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Zagara&Pepe

La Metamorfosi è uno stato dell'Anima

 

 

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Allora si va

Post n°23 pubblicato il 01 Settembre 2006 da pro_mos

 

L’avevo premesso all’adorabile Jana ed alla splendida Amelie:-“ci vado, un concerto di pippopollina, gratis e sotto casa, non me lo posso perdere. Ci vado – avevo detto – ma non ne son felice. Ci vado, è una questione di ….presenza”-

Lo so, l’ultima volta, nello stesso posto, con lo stesso cantore, era stato un…..cattivo ricordo.

 Lui era lì, a pochi centimetri da me. Pochi davvero visto che per la calca io ero seduto sui gradini del palco, a mezzo metro dall’evento, potrei dire……..ma in realtà era lontano, assente direi. Per tutto il concerto poche parole, la sensazione di estraneità totale alla cosa. Brrrrr che freddo!! Me lo ricordo ancora quel gelo che passava fra lui e noi.

 Ci vado, prevenuto ma ci vado. Ecco, c’arrivo per tempo. Un’ora di anticipo. Posso quasi scegliermi i posti, tanto non li voglio troppo vicini al palco. L’amplificazione di un evento dal vivo, edsoprattutto i suoi diffusori, mi fanno orrore. Eppure son proprio quelli i suoni a cui tanti appassionati di cose d’audio dicono d’ispirarsi per i propri impianti  domestici!! Per parte mia, avessi in casa un suono simile lo butterei giù dalla finestra, salendo prima all'ultimo piano, e m’ascolterei con maggior piacere un aspirapolvere. O una lavatrice, al limite. Ma son cose d’altri discorsi queste.

 Mi siedo e mi guardo attorno. Già il pubblico mi par più preparato della volta precedente, un vago sentor d’elitarismo mi pervade. Vedo un dispiegar d’occhialini, di casual finemente firmato ma stile "ti_vedo_non_ti_vedo", riferito al logo, ovvio, l’ostentazione del non mostrare. L’età media sfiora gli anta. Epperdiana, sia tutti coevi dell’artista!!

 Arrivano in piccoli gruppi, quattro persone al massimo, o a coppie. Alcune hanno la terza amica al seguito, quella che da poco s’è separata e che bisogna far uscire per farle ricostruire una vita. Anch’io sono il terzo di una coppia. Mi sento osservato, scrutato, radiografato da sguardi fintamente occasionali.

 -“Vous êtes occupé?”-  -“arène occupé madame.”- Non la vedi, mia cara, la polvere dei calcinacci che ho ancora addosso? E questo sacco di macerie che mi porto dietro in ogni dove? Ah ma già, dovresti guardarmi negli occhi per vedere tutto questo. Per questo occorre saper guardare e tu sai solo giudicare, a quanto pare.....

 Nessun problema, son qui per un concerto. Io.

 21.35 si vede che ormai vive da tempo in svizzera!! Puntuale come un cronometro ufficiale, rispetto all’orario previsto dal programma eccolo lì, solo sul palco, dietro ad una tastiera. Sono le prime note ma lo capisci subito che il pubblico è preparato. E lo capisce fors’anche lui.  Attacca “Banneri” e parte il primo applauso. Il concerto si apre bene. Par di respirare un’aria buona.

 E’ una voce tirata a lucido quella diffusa da quel modesto impianto di  riproduzione. Peccato davvero per la sua qualità. Ma tanto, a meglio di così, nessuno ci è abituato, o ci fa caso.

Bella voce, dicevo che sul secondo scroscio di applausi mi par che s’apra ancora un po’, se possibile.

