicemente andare in bagno senza avere la sensazione che la ferita si aprisse e mi squarciasse in due. E non parliamo di guidare l’auto o dormire su un fianco.
A livello psicologico poi, come già raccontato ne “i miei allattamenti” non sentivo mia la bambina, non avevo nessun ormone materno in circolo, l’accudivo come se fosse una bambola da cambiare, non la sentivo mia, ci ho messo più di un mese a capire “chi fosse” e a sentirmi un po’ possessiva nei suoi confronti.
Quando più avanti, dopo 6 anni e un aborto spontaneo che mi segnò molto, scoprii di essere di nuovo incinta, mi decisi sin da subito a ricercare una strada diversa, volevo un parto naturale, il cosiddetto VBAC (Vaginal Birth After Cesarean) ed iniziai subito a cercare informazioni per non farmi di nuovo ingannare, per essere consapevole e poter scegliere il meglio per me e per la bimba che portavo in grembo.
Scoprii che la maggior parte dei ginecologi, per comodità loro e per guadagno, raccomandano quasi sempre un altro taglio cesareo dopo il primo, ma che, se mi avesse seguita un’ostetrica sarebbe stato diverso e avrei avuto il supporto giusto.
Così fu.
La mia ostetrica
Tramite l’associazione La Cicogna, trovai un’ostetrica della mia città e ci incontrammo la prima volta verso i 4 mesi e mezzo di gravidanza. Nel frattempo avevo contattato un altro ginecologo, che mi aveva seguita un pochino in fase di aborto, solo per appurare che fosse tutto a posto e farmi prescrivere i primi esami, in quanto ancora non sapevo che anche l’ostetrica avrebbe potuto farlo.
Anche mio marito fu presente al primo colloquio (e all’ultimo) e con mio enorme stupore mi ritrovai a parlare di tutto, del primo “parto”, della delusione, delle mie aspettative, delle mie paure, delle paure di mio marito (che all’inizio era scettico sul VBAC).
Ad esempio, dopo aver appreso che con un TC pregresso è molto pericoloso subire un’induzione di ossitocina e soprattutto altre manovre come la Kristeller (http://docplayer.it/2295650-Indicazioni-ed-appropriatezza-nell-utilizzo-della-manovra-di-kristeller-evidenze-scientifiche-e-routine-assistenziale-a-confronto.html ) esternai la mia paura di arrivare alla DPP (data presunta del parto) e oltre senza che il travaglio partisse spontaneamente e che fosse pertanto necessario ricorrere ad un altro cesareo (o mi venisse fatto terrorismo psicologico dai medici al medesimo scopo).
Allo stesso modo domandai se sarei stata in grado di riconoscere le contrazioni “vere”, visto che non avevo avuto modo di sentirle nel parto precedente, oppure se fosse davvero possibile non arrivare a dilatazione completa e quindi di nuovo non poter partorire naturalmente.
Capii che la donna tranquilla, lasciata in un ambiente protetto, senza interferenze, con accanto (se vuole) solo persone che conosce e di cui si fida, che si lascia andare completamente ai suoi istinti primordiali e ad alle posizioni che preferisce, non può non dilatarsi!
I nostri incontri (il 2° fu intorno al 6° mese, quindi nessuno stress e nessuna fretta) duravano sempre almeno 60/90 minuti, altro che la toccata e fuga dal ginecologo senza, tatto, senza empatia, senza capire cosa stava succedendo al mio corpo in fase di cambiamento e cosa sarebbe accaduto alla mia cucciola durante il parto!
Incontri in cui l’ostetrica si preoccupò soprattutto chiedermi come stavo, di come passavo le giornate, di come cullavo la mia pancia, delle mie sensazioni, dei miei desideri, in cui le uniche attività pratiche e mediche erano misurarmi la pancia, controllare la pressione e buttare un occhio sui miei esami di routine, che erano sempre a posto, non c’era controindicazione alcuna ad avere un VBAC: niente ferro, niente Vasosuprina nonostante le contrazioni giunsero di nuovo perfettamente puntuali intorno al 5° mese (non per nulla la Vasosuprina è stata ritirata dal mercato perché ha un effetto collaterale non da poco: impedisce l’avviarsi del travaglio!), niente di niente.
Decidemmo quindi insieme che mi avrebbe accompagnata in ospedale, non quello del mio paese, ma un altro a 40 km, molto più a favore del parto naturale dopo cesareo e che avrei prima travagliato un po’ a casa con lei e con mio marito a fianco.
Tra le informazioni varie che nel frattempo appresi, collaborai con l’ostetrica per stilare il mio piano del parto, per mettere nero su bianco con chiarezza e nei minimi particolari l’elenco dei miei desideri di naturalità e di rispetto di travaglio, parto e assistenza al neonato (nonché alla puerpera).
Non c’era paragone con la gravidanza precedente: mi sentivo coccolata, appoggiata, sicura del mio corpo, in grado di fare una grande lavoro senza interventi esterni, esattamente come madre natura ha predisposto che sia.
E perfettamente puntuale, la sera della DPP, arrivò la prima contrazione e capii che era il momento: ero felice, ero serena, ero sicura di me, non avevo paura del dolore o di non riuscire a partorire, non avevo nemmeno paura di far nascere Elettra in macchina nel tragitto fino all’ospedale, perché stavo facendo la cosa più normale del mondo, mettevo alla luce una meravigliosa creatura come natura comanda.
Vogliamo mettere la differenza?
Non per niente, quando cercammo la terza bimba, Diamante Adele, decisi subito che, dato che il protocollo lo permetteva, avrei fatto di tutto per partorire a casa.
E con la forza di una buona squadra si vince sempre.