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Tra le braccia
VENERDÌ 02 FEBBRAIO 2024
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – FESTA
Simeone ci insegna l’attesa. Di Lui, si legge infatti: che aspettava la consolazione di Israele. Pensate a quanto ha atteso, ma non ha lasciato scorrere un giorno senza recarsi al tempio, ovvero non ha mai lasciato scorrere un giorno, senza recarsi dal Signore.
Quell’attesa per alcuni snervante, ha reso quei giorni tempo per preparare il cuore a riconoscere Gesù. La consolazione di Simeone è in quel bambino, lo vede, lo sa, non glielo dice nessuno.
Tutto il tempo speso nel tempio, ora è compimento: ha tra le braccia la Salvezza. E noi? Cosa abbiamo tra le braccia? Noi figli del nostro tempo che vivono nell’immediatezza, siamo tra le braccia di quel bambino divenuto uomo. Egli ha assunto la postura di Simeone, ha reso le sue braccia come quelle di quell’uomo: sorreggono per non far cadere. Ecco anche i nostri occhi vedono la salvezza da una prospettiva diversa: quella di figli in braccio al loro Padre.
Siamo quei figli che in fondo vogliono un abbraccio da Dio, e quell’abbraccio vale tutto l’oro del mondo.
Facciamo di ogni nostro giorno, il luogo di quell’incontro e se non riusciamo perché facciamo fatica e sentiamo Dio lontano, viviamolo nell’attesa. Quell’attesa che quando diverrà realtà illuminerà il nostro cuore.
“Signore,
fammi vedere quanto grande possa essere la mia gioia,
fammi vedere i tuoi occhi posarsi sui miei,
fammi sentire il Tuo amore prendermi in braccio,
così da sentirmi al sicuro,
così da non dover cercare altro o altri,
così da non dover più temere di perdermi
perché ci sei Tu a sorreggere me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
“Egli dia la vita eterna”
23 MAGGIO 2023
MARTEDÌ DELLA VII SETTIMANA DI PASQUA
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: At 20,17-27
Salmo: Sal 67 (68)
Vangelo: Gv 17,1-11a
Gesù alzando gli occhi al cielo parlando di sé in terza persona, si rivolge al Padre e afferma: “Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato”. Il dono che il Padre da al figlio è darci vita. Questo consola il nostro cuore quando ci sentiamo morti, stanchi, delusi dai nostri sbagli e non sappiamo che fare. Sopra le nostre paure e fragilità c’é qualcosa di più, ed è Colui in grado di infondere la vita. Siamo quindi vivi per dono.
La vera tragedia è vivere da morti in un corpo vivente, il vero dolore per Dio è vedere Suo figlio perdersi e non vivere più. Ecco perché Gesù figlio di Dio, mandato dal Padre ci viene incontro da fratello, amico, compagno di viaggio, per alcuni sposo, ma per tutti la vera vita in grado di ridestare le nostre membra dal torpore.
Abituiamoci come Gesù ad alzare gli occhi al cielo, a credere in Lui e per poterlo fare, bisogna concretamente affidarsi in un Dio che è venuto a fare di tutto il nostro essere vita.
Crediamo in Lui in ogni circostanza: “Credere significa stare sull’orlo dell’abisso oscuro, e udire una Voce che grida: Gettati, ti prenderò fra le mie braccia!” (S. Kierkegaard).
In quelle braccia troveremo quel luogo sicuro dove ogni lacrima sarà asciugata, ogni dolore compreso ed ogni peccato perdonato, affinché nulla possa essere di ostacolo alla vita ed essa entri nel cuore di ogni essere umano, ora e sempre.
“Signore,
nella fatica e nel dolore
aiutami a cercarti e non perdermi.
Fa che possa credere in Te,
ed aiutami a vivere,
non voglio perderti,
desidero abbracciarti.
Fa che anche quando ti sento lontano,
qualcosa mi aiuti a comprendere che sei vicino
e senta la vita scorrere, come un’energia nelle mie vene,
così da rialzare la testa,
ed abbozzare un sorriso a me, alla vita.”
(Shekinaheart eremo del cuore)