Gesù e il cieco

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30 MAGGIO 2024

GIOVEDÌ DELLA VIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Figlio di Davide, Gesù, abbi  pietà di me!”. È questo il grido di Bartimeo ripetuto piu volte, nonostante venisse rimproverato da chi gli stava intorno. Costui era cieco, mendicava per strada; è un povero, ma possiede la ricchezza della fede che bussa al cuore di Dio. “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (Sl 33, 7). Gesù si ferma e incontra Bartineo nella profondità del suo desiderio di riavere la vista. La fede di Bartimeo è audace, concreta: “Rabbunì che io veda di nuovo”. Crede che Lui è il Figlio di Davide, ovvero, il Messia che porta salvezza: la luce della vita.

Come Bartineo, anche noi facciamoci mendicanti di luce, mendicanti di salvezza. Riconosciamo che la nostra vita e i nostri occhi, hanno bisogno di essere restituiti alla contemplazione del suo Volto. Egli stesso porterà  ai nostri occhi un raggio ardente della sua bellezza.

“Figlio di Davide, Gesù, abbi  pietà di me!”. È la preghiera che ci porta a contemplare quel volto di Gesù, che ricompone tutta la nostra umanità ferita, e come scrive San Colombano, diciamogli anche noi: “Tu sei tutto per noi: la nostra vita, la nostra luce, la nostra salvezza, il nostro cibo, la nostra bevanda, il nostro Dio”.

“Signore

abbi pietà di me:

è il grido del mio cuore.

Possa il Tuo cuore

toccare il mio con il perdono.

Fammi vedere di cosa è capace l’amore:

ridare la vista a chi l’ha perduta.

Io non ho più le forze,

ma se Tu sei con me

vedrò con i tuoi occhi.

Perdona i miei errori

e sana il mio cuore,

così che veda

a partire da quell’amore sanato.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Il pubblicano

 il pubblicano

09 MARZO 2024

SABATO DELLA III SETTIMANA DI QUARESIMA

La parabola di oggi, ci svela la condizione che deve avere la nostra preghiera, il frutto che ne deriva.

Il fariseo nella sua preghiera, esibisce la sua idea di giustizia: ciò che fa lui per Dio. Inoltre, in quel percepirsi giusto, mostra il disprezzo dell’altro. Quando un uomo si loda della propria giustizia, significa che non considera quella di Dio. Il fariseo nel suo agire compie precetti della legge, ma il suo cuore è lontano da Dio, non riconosce che la salvezza è puro dono riversato per tutti.

Più un uomo loda se stesso, minore sarà l’immagine di Dio che coltiverà in sé; più un uomo si allontana dagli altri, sempre meno conoscerà la dolcezza che viene dalla salvezza di Dio, perché Egli è Padre di tutti.

Il pubblicano, invece, “tornò a casa sua giustificato”, ovvero, rivestito di quel dono di salvezza che il Padre non vede l’ora di riversare nel cuore di chi gli chiede umilmente pietà. Il pubblicano viene perdonato perché si apre alla misericordia, a questa staordimaria debolezza di Dio, dove quanti gli chiedono pietà, entrano dritti nel suo cuore. Qui c’è la sostanza della vera preghiera, la radice di una gioia nuova, capace di cercare la comunione con Dio, di vivere la comunione con noi stessi e con i fratelli in Cristo Gesù, così da ritornare a essere luminosi in umanità e splendenti della misericordia del Padre.

“Come il pubblicano,

grido a Te Signore: “pietà”.

Pietà di me, perdonami,

perché questo cuore ha sbagliato,

ha amato in modo sbagliato Te, gli altri e me stesso.

Come il pubblicano,

spero in una risposta che sia forte,

così da sentirla fino all’ultimo banco.

Come il pubblicano,

mi batto il petto,

quasi a risvegliare il mio cuore,

così che si accorga che sono dinanzi a Te.

E Tu, mio Dio, perdonami,

scendi fino in fondo in me

e perdona anche per me,

il fariseo che c’è in me”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

Di nuovo

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20 NOVEMBRE 2023

LUNEDÌ DELLA XXXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

“Di nuovo” ripetuto per ben tre volte, perché anche noi come il cieco abbiamo bisogno di più occasioni per ripartire. Il cieco non vede ma sa chi è Gesù lo chiama: “Figlio di Davide”; anche noi sappiamo, ma spesso non vediamo i nostri sbagli, le nostre fatiche. Oggi il Signore ci invita ad avere nel cuore quella speranza che grida: “abbi pietà di me”.

Lasciamoci guarire dal Signore “di nuovo”, in quel “di nuovo” che è nuovo. “Di nuovo” non perché prima ho fallito, ma perché mi sono perso, eppure nonostante questo, Gesù è passato per quella strada, dove sono cieco, dove mi sono perso. Un caso? No, Egli è venuto per incontrare te e tutti i “di nuovo” che verranno. É venuto per alimentare nel cuore la tua speranza. É venuto affinché oggi tu sia vivo, ed un giorno sarai tu occhi per altri in grado di dire: “passa Gesù, il Nazareno”.

“Signore,

abbi pietà di me,

un grido profondo dal cuore,

l’unica cosa che mi rimane.

Ho bisogno di Te e di quell’occasione

per non essere così per sempre,

per poter sentirmi vivo,

per vedere quello che i tuoi occhi vedono.

Gesù cosa vedi di me?

Amore!

É forte la Tua risposta.

Una risposta che sento e conosco

e che mi porta oggi

qui da Te, “di nuovo”.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Chi può essere salvato?

chi può essere salvato?

 

16 AGOSTO 2022

MARTEDÌ DELLA XX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ez 28,1-10

Salmo: Dt 32, 26-36

Vangelo: Mt 19,23-30

 

 

I discepoli dinanzi alla spiegazione di Gesù sulla difficoltà per un ricco di entrare nel regno dei cieli, si chiedono: “allora chi può essere salvato?”. Forse avevano capito che la ricchezza di cui Gesù parla non era solo economica e sono consapevoli che in fondo, tutti teniamo a qualcosa.

Una domanda lecita quella dei suoi, che può venire anche noi: chi può essere salvato, oppure cosa c’è di me che posso salvare?

Il Signore risponde: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Si, perché nonostante ci sia qualcosa a cui teniamo, in quell’avere c’è qualcosa che si può salvare, non per i nostri sforzi, ma perché quella possibilità di salvezza è visibile solo a Dio.

L’entrare nel regno di Dio, per alcuni è possibile solo con i propri sforzi, per altri che avvenga solamente grazie a Dio e quindi non è necessario fare nulla. La giusta posizione è quella in cui riconosciamo il regno di Dio per quello che è: una relazione eterna con Lui. Allora tutti i nostri sforzi per migliorare sono utili, ma c’è sempre quello spazio, quando le nostre forze vengono meno e la fatica avanza, dove Dio non smetterà mai di credere in noi e la Sua fiducia è già alba di salvezza, perché è già qui con noi il regno di Dio.

“Signore,

venga il Tuo regno nel mio cuore,

fammi scoprire che anche per me è possibile.

Dinanzi a miei errori mi fermo,

sono come bloccato e non so come fare.

Padre, abbi pietà di me,

del tempo che ho perso

a correre dietro alla mia idea di salvezza;

senza pensare che c’è un bagliore di luce

proveniente dal Tuo cuore

per illuminare il mio,

a dirmi che c’è ancora una speranza

perché tu mi ami, fossi anche l’unico a farlo

e nonostante tutto”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)