Il barone di Charlus e le persone di mondo

Quanto alla prima delle accuse rivolte contro il barone di Charlus, quella d’esser passato di moda, le persone di mondo davano fin troppo facilmente ragione a Madame Verdurin. Erano, in effetti, degli ingrati, perché il signor di Charlus era in qualche modo il loro poeta, colui che aveva saputo estrarre dalla mondanità in cui erano immersi una sorta di poesia dove entravano un po’ di storia e di bellezza e un po’ di pittoresco, di comico, di frivola eleganza. Ma le persone di mondo, incapaci di capire tale poesia, non ne vedevano alcuna nella propria vita, la cercavano altrove, e mettevano infinitamente al di sopra del signor di Charlus uomini che gli erano mille volte inferiori, ma che avevano la pretesa di disprezzare il gran mondo e professavano in compenso teorie di sociologia e d’economia politica.

[…]

In breve, le persone di mondo si erano disinfatuate del signor di Charlus, non per aver capito troppo a fondo, ma per non aver mai minimamente capito il suo raro valore intellettuale. Lo si giudicava “anteguerra”, fuori moda, perché i più incapaci di valutare i meriti sono quelli che per classificarli ricorrono più spesso al criterio della moda. Non hanno conosciuto a fondo, anzi nemmeno sfiorato, gli uomini di valore che c’erano in una generazione, e adesso bisogna condannarli tutti in blocco, perché ormai si profila l’etichetta di una generazione nuova, che non verrà capita più della precedente.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il signor di Charlus

Quanto al signor di Charlus, cui la società nella quale era vissuto forniva, in quel momento critico, esempi differenti, altri arabeschi d’amabilità e, insomma, la massima che in certi casi, avendo a che fare con semplici borghesucci, bisogna saper scoprire e utilizzare le proprie grazie più rare e abitualmente tenute in serbo, fu dimenandosi tutto, con fare sdolcinato, e come se l’ampiezza d’una gonna avesse allargato e intralciato i suoi ancheggiamenti, che si diresse verso Madame Verdurin, con un’espressione così lusingata e onorata da far pensare che esserle presentato rappresentasse per lui un supremo favore. Il viso chinato a mezzo, dove la soddisfazione sembrava in lotta con la compunzione, gli si piegava in piccole rughe d’affabilità. Si sarebbe creduto di veder avanzare Madame de Marsantes, a tal punto risaltava in quel momento la donna che uno sbaglio di natura avesse messo nel corpo del signor di Charlus. Il barone, certo, aveva duramente faticato per dissimularlo, quello sbaglio, e prendere un’apparenza mascolina. Ma c’era appena riuscito che – avendo conservato, nel frattempo, i medesimi gusti – l’abitudine di sentire da donna gli dava una nuova apparenza femminile, nata, questa, non dall’eredità, ma dalla vita individuale. E poiché, a poco a poco, arrivava a pensare al femminile anche i fatti sociali – e senza rendersene conto, dato che non è solo a forza di mentire agli altri, ma anche di mentire a se stessi, che si smette d’accorgersi di mentire -, sebbene avesse chiesto al suo corpo di rendere manifesta (nel momento in cui entrava in casa Verdurin) tutta la cortesia di un gran signore, il suo corpo, che aveva capito benissimo quanto Charlus aveva smesso d’intendere, dispiegò – al punto che il barone avrebbe meritato l’epiteto di lady-like – tutte le seduzioni di una gran dama. Del resto, si può separare completamente l’aspetto del signor di Charlus dal fatto che i figli, non assomigliando sempre al padre, anche se non sono invertiti e vanno in cerca delle donne consumano, nel loro volto, la profanazione della madre? Ma accantoniamo questo argomento che meriterebbe un capitolo a parte: le madri profanate.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Appagamenti senza contatto

Quanto a Charlus, d’altronde, mi resi conto in seguito che per lui c’erano diversi tipi di congiunzione, alcuni dei quali, a causa della loro molteplicità, della loro istantaneità appena visibile e, soprattutto, della mancanza di contatto fra i due attori, ricordavano ancor più da vicino  quei fiori che, in un giardino, vengono fecondati dal polline di un fiore contiguo che non toccheranno mai. C’erano, infatti, certe creature che gli bastava far andare a casa sua, tenere per alcune ore sotto il dominio della sua parola, perché il suo desiderio, accesosi nel corso di qualche incontro, ne fosse appagato. Grazie alle parole, la congiunzione avveniva con la stessa semplicità con cui può verificarsi negli infusori. A volte – come certamente gli era accaduto con me, la sera in cui ero stato convocato a casa sua dopo il pranzo dai Guermantes – l’appagamento s’instaurava grazie a una violenta reprimenda che il barone gettava in faccia al visitatore, così come certi fiori aspergono a distanza, con un forte schizzo, l’insetto inconsapevolmente complice e sconcertato.

M. Proust, Sodoma e Gomorra I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

 

 

 

C’è qualcosa d’altrettanto rumoroso della sofferenza, ed è il piacere

Non osavo muovermi. Lo staffiere dei Guermantes – approfittando, evidentemente, della loro assenza – aveva trasportato nella bottega in cui mi trovavo una scala custodita, fino allora, nella rimessa. Se vi fossi salito, avrei potuto aprire il vasistas e sentire come se fossi stato proprio da Jupien. Ma temevo di far rumore. Del resto, era inutile. Non dovetti nemmeno rimpiangere d’aver raggiunto la mia bottega solo dopo qualche minuto. Infatti, da quel che sentii dapprima in quella di Jupien, e che non fu altro che una serie di suoni inarticolati, suppongo che fossero state scambiate ben poche parole. È vero che erano, quei suoni, così violenti, che se non fossero stati regolarmente ripresi, un’ottava più su, da un gemito parallelo, avrei potuto credere che una persona, lì a due passi da me, ne stesse scannando un’altra, e che l’assassino e la vittima resuscitata facessero poi insieme un bagno per cancellare le tracce del delitto. In seguito, ne conclusi che c’è qualcosa d’altrettanto rumoroso della sofferenza, ed è il piacere, soprattutto quando vi si aggiungano – in mancanza del timore di procreare, da escludersi in questo caso malgrado l’esempio poco probante della Leggenda aurea – problemi immediati di pulizia. Alla fine, passata all’incirca mezz’ora (durante la quale ero salito a passi felpati sulla mia scala per guardare – senza per altro aprirlo – attraverso il vasistas), s’avviò una conversazione. Jupien rifiutava energicamente il denaro che il signor di Charlus voleva dargli.

M. Proust, Sodoma e Gomorra I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

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