Unito a Te


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23 APRILE 2024

MARTEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Il Signore ci tiene saldamente a sé, nessuno può strapparci dalla sua mano. Nella Bibbia infatti, la mano di Dio è indicata come mano “destra” che dice la sua potenza e l’abilità. Dio con le mani crea, si prende cura, sostiene, libera, salva, benedice.

Lui è il pastore che ci conduce, ci raduna, ci raccoglie e ci porta sul suo seno, come descrive anche il profeta Isaia (cfr 40,10-11).

Gesù compie l’opera del Padre in unione al Padre, la sua stessa mano è quella del Padre: Egli ha il potere di Dio, che è quello di amare senza limiti.

Cosi il potere dell’amore, ha tenuto la sua mano inchiodata sulla croce, e oggi quella mano ferita, continua a curare, salvare, liberare e benedire tutti.

A noi il compito di fidarci, di ascoltare quella voce e lasciarci prendere per mano. Solo chi desidera amare e lasciarsi amare, ascolta veramente la voce dell’altro, si fida dell’altro.

Fidarsi di Dio perché siamo custoditi dalla potenza del suo amore, che ci conduce ad una vita che non andrà mai perduta, dove ogni cosa sarà in unità con il Padre.

“Signore,

Tu unito a me,

il Tuo essere Padre

è quella mano che mi viene incontro, mi cura, mi sostiene

e mi ferma per non cadere.

E io, Tuo figlio, unito a Te

in quella speranza, fiducia

e nel riconoscermi amato.

Tu di noi l’hai pensato da sempre

e io vivente di quest’amore,

fa che non lo dimentichi mai

e sappia dirlo agli altri,

che Tu sei sempre unito a noi.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Spiegare le scritture

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GIOVEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA

Gesù appare ai suoi discepoli e mostra loro le mani e i piedi. Un gesto per rassicurare il loro cuore, che ancora stentava a credere a questo miracolo della risurrezione.

Gesù non è un fantasma, è il Dio che rimane con noi e porta nel suo corpo i segni della passione, del suo amore per noi, è proprio in quelle ferite che lo riconosciamo, in quei piedi che hanno percorso tanta strada per incontrare l’umanità dispersa, in quelle mani che hanno curato, accarezzato, guarito. Gesti di amore, di perdono, di misericordia, parole di salvezza come nessun altro aveva mai pronunciato. Gesù spiega ancora ai suoi discepoli quelle parole che avevano già sentito, ma non ancora compreso nel loro vero significato, perché il mistero pasquale è mistero dell’amore che passa attraverso il corpo, l’umanità di Cristo, che vince la morte e conduce l’uomo ad amare con tutto se stesso. La Scrittura illumina il mistero del corpo di Cristo e questo illumina il corpo di ogni credente: Cristo svela l’uomo all’uomo rendendolo capace di amore e di amare come Lui.

In quella carne ferita di Cristo è compresa tutta la sofferenza umana, che cerca nella fede uno spiraglio di luce, un Dio che si fa accanto, non come prima, ma con un corpo da risorto, che irradia sulla sua Chiesa

la luce della sua Pasqua.

“Signore,

la Tua promessa attraversa la storia,

supera il tempo

per tenere la mia mano,

per toccare le mie ferite

e vedere in Te

il mio salvatore.

Risorgi per me da quella fatica,

da quell’orizzonte a cui manca la speranza.

Tu sei la mia luce.

Tu sei la mia speranza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Vicinanza di Dio

 vicinanza di Dio

13 MARZO 2024

MERCOLEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA

Se dovessimo dire qual è la, differenza tra noi e Gesù, è proprio questa: la percezione di un’unità costante con il Padre.

Gesù afferma di agire come Padre, di perdonare come, Lui di amare come Lui: “quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo”. È un’unità tale, che se dovessimo raffigurarla con un’immagine, non sapremmo  distinguere quando finisce il Padre e quando comincia il Figlio. Con ciò, cosa vuol dire a noi il Vangelo di oggi? Che il Padre ritenendoci figli, ha mandato suo Figlio, per guarirci da quella solitudine che a volte ci devasta, quando facciamo fatica, quando la sofferenza è al limite e urliamo persino contro di lui: dove sei?

Il Figlio è la risposta al nostro grido: sono qui accanto a te, proprio com’ è scritto nella prima lettura: “io non ti dimenticherò mai”. È come se Dio ci dicesse: ci sono, non ho mai smesso di amarti, soffro anch’io per il tuo dolore. Non c’è croce più grande che vedere il proprio figlio soffrire, ma ti conosco, tu non mi vedi, non mi senti, ti mando mio Figlio, affinché tu possa aprire il cuore e trovare speranza.

