8. Piccoli stronzi crescono

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

8. Piccoli stronzi crescono

Finalmente la dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter riuscì a ricomporsi e a servire con doverosa umiltà il caffè senza provocare imbarazzo a tutto il genere femminile. Anche il direttore si accorse degli sforzi della donna e volle elogiarla congratulandosi ad alta voce con lei «Ma brava la nostra dottoressa: ha visto che alla fine, cerca cerca, abbiamo trovato qualcosa che sa fare bene? Ha capito che non ho niente contro di lei vero? Noi uomini siamo fatti così: fra colleghi si scherza, solo le donne iper isteriche si offendono per simili sciocchezze…»

Rassicurata la dottoressa Raden gli dispose «Sì, lo so: è che talvolta gli uomini non riescono a esprimere le loro emozioni e allora…»

«Ed ecco che esce la femmina tossica…» – scappò detto al colonnello Kack il quale però, accorgendosi che la dottoressa l’aveva sentito e si era interrotta guardandolo con gli occhi nuovamente colmi di lacrime, si riprese facendole un complimento «Comunque il suo caffè era buonissimo: aveva un aroma particolare, un retrogusto amaro che…»

«Sarà perché l’ha allungato con le sue lacrime! Ah! Ah!» – si intromise gridando dall’altro lato della tavola il giovane tenentino Parakulovsky che cercava sempre di attrarre le simpatie del suo superiore. Ci fu qualche risata isolata ma subito tutti si zittirono vedendo il cipiglio del colonnello che con voce bassa, tremante per la rabbia, gli rispose «Agente Spiffer Battler Jones Parakulovsky come osa, non dico pronunciare ad alta voce, ma anche solo pensare un commento così inopportunamente sessista verso una sua collega? Crede che solo le donne piangano? Ebbene: lo ammetto senza vergogna, anch’io, il vostro virile e cazzuto direttore con i controcoglioni, l’omone che tutte le donne in fondo in fondo sognano, dieci anni fa ha pianto per qualche minuto quando ha dovuto sparare alla sua fedele husky, la mia dolce Arianna. Dopo una vita di cameratesca compagnia era ormai sofferente e malata incurabile: si era rotta una zampa. In certi casi non c’è niente di male a versare qualche virilissima lacrima.»

«Una zampa rotta si può curare facilmente…» – si lasciò sfuggire il capitano Scott Jr. Mac Burgerein.

Ma il colonnello Tualet aveva un buon udito e sbottò irato «Così lei capitano Carl Patt Scott Jr Mac Burgerein è anche un veterinario? È questo che dice?»

«No, ma…»

«Silenzio! Non ha studiato? All’università non ha mai visto un western? Quando un cane si azzoppa gli sparano sempre. Sempre. Sempre perché è come se fosse già morto.»

«Ma veramente… per i cavalli forse ma…»

«Ora basta capitano! Non si permetta illazioni di cui la farei pentire: per me la mia husky, Arianna, non era solo una cagna: era come una figlia, anzi, una moglie: un’amante sempre disponibile, comprensiva e dalla lingua lunghissima… Avrei fatto tutto per lei: non si azzardi a metterlo in dubbio!»

A quelle parole sincere nessuno pianse ma molti si commossero emettendo sbadigli mascolini: il capitano si morse la lingua e non aggiunse altro mentre tutti guardarono duramente il tenente Spiffer Jones Parakulovsky, divenuto piccino piccino per la vergogna, a causa della sua mancanza di sensibilità per la morte dell’adorata cagna, amata come una figlia, dal direttore.

A rompere l’imbarazzato silenzio ci pensò la dottoressa von Krausslofter «È bello che lei non si vergogni di piangere: anche gli uomini dovrebbero sempre cercare di piangere quando ne sentono il bisogno…»

«Questa è proprio una femmina tossica…» – borbottò fra sé il colonnello Snurf scuotendo la testa disgustato prima di tornare a rivolgersi all’insensibile tenente Battler Jones.

«Il suo comportamento agente Spiffer è stato sconsiderato e ingiustificabile. Sono costretto a punirla con la massima severità che mi è consentita per gli ignobili comportamenti di questo genere. Prenda la sua roba e vada a sedersi nell’angolo della punizione per cinque minuti: poi ritorni in silenzio al suo posto e non disturbi ulteriormente.» – decretò il severo ma giusto direttore, il colonnello John Gordon Pot Sr. Snurf Kack Tualet.

«E ora dottoressa von Krausslofter, a lei la parola.»

La dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden cominciò esitante il discorso, preparato il giorno prima e provato più e più volte, aspettandosi e temendo qualche nuova interruzione. Ma, con sua sorpresa, tutti rimasero in silenzio ad ascoltarla. Lentamente le parole, che chissà perché le roteavano nella testa come ballerine di pole dance intorno al palo, si disposero infine in buon ordine, una dietro l’altra, e lei acquistò sicurezza e scioltezza nella propria esposizione.

«Per prima cosa un breve aggiornamento sui precedenti casi: le sorelle Ricottella, Peretta e Patatonda Lloyed McMundsen Packman stanno bene così come i loro “bambini” che continuano a crescere a grande velocità: non solo vengono allattati continuamente ma non espellono feci: probabilmente tale materia di scarto viene assorbita dalla loro carne fungosa consentendogli un’ulteriore crescita. Da un punto di vista psicologico le ragazze sembrano stare bene ma continuano a essere reticenti sulla creatura che le ha aggredite, come se volessero proteggerla. A parte questo il dottore che le segue ha notato un inconsueto attaccamento alle proprie creature…»

Qui il colonnello non riuscì a trattenersi dal commentare «Come solevano dire gli indiani meridionali del New Mexico “ogni scarrafone è bello a mamma sua” che tradotto in inglese significa “che ogni madre ama i propri figli”… anche quando sono dei pezzi di merda! Ah! Ah!» – e tutta la squadra, compresi la dottoressa e il capitano, si unirono alla risata del direttore apprezzando la sua arguta battuta.

«È poi confermato che la quarta vittima, la signorina Cavolina Fushan, è anch’essa incinta nella stessa strana e anomala maniera che aveva caratterizzato le sorelle Lloyed McMundsen Packman…»

«…ovvero un mostriciattolo di merda sta crescendo nel suo grembo…» – commentò fra sé il colonnello.

«…in parole semplici e scientifiche le cose stanno proprio così…» – confermò in tono di gravità la dottoressa «…anche lei sembra intenzionata a voler proteggere in ogni maniera la vile creatura ma fortunatamente l’agente che abbiamo mandato sul posto a investigare ha trovato un insospettabile e attendibile testimone che ha visto tutto.»

Da un’estremità del tavolo l’agente Peter August North West, proveniente dalla DEA, alzò una mano per farsi riconoscere ma tutti l’ignorarono così, imbarazzato, la riabbassò rapidamente senza dire niente.

«Forse il fratello della vittima? Tale Pisellino mi pare, giusto?» – volle azzardare il colonnello Kack Tualet.

«Sì e no» – replicò la von Krausslofter «Il fratello di Cavolina si chiama effettivamente Pisellino ma il giorno dell’attacco alla sorella è rimasto vittima di uno strano incidente d’auto. Il testimone non è lui ma una blogger e giornalista, anche di una certa fama, una tale Selvaggia che, in realtà, è un’oca. Essa, seppur con uno stile pieno di luoghi comuni e di vieta quanto infantile retorica, ci ha fornito molte informazioni utili. La creatura ha un nome: “Strabuccinator T-799+”…»

«Dovrebbe essere un aspirapolvere suppongo e, visto i numerosi malfunzionamenti, deve essere una sottomarca cinese di basso costo. Sergente Vermont Chicken, lei che è il nostro informatico: controlli su Analzon e se costa meno di 100$ ne acquisti uno così potremo studiarlo in vitro. Se costa di più lasci perdere perché siamo a corto di fondi: cercheremo altre soluzioni. E mi raccomando: non compri le sue porcherie con la carta di credito dello SHITS!» – ordinò subito il direttore «Prosegua dottoressa…»

«Questo Strabuccinator sembra essere una fabbrica chimica vivente in grado di secernere varie droghe con cui riesce a piegare ai suoi viziosi desideri le povere ragazze che cadono così nelle sue grinfie, pronte a cedere a qualsiasi sua lurida voglia non importa quanto perversa. La creatura poi è francese o, comunque, a detta dell’oca Selvaggia, lo parla fluentemente. Poi, qui la testimonianza di Selvaggia si fa meno chiara, sembra che si sia scatenata un’orgia a cui ha partecipato almeno un tossicodipendente e un branco di opossum…»

«Non mi convince molto questa storia…» – commentò il colonnello.

«In effetti degli aspetti di questa ricostruzione suonano un po’ strani: tenga presente che Selvaggia, essendo un’oca, ovviamente non parla: ha comunicato col nostro agente scrivendo su un vecchio palmare ma, con le zampe palmate e l’autocorrezione, non può essere stata precisa più di tanto…»

«Capisco… comunque che questo Strabuccinator sia francese pare credibile: i francesi sono viziosi quasi quanto gli italiani…» – replicò il colonnello John Gordon Pot Sr. Snurf Kack Tualet «A proposito di italiani: avete continuato a tener d’occhio quell’italiano, come si chiamava… capitano Scott Jr. Mac Burgerein mi aiuti lei che ha scritto un’enciclopedia di appunti!»

«Dr. Salvatore Beppe Gennaro Jr detto Pippo Corleprotti» – replicò quasi annoiato il capitano.

«Giusto, il dottore pedofilo… che novità ha dottoressa su di lui?»

«Ma, colonnello, gli italiani non sono tutti viziosi e nulla fa pensare che il dottor Corleprtotti sia un pedofilo: la sua fedina penale è praticamente immacolata se non per qualche multa e delle vecchie denunce per atti osceni di fronte a minori! Comunque lo abbiamo fatto pedinare e, come mi aspettavo, il dottore conduce una vita estremamente regolare: torna a casa dal lavoro, mangia, fa una doccia, indossa un anello intorno al pene e va al parco a vedere i bambini giocare, in genere si nasconde fra i cespugli dove si masturba fino a quando non fa buio. Tornato a casa si collega al Dark Web da dove scarica quotidianamente svariati Gb di materiale criptato: senza l’autorizzazione del giudice non possiamo verificare di cosa si tratti ma, considerata la sua attività di medico pediatra, probabilmente si tratta di noiosi opuscoli di nuovi farmaci o altro inutile materiale informativo. Come se non bastasse ogni estate va in vacanza in Thailandia e ne frequenta i bassifondi dove è più diffusa la prostituzione anche minorile probabilmente, supponiamo, a fare attività di volontariato»

«Capisco… beh, devo ammettere che probabilmente aveva ragione lei dottoressa con la sua intuizione femminile. Questo Corleprotti sembra proprio essere una brava persona: buon per lui ma male per noi: è un vicolo cieco, lasciamolo in pace.» – stabilì il direttore Tualet «Dottoressa continui…»

«La novità di oggi è che pochi giorni fa la creatura, che ora possiamo chiamare col suo nome, Strabuccinator, ha colpito ancora. Stavolta è prima penetrato nella residenza di campagna nel Maine del principe Buzzurro, amico intimo del Presidente, per poi penetrare nella moglie di questi: Baccabriciola Buzzurro. Fortunatamente il principe Buzzurro, che al momento dei fatti era ad Acapulco per motivi di lavoro insieme alle sue collaboratrici, tiene molto alla sicurezza e ha riempito la casa, e soprattutto la camera da letto, di telecamere nascoste ad alta risoluzione e munite di audio. Anticipo che si tratta di scene forti non adatte ai minorenni: se ce ne fossero di presenti, per favore, vi chiedo di chiudere gli occhi e tapparvi le orecchie…»

La von Krausslofter aspetto qualche secondo per da tempo ai minorenni di eseguire gli ordini: in teoria solo il piccolo Timmy Pipper Randy Madison Jefferson della scuola elementare Shauna Grant, l’adescatore di preti pedofili della squadra, era un minorenne: ma questi era assente con la giustificazione per malattia della mamma. Però la dottoressa era molto coscienziosa e scrutò quindi con sospetto colui che, in teoria, doveva essere il nano assassino della squadra, Brunett Jack Harden Talldown.

