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Zagara&Pepe

La Metamorfosi è uno stato dell'Anima

 

 

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Un Lavoro d'Autunno                     capitolo XIX

Post n°57 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da pro_mos

Furono giorni bellissimi, per Elena, quelli che seguirono.
immagineMarco saliva sempre più spesso da lei, e sempre più spesso con lei, dormiva.
Marco era il suo mondo, il suo modo di comunicare, Marco era tutto, il suo anello di congiunzione con l’universo..
Se faceva una cosa, se solo la pensava, subito la rapportava a lui. Gli sarebbe piaciuta? Cosa avrebbe pensato o detto sapendola?

Era entrata d'improvviso in un vortice strano, un rapporto esclusivo dove tutto il suo essere, la sua esistenza, veniva filtrata dalle emozione e dal pensiero continuo di un altro, di Marco.

Elena era felice se Marco la guardava, se lui sorrideva, era felice quando lo pensava. Annullata in lui, persa nell'immagine di quella storia.

Quando facevano l'amore poi sentiva un'emozione speciale. Elena era molto appassionata in questo. Cercava d'intuire, di sapere, quali esperienze Marco aveva fatto con altre donne passate per riviverle assieme a lui. Era come se in una volta, volesse essere tutte le donne che Marco aveva amato. Come se volesse contenerle tutte in un'immagine di donna perfetta.
Come se la somma di queste fosse per Marco, l'immagine della perfezione. immagine


Marco s'accorse subito di questo potere che esercitava su quella ragazza. Lei era dolce, appassionata, vitale, allegra. Gioiva del suo solo sguardo o di un suo respiro. Viveva per anticipare ed esaudire ogni suo desiderio.
La pensava, a volte, con stupore ed assaporava il gusto di essere il dio a cui i fedeli versano sacrifici, il dio che può chiedere ogni cosa poiché tutto gli sarà dato.


Non erano quelli di Marco i sintomi dell'amore, erano il segno di chi non può rinunciare a sentirsi desiderato.
Erano i segni dell'uomo che ha sofferto, che è stato privato e che, d'improvviso, sente di poter chiedere ed avere tutto.
Marco si muoveva con Elena come un bambino capriccioso dentro un negozio di giocattoli. Chiedeva, chiedeva, chiedeva. Ed Elena, immancabilmente, glielo concedeva con gioia.


Come in una variante strana del gioco del tiro alla fune dove solo una parte tira e l'altra concede spazio, continuamente. Come l'aria immessa in una boccia di vetro dove prima s'era fatto il vuoto, si espande, sino a prendere l'intero volume, così era la forma di quell'uomo, troppo a lungo compressa da una vita di contrattazione, di rinunce.

Ora l'io di Marco si espandeva, si dilatava all'infinito.

Non era più il marito di una donna forte che non cedeva per il suo amore, che non voleva quel figlio che avrebbe voluto, che lo lasciava, e che partiva. Era l'io di un uomo che si sentiva infinito accanto ad Elena, giovane, fresca, luminosa, Elena, che immaginesorrideva solo a guardarlo, che tutto gli avrebbe dato che tutto gli dava.


Nei giochi d'amore Elena aveva sfogliato l'intera margherita, s'era tolta ogni petalo di pudore, e s'offriva, felice e consenziente, ad ogni sua fantasia.
In quei giochi, Marco provava il suo dominio assoluto. Chiedeva, chiedeva e chiedeva ancora. Elena lo assecondava in tutto. Ed alla fine di ogni gioco Marco non era saziato, ma aveva ancora un altro limite da superare.

Non erano quelli per lui i giochi dell'amore, ma la misura del suo essere solo. Il tentativo di riempire un vuoto troppo grande. Il senso di una solitudine che lo lasciava ogni volta sfinito, amareggiato, deluso. Non era quello il limite che lo avrebbe appagato, così che, ogni volta, terminata la passione, si ritrovava a girarsi dall'altra parte a dormire deluso mentre Elena avrebbe voluto tenere carezze.

                                                  (CONTINUA..........)

 
 
 
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