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Messaggi del 03/12/2015

 

Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente

Post n°12803 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Call Me Francesco

Poster

Chiamatemi Francesco è il racconto del percorso che ha portato Jorge Bergoglio, figlio di una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, alla guida della Chiesa Cattolica. È un viaggio umano e spirituale durato più di mezzo secolo, sullo sfondo di un paese - l'Argentina - che ha vissuto momenti storici controversi, fino all'elezione al soglio pontificio nel 2013. Negli anni della giovinezza Jorge è un ragazzo come tanti, peronista, con una fidanzata, gli amici, e una professoressa di Chimica, Esther Ballestrino, cui rimarrà legato per tutta la vita. Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne, nel rigoroso ordine dei Gesuiti. Durante la terribile dittatura militare di Videla, Bergoglio viene nominato, seppur ancora molto giovane, Padre Provinciale dei Gesuiti per l'Argentina. Questa responsabilità in un momento così tetro metterà alla prova, nel modo più drammatico, la fede e il coraggio del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime - ma pagherà un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o "scomparire" alcuni tra i suoi più amati compagni di strada. Da questa esperienza Bergoglio uscirà cambiato e pronto a vivere il suo impegno futuro nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati.

  • SCENEGGIATURADaniele Luchetti
  • PRODUZIONE: Taodue Film
  • DISTRIBUZIONE: Medusa Film
  • PAESE: Italia, Argentina
  • DURATA: 94 Min

 
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This Changes Everything

Post n°12802 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 

Poster
VOTO DEL PUBBLICO
    
VALUTAZIONE

4 di 5 su 1 voti

Documentario girato in nove paesi e cinque continenti diversi nel corso di quattro anni. Si tratta di un tentativo epico per reinventare la grande sfida che il cambiamento climatico rappresenta. Il film è composto da sette ritratti di comunità in prima linea nella lotta al surriscaldamento del pianeta, dal Canada alla Cina, dalla Grecia all'India e oltre.

  • SCENEGGIATURANaomi Klein
  • PRODUZIONE: Klein Lewis Productions, Louverture Films
  • DISTRIBUZIONE: Camera Distribuzioni Internazionali
  • PAESE: Canada, USA
  • DURATA: 89 Min
NOTE:

Tratto dal libro di Naomi Klein, “Una rivoluzione ci salverà” (Rizzoli, 2015).

 
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Il mago, l'incredibile vita di Orson Welles

Post n°12801 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Magician: The Astonishing Life and Work of Orson Welles

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Poster
VOTO DEL PUBBLICO
    
VALUTAZIONE

3.4 di 5 su 8 voti

Il Mago - L'incredibile vita di Orson Welles racconta il genio straordinario di Orson Welles, alla vigilia del centenario della sua nascita - la sua carriera come star di Hollywood, regista di Hollywood (o per alcuni fallimento di Hollywood), e regista indipendente di enorme importanza.

  • PRODUZIONE: Cohen Welles Project, Calliope Films, Wheelhouse Creative
  • DISTRIBUZIONE: BIM
  • PAESE: USA
  • DURATA: 91 Min

 
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Il gesto delle mani

Post n°12800 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Il film racconta il processo di creazione delle sculture in bronzo dell’artista Velasco Vitali alla storica Fonderia Artistica Battaglia di Milano.

  • FOTOGRAFIAFrancesco Clerici
  • MONTAGGIOFrancesco Clerici
  • PRODUZIONE: Velasco Vitali, Fonderia Artistica Battaglia, Francesco Clerici
  • DISTRIBUZIONE: Lab 80
  • PAESE: Italia
  • DURATA: 77 Min

 
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Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

Post n°12799 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: In the Heart of the Sea

Poster

Nell'inverno del 1820, la baleniera del New England Essex viene attaccata da una creatura incredibile: una balena dalle dimensioni e la forza elefantiache, ed un senso quasi umano di vendetta. Il disastro marittimo, realmente accaduto, avrebbe ispirato Herman Melville a scrivere Moby Dick. Ma l'autore ha descritto solo una parte della storia. Il nuovo film di Ron Howard Heart of the Sea Le Origini di Moby Dick rivela le conseguenze di quella straziante aggressione: di come i superstiti dell'equipaggio della nave si spingono oltre i loro limiti, costretti a compiere l'impensabile per poter sopravvivere. Sfidando le tempeste, la fame, il panico e la disperazione, gli uomini mettono in discussione le loro convinzioni più profonde, dal valore della loro vita alla moralità dei loro scambi, mentre il capitano cerca di riprendere la rotta e il suo primo assistente tenta ancora di sconfiggere la grande balena.