Potrebbe essere un bambino con la testa grossa di seconda o terza elementare… ma niente, fa finta di nulla… – pensò, preferendo comunque non sollevare la questione fino a quando non avesse eventualmente trovato delle prove certe sulla sua reale età.

«Proietterò il video sul grande schermo su questa parete qui, quindi dovrete spostarvi tutti su quel lato del tavolo e stringervi un po’…» – spiegò la dottoressa.

«Ma Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter, non capisco, non poteva semplicemente mandare i video sui singoli schermi personali della scrivania? Perché questa complicazione? E perché “proiettarlo” se era già un video digitale? Così siamo costretti anche a spegnere le luci e chi, come il capitano, volesse prendere appunti non potrà farlo…» – brontolò il colonnello.

«Come sono sciocchina: la mia solita impulsività femminile e l’ansia vaginale mi hanno fatto agire senza pensarci. Non ricordavo assolutissimamente che dovendo spegnere le luci ci ritroveremo al buio più completo…» – si scusò prontamente la Saltenberger Raden von Krausslofter. Apprezzando la sincera autocritica il colonnello si limitò a grugnire e a far cenno di procedere.

«Luci…» – disse così la dottoressa mordendosi il labbro e osservando con cupidigia il corpo del muscoloso capitano Mac Burgerein che, al contrario, stava ancora freneticamente dando un’ultima controllata ai propri appunti fin quando non fu inghiottito dall’oscurità.

Senza la luce, la sala riunioni sotterranea, piombò nel buio totale rischiarato appena dalle fioche lucine LED delle diverse strumentazioni sul grande tavolo.

«Ecco, fatemi venire dalla vostra parte, mi sistemo un attimo e possiamo cominciare…» – disse la dottoressa che, col telecomando in mano, stava dirigendosi, facendosi strada e incespicando sulle sedie rimaste vuote, verso il capitano dall’altro lato del tavolo. Arrivata alle spalle del capitano gli strinse con le mani le ossute spalle possenti e gli sussurrò all’orecchio sfiorandoglielo gentilmente con la sua boccuccia «Le dispiace capitano Carl Patt Scott Jr. se mi siedo qui con lei?»

Poi, senza aspettare la sua risposta si tolse le mutandine gettandole lontano, si tirò su la gonna e si sedette a cavalcioni sulle gambe del capitano dandogli la schiena e spiegandogli a voci bassissima «Ecco, sistemiamoci bene: questa mano la può mettere qui sulla mia coscia, sopra o sotto l’elastico, come preferisce…. così, bene… quest’altra la può fare passare dietro la mia schiena così può scrivere… ovvio che se la vuole mettere altrove, dovunque cioè, per me non ci sono problemi…»

«Cosa borbotta dottoressa, non la sento! Si decide a far partire la proiezione?» – arrivò improvvisa la voce del colonnello a pochi metri di distanza.

«Subito signore!» – rispose lei premendo il tasto “play” del telecomando «Quando volete commentare o farmi domande ditemelo che metterò in pausa…» – aggiunse senza rivolgersi a nessuno in particolare.

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7. Caffè amaro

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

7. Caffè amaro

25/8/20XX ore 11:25 – Sala Riunioni Jeffrey Dahmer, piano -2, base operativa segreta ItacaXX dello SHITS di Pittsburgh, Pennsylvania.

Il colonnello John Gordon Pot Sr. Snurf Kack Tualet sorrise soddisfatto: erano le 11:25 e la sua squadra era già al completo nella sala riunioni X3.

Quasi al completo in effetti… – ricordò il direttore. Il piccolo Timmy infatti non era presente ma la madre gli aveva fatto avere la giustificazione: apparentemente quella birba di ragazzino aveva preso un virus, una malattia tipica dei bambini chiamata “bocca-lingua-culo” o roba del genere.

Proprio ora che le indagini si fanno più impegnative e avrei avuto bisogno di lui… speriamo almeno che non mi abbia contagiato la squadra… soprattutto padre Rucola che me lo teneva sempre d’occhio…

Anche il “ribelle”, il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein era al suo posto: ovviamente stava perdendo tempo a scribacchiare note sul suo taccuino quando invece il piano, “Fermare questo maniaco”, era già chiaro: ma la puntualità era comunque un passo nella giusta direzione. Gli altri membri della squadra osservavano attentamente la Dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter.

Sempre intenta a controllare i propri appunti… – approvò il direttore Kack.

Anche l’Ingegnere per una volta era sveglio: il colonnello era stato avvertito che l’uomo aveva forti appoggi politici e quindi lo tollerava ignorandolo e lasciandolo dormire.

Almeno non disturba – pensò.

Finalmente, alle 11:29, il colonnello annuì e prese la parola «Bene, visto che ci siamo già tutti possiamo iniziare. Dottoressa von Krausslofter: smetta di ripassare; so che ha novità importanti, vero?»

La dottoressa, che aveva improvvisato uno spettacolo di pole dance nel vano tentativo di attirare l’attenzione dell’aitante quanto geniale capitano Mac Burgerein, si staccò immediatamente dal palo di sostegno intorno al quale aveva roteato fino a pochi attimi prima, si risistemò la gonna che le era risalita oltre mezza coscia, si riallacciò la camicetta trasparente di seta che lasciava intravedere i piccoli capezzoli rosei, mise via le banconote che l’informatico Vermont Chicken e l’agente Black le avevano infilato nelle mutandine, si annusò le ascelle sudate per controllare che il deodorante reggesse, si dette una sistemata al trucco, si sciolse la lunga coda di cavallo e risistemò rapidamente i capelli biondi in due più militaresche trecce ai lati della testa e, infine, indossò i suoi occhiali fucsia dalle lenti a forma di cuore.

«Dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter non è che ogni volta che la chiamo possa aspettare dieci secondi mentre lei finisce di fare le sue cose femminili!» – la riprese il colonnello.

«È vero direttore Snurf Kack Tualet, ma mancava ancora un minuto all’inizio della riunione e io stavo… beh, lo sa… controllando i miei appunti…» – si giustificò la von Krausslofter.

«D’accordo, d’accordo… ha sempre la scusa pronta lei, eh? Ora però non perda tempo come al solito: ci aggiorni sulla situazione, chop chop!»

«Volentieri direttore e grazie per non…»

«Ah proposito: qualcuno vuole un caffè?» – chiese il colonnello rivolgendosi agli astanti: la proposta ricevette un consenso quasi unanime con le soli eccezioni dell’Ingegnere, che temeva di non dormire, e del capitano Mac Burgerein.

Quelli che fanno gli asceti sono i peggiori… – pensò il colonnello e poi, rivolgendosi direttamente a Mac Burgerein, gli disse a voce bassa senza che gli altri potessero sentirlo «Lo so che lei si crede superiori a noi tutti ma sa cosa? si sbaglia…»

«Bene, quindi se non erro servono dieci caffè…» – disse poi il colonnello Kack ben felice di poter impressionare i propri uomini sfoggiando la sua inconsueta abilità matematica.

Tutti gli sguardi tornarono quindi ad appuntarsi sulla Dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter.

«Dottoressa, che aspetta?» – la esortò il colonnello.

«Posso cominciare allora?»

«Non “può”: “deve”…» – chiarì serio il direttore Snurf Kack Tualet.

«Allora, come…»

«Dottoressa! I caffè!» – le urlò seccato il colonnello.

«Ma… ma, io? Cioè, devo riepilogare cosa è successo… non fare i caffè, no?» – balbettò la dottoressa.

«Ma… ma… ma… ma!» – le fece simpaticamente il verso il colonnello Snurf Kack suscitando l’ilarità generale «Certo che li deve fare lei: vede altre donne qui con noi?»

«Ma… e la presentazione allora?» – farfugliò Lily Ruth tutta rossa per l’imbarazzo.

«La presentazione la farà appena avrà preparato e servito i caffè: per questo le ripeto di darsi una mossa! Possibile che con lei tutte le volte, con le sue donnesche esitazioni, si perda un’infinità di tempo prima di poter cominciare a lavorare?!»

«Se mi è consentito colonnello, le sue parole potrebbero essere fraintese come leggermente sessiste…» – intervenne con pacatezza, ma anche con estrema serietà, il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein.

Alle parole del bello e geniale capitano gli occhi azzurri e dolci della dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter scintillarono di gioia e un repentino sorriso le illuminò il volto. Ella volle far capire a Carl Patt il proprio apprezzamento per le sue coraggiose parole approfittando del fatto che tutti, tranne lui, si erano ora voltati ad aspettare la replica del colonnello. Così strinse la mano sinistra a pugno e, con virginale castigatezza, prima la leccò tutta, sempre ben attenta e mantenere il contatto visivo con gli occhi indecifrabili del capitano, e dopo se la infilò in bocca arrivando a ingoiarla fino all’inizio dell’avambraccio; contemporaneamente spinse il proprio bacino in avanti, evidenziando la protuberanza del pube, e con la destra, pudicamente lo massaggiò da sopra la gonna.

«Sessista? Io? Ma come? E perché? Le sue parole capitano prima di offendermi mi feriscono: io ho il massimo rispetto per le donne. Tutte le donne: anche per quelle brutte e intrombabili. Ma lei dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter non si sarà mica offesa? E per cosa poi? Per questa sciocchezza dei caffè forse?» – chiese il direttore.

