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Messaggi del 28/10/2015

 

Garfield

Post n°12699 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Garfield - Il film

25 anni fa, il disegnatore Jim Davis ha dato vita a uno dei personaggi dei fumetti più amati e letti nel mondo. Garfield il gatto. Il successo di Garfield è il suo modo di essere pigro, indipendente e con un grande humor brillante e satirico. Il film ha puntato a trasporre nel cinema la striscia comic, rappresentando il mitico felino, in digitale, con la voce di Bill Murray, in originale, e di Fiorello, in Italiano (non immaginatevi la verve strabordante dello showman. Qui si controlla molto, sulle basi dell'interpretazione di Murray).
Garfield, vive con il padrone Jon, odia i lunedì, e si diverte qua e là con i suoi compagni di quartiere. Quando nella sua vita (e soprattutto nella sua casa) entra Odie, cane bassotto un po' stupido della veterinaria di cui si innamora Jon, per il gattone la vita diventa uno stress, e condividere i propri spazi e il suo padrone con un cane non gli va proprio giù. Ma in fondo il cinico Garfield ha un cuore d'oro. 
Il film di John Davis è a tratti divertente, anche se scontato, grazie soprattutto a qualche dialogo brillante, e si conclude con un finale corale di stampo disneyano. Il protagonista, realizzato in digitale, si muove nel mondo reale con una certa simpatia, e non fa rimpiangere le espressioni, del genere occhioni a mezz'asta, che contraddistinguono il personaggio creato da Jim Davis. Leggero, a volte realmente simpatico, una visione per tutti, Garfield, passa e va con un sorriso. 

 
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Garfield 2

Post n°12698 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Garfield 2

Nel 2004 l'esordio al cinema delle vicende tratte dalla serie creata da Jim Davis alla fine degli anni '70 aveva rinnovato la popolarità del gatto più ciccione e pigro del mondo fumettistico anche tra i giovanissimi. Allora Peter Hewitt aveva provato a trasporre su grande schermo le avventure di Garfield in un format che potesse attirare in sala un pubblico eterogeneo, con un cast di attori del tutto rispettabili - a partire da Bill Murray che dava la voce al gatto, in Italia doppiato da Fiorello - e una storia di quelle che divertono più i bambini che gli adulti. 
Il cambio alla regia non ha modificato l'umore della prima prova su pellicola e anche gli attori che interpretano i personaggi principali - Jon Arbuckle/Breckin Meyer, Liz/Jennifer Love Hewitt, lo stesso Murray e persino Fiorello - sono rimasti gli stessi. Tim Hill li porta tutti a Londra dove si scopre che Garfield ha un sosia: un micione dai modi aristocratici (e con la voce di Tim Curry nella versione originale) che ha ereditato dalla padrona il castello di Carlyle e che deve salvare sé stesso e i suoi sudditi - gli animali della fattoria - dai progetti malefici di Lord Dargis (Billy Connolly), mirati alla successione ereditaria. Lo scambio di identità tra i due gatti è pressoché annunciato e il film fa ampio uso di tutti quegli elementi già utilizzati in abbondanza nelle cosiddette commedie degli equivoci, con un finale dichiarato: l'alleanza tra il rozzo felino americano e il principino inglese, la ribellione degli animali e la rivincita di Odie. Meno contagioso del precedente, e sempre più rivolto ai bambini, Garfield 2 contiene però dei momenti decisamente divertenti e delle trovate graziose, se pur non originali, come la lasagna fatta a più zampe nella cucina del palazzo reale, con Garfield come capo cuoco. I nostalgici continueranno a rimanere fedeli alla striscia a tre vignette, ma i nuovi adepti sapranno apprezzare la versione cinematografica che potrebbe avere anche altri seguiti.

