Vi lascio la pace

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30 APRILE 2024

MARTEDÌ DELLA V SETTIMANA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. La pace che Gesù ci da non è come quella degli equilibri del mondo, assenza di guerra, buoni accordi di intenti e neppure di un quieto vivere, di una calma diffusa e riposante o di una buona sistemazione per vivere. La pace che Gesù da ai suoi discepoli

deriva da un amore più grande di tutto, infatti scrive Giovanni: lo stesso giorno della risurrezione Gesù saluta i suoi discepoli dicendo: Pace a voi! E mostrando le ferite della croce, il Risorto sigilla una pace che solo Lui può dare, perché il nostro cuore non abbia più paura. Gesù ci vuole rassicurare: la sua pace è la sua costante e perenne presenza, che nessuno può toglierci.

Tante possono essere le situazioni per cui abbiamo paura: per gli altri, per noi; il nostro cuore è inquieto e spaventato, ma Lui conosce già tutto ha vissuto: incomprensioni, offese, minacce, percosse, fino alla morte. Cristo è risorto, ha vinto tutte le paure dell’uomo, anche quella più grave: la morte. La sua pace scende nel nostro cuore per darci una stabilità di vita, non più sballottati dai turbamenti, ma fiduciosi nella sua presenza.

Fa sempre bene, quando abbiamo bisogno di ritrovare la pace del cuore, rileggerci queste parole di Santa Teresa d’Avila: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi; tutto passa, Dio non cambia; la pazienza ottiene tutto; a chi ha Dio nulla gli manca. Solo Dio basta”.

“Signore,

la Tua pace scenda su di noi,

come una goccia di acqua nel deserto,

cosi che quelle crepe

siano segno del Tuo passaggio,

come le Tue ferite del mio.

Perdonami per il male che ho fatto,

quando alla mia fragile fede

ha prevalso il panico alla pace.

Perdonami e guariscimi,

cosi che non mi manchi nulla,

perché saprò che

Tu sei con me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Spiegare le scritture

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GIOVEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA

Gesù appare ai suoi discepoli e mostra loro le mani e i piedi. Un gesto per rassicurare il loro cuore, che ancora stentava a credere a questo miracolo della risurrezione.

Gesù non è un fantasma, è il Dio che rimane con noi e porta nel suo corpo i segni della passione, del suo amore per noi, è proprio in quelle ferite che lo riconosciamo, in quei piedi che hanno percorso tanta strada per incontrare l’umanità dispersa, in quelle mani che hanno curato, accarezzato, guarito. Gesti di amore, di perdono, di misericordia, parole di salvezza come nessun altro aveva mai pronunciato. Gesù spiega ancora ai suoi discepoli quelle parole che avevano già sentito, ma non ancora compreso nel loro vero significato, perché il mistero pasquale è mistero dell’amore che passa attraverso il corpo, l’umanità di Cristo, che vince la morte e conduce l’uomo ad amare con tutto se stesso. La Scrittura illumina il mistero del corpo di Cristo e questo illumina il corpo di ogni credente: Cristo svela l’uomo all’uomo rendendolo capace di amore e di amare come Lui.

In quella carne ferita di Cristo è compresa tutta la sofferenza umana, che cerca nella fede uno spiraglio di luce, un Dio che si fa accanto, non come prima, ma con un corpo da risorto, che irradia sulla sua Chiesa

la luce della sua Pasqua.

“Signore,

la Tua promessa attraversa la storia,

supera il tempo

per tenere la mia mano,

per toccare le mie ferite

e vedere in Te

il mio salvatore.

Risorgi per me da quella fatica,

da quell’orizzonte a cui manca la speranza.

Tu sei la mia luce.

Tu sei la mia speranza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Il popolo vide una grande luce

il popolo vide una grande luce

 

SABATO FERIA PROPRIA DEL 7 GENNAIO

Prima lettura: 1 Gv 3,22-4,6

Salmo: Sal 2

Vangelo: Mt 4,12-17.23-25

“Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte”.

Consolanti le parole del Vangelo di oggi, un balsamo che scende sulle ferite che ciascuno attraversa, per lenire  e sanare ognuno di noi.