Senza farsene accorgere la dottoressa sputò rapidamente la mano sinistra insieme a metà colazione e gli rispose «Beh, un pochino…»

«Ma santa donna! Solo le femmine tossiche si irriterebbero per le mie parole! Proprio lei che grazie alle sue overdosi di estrogeni dovrebbe avere la famosa sensibilità femminile! Non ha capito che il mio era un complimento? Non si rende conto che questi suoi colleghi non la sanno nemmeno accendere la macchinetta del caffè? Se chiedevo all’Ingegnere o ci rimaneva fulminato oppure saremmo stati tutti avvelenati! Il nostro nanaccio assassino neppure ci arriva al tavolo della macchinetta e chi si fiderebbe dell’igiene del nostro Louis Chicken… senza offesa…» – disse il colonnello rivolgendosi direttamente all’informatico della squadra, quasi cieco a forza di controllare Internet alla ricerca di video porno illegali e con le mani ricoperte da una peluria fittissima: l’uomo sentendosi chiamare in causa, smise di fissare la dottoressa e si riallacciò rapidamente i pantaloni.

Ma il direttore non vi fece caso e proseguì «E allora chi salverebbe le donne, proprio le donne dico, della nostra grande nazione, Dio protegga l’America, da quell’abominio verde che insozza la purezza delle nostre fanciulle? Lei per caso? Una semplice e ingenua donnina bionda

La dialettica del colonnello Kack Tualet era stata estremamente efficace e tutti annuirono convinti: anche il capitano Mac Burgerein non riuscì a trovare argomenti per ribattere e, per una volta, abbassò gli occhi sconfitto.

La dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter resasi conto di aver nuovamente ecceduto in vaginale superbia corse via verso il cucinotto per preparare i caffè prima di rischiare di venir sopraffatta dalle lacrime di fronte ai propri più virilmente equilibrati colleghi.

«Aspetti!» – la richiamò il colonnello.

«Sì?» – rispose lei titubante.

«Il mio caffè senza zucchero e lo faccia per ultimo perché mi piace bello caldo, mi raccomando!»

E la von Krausslofter riuscì solo ad annuire prima di allontanarsi rapidamente, questa volta sopraffatta dalle lacrime e senza più riuscire a trattenere i singhiozzi.

«Queste donne: ma non dovrebbero avere le loro cose soltanto una volta al mese?» – commentò il colonnello con tono complice rivolgendosi al resto degli uomini. Tutti ridacchiarono annuendo e ripetendo i soliti banali lazzi sulle donne adatti a ogni occasione. Solo il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein nascose il suo sguardo accigliato fingendo di ricontrollare per la centesima volta i propri appunti.

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6. Posiscion l’oched nambertù

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

6. Posiscion l’oched nambertù

Con mira infallibile Cavolina colpì il mostro esattamente alla bocca dello stomaco: ma sfortunatamente la fisiologia della malvagia creatura fungoide non era umana. Invece di vomitare violentemente tutti i propri organi interni, dalla bocca di Strabuccinator uscì solamente una nube di spore gialle che avvolse la ragazza paralizzandola all’istante e facendola cadere sulla schiena accanto alla vile creatura.

Mostrando una sorprendente capacità di recupero Strabuccinator T-799+ si risollevò faticosamente sulle ginocchia mentre la povera Cavolina, non riuscendo quasi più a respirare, stava diventando paonazza. Compresa la situazione la creatura non perse tempo: rapido si accoccolò sopra la faccia di lei e, contraendo i suoi possenti muscolini addominali, emise un potente peto semiliquido direttamente nella sua boccuccia che automaticamente inghiottì tutto.

L’effetto fu pressoché istantaneo: il corpo di Cavolina ebbe un violento spasmo per poi rilassarsi rimanendo sempre col volto bloccato sotto le natiche di lui. Subito dopo però riprese a respirare liberamente la virile aria filtrata dalle chiappette secche e sudice di Strabuccinator.

Quando la creatura si rese conto che il respiro della ragazza si era completamente normalizzato si alzò a guardarla: mentre le spore gialle paralizzavano, quelle marroni erano il loro contravveleno afrodisiaco.

Cavolina guardava a sua volta Strabuccinator ma adesso i suoi occhi blu non erano più feroci e aggressivi ma languidi e sognanti «Eroica creatura dal cuore d’oro, nonostante la mia malvagità, nonostante io ti abbia ripetutamente e crudelmente ferito, tu non hai esitato a salvarmi la vita! Tu sei la creatura più buona che esista e, soprattutto, la più bella e virile!» – esclamò con passione Cavolina.

«NA! Baiv efulver schion…» – le rispose modestamente Strabuccinator senza riuscire a nascondere un mezzo sorriso per i complimenti della ragazza.

«Ah! Sì, ti prego! Dimmi ancora le cosacce zozze in francese!» – lo supplicò Cavolina che nel frattempo era umilmente strisciata ai piedi di lui e aveva iniziato a leccargli lascivamente una gambina ossuta, risalendo piano piano verso l’alto.

«Strabuccinator T-799+… NA! Baiv efulver schion… » – l’accontentò lui.

«Sì, anch’io ti amo tanto quanto non pensavo fosse possibile: più di tutti gli uomini che io abbia mai amato, più dello stesso Pisellino, più di Selvaggia I, II, III e IV e quasi quanto un anello prezioso da almeno 500 dollarianello che però, almeno tecnicamente, non è un uomo né un’oca! Ti prego dammi un figlio, ora, adesso, subito! Prendimi qui sul pavimento che ti voglio sentire bene!» – spiegò Cavolina che nel frattempo si era alzata sulle ginocchia e si avvinghiava strettamente con le braccia alle natiche di Strabuccinator. I seni dai capezzoli turgidi erano schiacciati sulle zampette da pollo di lui mentre con gli occhi chiusi strofinava il bel volto infiammato dall’eccitazione sotto il suo pesante membro: l’inumana verga, adesso completamente eretta, rimbalzava piacevolmente ora sul suo nasino ora sul mento, poi le sfiorava uno zigomo e si riposava sulla fronte per, infine, guizzare di nuovo in alto sospinta dai baci umidi delle sue labbra calde…

«NA! Baiv efulver schion… » – disse lui con voce roca.

Si chinò per afferrarla ma sbagliò mira e cadde in avanti sul pavimento.

«Amore! Che ti succede?! Mica starai male vero? Prima devi fecondarmi fino alle orecchie! Mi devi far annegare le ovaie nel tuo seme fungoso e puzzolente!» – esclamò Cavolina premurosa ma anche preoccupata.

«NA! Baiv efulver schion!» – la tranquillizzò prontamente Strabuccinator T-799, irritato ma non ferito, mentre si rimetteva in piedi «Strabuccinator T-799+» – aggiunse con voce suadente e ammiccando sensualmente.

Poi i due si diressero verso il lettone di lei: Cavolina corse in avanti gettandovisi sopra supina poi, ridendo maliziosamente con gli occhi blu che scintillavano di lussuria, iniziò ad aprire e chiudere lentamente le gambe.

Lo sguardo attento della creatura mascolina fu attratto come un magnete dalla vulva rosata che appena appariva da sotto la folta pelliccia di lei e subito dopo, birichina, si nascondeva timida al riparo delle sue cosce toniche e forti.

Strabuccinator cercò quindi di gettarsi sulla ragazza che lo attendeva ma scivolò sul tappetino di Selvaggia e andò a incastrarsi col membro sulla pediera di ferro battuto in fondo al letto: l’incidente fu molto doloroso per Strabuccinator ma fortunatamente Cavolina lo trovò molto erotico e pensò che si trattasse di un giochino sadomaso, più maso che sado.

Intanto l’oca Selvaggia dalla sua comoda nella sua postazione di guardia in cima all’armadio stava cercando di decidere se fosse o meno il caso di volare in soccorso della sua padrona: ma dal suo comportamento intuiva che, come quando giocava con Pisellino, adesso non voleva essere aiutata e neppure dopo anche se avesse iniziato a dimenarsi e a gemere; inoltre i brandelli di pelle che aveva inavvertitamente ingerito durante il precedente attacco erano psicoattivi e allucinogeni e adesso stavano iniziando ad avere effetto: a Selvaggia girava la testolina e aveva strane e vivide allucinazioni. Alla fine stabilì quindi di lasciar perdere e di limitarsi solo a guardare a meno che la sua padrona non avesse richiesto esplicitamente il suo aiuto. Ovviamente Selvaggia pensò tutto quanto con pensieri ocheschi: uova, piume, zampe etc. ma il risultato della sua riflessione fu quanto qui descritto.

***

Finalmente la creaturina verde vomito arrivò a piazzarsi in ginocchio fra le gambe della ragazza che lo guardava voglioso.

«Prendimi! Prendimi! Dammi un figlio!! Sono pronta, non ce la faccio più ad aspettare: voglio essere pistonata dal tuo nerboruto membro come un water da uno scovolino che cerca di eliminare delle incrostazioni marroni scuro, ormai seccate, che non vogliono andare più via!» – gridò Cavolina vogliosa in un impeto di poetico erotismo.

Il pomo gonfio di piacere di lui arrivò quindi a pochi millimetri dal nido bagnato di desiderio di Cavolina che osservava impaziente mordendosi le labbra.

«Posiscion l’oched nambertù» – disse con voce robotica Strabuccinator e, contemporaneamente, con movimenti precisi ma alquanto meccanici, afferrò Cavolina per i fianchi e la stese bocconi.

«NA! Baiv efulver schion!» – smoccolò Strabuccinator molto seccato.

«Ah? Mi vuoi prendere alla pecorina? Dai facciamolo… beee! beeee!» – belò Cavolina mettendosi a quattro zampe e sfregando le morbide terga sulla mascolinità e il ventre gonfio di muscoloso grasso di lui.

Strabuccinator non se lo fece ripetere due volte con la sinistra afferrò il fianco di lei mentre con la destra guidò il suo bastone nodoso verso il bersaglio.

«Posiscion l’oched nambertù» – ripeté però freddamente proprio un attimo prima di far attraccare la portaerei in porto. Poi, di nuovo con movimenti rigidi ma sicuri, afferrò Cavolina per i polpacci e la tirò indietro facendola ricadere bocconi sul letto sotto di .

«NA! Baiv efulver schion!» – disse Strabuccinator sottolineando il tutto con un sospiro.

«Ehi! Lo vuoi mettere lì dietro?! Cioè, va bene, ma prima mi dovresti preparare un pochino: quando uso quel buchino per non fare sesso con Pisellino… e tu sei molto più grosso… lui mi mette una pomata e poi lui si dààà! Aaaahhhiiiiihhhhaaaaahhhhh!!!» – concluse con urlo a pieni polmoni: la vile creatura fungoide infatti, tutta presa dai suoi zozzi pensieri, non l’aveva ascoltata. Invece aveva centrato il vertice bollente del tronco del piacere all’entrata della piccola apertura, aveva puntato i piedi sulla pediera mentre con le braccia si appoggiava alle spalle della ragazza schiacciandola sotto di sé. Poi si era irrigidito concentrando tutto il proprio peso sul suo tronco mascolino: per un attimo l’anello elastico era sembrato riuscire a sostenerlo ma poi aveva improvvisamente ceduto e Stabuccinator era affondato con un grugnito di soddisfazione fino in fondo.

