Creato da viscontina17 il 30/06/2012

Bisbigli d'onde

dolci richiami d'essenze

Messaggi di Gennaio 2015

IL PARADISO DEI SUB A DUE COLPI DI PINNA DA CASA NOSTRA

Post n°278 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da viscontina17

Non è necessario immergersi in mari esotici anche il Mediterraneo offre bellezze sommerse
Molti subacquei si spostano di migliaia di chilometri per immergersi nei mari esotici e, purtroppo, non conoscono le bellezze sommerse dei nostri mari.
Sono facili da raggiungere, caratterizzate da modeste profondità e quindi alla portata di tutti i possessori del brevetto base «Open Water» o una stella CMAS o 1° grado. Per la verità il Mediterraneo offre il meglio di sé da aprile a settembre, massimo ottobre, poi le condizioni meteo non favoriscono le immersioni. Ma nei mesi buoni ci si può veramente divertire a costi contenuti e a due… colpi di pinna da casa.
La palestra sub di Arenzano
Una prima sorprendente scoperta la troviamo già nei fondali di Arenzano, a 20 km da Genova, dove da qualche anno è in attività la prima palestra subacquea d’Italia, una delle poche strutture di questo tipo esistenti nel mondo. La palestra, già ribattezzata Palestra biologica, sta attirando centinaia di subacquei e si sta popolando di pesci e di molteplici forme di vita.
La palestra è formata da una trentina di strutture in calcestruzzo di forme e dimensioni diverse: a prisma, a cilindro e a parallelepipedo, altezza massima tre metri, posizionate sul fondale misto a sabbia e praterie di posidonie alla profondità di 18 metri. Uno spettacolare percorso sommerso, molto interessante anche per gli appassionati di fotografia e video subacqueo. Per immergersi e info www.techdive.it
La tonnarella di Camogli
Spostandoci di pochi chilometri verso est troviamo un originalissimo sito d’immersione che,senza correre rischi di sorta, può offrire straordinarie cariche di adrenalina e per i fotografi subacquei e gli appassionati di video sub, eccezionali spunti per immagini irripetibili. Il luogo, sconosciuto ai più, è la Tonnarella della Cooperativa dei Pescatori di Camogli. Grazie a un accordo con un Diving Center di Camogli è possibile immergersi proprio all’interno della tonnara e nuotare in mezzo a vari tipi di pesci. La tonnara, lunga quasi 350 metri, è posizionata stabilmente a ridosso di Punta Chiappa lungo il lato di ponente del Promontorio di Portofino e proprio nella «zona C» dell’Area Marina Protetta. L’imbarco dei sub avviene dal porto di Camogli di mattino presto . Il Rais o capo barca, se le condizioni lo consentono, autorizza l’entrata nella tonnara della guida sub che verifica la presenza delle specie ittiche all’interno delle reti e, se non ci sono problemi di sicurezza,fa entrare anche gli altri subacquei. Si possono avvicinare tonni e tonnetti, ricciole, pesci luna, sgombri, pesci san Pietro.
L’Amp di Portofino
A poche centinaia di metri verso sud, a Punta Chiappa inizia la zona B dell’AMP di Portofino che si estende fino alla punta del Faro. È la più bella, interessante, varia e comoda area d’immersione delle nostre coste. Ci sono più di venti punti diversi d’immersione, quasi tutti fruibili da sub con brevetto di primo grado. Praticamente in qualsiasi punto si possono incontrare moltissime specie ittiche compresi: barracuda in grandi branchi, saraghi (maggiori, fasciati e pizzuti) orate, dentici , cernie, splendide corvine, labridi, anthias, gronghi, murene, e poi gorgonie rosse, gialle e bianche, lo splendido corallo rosso in ottima salute e anche a soli 18 – 20 metri, cerianthus e una miriade di policromi nudibranchi. (WEB)

                   

 
 
 

SCOPERTA UNA NUOVA SPECIE DI CORALLO

Post n°277 pubblicato il 20 Gennaio 2015 da viscontina17

Un team internazionale di ricercatori guidato dalla biologa Francesca Benzoni, del dipartimento di biotecnologie e bioscienze dell’università di Milano-Bicocca, ha scoperto nelle isole Gambier (nella Polinesia Francese) una “nuova” specie di corallo delle acque poco profonde.

