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Zagara&Pepe

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Un Lavoro d'Autunno                   (cap XXI)

Post n°62 pubblicato il 24 Gennaio 2007 da pro_mos

Gioacchino si presentò prestissimo alla gelateria dove s'incontrava con Elena ormai ogni immaginemattina. Era l'ultimo giorno d'agosto. Per lui le ferie stavano terminando. Ricominciava la scuola.

La gelateria era ancora chiusa ed attese.
Verso le nove vide arrivare Elena, camminava sul marciapiede ed aveva un'aria pensierosa. quando gli fu più vicina le si fece incontro. Elena vedendolo gli sorrise e lui ne fu felice, incoraggiato. S'era preparato tutta la notte quel discorso ed ora sembrava che le parole volessero morirgli in gola.

-"Come mai così presto?" - domandò Elena, di solito, infatti lui arrivava almeno un'ora dopo. Gli appuntamenti vanno rispettati, anche nelle regole. Ci si aspetta ad una certa ora, se cambia l'orario cambiano le regole e non può esserci l'attesa ma, al più, la sorpresa.

-"Oggi...."-disse Gioacchino, con le parole che incespicavano, rigirando il pacco fra le mani ciancicando un poco la carta che lo avvolgeva:
-"...oggi è l'ultimo giorno che posso fare colazione...qui.....da domani riprendo il lavoro....in istituto......"- voleva continuare, voleva dirle che avrebbe voluto reincontrarla a qualsiasi ora, in qualsiasi altro posto, per qualsiasi o meglio, per tutti i giorni della sua vita, avrebbe voluto dirle del suo amore, di tutti i suoi pensieri, dei libri di matematica buttati, voleva dirle della sua scoperta sulla vacuità della ragione, della vittoria del sentimento, voleva dirle questo ed, assieme, tutte le parole del mondo. Ma lei lo interruppe
-"Non lo dica a me! Per me questo è l'ultimo giorno di lavoro, da domani dovrò cercarmene un altro!- quindi continuò con una frase che a Gioacchino parve una sentenza inappellabile -"Da domani lei al lavoro ed io in cerca di uno nuovo... Questa dunque è l'ultima volta che ci vediamo!"-

Gioacchino abbassò il capo, vacillò come se avesse ricevuto un colpo mortale. La testa gli si affollò di tutti i pensieri che sino a poco prima, attendevano d'uscire ordinati in un logico discorso
-"....l'ultima volta...l’ultima volta...l'ultima volta...."- erano le parole che gli rimbombavano dentro e che assordavano ogni altro rumore.
Si sentì mancare ma fece appello a tutte le sue forze per non cadere, per non lasciar trapelare la disperazione che lo aveva colto.
-"...si.. -disse, con molta difficoltà -...questa ....è l'ultima volta"- pronunciò quelle parole come se stesse annunciando la morte di un parente caro, della propria madre, di un figlio e le accompagnò con un sorriso triste e vano..

-"Venga - disse Elena, prendendolo sotto braccio, - sediamoci un poco assieme. Questa mattina allora sarà mio ospite. Dobbiamo salutarci da buoni amici"- -"……Da buoni amici"- ripeté Gioacchino, quasi meccanicamente.

Si sedettero ad un tavolino e chiacchierarono ma Gioacchino non sentì quasi nulla di quello che dicevano. Elena gli parlava con il solito tono dolce ed allegro. Poi si alzò ed andò a prepararsi per incominciare il proprio lavoro. Tornò con un vassoio carico di dolci e con il solito caffè bollente
-"Oggi servizio speciale"- disse con entusiasmo
-"Si...- mormorò Gioacchino -....oggi è un giorno speciale"-
Mangiò un dolcetto, quantunque avesse un nodo alla gola che non lasciava scendere nulla, e bevve il suo caffè. Quando fu il momento di andarsene disse ad Elena porgendole il pacco-:
"Le ho portato un regalo...perchè possa ricordarsi di me...qualche volta....spero che le piaccia"- Elena si mostrò sorpresa di quel gesto ma prese il pacco ed incominciò a scartarlo con allegria. Amava i regali, ed ancor di più adorava le sorprese. Quando vide la stampa di Magritte che riproduceva quegli occhi di gatto immersi in un cielo esclamò estasiata
-"E' bellissimo...davvero...è bellissimo"-
-"Quando l'ho visto mi ha fatto pensare a lei, al suo gatto, Lumiere"-
-"A Lumiere piacerà tantissimo - disse Elena convinta - spero solo che non sia troppo geloso nel vedere un altro gatto per casa"- rise.
-"Bene - soggiunse Gioacchino - è ora che io vada - e si alzò dalla sedia.
Elena gli si avvicinò e con uno slancio spontaneo lo baciò sulla guancia vicino al fiorire delle labbra.
-"Grazie" - gli disse - "grazie di tutto, dei bei momenti che ho passato con lei, e di questo quadro. Lo conserverò per sempre, per tutta la vita, e sempre mi ricorderà di lei"-

Gioacchino era rimasto sorpreso da quelle parole e da quel bacio. Quando si riprese Elena si era già allontanata per servire altri clienti. Si accarezzò un poco la guancia, lì dove Elena aveva posato per un istante le sue labbra. Ne sentiva ancora il profumo.
Mentre si allontanava si voltò a guardarla. Lei lo salutò con il gesto di una mano. -"Addio"- mormorò sottovoce Gioacchino mentre ricambiava quel saluto.



