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Auguri Peppuccio!Giuseppe Tornatore, 60 anni da Poeta del Cinema DA CAMERALOOK.IT

Post n°13223 pubblicato il 29 Maggio 2016 da Ladridicinema
 
Tag: news

BY  / 27 MAG 2016 / 0 COMMENTI

Umiltà e determinazione. Sono queste le caratteristiche deve aver un regista per Giuseppe Tornatore che oggi compie 60 anni. “Voglio vivere ogni film che faccio come se fosse la mia opera prima” ha spiegato nell’omonimo documentario che gli hanno dedicato Luciani Barcaroli e Gerardo Panichi nel 2013. E’ proprio qui che sta la grandezza di Peppuccio. Un uomo che ama il cinema in modo viscerale, chiave e mezzo per ricordare e per accendere la memoria. Un regista che crede nell’immagine e che ha alle sue spalle la sua Terra, la Sicilia. Profondo conoscitore dei sentimenti umani, Tornatore ha in sé tutta la sostanza del grande cinema italiano.

Franco Cristaldi e Giuseppe Tornatore con l'Oscar nel 1990

Franco Cristaldi e Giuseppe Tornatore con l’Oscar nel 1990

Oggi lo vogliamo festeggiare ricordando il suo film-manifesto, Nuovo Cinema Paradiso. Un capolavoro immortale che, dopo un esordio da incubo nelle sale italiane (in pochissimi lo andarono a vedere), vinse il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 1989 e l’Oscar per il Miglior Film Straniero l’anno successivo. Anche grazie alla caparbietà del produttore Franco Cristaldie alla dirompente colonna sonora di Ennio Morricone, fraterno amico del regista. Ma il merito maggiore è stato tutto suo, di quell’uomo che fin da ragazzino costruì un rapporto d’amore con la pellicola. Da adolescente fece il proiezionista per tanti anni (indimenticabile la sua esperienza nell’ormai abbandonato Cinema Delle Palme a Villabate). Si innamorò dei film. Iniziò a scattare fotografie e a girare documentari, ma ben presto capì che la vita non voleva “spiarla” ma raccontarla.

Nuovo Cinema Paradiso, ovvero la magia in celluloide. In una sala cinematografica si ritrova il popolo di un’intera piazza, che piange e gioisce davanti a ombre sfuggenti, parole toccanti e baci appassionati. Un film corale dove il primo protagonista è il cinema stesso, che diventa uno specchio di emozioni per gli abitanti di un paesino siciliano dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Alfredo e Totò

Alfredo e Totò

Il piccolo Totò (il bravo Salvatore Cascio) e il paterno Alfredo (un toccante Philippe Noiret) altro non sono che i suoi fedelissimi servitori, ammaliati dalla magia di celluloide: custodi della memoria di una intera nazione avviata verso la ricostruzione dopo la catastrofe bellica.

La loro amicizia, che dura una vita, è la coprotagonista del film, iniziata al cinema del paese gestito da Don Adelfio, che censura le scene dei baci prima della proiezione. Totò cerca di assistere di nascosto alle “prime” per vedere i fotogrammi rubati dal parroco; è così che incontra Alfredo, proiezionista analfabeta che, raccontandogli del cinema muto, di quando la voce si poteva solo immaginare, lo incanta, mentre lui, giorno dopo giorno, aspetta invano il ritorno del padre dal fronte.

Salvatore Cascio

Salvatore Cascio

Da qui, il film segue la crescita di Totò; le sue vicende sono raccordate dalle pellicole che mano mano vengono proiettate al Cinema Paradiso e che lui fa passare per la visione, diventato proiezionista dopo che Alfredo ha perso la vista in un incendio. Anche quando lascerà Giancaldo (l’immaginario paesino siciliano) si porterà dietro la capacità di sorprendere tipica del cinema, insieme ad un amore perduto. Tornerà a casa soltanto per la morte di Alfredo, che in eredità gli ha lasciato un filmato composto dal montaggio dei numerosi baci censurati dal prete tanti anni prima.

Tornatore in questa sua seconda prova da regista (dopo l’esordio di 30 anni fa con Il Camorrista) non abbandona, ma anzi aumenta, il linguaggio popolare trovando una sintesi tra la realtà autobiografica e la finzione. I singolari personaggi che affollano Giancaldo, tra tutti Ignazino interpretato da un intenso Leo Gullotta, formano quel pubblico che ha trovato, e trova, nel cinema una dimensione preziosa e reale; e che in John Wayne, Jane Russel, Stanlio e Ollio, Chaplin e così via, intravede, più che una possibilità di fuga, una espressione dei propri sentimenti.

 

Emblematica la scena finale: rientrato a Giancaldo dopo alcuni decenni, Totò assiste ammutolito, insieme a tutto il paese, alla demolizione del Nuovo Cinema Paradiso, che era ormai abbandonato da anni. Mentre le fondamenta crollano, nei volti degli abitanti si legge la fine di un’epoca, quella in cui il cinema era il punto di non ritorno verso se stessi: quando i titoli di testa erano l’alba e la dissolvenza a nero il tramonto.

Giacomo Aricò e Tommaso Montagna

 
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