E allora si va. Lo diceva anche una sua canzone no? Vero Jana? Vero Amelie? Sale sul palco il Gruppo: contrabbasso e basso, fiati, batteria, chitarra elettrica. Si va, fra ricordi e racconti in una prima parte perlopiù ricca di tensione morale. Si va fra la memoria di Peppino Impastato, le riflessioni sui tempi che cambiano e su come gli eroi di pochi anni fa, i giudici di tangentopoli, siano oggi coloro i quali debbano vergognarsi del proprio passato, non i corrotti. Si va soprattutto con la splendida “I giorni del falco”, tributo in memoria di Victor Jara, cantore trucidato dai colonnelli cileni per le sue canzoni. Uomo a cui prima di togliere la vita, in quello stadio di Santiago, tagliarono prima le mani, affinché non potessero più suonare quell’arma letale per quel potere: la sua chitarra.

 Via, avanti, fra emozioni e canzoni dove c’è spazio persino per un reperto davvero archeologico, una “Vorrei incontrarti” del primissimo Alan Sorrenti, di tempi in cui i….figli selle stelle non eran neppure immaginabili.

Si va verso un Chiaramente Gulfi, paesino baciato dalla notorietà per via di quella sua canzone a lui dedicata, e si giunge a dipanar tutto il discorso dell’ultimo lavoro, quel Bar Casablanca che non mi ha mai trafitto il cuore ma che pure, alla luce delle parole spese per presentarne i pezzi, pure m’è parso stasera più coinvolgente.

 Allora si va, verso quasi due ore cantate e vissute a ritmo serrato, con quella voce che non denota alcun cedimento pur se messa a dura prova in più occasioni, in ottave superiori gagliardamente affrontate a viso aperto e sostenute con grande energia.

 E allora si va, verso la fine dove losai, c’attendono quei “Versi per la libertà” che tanto ti piacciono, stasera in versione tastiera, clarinetto e voci, si, voci, perché qui canta tutto il Gruppo.

Ammanitati lu ventu
si criditi
ca vi scummina li capiddi
lu ventu ca trasi dintra li casi
pi cunnurtari lu chiantu confortare
lu ventu ca trasi dintra li casi.
Ammanittati lu chiantu
si criditi
pi cuitari lu munnu
lu chianti ca matura dintra li petti
e sdirrubba li mura e astuta li cannili
e sdirrubba li mura e astuta li cannili.
Ammanittati la fami
si criditi
d'addifinnirivi li garruna
ma la fami nunn'avi vrazza
lu chiantu nunn'avi affruntu
ma la fami nunn'avi vrazza
lu chiantu nunn'avi affruntu
lu ventu nun sapi sbarri.
Ammanittati l'ummiri
che di notti vannu pi li jardina
a mettiri banneri supra li petri
e chiamanu a vuci forti li matri
ca nunn'annu cchiù sonnu
e vigghianu d'arreri li porti
ammanittati li morti.
Ammanittati li morti
si criditi.


Ammanettate il vento
se credete
che vi scombina i capelli
il vento che entra nelle case
per consolare il pianto
il vento che entra nelle case.
Ammanettate il pianto
se credete
per tranquillizzare il mondo
il pianto che matura nei petti
e distrugge le mura e spegne le candele
e distrugge le mura e spegne le candele.
Ammanettate la fame
se credete
di difendervi i galloni
ma la fame non ha braccia
il pianto non ha vergogna
ma la fame non ha braccia
il pianto non ha vergogna
il vento non conosce sbarre / barriere .
Ammanittate le ombre
che di notte vanno nei giardini
a mettere bandiere sopra le pietre
e chiamano a voce forte le madri
che non hanno più sonno
e vegliano dietro le porte (chiuse)
ammanettate i morti.
Ammanettate i morti
se credete.

E poi ancora si chiude con Finnegan’s Wake  ma tu lo sai, il tuo cuore s’è fermato un poco prima, su quei versi per la libertà che avresti voluto ancora una volta eseguita A Cappella e poi sfumati nel buio.

Grazie Pippo e poi davvero...........Fine.

Per maggiori informazioni sull'autore www.pippopollina.com

 
 
 
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