Il nuovo corallo viene descritto dalla Benzoni nella ricerca “Echinophyllia tarae sp. n. (Cnidaria, Anthozoa, Scleractinia), a new reef coral species from the Gambier Islands, French Polynesia”, pubblicata su ZooKeys, dopo aver partecipato ad una spedizione a bordo della nave di ricerca Tara nelle remote e poco studiate isole Gambier, esplorate nel 2011dalla spedizione internazionale Tara Oceans. Gli Scleractinia, chiamati anche coralli duri, sono animali marini antichi e strutturalmente semplici, che hanno la capacità di formare scheletri duri e sono essenziali per la formazione delle barriere coralline.

La nuova specie prende il nome proprio dalla nave Tara, che ha permesso di esplorare le barriere coralline delle Gambier. Inoltre, “tara” in polinesiano significa anche oggetto appuntito, spinoso, un nome che si applica bene alla nuove specie dotata di strutture scheletriche appuntite. Tara è anche il nome di una dea del mare polinesiana.

Francesca Benzoni, una biologa marina specializzata in barriere coralline, ha spiegato in un’intervista all’Intergovernmental Oceanographic Commission dell’Unesco, L’Echinophyllia tarae, la nuova specie di coralli di recente pubblicazione, sono uno dei costruttori del reef. Quindi, si unisce alle altre circa 600 specie di corallo conosciute che contribuiscono alla formazione e alla crescita dell’ecosistema della barriera corallina. E’ stato scoperto nelle isole Gambier, nella Polinesia Francese, un gruppo remoto di isole circondate da diverse barriere coralline, ma poco studiati. La scoperta e la descrizione di una nuova specie di organismi marini non è, di per sé, un evento raro. Tuttavia, da un lato, gli specialisti in tassonomia sono in un gruppo di scienziati via di estinzione nel mondo. E, d’altra parte, alcuni gruppi di invertebrati marini rappresentano ancora miniere di biodiversità parzialmente esplorate. Ciò che colpisce nella scoperta di questa specie è che i coralli sono stati intensamente studiati da un gran numero di scienziati negli ultimi decenni a causa delle minacce globali e locali alle quali sono attualmente, e sempre più, esposti. Inoltre, l’Echinophyllia tarae non è né piccolo né raro nel Gambier ed i suoi colori vivaci lo rendono facilmente rilevabile sott’acqua. Così, la sua descrizione ci ricorda che la diversità dei coralli non è ancora del tutto scoperta e che le spedizioni scientifiche come Tara Oceans, portando specialisti per località remote, sono ancora di grande valore per la scienza marina». (WEB)

                           

 
 
 

SCOPERTO IL DELFINO BLU,MA E' GIA'A RISCHIO ESTINZIONE

Post n°276 pubblicato il 14 Gennaio 2015 da viscontina17

Un compatto gruppo di ricercatori ha fatto una scoperta eccezionale: una nuova specie di delfino fluviale è stata individuata in Sudamerica, nel Brasile Orientale e al di fuori del bacino del Rio delle Amazzoni. Il team brasiliano-britannico è composto da Tomas Hrbek, Nicole Dutra, Waleska Gravena, Izeni Pires Farias dell’universidade Federal do Amazonas (Unfa), Vera Maria Ferreira da Silva dell’Instituto Nacional de Pesquisas da Amazônia (Ipa) e il britannico Anthony R. Martin dell’University of Dundee. Insieme, descrivono il magnifico animale scoperto nello studio “A New Species of River Dolphin from Brazil or: How Little Do We Know Our Biodiversity”, pubblicato su PlosOne.
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I ricercatori scrivono che esiste «una forte evidenza che gli individui di Inia del fiume Araguaia rappresentano un gruppo biologico distinto da I. geoffrensis e I. boliviensis . Essi formano anche un lignaggio con una traiettoria evolutiva indipendente da I. geoffrensis e I. bolivensis fin dal primo Pleistocene. Inoltre, esistono differenze morfologiche, seppur sottili, tra gli esemplari di Inia del fiume Araguaia e individui di I. geoffrensis e I. boliviensis . Perciò riconosciamo e designiamo la popolazione di Inia che vive nel fiume Araguaia come una nuova specie». Rispetto agli altri delfini di fiume, quello dell’Araguaia ha meno denti, una scatola cranica più ampia ed è un po’ più piccolo ed una colorazione bluastra che lo fa chiamare anche Boto Blu. Ma per distinguere veramente la specie, i ricercatori hanno dovuto ricorrere ad un’analisi genetica mitocondriale.

