Petrolio, il mercato sta per chiudere il terzo mese di rialzi
Sta per finire novembre, e per il mercato del petrolio si prospetta il terzo mese consecutivo al rialzo. Cosa che non si verificava addirittura dal maggio 2016. Se andiamo a vedere i dati sulla piattaforma BDSwiss possiamo vedere che le quotazioni dei contratti future sul West Texas Intermediate e il Brent crescono ancora (qui puoi vedere BDswiss come funziona). Più precisamente il WTI dopo aver toccato in mattinata nuovi massimi a 58,69, adesso viaggia in progresso di circa un punto percentuale. Dall’altra parte il Brent con scadenza gennaio è a quota 63,53 dollari.
Una recente notizia ha ampliato il divario tra l’andamento del Brent e del WTI. Si tratta della chiusura della settimana scorsa di una delle più importanti arterie petrolifere tra Canada e Stati Uniti, l’oleodotto di Keystone. La TransCanada Corp., la compagnia che gestisce la pipeline, ha infatti annunciato il taglio dell’85% dei volumi in transito su Keystone.
Meeting Opec e petrolio
Ma è chiaro che l’attenzione maggiore da parte dei trader sia rivolto all’imminente meeting Opec/non Opec. Il prossimo 30 novembre si deciderà se effettuare o meno il prolungamento del piano di limitazione dell’offerta che è cominciato a gennaio. Al momento il piano prevede un taglio di 1,8 milioni di barili al giorno fino al marzo 2018, ma è assai probabile che ci sarà l’estensione fino alla fine dell’anno. L’unico vero pericolo per il piano è una eventuale crescita delle tensioni in Medio Oriente tra sauditi e iraniani e tra Stati del Golfo e Qatar. A parte questo, non ci sono altri possibili scogli al piano stresso. Ciò dovrebbe dare una ulteriore spinta alle quotazioni del petrolio sui mercati (si vedano i segnali Ichimoku strategia trading).
Nel frattempo il mercato ha incassato i dati sulle scorte settimanali USA di petrolio. Secondo l’EIA nella settimana terminata il 17 novembre c’è stato un calo a 457,1 milioni di barili. L’output americano invece cresce per la quinta settimana di fila a 9,66 milioni di barili giornalieri, principalmente dovuto ai continui aumenti della produzione di shale oil.
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