La storia fra Elena e Marco proseguì, fra alti e bassi, per qualche tempo ancora.
Là dove non era nato l'amore incominciarono i rimorsi per quell'amore che lui le stava rubando. Marco sentì Elena stretta a lui e si sentì la cosa più importante della sua vita, e per questo sentiva crescere il disagio a volte l'insoddisfazione.
Elena pur non essendo gelosa di sua moglie, pur sparendo in un angolo ogni volta che sua moglie tornava, riusciva dal suo guscio per chiedere la sua attenzione appena lei ripartiva per un nuovo viaggio, per una nuova gara.
Non gli chiedeva neppure molto, a pensarci bene. Marco questo lo sapeva. Voleva essere chiamata al telefono ogni tanto, quando lui era fuori per lavoro. Lo tempestava di messaggini al cellulare. In ogni attimo era pronta a dichiarare il suo amore, infinito, eterno.

Lui avrebbe solo dovuto cogliere quei frutti, ma dentro di sé tutto questo lo rendeva infelice. Sapeva di approfittare di quella ragazza, di succhiarle la vita senza renderle nulla, senza che lei nulla gli chiedesse. Mai gli domandava di lasciare la moglie. Mai gli chiedeva di farle uno sgarbo. Mai la nominava o parlava di lei con astio.

Una notte, mentre erano assieme.
Elena gli disse-:"Voglio un figlio, un figlio da te"-
Marco la guardò e lei temette di essere stata fraintesa -"non intendo un figlio per chiederti chissà quali cose, non lascerai mai tua moglie per me, lo so. Per questo voglio un figlio che mi possa ricordare di te in ogni istante della giornata, quando tu non ci sei. Io non ti chiedo niente. Solo un piccolo posto dentro la tua vita"-

Marco si sentì mancare. Sentì un senso di nausea crescergli dentro. Era nauseato da sé. Il troppo amore, che non riusciva a ricambiare, lo metteva a disagio.

A quella richiesta Marco rispose con un periodo di distacco. La evitava, quando lei lo chiamava lui era sempre troppo occupato e rispondeva evasivamente. Alle sue richieste d'incontrarlo lui si giustificava sempre con il troppo lavoro, e con nuovi impregni.
Seguì un periodo dalle alterne vicende. Ad abbandoni tempestosi seguivano riavvicinamenti appassionati. Finché, un giorno, Marco decise che era tempo di cambiare vita.

Conobbe una nuova donna, una hostess, alta, bellissima dura di carattere ma estremamente passionale. Se ne innamorò perdutamente. Per lei lasciò la moglie, la casa e, quindi, Elena.
Iniziò una nuova vita. Così gli parve. La nuova compagna non voleva figli e, naturalmente, viaggiava..


Elena passò un periodo terribile dopo che Marco se ne fu andato. Tutto lì attorno sapeva di lui. I muri, gli angoli di quella casa che lei aveva voluto per riempire dei propri ricordi, tutto le parlava di lui, di quell'amore così grande che l'aveva colta, facendola tremare.
Doveva cambiare, vita, casa, cambiare in fretta come quell'amore l'aveva fatta cambiare.
Trovò una nuova casa, lontana dal centro, una piccola casetta in periferia. Due vani, più un piccolo servizio, era come la casa di Barbie, due stanze sovrapposte. Sotto soggiorno con angolo cottura, sopra camera da letto ed un piccolo bagno. Era un piccola casetta isolata, l'avrebbe potuta descrivere come una villetta, ed aveva un grande giardino.
Iniziò anche un nuovo lavoro, presso un'agenzia immobiliare. La sua facilità nel comunicare l'aiutava moltissimo e a lei riusciva facile vendere alla gente quelle case. Le piaceva quel lavoro perché assieme alle case, ogni volta, vendeva un poco di sé, della sua allegria. Infondo le case sono calore, affetto, e se chi te le vende di fa sentire come di famiglia già senti, in quel parlare, un po' di quell'atmosfera speciale che vorresti sentire dentro casa tua.



Lumiere sparì qualche giorno prima del trasloco. Elena lo cercò a lungo, gridò il suo nome per tutto il quartiere. Pianse per giorni. Nessuno lo aveva visto passare. Nessuno sapeva dove fosse finito.
Qualcuno diede la colpa sottovoce, al pescivendolo o al macellaio che, si diceva, facevano certi bocconi avvelenati per gli animali, che odiavano. Nessuno trovò il suo corpo. immagine
Qualcuno disse, dopo che Elena se ne fu andata, che forse, il giorno in cui lei lasciò la casa, Lumiere era sul tetto e la guardava, con gli occhi soddisfatti e che, ma questa, sia chiaro, è una leggenda, la salutò con la coda ed un lungo miagolio che durò tutta la notte.



Ho rivisto Gioacchino, qualche tempo fa. Dormiva in una stanza accanto alla mia in una piccola pensione di una grande Città. Aveva lasciato l'insegnamento. Viveva, come si dice, senza fissa dimora, di elemosine della gente e dei diritti d'autore, alquanto magri, su qualche libro di matematica che di tanto in tanto, scriveva. Tornava ogni sera nella sua stanza, ubriaco. A volte piangeva. Quando si sentiva solo mi chiamava per parlare. Mi raccontò lui la sua storia. Da un portafoglio lacero uscì un foto di Elena, che aveva avuto chissà come. Me la mostrò carezzandosi cento volte con la mano la guancia, là dove fioriscono le labbra, dove Elena lo baciò prima di sparire. 



                                                              FINE

 
 
 
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