Eccoci, siamo tutti davanti a quel Padre che ha generato un Figlio, ora in questo tempo, con le braccia distese così che quando crollassero le nostre, la croce non ci cadesse addosso. Gesù, cireneo dei nostri giorni, ci aiuti a comprendere che è il Padre ora che agisce, per consolare e sostenere la nostra vita, per rassicurare il nostro cuore che mai si dimenticherà di noi. Ed ogni istante di croce o di luce, porta con sé la Sua presenza, la presenza di un amore che perdona, che ci protegge, che asciuga le nostre lacrime.

Il Padre agisce e agisco anch’io, sentiamoci dentro questa relazione del Padre e del Figlio, perché è proprio in essa che la nostra solitudine non c’è più.

“Signore, stammi vicino,

possa sentire l’amore del Tuo Figlio

venirmi incontro,

Tu che l’hai mandato anche per me,

ti prego, fa che non si scordi di me.

Siamo tanti, una folla intera

ed io cosa sono per te?

Tuo figlio!

Aiutami a sentire la forza di questa parola,

così che possa venirti incontro

ed aprire quella porta del mio cuore, chiusa da tempo per il dolore

e che ora so essere protetta da Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Pace e speranza

pace e speranza

 

16 DICEMBRE 2023

SABATO DELLA II SETTIMANA DI AVVENTO

“Il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Parole tristi quelle del Vangelo di oggi, non hanno apparentemente il sapore del Natale, poiché pensare al Natale ci fa venire in mente la gioia, la festa e qui si parla di sofferenza.

Come leggere questo brano a due passi dal Natale?

Ci troviamo alla soglia del Natale, ma siamo coscienti di molte situazioni difficili, di fatica, non tutti sono felici, molte persone sono sole, ammalate, in guerra, nella fame, e la lista purtroppo dovrebbe continuare. Eppure oggi, il Signore guarda con amore a tali situazioni; nasce per tutti, non dimentica nessuno, e guarda in modo particolare a tutti coloro che si trovano in difficoltà, per riportare nel cuore la speranza, per cardiovertire i cuori, per donare pace anche lì dove non ce n’è.

Spesso vi sono situazioni che non diciamo neanche a Dio, troppo difficili, lontane, pesanti, eppure, Egli che è nostro Padre é venuto a mettere pace proprio lì. E perché tu non ti senta in soggezione dinanzi a Lui si fa bambino, semplice, il cui volto esprime fiducia. Quel bambino però è il Figlio di Dio, non un infante qualunque, ha un cuore generoso, sorride, piange, ma soprattutto ha dentro di se tutto il grido dell’umanità.

 Dio suo Padre e nostro l’ha fatto così, portatore di tutto il grido di tutta l’umanità, e in quel grido ci siamo anche noi; sentiamoci accolti abbracciati a due passi dal natale, perché le braccia di Dio ci avvolgono e soprattutto il Suo cuore è con il nostro.

“Signore,

al Tuo cuore affido il mio.

Tu dolce bambino

uomo e Dio, ti affido la mia storia,

la conosci già, è Tua.

La metto nelle Tue mani,

affinché Tu possa farne un segno per il mondo

del Tuo passaggio,

della Tua mano.

Fa che nel mio camminare ti riconosca

e stia con Te per sempre

e il mio cuore senta rinascere pace e speranza”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Magnificat!

Magnificat!

 

MARTEDÌ 15 AGOSTO 2023

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (MESSA DEL GIORNO) – SOLENNITÀ

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ap 11,19a; 12,1–6a.10ab

Salmo: Dal Sal 44 (45)

Seconda lettura: 1Cor 15,20–27a

Vangelo: Lc 1,39-56

Maria ha permesso alla promessa di Dio racchiusa nella sua parola di compiersi e rivelarsi al mondo; ha acconsentito al Suo desiderio d’incontrare l’uomo. La vita di ogni uomo nasce da un incontro d’amore. Ogni figlio porta vitalità, gioia di vivere, visione di speranza, forza ed energia.

Accogliere il Verbo della vita nella propria umanità, vuol dire far risplendere l’amore di Dio a tutti, far trasparire questa Presenza divina. Proclamare Maria assunta in cielo significa mostrare la grandezza infinita dell’amore di Dio per l’umanità.

Maria, Madre di Dio, è la prima tra le creature a riceve la gloria che appartiene a Dio.

Ci troviamo davanti ad un mistero pieno di speranza, tanto che Dante, giunto in paradiso, fa dire a S. Bernardo quelle straordinarie parole:

Qui se’ a noi meridïana face

di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre,

sua disïanza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

a chi domanda, ma molte fïate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza, in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate (Paradiso, canto XXXIII).