 
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Belli di papà

Post n°12697 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Un padre può mantenere cento figli, ma tre figli riuscirebbero a mantenere un padre? Vincenzo è un imprenditore di successo. Vedovo, rimasto improvvisamente solo, deve badare a tre figli ventenni, Matteo, Chiara e Andrea, che rappresentano per lui un vero e proprio cruccio. I ragazzi vivono, infatti, una vita piena di agi, ma senza senso e soprattutto ignari di qualsiasi responsabilità, con una quotidianità leggera, lontana dai doveri e dalla voglia di guadagnarsi la vita. Vincenzo tenta perciò di riportarli alla realtà: una messinscena con cui fa credere ai figli che l'azienda di famiglia stia fallendo per bancarotta fraudolenta. Sono perciò costretti ad un’improvvisa fuga degna di veri latitanti. I quattro si rifugiano in una vecchia e ormai malconcia casa di famiglia in Puglia. Per sopravvivere, Chiara, Matteo e Andrea dovranno cominciare a fare qualcosa che non hanno mai fatto prima: lavorare.

 
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Fantozzi

Post n°12696 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Insignificante rotellina nello smisurato ingranaggio di una grande azienda, l'impiegato Fantozzi comincia le sue giornate lottando contro il tempo, poiché ha il cartellino da timbrare, mentre gli autobus sono superaffollati; le prosegue seminascosto dietro pile di pratiche che gli sfaticati colleghi si premurano di affibbiargli approfittando della sua arrendevolezza. Tornato a casa, trova magro sollievo in una moglie brutta e sfiorita e una figlia orripilante. Di quando in quando, malgrado i suoi sfoghi per sottrarvisi, è costretto a subire le iniziative del collega Filini, infaticabile organizzatore di squallide gite aziendali, di lugubri partite di football tra scapoli e ammogliati, di tetri campeggi, di deprimenti feste di fine d'anno.

  • FOTOGRAFIAErico Menczer
  • MONTAGGIOAmedeo Salfa
  • MUSICHEFabio Frizzi
  • PRODUZIONE: GIOVANNI BERTOLUCCI PER RIZZOLI FILM
  • DISTRIBUZIONE: Riedizione (2015): Egale Pictures - CINERIZ (1975) - CREAZIONI HOME VIDEO, MONDADORI VIDEO, L'UNITA' VIDEO
  • PAESE: Italia
  • DURATA100 Min
SOGGETTO:

libro "Fantozzi" di Paolo Villaggio

 
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Parker

Post n°12695 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Parker

Assoldato per un rapina durante una fiera Parker viene tradito dai criminali della sua banda e scaricato mezzo morto per strada. Raccattato e rimesso in sesto da una coppia di campagnoli il criminale medita una vendetta ad ampio raggio, un piano clamoroso nel quale viene coinvolta suo malgrado anche un'agente immobiliare in crisi finanziaria.
Dall'incontro di due generi ben precisi, le storie di Donald Westlake con protagonista il criminale costantemente malmenato Parker e i film d'azione con Jason Statham, esce fuori un curioso ibrido che forse non rende giustizia a nessuna delle due fonti d'ispirazione. I romanzi di Westlake sono stati ampiamente saccheggiati dal cinema nel corso degli anni e in maniere a dir poco burrascose poichè lo scrittore non aveva un buon rapporto con gli studios. Ne hanno usufruito tra i molti anche Lee Marvin, Mel GibsonRobert Redford e Jean-Luc Godard, però Parker è il primo film a basarsi su un suo racconto da quando l'autore è deceduto e per questo il primo a poter usare il nome del protagonista (dettaglio così decisivo da finire nel titolo). Seguendo quindi gli eventi di Flashfire: fuoco a volontà Taylor Hackford lentamente piega tutti gli angoli e smussa tutto ciò che non rientrerebbe nella parabola dell'eroe da Jason Statham, ovvero il duro senza scampo, dotato di un piano preciso e una vendetta da portare a termine.
Per questo motivo ad ogni angolo e prima di ogni svolta sembra di intuire il meglio e poi ci si ritrova con una sua versione un po' svogliata. Non solo il Parker adattato ai personaggi di Jason Statham perde quel senso di disperazione umana da noir filmico che era riuscito a guadagnare nelle sue precedenti incarnazioni cinematografiche (sorprendente quella di Mel Gibson inPayback) ma non guadagna nemmeno l'asciutta e spietata determinazione che l'attore britannico ha portato negli action movie moderni, finendo più dalle parti della vendetta nello stile del Conte di Montecristo. Anche l'unica caratteristica che hanno in comune i due personaggi (ovvero Parker e quelli solitamente incarnati da Statham), vale a dire la capacità di incassare senza fermarsi, nutrirsi di colpi ricevuti più che dati come un'instancabile macchina umana (sublimata dall'attore britannico in Crank), non sembra essere resa con la dovizia che sarebbe stato lecito aspettarsi. 
È allora il personaggio di Jennifer Lopez, agente immobiliare in cerca di denaro per una vita migliore, quello a cui più facilmente ci si affeziona. Entra in scena a metà film ma il suo mondo e i suoi problemi sembrano immediatamente più interessanti e coinvolgenti di quelli del protagonista. In questa storia trasformata in film di vendetta iperbolico e fumettoso (in cui anche un cockney come Statham viene creduto texano quando ne imita malissimo l'accento), Jennifer Lopez porta un peso umano e reale non indifferente, una complessità sentimentale e romantica (quella sì davvero da noir) che sorprendono. Quando i due agiscono in coppia sembra lei la protagonista del film, ovvero il personaggio le cui traversie sono più determinanti per lo spettatore.

