Artico senza inverno, in 3 giorni sciolta un’area grande come la Gran Bretagna.

Il picco di estensione invernale dei ghiacci dell’Artico è già stato toccato due settimane fa: appena 13,87 milioni di kmq, il secondo peggior risultato di sempre.
(Rinnovabili.it) – Tutti gli indicatori puntano in una direzione: il picco di estensione dei ghiacci dell’Artico è già stato toccato due settimane fa. Solo negli ultimi tre giorni, infatti, si sono sciolti 262mila kmq di calotta polare, una superficie maggiore di quella della Gran Bretagna. E il dato registrato dalle rilevazioni satellitari della Japan Aerospace Exploration Agency è pessimo: appena 13,87 milioni di kmq. Si tratta del secondo peggior risultato di sempre, battuto solo dal 2012, l’annus horribilis per il Polo Nord. E il terzo e quarto dato più basso della storia risalgono rispettivamente al 2015 e al 2016, disegnando così un trend marcato nello scioglimento dei ghiacci.
Per avere la conferma definitiva, comunque, bisognerà aspettare i dati della fine del mese, periodo che gli scienziati prendono convenzionalmente come riferimento per fare il bilancio sull’inverno artico, quando il Polo Nord ricostituisce la sua coltre ghiacciata. Sempre comunque improbabile un’inversione di tendenza nei prossimi giorni, visto che le temperature del Polo Nord sono stabilmente sopra la media stagionale –nell’ultima settimana di 4,5-5,4°C – e arrivano perciò pericolosamente vicino allo zero termico.
D’altronde non sono mancati gli allarmi già nei mesi scorsi: ondate di calore eccezionali e anomalie termiche protrattesi per settimane hanno più volte portato il Polo Nord a sciogliersi, piuttosto che a ghiacciare nuovamente. A gennaio la colonnina di mercurio era salita anche 28°C oltre la media e a fine mese mancavano all’appello 1.571 km cubi di ghiaccio (il 10%) rispetto a gennaio 2013, il mese in cui l’Artico aveva toccato il fondo.
Il calo più sensibile rispetto alla media storica è stato registrato nei mari di Bering e Okhotsk. Ma nei prossimi giorni potrebbe aggiungersi anche il versante atlantico dell’oceano artico, dal momento che il ghiaccio in quel quadrante appare particolarmente sottile. Altre zone di ghiaccio in prossima ritirata potrebbero essere quelle del mare di Kara, chiuso a nord dall’arcipelago russo di Novaya Zemlya.
Lo scioglimento dei ghiacci artici ha conseguenze sull’andamento del clima a livello globale, oltre a mettere a repentaglio gli ecosistemi marini e terrestri dell’area e aggravare le difficoltà per i circa 5 milioni di abitanti delle terre artiche.

Anche l’Antartide si scioglie: record negativo per i ghiacci.

Battuto il risultato del 1997: i ghiacci marini sono appena 2,28mln di kmq. Dati che confermano l’inversione di tendenza per il Polo Sud.
(Rinnovabili.it) – I dati satellitari confermano quello che i climatologi avevano previsto da mesi: anche l’Antartide si sta sciogliendo. Non solo, i ghiacci del Polo Sud hanno appena fatto registrare il record negativo di estensione. Il 13 febbraio la coltre ghiacciata che ricopre parte dell’Oceano attorno al continente era di appena 2,28 milioni di kmq. Battuto, seppur di poco, il primato precedente che risaliva al 27 febbraio del 1997, quando la superficie marina ghiacciata era scesa a 2,29 mln di kmq.
È quanto emerge dalle rilevazioni satellitari condotte dal National Snow and Ice Data Center degli Usa (NSIDC), uno degli istituti più prestigiosi nel monitoraggio scientifico dell’andamento dei ghiacci del Pianeta. Sebbene si tratti, a questo stadio, soltanto di dati preliminari, difficilmente potranno variare di molto. Infatti il Polo Sud tende a raggiungere la sua estensione annuale minima alla fine di febbraio, nel culmine dell’estate australe. Le prossime settimane potranno quindi soltanto confermare il nuovo record negativo, basato sul confronto con la banca dati del NSIDC attiva fin dal 1979.
Anche se la variazione rispetto al 1997 è davvero minima, il risultato è da tenere da conto. Infatti l’Antartide, fino a questo momento, era riuscito a evitare la tendenza che caratterizza invece l’Artico, dove i ghiacci sono da anni in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale e dell’aumento delle emissioni di gas serra. Anzi, negli ultimi anni il Polo Sud aveva fatto registrare anche risultati in controtendenza, aumentando addirittura la sua superficie marina ghiacciata. Un fatto, questo, che molti scettici del clima usavano per confutare l’esistenza del riscaldamento globale.
“Abbiamo sempre ritenuto che l’Antartide fosse l’elefante addormentato che poteva iniziare a risvegliarsi – commenta il direttore dell’NSIDC Mark Serreze – Bene, forse sta iniziando adesso”. Una situazione che negli ultimi mesi era stata prevista dagli scienziati. Mentre il 2016 si avviava a diventare l’anno più caldo della storia, nel dicembre scorso proprio l’NSIDC avvertiva che complessivamente, tra Polo Nord e Polo Sud, mancavano all’appello 3,8 milioni di kmq rispetto all’estensione media del periodo di riferimento 1981-2010 – cioè un’area grande 13 volte l’Italia – e che anche l’Antartide aveva iniziato a sciogliersi. Dato che le rilevazioni delle prossime due settimane potranno confermare in via definitiva.

L’acqua si depura con le bucce degli agrumi.

Scarti arance e pompelmi usati in filtri per acque di scarico.
(ANSA) – ROMA, 26 MAR – Non solo raccolta dell’umido e compost: le bucce degli agrumi possono trovare un impiego più nobile andando a depurare le acque reflue. L’idea è di un team di ricercatori delle università di Granada e del Messico, che ha utilizzato questi scarti alimentari per creare un nuovo materiale assorbente pensato per ripulire le acque di scarico domestiche, industriali e agricole.
Le bucce di frutta che in tutto il mondo finiscono nella spazzatura sono stimate in 38,2 milioni di tonnellate all’anno.
Gli esperti hanno preso quelle di arance e pompelmi e le hanno trattate per modificarne la struttura in modo da dar loro proprietà assorbenti come una maggiore porosità e superficie.
Un successivo trattamento chimico, spiegano gli scienziati, ha poi consentito di rendere selettivo il materiale assorbente, così da “rimuovere i metalli pesanti e le sostanze organiche presenti nell’acqua”.
Successivi test hanno quindi dimostrato che è possibile utilizzare il nuovo materiale in filtri analoghi a quelli usati per il trattamento delle acque reflue, “sostenibile e in grado – affermano i ricercatori – di competere con il carbone attivo commerciale per l’assorbimento e il recupero dei metalli che si trovano nell’acqua”.