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Un Lavoro d'Autunno (Capitolo V)
Post n°41 pubblicato il 05 Ottobre 2006 da pro_mos
(tempo passato) Era uscito di casa per trovare un po' di conforto a quell'ansia che lo tormentava e vi rientrava ancora più agitato di prima. Questa del ritorno era per Gioacchino ben diversa da quella che, di primo pomeriggio, l'aveva condotto per le vie del centro e poi, in quella gelateria. Non riusciva a distogliere i pensieri dal volto di Elena. I suoi capelli e soprattutto i suoi occhi. E poi la sua voce, quel timbro così allegro! Quel suo modo di prestare e di rivolgere attenzione. Di far sentire, con una sola parola, l'interlocutore come l'essere più importante del mondo. Cos'era quel senso di vuoto che gli bloccava la bocca dello stomaco poco sotto il diaframma? E quella vertigine acuta che colpiva il suo corpo quando pensava più intensamente al volto di Elena?.
La prima volta che lo lesse cadde in forte depressione. Era un insieme di dimostrazioni in cui la logica magnifica della matematica, il motore di tutta la sua vita, veniva sopraffatta, o meglio, non portava al risultato voluto. Leggeva, immergendosi in ogni capitolo, ma di quando in quando, infingarda presenza, fra le righe ed i passaggi più ardui, compariva prevale sulla sua vera figura. Ecco, il pensiero è la macchina che muove l'amore. Si pensa ad un persona appena vista, la si immagina, si creano delle aspettative. Si attende con ansia il l’incontro successivo per provare conferme -"sarà come io l'ho immaginato?"-. Al nuovo incontro si cerca di capire se le idee, le aspettative maturate trovano corrispondenza. Ma forse a quel punto non si vedono già più le risposte obiettive. L'altra persona è diventata una costruzione, il frutto di un processo cognitivo dove si sommano impressioni e desideri. La si vuol vedere in un certo modo. Ed allora la si affronta con un'attenzione selettiva che scarta gli indizi che potrebbero rivelare un risultato differente. realmente è, ma per ciò che rappresenta. Soffre per quanto l'altro porta via del suo sé: il tempo dedicato, i cento pensieri, le mille volte che si è rinunciato. Quello che manca, a chi è lasciato, non è in realtà l'altra persona ma quelle parti di sé che col tempo ha dedicato e lasciate attaccate a chi se ne è andato. L'innamorato soffre per il sé perduto. Ma tutto questo l'innamorato non lo sente o non lo sa. Crede d'aver perso la metà del cielo, o il cielo intero. Il sentimento obnubila la mente, la copre con una coperta calda di emozione. (CONTINUA........) |
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