157. l’autunno lungo di mio padre

Quest’anno l’autunno è stupendo: i gialli, gli arancioni, i rossi delle foglie caduche si stagliano sugli sfondi dei verdi scuri e dei verdi argentei dei sempreverdi, in una sinfonia di forme e di toni da togliere il fiato per la bellezza.
A volte tutto questo si mostra su un cielo azzurro, a volte sono le nuvole grigie a far risaltare le forme e i colori, a volte è la nebbia a nascondere e far apparire secondo un disegno di armonia e di grazia.

Ho una parola per descrivere un autunno così, ed è “lungo”; e l’espressione completa è “autunno lungo”.
Me la regalò mio padre, tanti anni fa.
Gli stavo dicendo di com’era bello l’autunno quell’anno. Le foglie rimanevano attaccate ai rami e avevano il tempo di colorarsi, i venti e le piogge erano clementi e non le strappavano via, lasciandole al completamento del loro ciclo vitale, fino al naturale staccarsi e volteggiare poi a terra, per costruire un tappeto morbido e variegato, pronto a farsi concime per nuove vite.
Parlavo a mio padre con entusiasmo della bellezza tenera e forte dei paesaggi di fronte ai quali sostavo per ore, e lui mi ascoltò assorto, finché disse:
“E’ un autunno lungo”.
“Lungo?” ribadii.  “Cioè?”
E mio padre mi spiegò il significato di quell’espressione:
“E’ l’autunno che dura, è quello che vedi e che descrivi. E’ quando tutto sembra mettersi d’accordo – le piogge, i venti, la temperatura, la luce – affinché non ci sia niente di violento che acceleri il processo del distacco delle foglie, che così avviene in modo naturale, secondo i tempi suoi. L’autunno lungo è proprio bello.”, e mi sorrise.

Accade che a volte troviamo la parola giusta per dire quello che sentiamo. Accade molto spesso leggendo i libri, d’altronde è compito degli scrittori saper ‘nominare’ , novelli Adamo con lo speciale incarico di dire il mondo. E a volte accade ascoltando una parola, da una persona che conosciamo o anche ascoltandola per caso pronunciata da qualcuno. E quando accade è come lo spalancarsi di una finestra su un paesaggio , come l’aprirsi di un pezzetto di cuore, come diventare un po’ più ricchi, come il sorgere di un senso di appartenenza.
Così accadde a me, quella volta: una parola venne a occupare il suo posto in me nel mio processo di completamento; e fui strafelice che mi venisse da mio padre. Gli chiesi allora di ricordare insieme le prime parole che avevo pronunciato, e di ricordare qualcuna di quelle che proprio lui mi aveva insegnato. Giocammo un po’, io giovane donna e lui uomo anziano.
E ricorderò sempre le volte che col suo libro azzurro di astronomia in mano,  indicava, a me bambina,le costellazioni prima su quelle pagine e poi nel notturno cielo stellato, il suo dito puntato in alto, a congiungersi con l’universo e con una antica tradizione astronomica che aveva dato nomi di divinità a quelle stelle lontane.
“Ecco, vedi, quelli sono I Mercanti – e indicava Orione, nome che diceva dopo, con una certa riverenza – e vedi quella ‘w’? quella è Cassiopea.”
E così, passo dopo passo, a procedere tra le stelle, con i loro nomi che mi portavano subito in un mondo che già amavo, quello delle mitologie e dei loro eroi e delle loro divinità.

Ogni mio gesto, ogni mia parola contiene tutto questo, e chi sa amare riesce a vedere il mondo che c’è dentro una persona.
Tutto in me assomma nel presente ciò che ho vissuto nel passato e immagino del futuro. E’ per questo che nulla può omologarci, che nessuno può imitare o copiare un altro; e, nonostante il mondo spinga nella direzione dell’uguale, ognuno di noi ha il proprio autunno, le proprie stelle, il proprio padre.
Il mio, di padre,  è un autunno lungo che riempie di colori e di unicità tutti i giorni di ogni stagione della mia vita.

 

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157. l’autunno lungo di mio padreultima modifica: 2019-11-27T17:37:35+01:00da mara.alunni