Non c’è ombra né buio che la Sua luce non possa liberare, non c’è cuore che con Lui non possa tornare a vivere.

Il calore di questa promessa ci sia di aiuto e conforto, sia per noi sostegno oggi, domani e sempre.

Al popolo che anche solo per un attimo si è sentito perduto: Dio è sceso per recuperarlo; dinanzi a Lui ciascuno di noi può mettere il proprio nome e dire: ecco il Dio della mia salvezza, beato chi in Lui si rifugia.

“Signore,

una luce risplende nella mia notte:

sei Tu.

Tu o sole, fermati nel mio cuore

riscaldalo del Tuo amore.

Rinfranca i cuori di coloro che a tentoni camminano verso Te.

Sii il nostro sostegno, il nostro respiro

e quando questa notte finirà

io impari a guardare verso la luce,

oltre il buio, oltre me

per scorgere Te, tendermi la mano”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

 

 

“Dio conosce i vostri cuori”

 

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05 NOVEMBRE 2022

SABATO DELLA XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA       (clicca qui)

Prima lettura: Fil 4,10-19

Salmo: Sal 111 (112)

Vangelo: Lc 16,9-15

“Dio conosce i vostri cuori”.

È un’indicazione ferma, precisa, che ci rassicura e allo stesso ci richiama alla responsabilità. I farisei si credevano giusti e si esaltano di questo. Il Signore ci chiama a riconoscerci nella semplicità sia nel giusto che nello sbagliato e dare spazio a Lui.

Essere se stessi non è un colpa, la vera colpa è mettere delle maschere a noi stessi e agli altri, ma queste prima o poi cadono e a volte lasciano ferite lungo il passaggio. Quanto sarebbe bello, poter credere che possiamo essere noi stessi e che Lui ci ama così, e da quell’amore, in nome dell’amore, ripartire risanando le nostre fragilità.

Chiediamo al Signore di vivere la certezza che Lui ci conosce e ci ama, desidera fare del nostro cuore, il luogo dove questa rassicurazione chiami alla responsabilità e la responsabilità maturi gesti di bontà, perdono e conforto in chi vive accanto a noi.

Dio conosce i nostri cuori e quindi tutto il dolore e la fatica sofferta, nulla a Lui è nascosto e ogni lacrima versata trova un luogo di rifugio, affinché ciascuno di noi riconosca in se stesso colui che da sempre ci ha amato, e mai ci lascerà, così da poter dire:

“Dio Tu conosci il mio cuore

e ogni suo gemito.

Pieno di speranza

e bisognoso di coraggio,

mi rivolgo a Te,

affinché Tu possa risollevarmi

dall’abisso in cui mi trovo.

Aiutami a risalire,

donami la forza per camminare

nonostante tutto

e ti senta accanto a me,

nella certezza che se inciampo Tu mi terrai”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

La Parola stessa

 

La Parola stessa

 

 

30 AGOSTO 2022

MARTEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA       (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 2,10b-16

Salmo: Sal 144 (145)

Vangelo: Lc 4,31-37

 

Quando Gesù passava, stupiva perché la Sua Parola era detta con autorità. A differenza degli altri predicatori del tempo che offrivano le loro parole ed insegnamenti, Egli era la Parola stessa.

Una Parola che risana, conforta, dice forte la verità e perdona, e colpiva tanto perché tutti in fondo abbiamo bisogno di parole buone, che siano legate al cuore del Padre e non al vento. Abbiamo bisogno di credere in una possibilità nonostante i nostri sbagli, necessitiamo di risposte gridate al cielo in un momento di dolore e soprattutto siamo bisognosi di sentirci amati da un Dio vicino.

Dio ha visitato il Suo popolo per darci la possibilità di fare esperienza di Lui, e tra le tante domande, dubbi o perplessità saper riconoscere il Suo volto. La Parola che ha creato l’universo, ha preso forma umana, affinché ogni nostro cuore spezzato, ferito, possa essere toccato dalla Sua Grazia e Misericordia.

Gesù è Colui che ci risana dalle ferite e salva l’uomo da tutto ciò che possa allontanarlo da Lui, così che la nostra speranza ha il volto di Dio, un volto di Padre dove poter esclamare:

“Vieni o Padre in mio soccorso,

conforta il mio cuore dall’amarezza e dal dolore.

