Venite a mangiare

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05 APRILE 2024

VENERDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA

“Venite a mangiare”. Un invito che ha il sapore della casa, un gesto di premura ed accoglienza da parte di Gesù.

Egli sceglie di manifestarsi ai discepoli per la terza volta con una pesca miracolosa, quasi a far tornare a mente quella di un tempo, al punto che il discepolo amato esclama: “È il Signore!”. Non hanno bisogno di altri segni per credere, è Lui.

Il Signore è tornato! In verità non li aveva mai lasciati, anzi, sulla croce si verifica l’unico gesto capace di convincere chiunque: vincere la morte. Proprio perché è vivo ritornano i gesti di un tempo, ma Gesù è diverso: è risorto!

Alla nostra fatica, a quelle “morti” senza senso, abbia colui che è in grado di superarle dandoci vita, una vita che si esprime non solo sulla croce o in eventi eclatanti, ma nella quotidianità.

Quanto è difficile il quotidiano! È il tempo presente, che continuamente lotta nell’equilbrio tra passato e futuro e si fa spazio. Ecco, Gesù è il nostro presente, colui che ha unito passato e futuro e ne ha fatto Presenza, così che dovunque il cuore vada, si affanni o viva, possa sentire per sé l’invito a mangiare, a cibarsi di Lui, cibo per cui il cuore trovi casa e ristoro.

La nostra “pesca miracolosa”, è quell’abbondanza di relazioni, azioni, condivisioni, che nella rete della vita arrivano a Gesù e diventano segno di Risurrezione per tutti.

“Signore,

fammi sentire a casa con Te.

Io che spesso perdo le mie fondamenta

e vivo avvolto in una rete senza speranza.

Oggi la casa e la rete,

sono per me segni di vita,

di Te risorto.

Aiutami a sentire il Tuo invito: “Venite a mangiare”,

per non cercare altrove

ciò che solo Tu sai dare: una casa, un cibo, la vita.

Abbi Tu, cura di me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Spiegare le scritture

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GIOVEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA

Gesù appare ai suoi discepoli e mostra loro le mani e i piedi. Un gesto per rassicurare il loro cuore, che ancora stentava a credere a questo miracolo della risurrezione.

Gesù non è un fantasma, è il Dio che rimane con noi e porta nel suo corpo i segni della passione, del suo amore per noi, è proprio in quelle ferite che lo riconosciamo, in quei piedi che hanno percorso tanta strada per incontrare l’umanità dispersa, in quelle mani che hanno curato, accarezzato, guarito. Gesti di amore, di perdono, di misericordia, parole di salvezza come nessun altro aveva mai pronunciato. Gesù spiega ancora ai suoi discepoli quelle parole che avevano già sentito, ma non ancora compreso nel loro vero significato, perché il mistero pasquale è mistero dell’amore che passa attraverso il corpo, l’umanità di Cristo, che vince la morte e conduce l’uomo ad amare con tutto se stesso. La Scrittura illumina il mistero del corpo di Cristo e questo illumina il corpo di ogni credente: Cristo svela l’uomo all’uomo rendendolo capace di amore e di amare come Lui.

In quella carne ferita di Cristo è compresa tutta la sofferenza umana, che cerca nella fede uno spiraglio di luce, un Dio che si fa accanto, non come prima, ma con un corpo da risorto, che irradia sulla sua Chiesa

la luce della sua Pasqua.

“Signore,

la Tua promessa attraversa la storia,

supera il tempo

per tenere la mia mano,

per toccare le mie ferite

e vedere in Te

il mio salvatore.

Risorgi per me da quella fatica,

da quell’orizzonte a cui manca la speranza.

Tu sei la mia luce.

Tu sei la mia speranza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)