Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati

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04 LUGLIO 2024

GIOVEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Prima ancora di guarire il corpo dell’uomo paralitico, Gesù ne guarisce il cuore perdonando i suoi peccati e questo lo fa, grazie alla fede di coloro che l’hanno portato da Lui.

Il peccato paralizza il cuore, toglie la libertà di sentirsi figlio amato, perché crea una distanza tra la creatura e il suo creatore. Talvolta la paralisi è cosi grande da non riuscire nemmeno a parlare, come quest’uomo disteso sul letto che non dice nulla.

Sono gli altri, chi gli sta vicino a farsene carico, a prendersi la responsabilità di portarlo a Gesù.

“Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Ora quest’uomo viene chiamato “figlio”. Si, perché ogni figlio viene sempre amato e perdonato, guarito nel profondo del cuore, restituito ad una vita che ha ancora entusiasmi, desideri, che cammina sulle sue gambe.

Il Signore ci chiama al coraggio, ossia il contrario della paura. Coraggio perché non siamo da soli ad affrontare le fatiche della vita. La fede dei credenti è proprio questa: portare a Dio chi non ce la fa da solo. Portarlo nella preghiera davanti al Signore Gesù, che perdona e guarisce senza condizioni tutta la persona umana, cuore e corpo; cosi l’uomo unificato, può alzarsi e incamminarsi verso casa sua, verso quel ritorno in se stesso. Afferma S. Agostino: “Torna, torna al cuore”, un cuore ora libero, capace di ardere di intensa passione per il Bene, per la Bellezza, per la ricerca della felicità, per volgersi a Colui che ne è la sorgente.

“Signore,

aiutami a tornare da Te

con tutte le mie paralisi.

Tu sei Colui che scoperchia il tetto,

sei Colui che mi guarisce

e sei quel lettuccio che mi sostiene,

Tu che sei tutto,

libera il mio cuore

da tutto ciò che mi impedisce di vederti,

per guarire il cuore

ed ogni parte di me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Mio Signore e mio Dio

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MERCOLEDÌ 03 LUGLIO 2024

SAN TOMMASO, APOSTOLO – FESTA

Quel dito tocca le ferite di Cristo: come possibile che Dio si faccia ferire così tanto per me? Chi sono io per essere riversato da tanto amore? Meraviglioso mistero d’amore! Il mio dito nel cuore di Cristo.

La fede risorge dalla delusione che la morte abbia distrutto tutto, abbia portato via l’amato del cuore, invece ci troviamo ad entrare nel cuore dell’amato.

Cosi esclama Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Un meraviglioso atto di fede che trova la sorgente in un cuore ferito, che si offre per sempre alla contemplazione di ogni creatura, perché la croce non è stata la sconfitta, ma la gloria di un amore manifestato in pienezza. Proprio quelle ferite sono il dono per la mia fede; lì pongo i miei dubbi e tocco la grandezza di un amore che mi ridona vita, di un amore che risorge ogni giorno dal solco della fatica, della paura e dell’incredulità.

Il Signore ci invita a toccare, a guardare ad entrare in quelle piaghe: “Metti qui il tuo dito e guarda”, perché solo l’amore può sanare il cuore. Dalle sue ferite escono gocce di vita, di pace, di luce.

La nostra fede si gioca su quelle ferite, trova lì il suo inizio e il suo compimento. Scriveva S. Ignazio di Loyola nella preghiera-poesia “Anima di Cristo”: “Dentro le tue piaghe nascondimi”, ovvero mettimi dentro quelle ferite, concedimi di abitare dentro di Te, perché ho compreso un po’ del tuo amore e credo che sei il Signore della mia vita. Allora: “Beati quelli che hanno posto la loro tenda nel cuore di Gesù” (S. Bonaventura).

“Signore,

la tua ferita sanguina,

sei vivo, sei vero.

Eccoti qui per me,

io incredulo come pochi,

desideroso di uno spazio con Te.