Con Maria compiano anche noi il nostro Magnificat. Alziamoci in fretta, non temiamo, riconosciamo la Sua presenza e facciamone dono ad altri. Maria stella del cielo, volge la sua luce in alto, affinché ogni cuore guardando a Lei sappia dove alzare lo sguardo e scorgere il proprio pezzo di ncielo.

“Maria mamma del cielo,

accompagna il mio cammino,

affinché come pellegrino, giunga alla mia meta.

Maria fai del mio cuore

il luogo del fiat, del mio Si quotidiano,

così che risplenda sempre la Sua luce nonostante le mie tenebre.

E quando il mio piede avrà inciampato,

rialzami, corri da me in fretta

attraverso quei monti di fatica e cantami il tuo Magnificat

così che rialzandomi, mi ritrovi in Te,

nelle tue parola e dica con te: Magnificat”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La fede

La Fede

12 AGOSTO 2023

SABATO DELLA XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Dt 6,4-13

Salmo: Dal Sal 17 (18

Vangelo: Mt 17,14-20

Nel Vangelo di oggi, scorgiamo tutta l’angoscia di un padre per il figlio malato e la fede che ha nella salvezza data dal Signore, che passa attraverso chi crede in Lui e vuole essere come il suo maestro, ovvero i discepoli.  “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre”.( Gv 14,12), dirà Gesù nel Vangelo di Giovanni. Invece qui ci si scontra con l’impotenza  di fare un miracolo, di guarire il ragazzo. Sarà Gesù a guarirlo, e con il ragazzo, Gesù dovrà guarire anche la povera fede dei discepoli rimasti attoniti, perché si scoprono più deboli di quanto non pensavano di essere. Infatti domandano a Gesù il perché non sono riusciti nel loro intento, e Gesù  risponde schiettamente: “Per la vostra poca fede”. Non si tratta di mancanza di fede, quanto piuttosto di dubbi di insicurezze.

Il cammino di fede non dá altre certezze se non Lui, vivo e presente allora nella sua umanità, come oggi vivo e presente nel pane eucaristico.

Gesù ci chiede una fede capace di spostare le montagne del proprio cuore per identificarsi con la sua persona, la sua missione, la sua forza divina. Ci esorta  a lasciarsi guidare dalla sua Parola.

La fede può tutto quando ci fidiamo più di Dio che delle nostre capacità umane. Allora come quel padre per il figlio, mettiamoci in ginocchio davanti a Dio, chiediamogli pietà e confidiamo nella sua salvezza.

“Signore,

sii Tu la mia certezza,

e desidero Tu lo sia per sempre.

Io vacillo e cado

ma Tu, rialzami.

Io sono stanco e faccio fatica a camminare, Tu confortami.

E quando mi sento solo,

aiuta il mio cuore a ricordare il Tuo amore.

Alimenta la mia fede con il Tuo corpo,

dona pace ai miei dubbi

e liberami da ogni paura

per non disperare più”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

La Sua pace

la sua pace

09 MAGGIO 2023

MARTEDÌ DELLA V SETTIMANA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: At 14,19-28

Salmo: Sal 144 (145)

Vangelo: Gv 14,27-31a

Siamo vicini ai giorni della passione, e le parole che Gesù dice ai suoi discepoli, non sono per loro facilmente comprensibili. Per comprendere e vivere quegli eventi hanno bisogno di un aiuto, un dono, non oggetto di scambio, che non si compra e non si vende: la pace di Cristo.

Gesù comunica la sua pace ai discepoli, perché vuole rassicurare i loro cuori dai turbamenti che li assalgono.

il  dono  della  pace  di  Cristo  è  ciò  che  deve  far  scomparire  ogni  paura,  ogni  timore:  «Non sia  turbato  il  vostro  cuore  e  non  abbia  timore». Ovvero restati saldi, siate forti, non fatevi spaventare dagli eventi, non fatevi prendere da quella agitazione emotiva che nasce da  situazioni impreviste, che non si sa come gestire. Non permettete alle tempeste della vita di togliervi la pace e di soffocare la speranza.

Restare radicati nell’amore del Padre come Gesù ha fatto, ci fa recuperare il baricentro della nostra umanità, il punto dove raccogliere quei pensieri che ci turbano la mente e il cuore. Non possiamo evitare tutte le tempeste, ma la pace che Gesù dona frutto del suo grande amore in comunione con il Padre, ci permette di attraversarle.

“Signore,

dona pace al mio cuore,

liberalo dalle paure.

Tu sei la mia forza,

il mio rifugio,

fa che senta la Tua pace su di me.

