Ho abbracciato l’alba d’estate.Nulla ancora si muoveva ancora sulla fronte dei palazzi. L’acqua era immobile, come morta. Le aree d’ombra non lasciavano la strada nel bosco. Ho camminato, destando gli effluvi vivi e tiepidi, e le pietre preziose guardarono, e le ali si levarono senza rumore.Il primo respiro fu, nel sentiero già colmo di fresche e livide luminosità, un fiore che mi disse il suo nome.Risi al letto di aghi di pino che si scapigliò attraverso l’ombra: dalla cima argentata riconobbi la dea.Allora tolsi ad uno ad uno i veli. Nel viale, agitando il mio corpo. Per la pianura, dove l’ho denunciata al gallo. Nella grande città ella fuggiva tra il campanile e le cupole, e correndo come un mendicante sulle scalinate di marmo, io l’inseguivo.In cima alla strada, vicino ad un bosco di lauri, l’ho avvolta con i suoi veli raccolti, ed ho sentito, intensamente, il suo immenso corpo. L’alba e lei caddero giù nel bosco.Al risveglio.. era mezzogiorno…
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il 30/05/2008 alle 00:53
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