Mio Signore e mio Dio,

e lo dico solo a Te,

perché nel mio cuore ci sei solo Tu.

Tocco la tua ferita e Tu,

ti prego, tocca la mia

così guarirà.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Signore salvaci

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2 luglio 2024

MARTEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Salvaci Signore perché siamo perduti!”. È il grido di aiuto di coloro che spaventati nella barca, temono per la loro vita. La paura nel cuore offusca la mente, hanno lì Gesù, ma temono che Lui non faccia nulla.
Spesso accade anche noi di non avere fede, soprattutto nelle situazioni in cui sembra che la fede sia l’unico rifugio. Gesù rimprovera i discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?”. Ma in fondo quella paura, apre ad un’altra domanda: “Chi è costui?”. Dovremmo dircelo anche noi: chi è Gesù per me, cosa dice alla mia vita? È solo colui che dorme nella mia barca, o è colui che il vento ed il mare gli obbediscono?
Possiamo sapere molte cose di Lui, ma dobbiamo necessariamente passare da una conoscenza ad una sapienza del cuore, che alimenti la nostra fede proprio in quei momenti in cui sembra vacillare.
Il Signore c’è, è presenza viva nella quiete e nella tempesta. Non c’è solo quando siamo in difficoltà, c’era già prima di quella tempesta, era già nella barca, eppure si parla di Lui solo quando la situazione diventa difficile: anche per noi è così? È cercato solo nelle difficoltà, oppure è una relazione stabile sempre? Non dobbiamo avere paura di rispondere, perché non esiste una risposta giusta o sbagliata, è questione di tempi e modi, per crescere in un cammino di fede che ci renda sempre più forti.
La nostra forza è nella consapevolezza di essere amati. Se camminiamo nella fede, scopriremo che non siamo soli, c’è un Uomo, presente sulla nostra barca. Dove ci porterà il vento? Mai lontano da noi stessi, finché sulla barca ci sarà Colui che il vento ed  il mare gli obbediscono!

“Signore
insegnami a credere,
a sperare in Te.
Tu mi ami, ma io sono fragile,
basta un attimo
ed il mio cuore annaspando grida:
dove sei?
Quiete è la risposta:
sono qui, accanto a te.
Quiete che persino il vento e il mare
inclinano il capo.
L’onda non sommergerà la mia fede
finché sulla mia barca ci sei Tu,
ti prego resta qui accanto a me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)

Dove posare il capo

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01 LUGLIO 2024

LUNEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Gesù risponde così all’entusiasmo di quell’uomo che vuole seguirlo. Non lo vuole allontanare, ma essere chiaro: l’unica sicurezza è in Dio.

Questa è la storia di molte donne e uomini, che nel cammino della sequela lasciano le loro sicurezze, il loro rifugio, per seguirlo. È una storia d’amore, non di mancanze o sofferenze. Il non aver dove posare il capo, rende Gesù il luogo dove noi possiamo posare il cuore, e questo non vale solo per chi si è consacrato, vale per tutti coloro che desiderano abitare nel cuore di Dio.

Gesù ha un luogo dove poter stare ed è in Dio, ma non è un luogo fisico, è un posto del cuore che per percepirlo, bisogna scendere in profondità e non aver con sé nulla: aspettative, tornaconto, ecc. L’unico modo per scendervi è nell’amore, che come unisce Padre e Figlio, unisce noi.

C’è una storia d’amore che ci precede, che prepara per noi un posto dove posare il cuore e gli affanni. Giovanni nell’ultima cena è raffigurato nel posto più bello, con la testa nel petto di Gesù: ecco dov’è il nostro posto, ecco dove Lui ci vuole; un rifugio che nessuno, nemmeno il nostro peccato può toglierci.

“Signore,

tienimi accanto a Te,

in quel posto che da sempre

mi hai preparato: nel Tuo cuore.

Benedici la mia vita

con la Tua presenza,

rendimi saldo in Te,

Sii Tu quel rifugio

che da sempre cerco

e che scopro ora,

esserci sempre stato per me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)