Cavolina aveva momentaneamente terminato di gridare il proprio disappunto: con gli occhi fuori dalle orbite e con le dita che artigliavano il materasso stava ispirando per ripetere nuovamente lo stesso concetto con un nuovo urlo quando sentì un piacevole liquido fresco diffondersi nell’intestino e poi scendere e spargersi per tutte le regioni dolorosamente infuocate fino all’anello anale praticamente incandescente: appena la sensazione di piacevole frescura raggiungeva le parti dolenti immediatamente il bruciore spariva lasciando appena un lieve eco come di una pulsazione sorda.

«Oh! Che mi hai fatto Strabuccinator!? Mi hai rotta tutta! È stato un dolore terribile ma adesso è già svanito!» – disse Cavolina meravigliata.

«NA! Baiv efulver schion?» – gli chiese un tardivamente premuroso Strabuccinator.

«Si certo! Vai pure amore: sfogati forte, sono tutta tua! E… aspetta! anch’io avevo studiato un po’ di francese, fammi ricordare… ah! Sì! Senti: “Je suis la tu troiette!”. Ora cavalcami veloce, impetuoso come un fiume, vieni per me: combatteremo insieme!» – lo incitò Cavolina.

Strabuccinator, che ormai sentiva la diga che tratteneva la propria passione prossima al crollo, prese subito un ritmo rapido, ampio e potente. Al terzo affondo, dalla punta del virile membro fungoide scattò una specie di ago che bucò il sottile tessuto che separava il retto dalla vagina.

«Ahi! Mi hai bucata! E ora mi sembra di sentire crescere qualcosa che mi risale dentro! Ma ti prego riprendi a galoppare: è troppo bello!»

Strabuccinator riprese la gloriosa corsa e, quando il momento del supremo piacere arrivò, emise un poderoso nitrito di piacere, in parte equino e in parte funghino.

«Aahegaaoooo!!» –gridò a sua volta Cavolina col volto deformato dal piacere: gli occhi incrociati fra loro, la bocca spalancata e la lingua fuori dalla bocca inarcata verso il basso, quasi a toccare il mento, da cui colava un filo di saliva.

Per diversi secondi la ragazza fu squassata da violente contrazioni involontarie che quasi disarcionarono Strabuccinator che se ne stava abbandonato sopra di lei perso nel suo calore, diffuso sotto la pelle come una stagione dorata, apprezzando l’eco dell’inquieto pulsare del suo verace canale e assaporando l’odore profondo del suo corpo morbido.

Solo dopo qualche minuto Cavolina riacquistò l’uso della parola «Wow! Non so come tu abbia fatto ma ho appena avuto l’orgasmo più potente di sempre! E poi, non so come, ma mi è parso di sentire l’utero che si riempiva di “te”: ma probabilmente è la mia immaginazione… Ma che fai? Te ne vai già?»

Strabuccinator infatti si era sfilato da lei e, dopo essersi pulito il membro coperto dalle femminee feci sanguinolenti sul cuscino di lei, se ne stava già andando via, con totale disinteresse per la ragazza mentre ella, tuttora bocconi dove l’aveva posseduta, lo guardava con occhi colmi d’amore.

«Almeno dimmi che mi ami anche tu!» – l’implorò lei.

«Strabuccinator T-799+» – disse la creatura sbattendo la porta alle proprie spalle e poi, mentre scendeva le scale si sentì appena un «atos eiv…»

«Anch’io ti amo tanto!!» – gli rispose Cavolina con la voce rotta dall’emozione.

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5. Strabuccinator T-799+

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

5. Strabuccinator T-799+

La porta venne spalancata con violenza e un forzuto omino tutto nudo, con la pelle di un lurido color verde vomito, entrò nella camera di Cavolina: gli occhi emettevano dei malvagi bagliori rossastri mentre le braccine e le gambine secche non riuscivano a nascondere la potenza esplosiva del piccolo torso irsuto. Ma lo sguardo della ragazza notò poco o nulla di tutto questo e si concentrò invece sul gigantesco membro di lui: una mazza potente che oscillava pesante e lenta e il cui cieco occhio ciclopico sembrava già mirare all’invitante ventre di lei. Sotto la verga l’ampia sacca dello scroto, ricoperta di fitto pelo belluino, sembrava trattenere a stento due testicoli grossi come uova di tacchino. Fili di liquido schifoso e denso colavano viscidi sia dal ghigno malvagio della creatura che dalla punta del suo eccitato cannone.

«Ma allora tu non sei Pisellino che giocava a impaurirmi ma davvero un lurido maniaco sessuale!» – gridò Cavolina improvvisamente furiosa mentre balzava in piedi sul letto.

Contemporaneamente la creatura si lanciò in avanti con le braccia protese verso l’agognata femmina e, per la prima volta, le rivolse la parola: «Strabu…»

Ma con inaspettata goffaggine inciampò nel tappetto e cascò dritto in avanti con un pesante tonfo «auch!… cinator T-799+» – concluse da terra.

Sfortunatamente la zozza creatura, apparentemente invulnerabile, si rialzò immediatamente proprio mentre Cavolina gli chiedeva di ripetere «Che? “Strabau” cosa?»

«Strabuccinator T-799+» – ribadì lui.

Ormai Strabuccinator era giunto a ridosso del letto e si gettò in avanti pensando di afferrare la sua facile preda ai fianchi: Cavolina però lo schivo con agilità e, spostandosi di lato, lo colpi con una violento calcio mentre lui era ancora a mezz’aria deviandone così la traiettoria e facendolo sbattere violentemente contro il comodino a lato del letto.

«Ah! Porco! Mi hai lascivamente toccato un piede e ora ti ecciti a leccare il mio comodino e a sputarci sangue sopra!»

Strabuccinator si rialzò, nonostante il sangue verdastro che colava abbondante dal labbro rotto, e si volse di nuovo verso la ragazza solo per subire una combinazione di destro e sinistro al volto e un calcio ben assestato che lo fece barcollare all’indietro, sbattere contro una credenza, e rimbalzare di nuovo in avanti.

«Uhm… vedo che sai incassare…» – disse Cavolina con un accenno di lieve ammirazione «Ma ti farò rimpiangere di esserti finto Pisellino o un opossum fattone! Prima però devo liberarmi di questi pesanti abiti che impacciano i miei movimenti…»

Detto questo Cavolina con gesti rapidi si sganciò con la mano sinistra il reggiseno mentre, contemporaneamente, con la destra si strappò via le mutandine.

Momentaneamente la creatura, distratta dalla visione del seno sodo e dal boschetto castano chiaro di lei, esitò e non riuscì ad approfittare dell’occasione propizia limitandosi a esclamare invece «NA! Baiv efulver schion!».

«Ah! Credi che solo perché vivo in campagna non capisca che mi stai dicendo zozzerie in francese? Vergognati brutto maniaco verde!» – gli rispose l’oltraggiata Cavolina.

«Strabuccinator T-799+?» – si chiese perplessa la creatura ma poi, dopo aver sbuffato rumorosamente, ancora una volta barcollò con goffaggine verso Cavolina che però era già pronta ad aspettarlo. Di nuovo lo schivò agevolmente e anzi lo colpì ripetutamente con una scarica di pugni.

«Stupida creatura che sembri portare il nome di un aspirapolvere: sei troppo impacciato e lento per riuscire anche solo a sfiorarmi!»

I due si studiavano muovendosi in tondo senza toccarsi e, in parole povere, sembravano invasi dallo stesso delirio che agita gli amanti acri d’odio carnale sul letto sfatto, quando il desiderio e la distruzione, la voluttà e lo strazio sono una sola febbre.

Quindi, stufo di attendere, toccata duro nell’orgoglio e sulla faccia, l’orribile creatura verdastra chiamata Strabuccinator T799+ raccolse le forze per un nuovo assalto. Stavolta però, invece di caricare la ragazza a testa bassa, finse di slanciarsi in una direzione ma poi, all’ultimo momento, la cambiò: Cavolina, troppo sicura di sé, rimase sorpresa e Strabuccinator, più per fortuna che abilità, riuscì ad afferrarla per le braccia e a bloccargliele con la sua forza prodigiosa. «Strabuccinator T-799+!» – esclamò soddisfatto trascinandola con l’inerzia del proprio peso sul letto sotto di loro. I viscidi occhi dai bagliori rossastri di lui scintillarono particolarmente maligni mentre osservavano il corpo di lei, tonico e abbronzato, che si dibatteva impotente bloccato dalle tenaglie di carne fungosa che erano le sue magre braccine verdi: per la soddisfazione il cannone maschio di lui ebbe un violento sussulto di piacere e sparò un singolo getto di seme denso e giallastro, sfuggito alle gonadi sovraccariche, che colpì Cavolina fra il labbro e il nasino.

«Che puzzo! Che schifo! Uhae! È disgustoso… sa di uova marce!» – disse lei sputacchiando.

Ma proprio quando la situazione sembrava volgere al peggio per la povera Cavolina ecco che la fida Selvaggia, che fino a quel momento era rimasta nascosta, con un miagolio ochesco si lanciò addosso a Strabuccinator piombandogli sulle spalle e iniziando a beccarlo furiosamente sulla testa tanto da strappargli capelli insieme a lembi di malsana pelle.

«NA! Baiv efulver schion!» – urlò per il dolore Strabuccinator che, sorpreso dall’attacco inaspettato, allentò appena la presa su Cavolina. Ciò fu però sufficiente alla ragazza per liberarsi e, con una ginocchiata al basso ventre di lui, fare una frittata delle sue uova testicolari: l’orrida creatura barcollò indietro piegata in due mentre il sangue colava copioso dalle ferite provocategli dall’oca Selvaggia.

«Adesso sono proprio arrabbiata!» – gli gridò contro Cavolina «Non volevo arrivare a questo perché, tutto sommato, mi ricordi un po’ Pisellino: ma quando è troppo è troppo!»

Così Cavolina dritta in piedi, chiuse gli occhi concentrandosi intensamente, si portò l’indice della mano sinistra su naso e fronte mentre con il braccio destro descrisse un semicerchio nell’aria «Ignobile creatura verde, sottospecie di Hulk rachitico, preparati a subire il colpo della puledra in calore della Sacra Scuola di Oculo!» – gli disse riaprendo i fieri occhi blu che adesso sembravano lampeggiare di energia a malapena repressa. Anche Selvaggia aveva capito che la faccenda si stava facendo seria e quindi svolazzò via, a distanza di sicurezza, appollaiandosi in cima all’armadio dall’altro lato della camera.

Poi Cavolina si girò mostrando le sode terga a Strabuccinator: si piegò a 90°, sostenendo il peso di busto e testa con le braccia appoggiate a contrasto sulle gambe che, contemporaneamente, aveva divaricato per mantenere un precario equilibrio.

Strabuccinator, che si stava lentamente riprendendo, rimase come ipnotizzato prima dai movimenti mistici della ragazza e soprattutto dopo osservando il culetto tondo di lei che adesso oscillava ritmicamente evidenziando la timida e invitante fessura proprio sotto di esso: lì la grotta del piacere occhieggiava facendo capolino dalla folta peluria: per un attimo la mostrava ammiccante ma il successivo la nascondeva pudica.