Sostienimi perché vacillo,

e per quanto sia caduto

non smetto di credere in Te.

Il mio cuore in attesa di salvezza,

volge a te il suo grido: Padre,

è la mia professione di fede

è tutto ciò che posso dire,

perché in esso c’è tutto”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

La forza di perdonare

 

la forza di perdonare

 

GIOVEDÌ 11 AGOSTO 2022

SANTA CHIARA, VERGINE – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: Ez 12,1–12

Salmo: Sal 77 (78)

Vangelo: Mt 18,21-19,1

Oggi siamo chiamati a ricordarci di quanta Misericordia il Signore ha riversato nei nostri cuori. Il regno dei cieli è paragonato a quel re che usa compassione verso il suo servo, condonandogli il debito.

È soltanto a partire dal comprendere quanto perdono il Signore ci dona che avremo la forza di perdonare, come quel servo a cui il debito è stato condonato, infatti il re lo rimprovera per non aver fatto come ha ricevuto, ed il peso per lui ora è più grande.

Non ci libereremo mai dal peso di chi ci ha ferito, finché il perdono non toccherà il nostro cuore, perché solo allora, perdonando, sapremo fare della nostra vita “parti di regno dei cieli”, dove la pazienza e la compassione, attributi di Dio, grazie al Suo perdono faranno parte anche di noi.

A volte non è facile, ci sono ferite i cui segni sono incancellabili, allora andiamo semplicemente davanti a Lui e chiediamo di liberarci da questo peso, di aver ancora pazienza perché non siamo riusciti a perdonare e respiriamo il Suo profondo amore. Egli ci è accanto anche in questa situazione e non abbandonerà i suoi figli nel ricordo di un dolore, come nel peso del peccato. Il Signore per tutti desidera redenzione e forse l’unica cosa che possiamo fare, è alzare gli occhi al cielo e dire: Padre mio, mi abbandono a te.

“Signore,

metto nelle tue mani

tutto il mio dolore,

affinché tu possa liberarmi.

Quanto è difficile perdonare

quando la ferita ancora sanguina!

Aiutami a liberarmi di questo peso,

insegnami a riconoscere il tuo amore,

a sentire la tua vicinanza

così da sanare il mio cuore.

Perdonami se non sono capace di perdonare,

se il dolore ancora mi blocca,

ma so che arriverà il mio tempo

in cui lo farò, grazie alla tua forza

e faremo festa insieme.

Padre mio, mi abbandono a te”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Un punto di unione

un punto di unione

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1 Re 18,41-46

Salmo: Sal 64 (65)

Vangelo: Mt 5,20-26

 

In un testo dove si parla di giustizia, di non uccidere e non insultare il prossimo, è implicita la domanda di Gesù: cosa conduce le nostre azioni e dov’è il nostro cuore?

Le fatiche subite, i dolori, spesso ci fanno chiudere in noi stessi e agli altri, rimaniamo come incarcerati nei pensieri e nei ricordi, e tutto quello che c’è intorno sfugge e non ce ne accorgiamo.

Oggi Gesù ci invita a scoprire, che il nostro cuore non è fatto solo per la sofferenza, è anzitutto amato da Dio e che quell’amore è il motore delle nostre azioni.

Il versetto dell’acclamazione al vangelo di oggi cita: Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Esso aiuta a spostare lo sguardo da noi a Dio, per ritrovare noi stessi e credere che, nonostante tutto, non eravamo soli. Da questo pensiero ogni nostro gesto o parola, non sarà più di rivincita o rivalsa, ma avrà in sé il sapore della vita. Una vita in cui Lui ci è accanto.

Dinanzi all’altare, anziché offrire tutta la nostra sofferenza, la rabbia, e la paura, oggi possiamo portare la gioia di aver scoperto il Suo amore che ci ha raggiunto e la consapevolezza di una vita oltre il dolore.

Il nostro cuore ha un punto di unione tra le ferite presenti e l’abbraccio di Dio, ogni volta le due parti si toccano, affinché il Suo amore sia la nostra forza in tutte le avversità, ed i nostri gesti sappiano di vita. Una vita segnata dal Suo amore.