L’uomo-donna

Il giovane che abbiamo tentato di dipingere era così evidentemente una donna, che le donne che lo guardavano con desiderio erano destinate (a meno d’un gusto particolare) allo stesso disinganno di quelle che, nelle commedie di Shakespeare, vengono deluse da una fanciulla travestita che si fa passare per un adolescente. L’inganno è il medesimo; l’invertito stesso lo sa, indovina la delusione di cui, tolto il travestimento, soffrirà la donna, e sente di quanta poesia fantasista sia fonte questo errore sul sesso. D’altronde, per quanto egli s’ostini a non confessare, nemmeno alla sua esigente amante (sempre che non sia lesbica): “Sono una donna”, con quali astuzie, con quanta agilità, con che tenacia da pianta rampicante, la donna inconscia e visibile va in cerca dell’organo maschile! Basta guardare quella capigliatura inanellata sul guanciale bianco per capire che la sera, se il nostro giovanotto si sfila dalle grinfie dei genitori, malgrado loro, malgrado se stesso, non sarà certo per andare a incontrare delle donne. L’amante può punirlo, può chiuderlo in casa: il giorno dopo, l’uomo-donna troverà il modo d’attaccarsi a un uomo, come un convolvolo getta i suoi uncini ovunque trovi una zappa o un rastrello. Perché mai, ammirando nel suo viso una delicatezza toccante, una grazia, una gentilezza naturale affatto sconosciute agli uomini, dovrebbe costernarci la scoperta che corre dietro ai boxeurs? Sono aspetti diversi d’una stessa realtà. Anzi, la cosa che ci ripugna è la più commovente, più di tutte le delicatezze, perché rappresenta un ammirevole sforzo incosciente nella natura: il sesso che riconosce se stesso al di là degli inganni del sesso appare come il tentativo inconfessato d’evadere verso ciò che un errore iniziale della società gli ha allontanato. Alcuni – quelli, certo, la cui infanzia è stata più timida – si preoccupano ben poco del tipo materiale di piacere che ricevono, a patto di poterlo riferire a un volto maschile. Mentre altri, dotati forse di sensi più violenti, localizzano in modo imperioso il proprio piacere materiale. Costoro, forse, scandalizzerebbero la gente media con le loro confessioni. Essi vivono forse meno esclusivamente sotto il segno di Saturno, giacché per loro le donne non sono completamente escluse come per i primi, ai cui occhi esse neppure esisterebbero se non fosse per la conversazione, la civetteria, gli amori di testa. Ora, i secondi vanno in cerca delle donne che amano le donne, che possono procurare loro qualche giovane e accrescere il piacere che provano a stare con lui; ma c’è ben altro: possono, allo stesso modo, prendere con tali donne lo stesso piacere che con un uomo. Ne deriva che, per coloro che amano i primi, la gelosia è eccitata solo dal piacere che questi potrebbero prendere con un uomo, il solo che appare loro come un tradimento, in quanto non condividono l’amore delle donne, non l’hanno mai praticato se non come abitudine e per riservarsi la possibilità del matrimonio, e si raffigurano così poco il piacere ch’esso può dare, da non poter provare sofferenza se l’uomo ch’essi amano lo sperimenta; mentre i secondi ispirano spesso gelosia per i loro amori con donne. Infatti, in questi loro rapporti, essi svolgono, per la donna che ama le donne, il ruolo di un’altra donna, e la donna, a sua volta, offre loro all’incirca ciò che trovano in un uomo, di modo che l’amico geloso soffre perché sente che l’amato si lega a quella che è per lui quasi un uomo e, nello stesso tempo, ha quasi l’impressione che gli sfugga, perché per tali donne è qualcosa ch’egli ignora: una specie di donna.