Ormai incapace di pensare lucidamente la malvagia creatura si lanciò verso la ragazza correndo al rallentatore cosicché si potevano vedere chiaramente le gambine secche che, come molle, lo sospingevano in avanti mentre con la mano sinistra manteneva il suo pesante tronco nodoso, ora nuovamente eretto, alla giusta angolazione.

Cavolina si accorse immediatamente della manovra di Strabuccinator e anche lei, non volendo essere da meno, iniziò a muoversi al rallentatore: intanto, dall’alto della sua posizione in cima all’armadio, l’oca Selvaggia IV ebbe tutto il tempo per preparasi a gustarsi la scena trangugiando pop corn e sorseggiando una bibita ghiacciata mentre Strabuccinator si avvicinava in super slow motion alla sua padroncina.

Quando Strabuccinator giunse con le braccia protese a pochi centimetri dai tonici fianchi di lei ecco che Cavolina, sempre al rallentatore, roteò in avanti su se stessa e con il piede destro lo colpì con inaudita violenza proprio sotto il mento facendolo volare all’indietro nell’aria fino alla parete opposta.

Vedendosi ormai messo a mal partito Strabuccinator cercò barcollando di raggiungere la porta per fuggire via ma Cavolina la pensava diversamente e si gettò all’inseguimento. Letteralmente infatti si tuffò per bloccare la creatura in fuga e riuscì ad afferrarlo per il pene ora afflosciato che, come una lunga coda, scodinzolava indietro sbucando fra le gambette di lui. Quindi sempre stringendolo per la virile appendice, ora elastica e flessibile, lo trascinò indietro tenendolo sollevato da terra in maniera che che le sue gambette non potessero toccare il pavimento mentre gli artigli delle mani cercavano di fare inutilmente presa sul pavimento di legno.

Arrivata al centro della stanza Cavolina usò un classico lancio di judo al pene che fece roteare Strabuccinator sopra la propria schiena per poi schiantarlo sul pavimento: non contenta, sempre tenendolo fermamente per il pene, ripeté più volte la stessa mossa sbatacchiando la mostruosa creatura da una parte all’altra.

Dopo un po’ però esclamò indignata e schifata «Ah! Porco! Ti approfitti delle mie mosse per masturbarti sulle mie mani!». La verga di Strabuccinator infatti, così piacevolmente sollecitata dalle manine forti e morbide della ragazza, si era prontamente risvegliata trasformandosi da morbido serpentello elastico in un possente e rigido pitone.

Ma Cavolina vinse la sua pudica e istintiva repulsione e continuò a stringere la bestia che ora pulsava calda fra le sue mani: si guardò intorno e, in un attimo, capì cosa fare. Trascinò Strabuccinator ai piedi del letto, lì finalmente lo lasciò stordito a terra mentre con un balzo felino salì sulla pediera immediatamente sopra la creatura «E ora, mostro, il colpo di grazia: subisci la mossa del gomito del vomito della Sacra Scuola di Oculo!» – gridò Cavolina spiccando un tuffo col gomito in avanti mirato al plesso solare di Strabuccinator mentre Selvaggia, sempre in cima all’armadio, già applaudiva sbattendo le ali insieme per l’eccitazione.

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4. Nella vecchia fattoria ahi! ahi! ohi!

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

4. Nella vecchia fattoria ahi! ahi! ohi!

20/8/20XX ore 22:41 – Fattoria Fushan, contea di Warrens, Wisconsin

Cavolina era già a letto: indossava una vestaglia da notte rossa di pizzo tutta trasparente. Sotto di essa portava mutandine e reggiseno a loro volta color porpora. Faceva caldo nonostante la finestra aperta: solo le cicale frinivano senza sosta nei campi intorno alla fattoria; Cavolina invece, nonostante avesse appena fatto una doccia rinfrescante, stava nuovamente iniziando a patire il caldo mentre appoggiata al capezzale del letto, col cuscino dietro la schiena, tutta compresa si dava lo smalto, rosso ovviamente, sulle unghie dei piedini.

La fedele oca Selvaggia IV era andate a fare i suoi bisogni nella lettiera in un angolo della camera e, dopo aver raspato per diversi secondi la sabbia sulle feci, dette al mucchietto risultante una rapida sniffata col becco per poi dirigersi verso il letto. Senza aspettare il permesso della padrona, vi saltò sopra e iniziò a fare le fusa. Cavolina le lanciò uno sguardo severo con i suoi grandi occhi blu «Bada Selvaggia: rimani sulla copertina in fondo al letto e cerca di non vomitare come ieri sera: non dovresti mangiare i topini che catturi se poi non li digerisci!» – ma l’accenno di sorriso disegnato sulle labbra perfette lasciava trasparire tutto il suo affetto verso la fedele amica pennuta.

Chissà che buon arrosto verrà fuori… – pensò infatti.

Selvaggia socchiuse gli occhi guardando la padrona con lussurioso amore ochino ma le obbedì: si mise ad artigliare ritmicamente la coperta con le zampine palmate, fece tre giri su se stessa e si acciambellò in fondo al letto sempre continuando a fissare la sua padroncina con gli occhi ora socchiusi.

La serata era però particolarmente afosa e la ragazza iniziava a trovare il caldo insopportabile: si sarebbe volentieri liberata della sua biancheria intima, oltretutto il reggiseno troppo piccolo le strizzava fastidiosamente il candido seno.

Ma a Pisellino piace così tanto strapparmela a morsi prima di leccare le mie parti più accaldate per gustare il sudore salino e gli altri miei afrori più intimi…pensò Cavolina sospirando.

Ho propria voglia di rotolarmi nel letto avvinghiata a Pisellino… ovviamente niente di sessuale si intende! Pisellino è per me solo il mio fratellino preferito e nulla più! se ha problemi a dormire non c’è niente di male a distrarlo come posso: del resto se non c’è penetrazione vaginale non si può certo chiamare sesso… uff! Se solo la gente del paese non fosse così bigotta… – pensò ricordandosi degli sguardi corrucciati degli abitanti del vicino paese quando, la domenica precedente durante la messa, Pisellino gli aveva innocentemente sistemato il reggiseno aggiustandole la posizione del seno al suo interno.

Cavolina sbuffò scuotendo la testa e iniziò ad accomodarsi le mutandine per cercare di capire quale fosse la posizione ideale per mostrare la giusta quantità di soffice peluria biondo scuro che più piaceva a Pisellino.

Poi, per tentare di attenuare la sensazione di caldo, decise che poteva almeno togliersi la vestaglia la quale, per quanto leggera, le sembrava pesare soffocante sulla sua pelle bollente – la metterò qui sopra l’abat-jour… ecco, proprio così: questa luce rossa soffusa dovrebbe aiutare Pisellino a trovare il giusto umore per dormire…

Proprio in quel mentre sentì la porta al piano di sotto aprirsi rumorosamente – strano… di solito Pisellino è molto silenzioso perché si diverte a sorprendermi all’improvviso per impaurirmi

Anche Selvaggia aveva notato il suono sospetto e, pur rimanendo accoccolata su se stessa, aveva alzato il lungo collo e guardava ora la porta ora la padrona.

«Pisellino sei tu?!» – chiese Cavolina con voce stentorea.

Ma dal piano di sotto non giunse nessuna risposta ma si udì un chiaro scricchiolio.

Quello è il gradino con la crepa da riparare! – pensò Cavolina lasciandosi sfuggire un sospiro.

«Ti prego, sei tu Pisellino o magari sei solo un innocuo opossum che si è perso e non ritrova la via di casa?»

Cavolina smise di respirare sforzando le orecchie nel tentativo di percepire anche il minimo suono; anche Selvaggia, compresa la tensione, si alzò sulle zampe pronta a scattare. Improvvisamente si udì il fracasso di qualcosa che va in frantumi.

Il vaso delle ceneri della nonna sul pianerottolo! intuì Cavolina sussultando.

«Pisellino, ti prego, così mi fai paura: se sei tu dimmelo!» – esclamò lei «Oppure, se sei un goffo opossum cocainomane entrato in casa in cerca di roba per sballarti, vattene via e non sniffarti la mia nonnina!»

Ma di nuovo né Pisellino né l’eventuale opossum tossicodipendente risposero ai disperati appelli della giovane ragazza.

Selvaggia guardò la sua padroncina e vedendone il terrore negli occhi saltò giù dal letto nascondendosi sotto di esso.

Nel frattempo arrivò il rumore leggero, ma chiaramente distinguibile, di passi sul tappeto davanti alla porta della camera.

Con un filo di voce, tutta rannicchiata su se stessa, Cavolina chiese supplichevole C’è qualcuno dietro quella porta? Sono solo una debole biondina minuta, ma ben proporzionata, che ora è indifesa, morbida e semi nuda: se tu sei Pisellino ora è il momento di smettere di scherzare perché la burla non è più divertente! Se invece sei l’opossum tossico che si è perso e cerca di tornare a casa sappi che la mia piccola e umida tana non è quella che cerchi: vattene via quindi e prenditi pure i contanti giù nel vaso dei biscotti sulla credenza ma, ti prego, non farmi del male!»

Anche stavolta nessuno rispose ma Cavolina udì chiaramente il roco respiro porco del tipico maniaco stupratore psicopatico che si masturba un attimino prima di aggredire la propria vittima designata.

Cavolina capendo che la sua situazione si era ormai fatta disperata si preparò come meglio potette: si sdraiò sul letto sistemandosi bene il cuscino sotto la testa, poi divaricò le proprie gambe affusolate sollevando le ginocchia in alto e si aggrappò con le braccia alla testata di ferro battuto dicendo «Vieni avanti allora bruto ma sappi che non mi avrai facilmente e che mi batterò con tutte le mie forze per non essere violata

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3. Il piano inclinato ma non incrinato

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3. Il piano inclinato ma non incrinato

Appena la dottoressa tornò a sedersi al proprio posto fu il turno del colonnello di prendere la parola alzandosi in piedi. Si appoggiò con entrambe le mani al tavolo e, squadrando severamente le facce che lo guardavano con gli occhi sgranati, disse «Signori qui ci vuole un piano: e il piano è “Fermare questo maniaco, creatura, vagone del treno o qualunque cosa esso sia”. Avete capito? “Fermare questo maniaco”, punto. Ci sono domande o commenti?»

Subito il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein ne approfittò per prendere la parola «Credo che dovremmo procedere su più fronti: verificando comunque tutti i conoscenti potenzialmente sospetti delle sorelle Lloyed McMundsen Packman; questo senza tralasciare però…»

«Allora non ha capito niente!» – urlò minaccioso il colonnello «Dobbiamo attenerci al piano, e il piano è chiaro: “Fermare questo maniaco” non fare oziose indagine e ricerche: se ha voglia di perdere tempo a risolvere enigmi si diverta a risolvere cruciverba quando è a casa! Qui si lavora: come dico io, quando lo dico io e dove lo dico io! Lei capitano non si deve mettere a improvvisare e a fare di testa sua! Non è così che lavora la mia squadra: bisogna attenersi al piano! Ha capito capitano Karl Patt Scott Jr. Mac Burgerein o vuole che le faccia vedere i miei controcoglioni mettendoli qui sul tavolo?!»