 
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Lei

Post n°12694 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Lei

Theodore è impiegato di una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro grottesco che esegue con grande abilità e a tratti con passione. Da quando si è lasciato con la ragazza che aveva sposato però non riesce a rifarsi una vita, pensa sempre a lei e si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un'intelligenza artificiale sorprendentemente "umana", arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione.
A Spike Jonze interessano le più banali e comuni tra le sensazioni umane ma per arrivare a dar voce e corpo in maniera personale e addirittura "nuova" ai più antichi tra i temi trattati dall'arte (e dunque dal cinema) necessita sempre di passare per un elemento fantastico, l'inserimento di una sola implausibile stranezza per attivare meccanismi e percorsi nuovi.
In passato lo ha fatto con lo sceneggiatore Charlie Kaufman (che di questo è stato maestro) ora ci è arrivato con un film scritto autonomamente (e si nota un po' di fatica della sceneggiatura nel giungere alla conclusione), un'opera che attinge ai temi della fantascienza classica e li trasforma da obiettivo del film a suo mezzo. Il rapporto con le macchine non come spunto di riflessione ma come strumento per parlare d'altro.
Con il lusso di poter usare l'attrice più attraente del momento solo in audio, senza mai farla vedere (l'intelligenza artificiale parla per bocca di Scarlett Johansson), facendo in modo che sia il cervello dello spettatore a sollecitare il rinforzo positivo legato a quella voce, e appoggiandosi alla capacità superiore alla media di Joaquin Phoenix di "ascoltare", cioè di essere l'unico inquadrato in ogni conversazione significativa, volto emittente e ricevente di tutte le battute, Spike Jonze riesce a girare una storia d'amore al singolare, senza puntare il dito contro la tecnologia. Anzi.
Attraverso la sua versione estrema della società in cui viviamo (sembra ambientato 10 anni da oggi) Her supera la dicotomia classica della fantascienza tra spirito e materia, ovvero la lotta che in ogni uomo l'umanità compie per emergere e trionfare sul dominio imposto con o dalla tecnologia. Rifiutandosi di mettere in scena il rapporto che avevamo fino a qualche decennio fa con l'avanzamento tecnologico, Jonze arriva invece dalle parti di Wall-E, cioè in quel reame di storie in cui la lotta dello spirito per emergere è aiutata dalla tecnologia e non ostacolata. Non cosa la tecnologia rischi di farci ma chi siamo noi mentre ci guardiamo nel suo specchio.
Ridotto ai minimi termini infatti Her mette in scena il lungo processo attraverso il quale viene elaborata la fine di un amore: venire a patti con l'esigenza di andare avanti, lasciare il passato dietro di sè e voltare pagina attraverso esperienze estreme e grottesche. Questo modo di procedere consente al regista di piegare i generi, fondendo fantascienza e melodramma (ma non c'è dubbio che sia il secondo a prevalere) e dipingendo uno stile di vita e un universo animato dalla più evidente contingenza con il tempo presente. Non c'è un briciolo di fobia nella sua visione ma anzi l'amichevole presa in giro da parte di chi con le novità del presente ha un rapporto di confidenza. 
Il risultato è che vedendo Her si ha l'impressione che solo in questa maniera sia possibile operare quell'indagine sull'attualità, tipica delle forme d'arte non ancora morte, quella che consente di scovare quali siano le pieghe in cui poter trovare il sentimentalismo oggi.

