In disparte

in disparte

 

03 FEBBRAIO 2024

SABATO DELLA IV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù chiama i suoi discepoli in disparte per stare un po’ con lui e riposarsi. In quell’essere in disparte a riposarsi, Egli svela parte di quello che è il suo mistero di vita, il suo mistero di salvezza, per questo molta folla lo sta cercando, perché ha compreso che quell’uomo ha qualcosa di straordinario per il loro cuore.

Gesù, è il buon pastore, mandato a riunire tutti i figli di Dio dispersi, e alla radice della sua missione c’è la compassione, che prova per l’umanità intera.

Per i discepoli imparare a stare in disparte con il loro Signore, è sperimentare la profondità di quella compassione che si fa dono di vita e annuncio di salvezza; solo da tale intimità troveranno la forza di testimoniare la potenza del regno di Dio, di parlare al cuore di ogni uomo proclamando la novità del vangelo, impareranno ad essere pastori secondo il cuore di Dio.

Gli apostoli staranno a fianco a fianco del loro Maestro, per ascoltare la parola che feconda il cuore, Lui è il vero pastore.

Stare con il Signore non è in funzione di un privilegio, ma di una intimità per farsi eco presso tutti, di un amore che esprima la compassione di Dio, la cura per ogni suo figlio.

“Signore,

abbi cura di me,

fai della Tua misericordia

il mio abbraccio.

Fammi sentire

che non sono solo,

che Tu sei il pastore del mio cuore,

che mi guidi, osservi, ami

e che non mi perderai mai.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Venite in disparte

 

venite in disparte

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1 Re 3,4-13

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Mc 6,30-34

 

Il Signore invita i suoi discepoli in disparte a riposare, “infatti erano molti quelli che andavano e venivano”. Leggendo questo brano di Vangelo, sembra quasi di vedere le nostre giornate cariche di lavoro e nella frenesia del fare troviamo il suo invito: venite in disparte. È curioso che invece di trovarsi da soli in disparte, vengano raggiunti da molta folla.

Questo finale ha qualcosa da dire a noi: nel ritmo sostenuto dei nostri giorni, Egli è presente e ci invita a un disparte che non è isolarsi da tutti e prendersi un pausa, ma è un ricordarsi di Lui all’interno della nostra giornata, della nostra frenesia.

L’invito che il Signore ci fa è di sentirlo all’interno della nostra quotidianità, di non fermarsi a un “poi lo faccio”, Egli non è un impegno tra i tanti, ma una relazione attraverso cui far partire tutto il resto. In quella compassione di Dio c’è tutto il desiderio che ci accorgiamo di Lui nella nostra storia, di quanto ha a cuore le nostre stanchezze e fragilità, che sembrano renderci come pecore senza un pastore, una guida.

Egli vuole dirci quest’oggi che Lui c’è sempre, sa delle nostre fatiche, dei nostri sbagli, delle nostre sofferenze e vuole darcene sollievo. Sentire Lui all’interno del nostro quotidiano è il più bell’invito che può farci, vuol dire essere amati, voluti e non più soli; significa avere una luce capace di guidarci nelle notti più buie e aver ossigeno in una faticosa salita in montagna, è guardare alla nostra vita partendo da questa relazione e non dalle cose da fare.

Vieni in disparte lasciati insegnare le molte cose che ha da dirti, Colui che ti ha creato, ti ha donato un luogo dove in disparte con Lui puoi ripartire: il tuo cuore.

 

 

Segni di guarigione

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Sam 4,1b-11

Salmo: Sal 43 (44)

Vangelo: Mc 1,40-45

 

L’episodio del Vangelo di oggi, ci mette di nuovo davanti una mano che tende per sanare, per guarire, sembra proprio che Gesù ci stia tenendo per mano per farci scoprire il Suo volto, cosa fa per noi.

Oggi ci parla della lebbra, una malattia per la quale venivi messo in disparte, ai margini, ti allontanava da tutti, ed era una malattia che tutti potevano vedere. Quante volte ci portiamo i segni del nostro dolore, delle nostre fatiche, impossibili da nascondere e oggi sopraggiunge a noi una parola che dice: io voglio che tu sia purificato. Egli desidera che tu non solo sia guarito, ma che tu non abbia più segni. Quest’uomo supplica, è in ginocchio, non ce la fa più e si fida di Gesù, addirittura gli dice: “se vuoi, puoi” e Gesù dice: “Lo voglio”.

È bastato un attimo, non c’è voluto molto, quel lebbroso non ha più segni, c’è un segno più forte che Gesù gli lascia e lascia anche a noi: l’esperienza della guarigione. A te che hai sperimentato il Suo passaggio nella tua vita, non fermarti alla sofferenza che hai vissuto, alle cicatrici lasciate, ma fai spazio in te a quanto il Signore ti ha sanato, al ricordo di quel giorno, in quella situazione in cui hai sentito rivivere in te la vita.

E se ciò non è ancora capitato, proseguendo la lettura del testo, Egli ha qualcosa da dire anche a te. Vediamo che la conseguenza di questa guarigione porterà Gesù stesso fuori dalla città, si deve ritirare in luoghi deserti, perché il lebbroso non ha taciuto. Si mette nella tua stessa condizione, affinché tu possa sentirlo presente, nel tuo luogo fatto di deserti, viene a vivere nelle tue cicatrici, non sei solo in quella ferita che ti fa soffrire e non riesci a lasciare, il Signore è con te, è presente affinché da lì tu possa ripartire, non dalla guarigione, ma dalla tua stessa ferita.