«Veramente mi chiamo Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein…»

«Lei si può chiamare come vuole: se fosse un ascensore o un taxi potrebbe farlo con un dito o magari si potrebbe chiamare con un cellulare: non è questo il punto. Il punto è un piccolo pallino fatto con la biro mentre il piano è un piano perché è liscio, altrimenti non si chiamerebbe così: lei non ci deve aggiungere buche o protuberanze, mi ha capito “Signor So Io Come Mi Chiamo”?!» – chiese il direttore divenuto paonazzo mentre puntava il proprio tozzo indice contro il capitano. Anche gli altri partecipanti alla riunione si scambiarono parole di disappunto per il comportamento impulsivo del capitano Mac Burgerein; solo la dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter lo guardò con occhi colmi di languida ammirazione e, quando lui incrociò il suo sguardo, subito gli dimostrò inconsciamente la propria attrazione animale: prima umettandosi le labbra con la lingua e poi infilandosi in bocca il proprio pollice e succhiandolo lascivamente mentre lo muoveva dentro e fuori. Ma Mac Burgerein era concentrato sul caso e completamente cieco ai romantici quanto sottili segnali della dottoressa.

«Voglio che sia chiaro a tutti» – annunciò solennemente il colonnello «Io sono il direttore di questa squadra e sul piano non transigo. A me la geometria non euclidea fa una pippa! Faremo come dico io: non ammetterò che venga minimamente deformato e, per chi se lo domandasse, non mi chiamo John Gordon Pot Sr. Snurf Kack Tualet per nulla!»

Quando il colonnello Snurf Kack Tualet uscì dalla sala riunioni X3 quasi tutti i membri della squadra lo seguirono immediatamente, accodandosi alle sue spalle, congratulandosi per il suo piano e cercando di carpirne la benevolenza. Ma tre individui erano rimasti all’interno: il capitano Mac Burgerein, che studiava con assorta attenzione i propri appunti, la dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter che lo fissava sorridendogli maliziosamente e, infine, l’ingegnere dai ricci capelli unti e brizzolati che, completamente immobile, era riverso sul tavolo delle riunioni forse morto o, più probabilmente, addormentato.

La Saltenberger Raden von Krausslofter cercò di attirare l’attenzione della sua preda schiarendosi la voce e tossicchiando ma fu tutto inutile. Decise così di essere un po’ più diretta visto che gli uomini di genio, come sicuramente doveva essere il capitano, hanno spesso la testa fra le nuvole: si sedette al contrario sulla sedia, tirandosi su la gonna e mettendo le gambe, fasciate da semplici calze a rete nere con dei fiocchi elastici a metà coscia, a cavalcioni sui braccioli. Quindi iniziò a sculacciarsi con dei sonori {smack} accompagnati da gridolini di perverso piacere mentre fingeva di cavalcarla muovendo il bacino avanti e indietro e facendo oscillare la sedia come fosse uno stallone recalcitrante.

«Dottoressa?» – chiese finalmente il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein.

«Sìi? Mi vuole?» – rispose lei ammiccando languidamente per poi, senza fretta, correggersi «Cioè COSA vuole? Posso fare qualsiasi cosa per lei, lo sa vero?»

La dottoressa Ruth von Krausslofter nel frattempo si era sbottonata la camicetta e si stava torcendo un piccolo capezzolo turgido e adesso fissava intensamente il capitano con i suoi occhioni azzurri e con la bocca morbida appena socchiusa.

«A quanti minuti di distanza sono nati i tre neonati?»

«Ah… ehm… pochi, ma dovrei verificare per risponderle esattamente… magari stasera a casa mia potremmo farlo insieme? …nella vasca idromassaggio per concentrarci meglio?»

«No, non c’è fretta: dubito che sia importante. Mi farà sapere appena può…» – e si rituffò nell’analisi dei suoi appunti aggiungendovi rapidamente nuove annotazioni.

Frustrata e irritata la dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter si levò le mutandine e le tirò con violenza contro il capitano: l’uomo fu colpito a una spalla ritrovandosi con una macchia bagnata sulla camicia inamidata. Le mutandine rimbalzarono invece sul pavimento con uno {splash} schizzando tutto intorno. Il gesto sembrò scuotere Mac Burgerein che si alzò, vide l’indumento intimo a terra, lo raccolse e lo strizzò torcendolo con le vigorose mani callose, pelose e con le unghie sporche proprio come piacciono alle donne. Poi si avvicinò alla dottoressa e, guardandola con occhi maschi, gliele porse dicendole «Queste le devono essere cadute per sbaglio…»

La von Krausslofter, che non voleva ammettere il suo interesse uterino per l’uomo, rispose con noncuranza «Oh… si grazie! Mi devono essere scivolate via durante la presentazione perché hanno l’elastico un po’ allentato… meno male che se ne è accorto lei! La maggior parte dei nostri colleghi le avrebbero usate per masturbarsi prima di rendermele imbrattate del loro caldo e viscido seme, forse con la speranza che me le rimettessi davanti ai loro occhi senza accorgermi di nulla… sono dei tali porcelli… tutti…anche il timido North West, o l’agente Black sempre scuro in volto, o l’Ingegnere quando è sveglio, l’agente Parakulovsky… solo lei capitano mi guarda come una donna che, sebbene bellissima, è prima di tutto una dottoressa e non una collega sulla quale sfogare la propria libidine maschile…»

«Immagino immagino…» – rispose il capitano che però già pensava ad altro.

Anche lui immagina già di volermi sposare! Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, siamo fatti l’uno per l’altra!

Dopo aver riposto i propri appunti nella valigetta, il capitano salutò distrattamente la donna e uscì «ci rivedremo alla prossima riunione allora. Arrivederci!»

Credo di piacergli – pensò la von Krausslofter.

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2. La dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter

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2. La dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter

Finalmente tocca a me! Gli farò vedere cos’è una presentazione!

La dottoressa si tolse gli occhiali e dette un’ultima lenta leccata lasciva al suo lecca lecca prima di riporlo nelle mutandine. Si prese tutto il tempo necessario per piazzarlo bene fra le labbra di sotto in maniera che i colleghi potessero osservare bene il movimento delle sue dita. Poi si alzò in piedi, girò su se stessa per mostrare la propria figura slanciata ed evidenziò il proprio seno, in realtà non particolarmente voluminoso: intrecciò le dita delle mani e si stirò le braccia in alto sopra la testa mentre, contemporaneamente, spingeva il petto in fuori mostrando l’ossatura palese sotto i muscoli smilzi.

I gesti, apparentemente così casuali e spontanei, erano in realtà un suo trucchetto per ottenere la massima attenzione da parte del pubblico maschile.

Perfetto! Tutti mi guardano con il giusto interesse: ho tutti gli occhi puntati su di me: o almeno sul mio seno o sui miei fianchi…

Finalmente soddisfatta la dottoressa Ruth Raden von Krausslofter esordì in un tono molto professionale e distaccato «Il nostro ufficio per la Prevenzione della Corruzione Giovanile è stato contattato pochi giorni fa da un medico della cittadina di Hickory. Un tipico dottore di campagna…»

Il colonnello l’interruppe «Ma Hickory è la cittadina dove si svolge Stranger Things?»

«No, non c’entra un cazzo.» – gli rispose la dottoressa che proseguì «Dicevo, siamo stati contattati dal Dr. Salvatore Beppe Gennaro Jr detto Pippo Corleprotti…»

«Uhm… sembra un nome italiano… la cosa non mi piace… è per caso un mafioso?»

«Non è che tutti gli americani di origine italiana debbano essere mafiosi!» – rispose indignata la dottoressa «Ovviamente ho comunque chiesto allo sceriffo della contea che mi ha confermato che il Dr. Corleprotti è una persona assolutamente ligia alla legge la quale, anzi, ogni domenica suona il mandolino e prepara la pizza alla chiesa del paese…»

«Uhm, sarà…» – borbottò il colonnello non troppo convinto.

Mi avevano avvisata che il colonnello è considerato un po’ maschilista… anche se ho apprezzato come mi ha difeso da quel van Gallen… ma non pensavo che fosse razzista… – constatò la dottoressa Raden – ma non devo perdere il filo del discorso, altrimenti questi si distraggono e non capiscono più nulla!

«Allora, stavo dicendo…» – riprese la dottoressa.

Ma in quel mentre la porta della sala si aprì all’improvviso e un giovane trafelato entrò, salutò con un gesto del capo, e si diresse rapido verso l’unica sedia libera.

«E che cazzo!» commentò pacatamente la von Krausslofter.

«Scusatemi per il ritardo ma mentre percorrevo l’autostrada c’è stato un incidente: un pullman in fiamme. Sono dovuto intervenire per portare in salvo una donna incinta e due bambini che erano rimasti intrappolati all’interno. Poi il conducente ha avuto un malore e ho dovuto rianimarlo praticandogli un massaggio cardiaco in attesa dell’arrivo dei paramedici…» – disse il giovane.

«Va bene, va bene» – gli rispose il colonnello «ma quello che fa nel suo tempo libero non mi interessa: io pretendo che quando inizia una riunione la mia squadra sia al completo: sia che piova, nevichi o tiri vento! Le femminucce che arrivano tardi perché perdono tempo a truccarsi non mi piacciono, ha capito?!» – continuò sempre più infervorandosi e sottolineando il tutto con un vigoroso pugno sul tavolo.

Il colonnello aveva già inquadrato il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein: un giovane ambizioso che emanava fiducia nelle proprie capacità ma che, ovviamente, aveva poco rispetto per le regole e l’autorità.

Il giovane si zittì senza sembrare troppo turbato dal rimprovero del proprio superiore: come se nulla fosse estrasse lapis e blocco per gli appunti dalla sua ventiquattrore e, impassibile, rimase in attesa che la riunione riprendesse.

Però… è un bel tipo questo capitano: ha carattere e non si è fatto intimidire dalle minacce… potrebbe essere l’uomo giusto per me… il padre dei miei bambini… – fantasticò la dottoressa Ruth Raden.

«Conosco il suo tipo capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein: causa problemi… la prego Dottoressa prosegua con la sua presentazione: nessuno la interromperà più.» – ordinò il direttore Pot Sr. Tualet.

«Bene: allora, dicevo…» – riprese la von Krausslofter.

«E si ricordi capitano che la tengo d’occhio!» – disse minaccioso il colonnello alzando contemporaneamente un dito in direzione della dottoressa per segnalarle di attendere un attimo.

Il silenzio si protrasse per qualche secondo carico di tensione poi la dottoressa chiese «Allora vado?»

«Vadi, vadi…» – le rispose il colonnello.

«Beh, speriamo che sia la volta buona…»

«Pfui! Che caratterino! Tipico di femmina tossica… Dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter per favore si dia una calmata: questo non è il momento di farsi prendere dall’isteria!»