 
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Il venditore di medicine

Post n°12693 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Il venditore di medicine

Informatore medico per un'importante azienda farmaceutica, Bruno, da anni, coltiva un gruppo di medici che, in cambio di viaggi, regali o soldi, sono disposti a prescrivere i suoi farmaci ai propri pazienti. In un difficile momento di tagli al personale, spinto da una capo area, cerca di allargare il proprio giro anche ad un celebre oncologo che sembra inizialmente restio. Intanto i suoi nervi sembrano cedere e le insistenze della moglie per avere un figlio hanno bisogno di una soluzione. Pur di tenersi stretto il lavoro, in un momento di grande instabilità sociale, si dimostrerà capace di tutto. 
Un film sul reato del comparaggio, cioè su quella pratica per cui il medico accetta regalie, di qualsiasi tipo esse siano, in cambio della prescrizione di uno specifico farmaco, anche nel caso in cui questo non fosse necessario al paziente. Siamo dunque dalle parti di un lavoro necessariamente duro, spesso fastidioso nel mostrare il fenomeno per cui una medicina viene messa sullo stesso piano di un qualsiasi prodotto commerciale: «Sai cosa significa "oncologia"? Duemila euro a fiala!» dice la capo area a Bruno, quando lo spinge verso l'ospedale di un professore che in passato si è dimostrato insensibile alle proposte della casa farmaceutica. 
Scritto dal regista insieme a Michele Pellegrini e Amedeo Pagani, anche produttore e attore nel piccolo ruolo di un dirigente dell'azienda, Il venditore di medicine insegue una programmatica sgradevolezza attraverso la figura di un protagonista che agisce al di là della propria coscienza. Può essere letto sia come una denuncia, in apertura e in chiusura lo spazio è lasciato a stralci di servizi giornalistici sull'argomento, sia come la sbilanciata analisi di un sistema criminale mediante una storia particolare. Ben oltre la discesa nell'abiezione di Bruno, infatti, risalta la problematica, come se l'urgenza e l'attualità del discorso portato avanti cancellassero la costruzione della finzione in sé. Il rapporto con la moglie, quello con un amico di vecchia data molto malato, ancora le notazioni sulla crisi economica (il suicidio iniziale, l'ambiente lavorativo tesissimo) hanno poca rilevanza se confrontate con la tensione di cui sono intrise le sequenze in cui Bruno conduce le sue trattative o semplicemente dialoga con i medici. 
In definitiva, Antonio Morabito ha buon gioco nel denunciare la gravità del reato, mettendone a fuoco con acume i funzionamenti, anche se non riesce a calibrare questo aspetto con quello privato del personaggio, alla fine legati insieme soltanto da un troppo automatico e poco credibile effetto valanga. Il giornalista Marco Travaglio interpreta, con la giusta antipatia, il professor Malinverni, mentre il critico cinematografico Roberto Silvestri ricopre il ruolo del giudice.

 
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Film nelle sale da domani

Post n°12692 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da Ladridicinema
 

 
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