Il team di ricerca, dopo averlo battezzato questo delfino blu con il nome scientifico di Inia araguaiaensis, propone anche due nomi comuni: “Boto dell’Araguaia” e “Boto Araguaiano”, boto è il nome comune regionale e internazionale delle specie di Inia e Araguaia è il nome del fiume e del bacino fluviale che sono l’areale della “nuova” questa specie. Il principale autore dello studio, Tomas Hrbek dell’Unfa, da detto che la “nuova specie «E’ molto simile alle altre. E’ è un grande mammifero ed è stato qualcosa di molto inaspettato, è una zona dove la gente li vede sempre. Il fatto è che nessuno sapeva cosa erano davvero. È molto emozionante». (web)

                            

 
 
 

CRINOIDE

Post n°275 pubblicato il 08 Gennaio 2015 da viscontina17


I crinoidei sono noti comunemente come gigli di mare. Il loro corpo è organizzato in peduncolo e corona (isocrinidi) oppure soltanto la corona (comatulidi). Il peduncolo, usato per ancorarsi al fondale, porta i cirri, utilizzati nel movimento; tali forme sono di acque profonde. Nei comatulidi i cirri si attaccano direttamente alla corona. Questa porta lateralmente le braccia; queste sono molto ramificate fino al punto che, in alcune specie tropicali, se ne contano 200. Sono animali sospensivori, si nutrono cioè di materiale organico presente lungo la colonna d’acqua. Il cibo è catturato tramite una rete di muco portata dalle braccia che, quando questa è satura, viene mangiata. Sono animali a sessi separati. Se ne conoscono circa 600 specie di cui solo quattro specie sono presenti nei mari italiani (tutti comatulidi); la più comune è Antedon mediterranea.(WEB) 

 
 
 

LO SQUALO BIANCO VIVE FINO A 70 ANNI

Post n°274 pubblicato il 01 Gennaio 2015 da viscontina17

Rivoluzionario sistema di datazione che utilizza il carbonio radioattivo dei test atomici degli anni Cinquanta-Sessanta.
Il terrore dei mari, il grande squalo bianco, ai vertici della classifica tra i predatori degli oceani del mondo, vive tre volte di più di quanto si pensasse . Lo ha appurato un nuovo studio condotto con il metodo del radiocarbonio dalla Woods Hole Oceanographic Institution (Whoi). Le analisi condotte sulle vertebre di quattro maschi e quattro femmine di squalo bianco dell’oceano Atlantico nord-occidentale, hanno fissato un’età di 73 anni per il maschio più grande (5,26 metri di lunghezza) e di 40 anni per la femmina più grande (4,96 metri). In studi precedenti, che prendevano in considerazione la deposizione annua delle bande di crescita delle vertebre, i più antichi individui di squalo bianco, presenti nell’oceano Pacifico sud-occidentale, davano un’età età di 23 anni.
UNA SPECIE VULNERABILE - «I nostri risultati estendono drasticamente la longevità degli squali bianchi rispetto agli studi precedenti», ha detto Li Ling Hamady, primo autore dello studio pubblicato su PlosOne. «Comprendere la longevità della specie, il suo tasso di crescita, l’età della maturità sessuale e le differenze di crescita tra i maschi e le femmine, sono aspetti particolarmente importanti per attuare le misure di conservazione di questa specie fortemente vulnerabile e una sua gestione sostenibile».
L’ETÀ DEI PESCI - La determinazione dell’età nei pesci si basa principalmente sull’analisi degli incrementi di crescita nei tessuti mineralizzati, come gli otoliti (ossa dell’orecchio), le vertebre e i raggi delle pinne. Questi si sviluppano per tutta la vita di un pesce, con l’aggiunta di anelli annuali, simili agli anelli di crescita degli alberi. Ma stime dell’età basate su questo metodo possono essere difficili per gli squali bianchi. Gli strati di tessuto possono essere stretti e meno distinti che in altre specie, e le bande non necessariamente significano una crescita annuale.
IL TIMBRO NUCLEARE- Nel nuovo studio, invece, i ricercatori hanno utilizzato il radiocarbonio prodotto durante i test nucleari degli anni Cinquanta-Sessanta incorporato nei tessuti degli organismi marini viventi in quel periodo. L’aumento del radiocarbonio ha dato ai ricercatori un punto specifico nel tempo individuato negli strati delle vertebre, che può essere utilizzato come un «timbro temporale» per contribuire a determinare l’età dell’animale. «La nuova metodologia ha fornito prove inconfutabili della longevità dello squalo bianco»,conclude Hamady, «che era invece impossibile verificare utilizzando metodi di stima dell’età tradizionali». E con la nuova stima che porta la durata della vita a 70 anni o più, gli squali bianchi possono essere considerati tra le più longeve specie di pesci cartilaginei.(web)

 
 
 

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