«Signor sì, signore!» – rispose automaticamente la dottoressa mortificata per la propria irragionevole e femminea scarsezza di autocontrollo. Abbassò i dolci occhi azzurri a terra mentre una vampata di rossore le accendeva le guance nivee.

«Posso proseguire?» – chiese con voce contrita, ancora col capo chino, guardando il colonnello di sottecchi nell’imbarazzato silenzio generale.

«Ovviamente! Vadi, vadi!»

«Allora…»

«A proposito: la sapete la barzelletta della segretaria del Presidente che aveva le sue cose e contemporaneamente soffriva di stitichezza?!» – chiese il colonnello senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Tutti annuirono, lieti per la distrazione, e ben consapevoli che il colonnello sarebbe così tornato di ottimo umore. Il direttore raccontò la sua barzelletta e tutti gli uomini risero a crepapelle mentre la dottoressa von Krausslofter di nuovo arrossì fino alle orecchie.

«Che c’è dottoressa? Non ha capito la barzelletta, eh?» – sghignazzò il colonnello.

«Vuole che gliela spieghi? Ah! Ah!» – aggiunse provocando un ulteriore scoppio di ilarità.

«No, no… non c’è bisogno…» – disse lei mortificata.

«Va bene… ma ora si dia una mossa: sono già le 12:10 e ancora non ci ha detto niente: impari a essere più sintetica senza perdersi in tanti convenevoli: i discorsi inutili li riservi per quando è in pausa con le sue amiche!» – le spiegò il colonnello improvvisamente di nuovo irritato.

«Veramente è il colonnello che non la lascia parlare…» – commentò il capitano Carl Patt Scott Jr. Mac Burgerein rivolgendosi sottovoce all’ingegnere alla propria destra. Questi, che si era appena svegliato, finse di non sentire, deglutì visibilmente e continuò a guardare dritto davanti a sé come se niente fosse. Le parole del capitano erano però state pronunciate a voce più alta del voluto.

«Quindi lei capitano Mac Burgerein è anche un burlone, eh?!» – gli ringhiò contro il colonnello «bene, bene, battuta divertente la sua… la colpa sarebbe mia! Ah! Ah!»

Tutti tirarono un sospiro di sollievo per l’inaspettata reazione del loro superiore ma la dottoressa Saltenberger Raden von Krausslofter lanciò un’occhiata di cupido e lascivo interesse femmineo per l’aitante capitano.

Mi ha difesa! Lui fra tutti, come un principe azzurro con un grande membro virile, mi ha protetta dalle allusioni maligne del colonnello! – pensò estasiata la dottoressa Ruth Lily Raden – se solo fosse ricco o, almeno un mio superiore, lo sposerei immediatamente! Ma non devo farmi prendere dalla mia vena romantica e sentimentale: devo riprendere la mia esposizione in maniera concisa e professionale, come se niente fosse successo…

Subito la dottoressa si riscosse e iniziò a spiegare la situazione «Il dottor Corleprotti, pediatra e unico medico della zona, ci ha comunicato uno strano caso: in una fattoria del posto tre sorelle sono rimaste contemporaneamente incinte e hanno partorito a poche ore di distanza…»

«Non mi sembra niente di così clamorosamente strano: ma prosegua.»

«… beh, le gravidanze sono durate due settimane esatte e i neonati… beh i neonati non sono umani…»

«Ma perché, donna santa, non l’ha detto subito! Questa è una situazione della massima gravità: cos’altro sappiamo?»

«Beh, i neonati da una prima analisi preliminare sembrano tutti geneticamente identici fra loro ma, soprattutto, sono composti da tessuto fungoide e feci.»

«Feci? Nel senso… “cacca” insomma?»

«Esatto!»

«Incredibile! Questa sembra essere proprio un mistero adatto per lo SHITS!» – affermò con sincerò entusiasmo il direttore Pot Sr. Kack.

Un mormorio eccitato attraversò come un’onda l’intera sala.

Senza attendere domande la dottoressa riprese il suo rapporto «Apparentemente nel colon delle tre ragazze si è creata una deviazione, anch’essa di tessuto fungoide, che passando dalla vagina porta il materiale fecale all’interno dell’utero: questo serve da fertile humus per i feti che così crescono con estrema rapidità. Questo anche perché le ragazze erano divenute estremamente voraci.»

«Cosa sappiamo di queste donne?» – chiese il colonnello ormai completamente assorbito dal caso.

«Sono tre sorelle: si chiamano Ricottella, Patatonda e Peretta e di cognome Lloyed McMundsen Packman. In paese erano ritenute ottime ragazze, serie e impegnate nel sociale. Amanti della natura e…»

«“Amanti della natura”? Questo mi fa pensare che siano delle no-vax, eh? Invece di fidarsi dei buoni vaccini che, ricordiamolo tutti, sono efficaci e sicuri con effetti indesiderati molto rari… devono essersi infilate chissà che schifezze nelle loro topine e questo è il risultato. Caso risolto.»

«In verità le ragazze risultano vaccinate con cinque dosi a testa… Comunque, quando il dottor Corleprotti le ha interrogate per sapere cosa fosse successo, gli sono sembrate piuttosto reticenti. Il dottore ipotizza che forse siano sotto choc: che non ricordino bene i fatti insomma. Comunque è emerso che hanno avuto un rapporto con lo stesso uomo o, meglio, creatura…»

«Rapporto consenziente?»

«Sembrerebbe di sì. Il dottore le ha accuratamente visitate e non mostravano abrasioni o lividi alle parti intime. Anzi secondo il medico le tre ragazze erano state tutte sodomizzate ma vulva e vagina non erano state toccate: Peretta, la più giovane delle tre, era addirittura illibata…»

«“Illibata”?»

«In termini medico scientifici rigorosi significa che il fiore prezioso e unico della sua purezza femminile non era stato ancora colto.»

«“Era”?»

«Beh, il parto è stato particolarmente difficile: i neonati avevano tutti lo stesso identico orrifico capoccione di 44 cm di circonferenza: pensi a quando andando in bagno si è ritrovato a dover defecare uno stronzo particolarmente secco e grosso: moltiplichi tutto per mille e inizierà a farsi un’idea di quanto hanno sofferto queste ragazze…»

«Poverine…» – commentò fra sé il colonnello «ma tornando all’uomo, cioè alla “cosa”, cos’altro sappiamo?»

«Come detto le tre sorelle sono state piuttosto vaghe… un’altra ipotesi del dottor Corleprotti è che siano state ipnotizzate, ma comunque concordano che si trattava di una creatura bellissima: un omarino piccolo, con braccia e gambe secche, un tronco cilindrico, di colore verdastro malaticcio e i capelli lunghi su tempie e nuca ma radi e corti al centro. Una creatura “misteriosa e affascinante” affermano.»

«La descrizione mi pare quella di un classico italiano: il dottore mafioso ha un alibi?»

«Ma colonnello!? Lei ha forti pregiudizi verso gli italiani! Non sono mica tutti maniaci! E poi ho controllato: il dottor Corleprotti è un pediatra molto stimato. Ha avuto sì dei piccoli precedenti per abusi sessuali ma si tratta di roba vecchia e comunque niente di che: solo atti osceni di fronte a dei minorial massimo li avrà toccati un po’ ma nulla di più, magari era interesse professionale, chissà…»

«Ah! Un pedofilo! Quindi questo Corleprotti è anche un prete?»

«No, perché?»

«Ma mi aveva detto che la domenica va a celebrare la messa in chiesa, no?»

«Beh, come fedele: e poi lui suono il mandolino e prepara la pizza…»

«Vabbene, vabbene: ma teniamolo d’occhio…»

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1. L’inizio: qua e là

Attenzione! Il seguente articolo fa parte di un romanzo erotico/comico/fantascientifico a puntate e, come tale, è riservato a un pubblico maggiorenne: se hai meno di 18 anni sei pregato di chiudere immediatamente questa pagina!

Strabuccinator T-799+

ovvero

la vendetta di Strabuccino

1. L’inizio: qua e là

1/8/20XX ore 23:55 – Da qualche parte a Los Angeles.

Il vicolo buio appariva ancora più stretto soffocato com’era dai cumuli di rifiuti ammassati ai suoi lati. Improvvisamente scariche azzurre di energia elettrostatica che saettavano rimbalzando avanti e indietro sull’asfalto sporco lo illuminarono di una luce spettrale. I coperchi dei bidoni tremarono, la lampadina dell’unico lampione funzionante si spense e un carrello carico di sacchi di lattine vuote iniziò a muoversi lentamente. L’energia parve crescere e accumularsi: i lampi si intensificarono mentre un ronzio elettrico divenne sempre più intenso facendo vibrare l’aria densa e umida come se un vecchio condensatore si stesse sovraccaricando. A un tratto una scarica più violenta colpì il carrello e lo fece schizzare contro il muro: un barbone nascosto sotto coperte logore e consunte si svegliò. Si guardò intorno confuso, con gli occhi cisposi, chiedendosi se quello che vedeva era reale o un’allucinazione provocata dell’ultima sbronza. Poi l’energia elettrostatica si concentrò raddensandosi in un globo luminoso, fermo a due metri dal suolo, che iniziò a pulsare sempre più rapidamente. Dopo pochi attimi esplose con un lampo abbagliante accompagnato da una violenta ventata calda: il vecchietto fece appena in tempo a chiudere gli occhi che si ritrovò spinto a terra sulla schiena. Quando li riaprì vide davanti a sé, esattamente sotto a dove fino a pochi istanti prima c’era stata la luce globulare, un imponente omaccino nudo, accovacciato su se stesso, col capo chino. La minacciosa figura si alzò: le gambe magre, il torso smunto e le braccia poco sviluppate incutevano un istintivo timore ed evidenziavano un membro lungo e grosso nonostante fosse completamente flaccido. Il colorito verde vomito e la chierica spelacchiata, coronata da lunghi capelli bluastri e untuosi sulla nuca e sulle tempie, quasi passarono inosservati.

Mentre il vecchio si ritirava tremebondo nell’apparente sicurezza della sua scatola di cartone l’omaccino si guardò intorno e un sinistro bagliore rosso trasparì da dietro i suoi occhi. La creaturina, ignorando il vecchio nascosto sotto i suoi cenci sudici, si allontanò con disinvolta sicurezza mentre il suo membro oscillava, come una pesante proboscide, al ritmo dei suoi passi decisi.

***

20/8/20XX ore 11:21 – Sala Riunioni Jeffrey Dahmer, piano -2, base operativa segreta ItacaXX dello SHITS di Pittsburgh, Pennsylvania.

Il corpulento colonnello tamburellava le dita grassocce della mano destra sul tavolo mentre la sinistra era stretta in un impaziente pugno.

Questa squadra non mi piace… – pensò cupo – anche se è stata assemblata dall’IA secondo un algoritmo pseudocasuale, pressioni politiche, principi di inclusività farlocchi e i soliti favori e favoritismi, a me, il risultato comunque non piace.