M. Proust, Sodoma e Gomorra I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Roger Garth – rogergarth

Il signor di Charlus, un efebo

Adesso, l’astratto s’era materializzato; l’essere, finalmente capito, aveva perso di colpo il potere di rimanere invisibile, e la metamorfosi del signor di Charlus in una nuova persona era così completa che non solo i contrasti del suo viso, della sua voce, ma anche, gli alti e bassi dei suoi rapporti con me, tutto ciò che, fino a quel momento, il mio intelletto aveva trovato incoerente, diventava intelligibile, appariva evidente, così come una frase che non offriva alcun senso finché restava scomposta in lettere sparse a casaccio esprime, non appena i caratteri vengano rimessi nella giusta successione, un pensiero che non potremo più dimenticare. Capivo anche, adesso, come avessi potuto pensare, vedendolo uscire poco prima dall’abitazione di Madame de Villeparisis, che il signor di Charlus sembrava una donna: in effetti, era una donna! Apparteneva alla razza di quegli esseri – meno contraddittorî di quanto non appaiano – il cui ideale è virile proprio perché il loro temperamento è femminile, e che sono nella vita, ma solo in apparenza, simili agli altri uomini; là dove per ciascuno, inscritta negli occhi attraverso i quali vede tutte le cose del mondo, cesellata sulla faccetta della pupilla, vi è la silhouette d’un corpo, loro non hanno quella d’una ninfa, ma d’un efebo. Razza su cui pesa una maledizione, costretta a vivere nella menzogna e nello spergiuro perché sa che il suo desiderio – ciò che costituisce per ogni creatura la suprema dolcezza del vivere – è considerato punibile e vergognoso, inconfessabile; costretta a rinnegare il proprio Dio, giacché, se anche siano cristiani, quando compaiono in veste d’imputati alla sbarra del tribunale, devono, davanti al Cristo e al suo nome, difendersi come da una calunnia da ciò che è la loro stessa vita; figli senza madre, cui sono obbligati a mentire persino al momento di chiuderle gli occhi; amici senza amicizie, malgrado tutte quelle che il loro fascino sovente riconosciuto può far nascere e che il loro cuore, non di rado buono, saprebbe provare; ma è lecito chiamare amicizie le relazioni che vegetano solo col favore d’una menzogna e dalle quali il primo slancio di confidenza e di sincerità cui fossero tentati d’abbandonarsi li farebbe respingere con disgusto, a meno che non avessero a che fare con uno spirito imparziale, se non addirittura simpatetico, che in tal caso, tuttavia fuorviato nei loro confronti da una psicologia convenzionale, attribuirebbe al vizio confessato anche l’affetto che gli è più estraneo, allo stesso modo che certi giudici suppongono e giustificano più facilmente l’assassinio negli invertiti e il tradimento negli ebrei, per ragioni tratte dal peccato originale e dalla fatalità della razza? E infine – almeno secondo la prima teoria ch’io ne abbozzavo allora, destinata, come si vedrà, a modificarsi più tardi, e nella quale proprio questo elemento li avrebbe più d’ogni altra cosa urtati se la contraddizione non fosse stata sottratta ai loro occhi dall’illusione stessa che li faceva vedere e vivere – amanti ai quali è pressoché preclusa la possibilità di quell’amore la cui speranza dà loro la forza di sopportare tanti rischi e solitudini, giacché s’innamorano appunto d’un uomo che non ha nulla della donna, d’un uomo che non è invertito e che, dunque, non può amarli, così che il loro desiderio sarebbe perennemente inappagabile se il denaro non facesse cadere fra le loro braccia dei veri uomini, e se l’immaginazione non gli facesse scambiare per veri uomini gli invertiti cui essi stessi si sono prostituiti.

M. Proust, Sodoma e Gomorra I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

C’è qualcosa d’altrettanto rumoroso della sofferenza, ed è il piacere

Non osavo muovermi. Lo staffiere dei Guermantes – approfittando, evidentemente, della loro assenza – aveva trasportato nella bottega in cui mi trovavo una scala custodita, fino allora, nella rimessa. Se vi fossi salito, avrei potuto aprire il vasistas e sentire come se fossi stato proprio da Jupien. Ma temevo di far rumore. Del resto, era inutile. Non dovetti nemmeno rimpiangere d’aver raggiunto la mia bottega solo dopo qualche minuto. Infatti, da quel che sentii dapprima in quella di Jupien, e che non fu altro che una serie di suoni inarticolati, suppongo che fossero state scambiate ben poche parole. È vero che erano, quei suoni, così violenti, che se non fossero stati regolarmente ripresi, un’ottava più su, da un gemito parallelo, avrei potuto credere che una persona, lì a due passi da me, ne stesse scannando un’altra, e che l’assassino e la vittima resuscitata facessero poi insieme un bagno per cancellare le tracce del delitto. In seguito, ne conclusi che c’è qualcosa d’altrettanto rumoroso della sofferenza, ed è il piacere, soprattutto quando vi si aggiungano – in mancanza del timore di procreare, da escludersi in questo caso malgrado l’esempio poco probante della Leggenda aurea – problemi immediati di pulizia. Alla fine, passata all’incirca mezz’ora (durante la quale ero salito a passi felpati sulla mia scala per guardare – senza per altro aprirlo – attraverso il vasistas), s’avviò una conversazione. Jupien rifiutava energicamente il denaro che il signor di Charlus voleva dargli.

M. Proust, Sodoma e Gomorra I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Eterosessuali o omosessuali si nasce - Il Sole 24 ORE