Possa io attraversare ogni istante della mia vita,

consapevole della Tua presenza

e sia cosi non solo per me, ma per tutti,

cosi che ciascuno trovi in Te

la sua pace.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

Tendi la mano

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18 GENNAIO 2023

MERCOLEDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Eb 7,1-3.15-17

Salmo: Sal 109 (110)

Vangelo: Mc 3,1-6

Nel Vangelo di oggi, Gesù guarisce una mano paralizzata. Le mani ci permettono di compiere innumerevoli gesti indispensabili per la nostra vita. Con la mano curiamo, accarezziamo, doniamo, ma se questa rimane chiusa non possiamo fare nulla.

Il miracolo di Gesù non mira solo a ridare funzionalita ad un arto, vuole guarire la durezza del cuore. Le mani sanno donare quando il cuore è aperto all’amore: mani che toccano, vita che vive, cuore che ama.

Annesso al miracolo è chiesto un gesto: tendi la mano, ovvero tendi il tuo cuore verso di me, afferra il mio amore. Sembra quasi che Dio debba essere aiutato. Perché dice: tendi la mano? Perché solo protesi verso di Lui, potremmo renderci conto che il Signore agisce e lo fa con tutto il cuore.

Solo tendendo la mano, potremmo toccare quella di Dio e non sentirci piu smarriti, ma afferrati da un Padre che ha cura di noi. E da quell’incontro la mano riprenderà vita, sarà capace di muoversi autonomamente e quando si tenderà, sarà per donarsi ad immagine del Padre, per curare, servire e sollevare ogni mano tesa alla ricerca di un conforto.

“Signore,

prendi la mia mano e donale vita.

Aiutami a sentire il tuo amore

scorrere nella vene e sentirmi vivo,

capace di donare speranza,

perché nel tuo incontro

c’è di più di una mano tesa.

C’è un cuore che arde

al desiderio di riportare suo figlio a casa

ed io lo voglio raccontare

alle tante mani tesi come me,

alla ricerca di te”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

Lo stupore della Parola

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10 GENNAIO 2023

MARTEDÌ DELLA I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Eb 2,5-12

Salmo: Sal 8

Vangelo: Mc 1,21b-28

 

Lo stupore coglie chi vede Gesù insegnare. Egli insegna con autorità, un’autorità che non è una rigida disposizione che incute timore, ma più un’autorevolezza che affascina. Le sue Parole penetrano in noi ed è come se fossero lì da sempre; questo capita quando leggiamo o sentiamo quella Parola che entra dentro di noi e ci dice qualcosa, ci smuove.

Lasciamoci stupire da Dio, anche quando pensiamo non abbia niente da dirci, quando in quella giornata “no” fatta di tristezza o persino rabbia, l’ultimo dei nostri pensieri sarebbe dedicare del tempo alla Parola: proprio quello è il tempo dello stupore, perché Egli è sempre stato qui.

Lo stupore lascerà il posto alla speranza e la speranza diventerà certezza che quei giorni in cui la difficoltà sembrerà prendere il sopravvento, ci sarà sempre un Parola pronta ad accoglierci alla porta di casa, lì nel nostro cuore per darci la forza.

 

 

“Io sono voce di uno che grida nel deserto”

Io sono voce di uno che grida nel deserto

 

LUNEDÌ 02 GENNAIO 2023

SANTI BASILIO MAGNO E GREGORIO NAZIANZENO, VESCOVI E DOTTORI DELLA CHIESA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

 

Prima lettura: 1Gv 2,22-28

Salmo: Sal 97 (98)

Vangelo: Gv 1,19-28

Giovanni dice di essere voce di uno che grida nel deserto. Nel deserto perché grida? Perché nel deserto, nei nostri deserti, non vi è assenza di nulla, ma vi sono rumori come ad esempio i timori e le preoccupazioni che risuonano dal profondo ed a volte non c’è pace. Per questo, abbiamo bisogno di una voce più forte, in grado di indicarci la Parola fatta carne, in grado di mettere a tacere il frastuono che portiamo dentro.

Grazie a Giovanni, nei nostri deserti non ci sentiremo più soli, poiché ora sappiamo che c’è Qualcuno di più forte, venuto a darci coraggio, a riportare la speranza.

Gesù non ha scelto una condizione favorevole per se stesso, ha scelto di vivere con noi e per noi, con tutto ciò che la vita comporta, affinché avessimo una via in cui credere ed a volte, è nei tempi duri che la si sperimenta. Essi però sono anche i momenti più deboli, dove rischiamo di perdere le forze, allora, ecco che quella voce più forte di tutte grida nel deserto, per dirci che c’è un Dio bambino che ci vuole incontrare e non ci sarà più bisogno di gridare, perché ci sarà Lui con noi per sempre.

Sull’esempio di Giovanni, possiamo diventare anche noi voce per altri così da farci forza nelle difficoltà, poiché come scrisse Padre David Maria Turoldo: “Ogni uomo é un profeta dove si condensa in sillabe il Verbo”.