Lo SHITS dovrebbe scegliere uno a uno i propri uomini fra i migliori delle varie agenzie governative e perfino dall’Esercito e dai Marines, invece… – sospirò fra sé – …per non parlare degli altri due…

Il colonnello aveva in mente la collaborazione con l’ospedale psichiatrico per criminali violenti di Scranton nell’ambito della recente politica di recupero, valorizzazione e integrazione dei pazienti più psicotici ed emotivamente instabili. Soprattutto però non digeriva quella che il governatore della Pennsylvania aveva definito una sorta di “alternanza fra scuola e lavoro”: il risultato era stato che la scuola elementare Shauna Grant gli aveva mandato, direttamente dalla California, un alunno moccicoso di sette anni, il piccolo Timmy, ritenuto il più adatto per il posto perché si era disegnato come agente segreto che sparava e tagliava la testa ai “cattivi”.

Che poi il sub agente Locoano… detto il “Loco” ma ancora non ho capito perché… non mi pare malaccio: è un armadio, un pelato serio, con i capelli sempre ben curati, pieno di tatuaggi e molto silenzioso: durante le riunioni si accontenta di affilare il suo coltellaccio, sta zitto e non disturba. Il suo dossier specifica che ha in IQ di 85: non male… quasi quanto il mio… – ricordò osservando l’omone seduto all’altra estremità del tavolo, col nano assassino alla sua destra e la dottoressa Saltenberger von Krausslofter alla sua sinistra.

E oltretutto mi sembra che si stia integrando bene: lo vedo che sbircia il petto e le cosce della dottoressa alla sua sinistra. Deve essere un tipo protettivo: mi sembra che la consideri come una sua sorellina o roba del genere…

Il problema invece è quella peste del piccolo Timmy: appena arrivato ha iniziato a fare le bizze perché voleva una pistola anche lui. Ma è possibile dare a un bambino di sette anni una vera pistola? Alla fine per farlo stare zitto gli ho fatto avere una calibro .22 che tanto, anche se gli dovesse partire per errore un colpo, non ammazzano niente di più grande di un ratto… – pensò disgustato – …ma invece di mettersi buono ha continuato a piangere dicendo che non voleva un “pistolino”: io gli ho spiegato che non potevo farci niente, che le “regole” sono queste… che fra una decina di anni sarebbe cresciuto da solo… ma non ha voluto sentire ragioni. Fortunatamente è intervenuto il nostro prete, padre Rucola… ah! lui sì che con i bambini ci sa fare!… l’ha portato in un angolo per fargli un discorsetto serio e… dieci minuti dopo… il piccolo Timmy era divenuto calmo e pallido. Padre Rucola, apparentemente soddisfatto, mi ha fatto un cenno di assenso per dirmi che aveva risolto – ricordò compiaciuto il colonnello osservando come il bambino si fosse seduto all’ultimo posto disponibile alla sinistra della dottoressa.

Comunque mi piace questo prete: lo farò diventare il mio secondo e gli darò la mia fascia da colonnello se mi dovessi assentare. Almeno mi risolve problemi invece di crearmeli… anche se, a guardarlo bene, un po’ mi ricorda il terribile Don Stronz dell’orfanotrofio dove sono cresciuto… – rabbrividì al solo ricordo.

Ah! ed ecco che arriva proprio lui, padre Manmonner Rucola… si guarda intorno e… sì, ha visto che non può sedersi accanto a Timmy né direttamente di fronte a lui perché c’è già quel ciccione dell’agente North West… e, infatti, si è seduto accanto a North West così almeno me lo tiene comunque d’occhio: bravo Rucola

L’agente Peter August North West non mi piace: è troppo timido… anche se però stamani è arrivato per primo e ha portato le ciambelle… anche se deve essersene mangiate metà da solo…

Ma la squadra è questa e devo lavorare con il materiale disponibile… – pensò il colonnello mentre una smorfia di disgusto gli attraversò per un attimo il volto squadrato, solitamente impassibile quando non accesso dalla rabbia.

Avevo chiesto di trovarci qui dieci minuti prima del normale inizio dell’orario di lavoro perché li volevo vedere arrivare uno a uno: questa è una squadra appena creata e le dinamiche di come reagiscono è estremamente istruttiva. Il primo ad arrivare è stato il ciccione: evidentemente non è solo sovrappeso ma deve essere anche insicuro e ansioso… sigh… ma ecco che arrivano anche gli altri.

In quel momento infatti un gruppo di uomini entrò chiacchierando nella sala.

Un gregge di pecore, ma vediamo: li guida lo psichiatra, è il più anziano, probabilmente è seccato perché non ha avuto lui il ruolo di referente scientifico toccato invece alla dottoressa Saltenberger… ora cerca sempre di mostrare quanto è bravo e preparato e di farsi ben volere dal resto della squadra: fa a tutti ricette senza storie né domande… un brav’uomo in effetti. E logicamente viene a sedersi alla mia sinistra…

Accanto a lui, nel posto libero alla destra del nano assassino, si siede il pervertito della squadra, cioè l’indispensabile esperto informatico: probabilmente sta cercando di farsi prescrivere una ricetta dal dottore…la sua scheda dice che fa largo uso di sonniferi… chiaro: è un informatico…

Beh, finalmente, seppure con un piccolissimo ritardo, siamo tutti… no! è rimasto vuoto il posto alla mia destra! Chi manca? – si chiese sorpreso e seccato il colonnello – uhm… Black c’è, Parakulovsky è accanto… e mi saluta ossequioso… l’Ingegnere è lì che già dorme, il nostro transessuale è seduto, annoiato come al solito, all’altra estremità del tavolo e quindiquindi, ovviamente, non poteva che mancare quell’esibizionista del capitano Carl Mac Burgerein: l’unico volontario dello SHITS…

Ma basta aspettare! – decise improvvisamente – gli farò un bel discorsetto quando si degnerà di arrivare…

Con sguardo severo osservò i presenti che lo guardavano attenti e silenziosi. In tutto una dozzina di facce lo scrutavano con un misto di timore ma anche con quell’attenzione utile a cogliere le sfumature del suo cipiglio. Fra tutti i presenti spiccava la delicata figura dell’unica donna della compagnia: la dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter. La donna sedeva quasi in fondo al lungo tavolo rettangolare, fra il piccolo Timmy e Santos Locoano, che aveva già iniziato ad affilare il suo coltellaccio. La dottoressa era una giovane donna bionda con una faccia da bambina che i grandi e ingenui occhi azzurri, insieme alla pelle liscia e candida, facevano apparire ancora più giovane. Per questo cercava di sembrare più matura e professionale portando i capelli lunghi e lisci in due trecce con fiocchi rossi e indossando occhiali da sole a forma di cuore con una montatura fucsia, rossetto rosa brillante e un lecca lecca sempre in bocca per darsi un tono contegnoso. Diversamente dagli altri, stava controllando i propri appunti visto che sarebbe stata proprio lei ad aprire la riunione.

La dottoressa sembra un elemento serio e affidabile ma l’istinto mi dice di non fidarmi…

Il direttore batté la mano sul tavolo e disse, facendo scorrere lo sguardo su tutte le facce senza rivolgersi a nessuno in particolare «Qualcuno di voi già mi conosce. Sapete che vado dritto al sodo: io darò gli ordini e voi obbedirete. Non “bi”, non “bo” o “ba” ma “sissiignore”, scattare e ubbidire! Non vi farò da balia: non sarò il vostro paparino né il vostro confessore. Per i vostri peccati, chi vuole, può rivolgersi al nostro esorcista: padre Oliver Jack Orson Manmonner Rucola!»

Padre Rucola per un attimo distolse lo sguardo predatorio dal piccolo Timmy e assentì, annuendo serio al resto degli uomini che lo guardavano.

«Di solito alla prima riunione della squadra ci si presenta, e si racconta chi siamo, le nostre esperienze, dove abbiamo trascorso le vacanze estive… ma a me queste chiacchiere da donne che bevono il al bar non piacciono. Chi è venuto qui pensando di fare conversazione ha sbagliato posto!»

«Qui si lavora e si lavora sodo: ci conosceremo collaborando insieme. Per adesso vi basti sapere che io ho i controcoglioni e mi aspetto che tutti voi mi dimostriate di avere le palle al posto giusto!… ovviamente non lei dottoressa Saltenberger. Non si preoccupi: ho notato che è una donna e da lei non mi aspetto niente…» – disse rivolgendosi direttamente alla dottoressa che, imbarazzata, distolse lo sguardo arrossendo.

Il colonnello non si accorse della sua reazione ma in compenso notò quella dell’agente Murray van Gallen al quale era sfuggito un risolino maligno vedendo la Saltenberger von Krausslofter arrossire.

Guarda come ridacchia il nostro transessuale mentre squadra la dottoressa… e ha avuto la faccia tosta di dirmi che è un transessuale lesbico: vuole diventare una donna a cui piacciono le donne… ma lo so che ha rifiutato più volte l’operazione: lui vuole solo avvantaggiarsi della corsia preferenziale riservate alle minoranze… ma gliela farò passare io la voglia di fare il furbo!

«Agente van Gallen sta guardando qualcosa di interessante? Io sarei qua, proprio di fronte a lei!» – e, per ribadire bene il concetto, aggiunse « non mi piacciono i distratti e gli sfaticati infingardi…»

Poi il colonnello si ricordò della vera pecora nera della squadra e guardò l’unica sedia ancora vuota alla sua destra. Si lasciò sfuggire un sospiro stanco scuotendo la testa brizzolata dai capelli tagliati cortissimi e proseguì «… né, soprattutto i ritardatari!»

«L’alto comando dello SHITS ci ha assegnato una missione e noi la porteremo a termine o moriremo nel tentativo!» – riprese dopo una brevissima pausa prima di passare a concludere.

E ora, per chiudere la mia arringa, il discorsetto motivazionale che mi ero preparato!

«Uno per tutti e tutti per due: lo SHITS e il colonnello!» – urlò balzando improvvisamente in piedi e alzando solennemente in aria la propria penna.

Gli uomini della squadra si guardarono l’un l’altro colti alla sprovvista ma lo psichiatra, il dottor Hans Vladimir Nigorosky fu il primo a riprendersi: a sua volta si alzò in piedi e gridò «Uno per tutti!» aspettando poi che i suoi colleghi lo imitassero e infine, tutti insieme all’unisono, urlarono «e tutti per due: lo SHITS e il colonnello!»

Ottimo, ottimo! mi sembra che la squadra sia ben motivata adesso! E questo dottor Nigorosky Stracovich, nonostante il nome russo, sembra in gamba… forse ho sbagliato a preferirgli la dottoressa Raden Saltenberger: non dovevo fidarmi troppo del suo dossier con le quattro lauree e le sue presunte tendenze psicopatiche. Tutti i dottori sono un po’ matti si sa…

Dopo qualche attimo, acquietatisi i commenti eccitati, il colonnello controllò il suo orologio, sbuffò, e disse rivolgendosi alla donna: «Dottoressa Lily Ruth Saltenberger Raden von Krausslofter adesso tocca a lei: le prego, ci spieghi la situazione.»

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