  • SCENEGGIATURACharles Leavitt
  • FOTOGRAFIAAnthony Dod Mantle
  • MUSICHERoque Baños
  • PRODUZIONE: Cott Productions, Enelmar Productions, A.I.E., Imagine Entertainment
  • DISTRIBUZIONE: Warner Bros.
  • PAESE: USA
  • DURATA: 121 Min
  • FORMATO: 2D e 3D
SOGGETTO:

Tratto dal sul libro Nel Cuore dell'Oceano - Il Naufragio della Baleniera Essex (In the Heart of the Sea: The Tragedy of the Whaleship Essex) di NATHANIEL PHILBRICK - Elliot Editore.

 
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Un posto sicuro

Post n°12798 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Casale Monferrato, 2011. Eduardo e Luca sono padre e figlio, ma si sono persi da tempo. Una telefonata improvvisa li rimetterà drammaticamente l'uno davanti all'altro, e questa volta, entrambi lo sanno, non avranno una seconda occasione. Intorno a loro si agita l'intera città, in cerca di riscatto alla vigilia della prima grande sentenza del processo alla fabbrica di amianto "Eternit". Il bisogno di dar voce a chi non l'ha mai avuta e l'amore per una ragazza daranno a Luca la forza per rinascere, lottare, raccontare una storia fatta di dolori e gioie quotidiane, di ricordi che tornano per farti del male o salvarti per sempre.

 
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TRE MOSTRE PER RACCONTARE 85 ANNI DI UNIONE SOVIETICA da tpi.it

Post n°12797 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Tre artisti in mostra alla Galleria del Cembalo di Roma per raccontare attraverso le proprie immagini quasi un secolo di arte, storia e fotografia dell’Unione Sovietica
FEATURED POSTS
  1. La pioniera è sempre pronta, 1931. Rozalija Rabinovič

  2. Il palazzo dei Soviet, 1932. Rozalija Rabinovič

  3. Il più grande sottomarino diesel. Russia, Regione di Samara, 2013. Danila Tkachenko

  4. Elementi di missili spaziali. Russia, Regione di Kyzylorda, 2013. Danila Tkachenko

  5. Sauna in un villaggio russo, 1981. Sergei Vasiliev

  6. Detenuto nelle carceri russe (da un reportage sui tatuaggi dei prigionieri nelle carceri di Chelyabinsk, Nizhny Tagil, Perm e San Pietroburgo, 1989-1993). Sergei Vasiliev

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Dal 4 dicembre 2015 al 13 febbraio 2016 si terrà alla Galleria del Cembalo di Roma una serie di tre mostre sotto il nome di Storie Sovietiche.

I tre artisti in mostra - Rozalija Rabinovič, Sergei Vasiliev e Danila Tkachenko - raccontano attraverso le proprie immagini quasi un secolo di arte, storia e fotografia dell’Unione Sovietica, nel suo farsi e disfarsi, tra illusioni, propaganda, disillusioni, memoria.

Tre storie per tre voci soliste. Tre storie indipendenti, ma unite idealmente, per raccontare l’Unione Sovietica nell’arco di 85 anni, dal 1930 al 2015.

Apre la trilogia Rozalija Rabinovič (Kiev, 1895 – Mosca, 1988), pittrice, allieva del VChUTEMAS e interprete originalissima della propaganda negli anni Trenta nel segno di Stalin.

Segue Sergei Vasiliev (Čeljabinsk, 1937), nome di riferimento del fotogiornalismo oltre Cortina, premiato cinque volte al World Press Photo e autore di un intenso ritratto della vita quotidiana negli anni del primo “disgelo”, tra i carcerati e la follia dei loro tatuaggi, e i corpi morbidi e immacolati delle donne nella sauna e nelle fasi più emozionanti del parto in acqua.

Chiudono le immagini di Danila Tkachenko (Mosca, 1989), enfant prodige della fotografia russa, che ha ritratto le zone off-limits, militari e industriali, dell’ex URSS, simbolo della Guerra fredda e della più ambiziosa tecnocrazia di regime.

A distanza di quarant’anni uno dall’altro e in assoluta autonomia artistica, Rozalija Rabinovič, Sergei Vasiliev e Danila Tkachenko si passano il testimone per narrare le stagioni di un Paese straordinario e della sua ideologia, che mai come oggi torna a guardare indietro nel tempo.

 
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Addio a El'dar Ryazanov

Post n°12796 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA

Una scena del film "Beregis' Avtomobilya" - Passo Carrabile.

Se ne è andato uno dei più amati registi dell'Unione Sovietica prima e della Russia poi, El'dar Ryazanov. Nome sicuramente noto a tutti gli appassionati della cultura e della cinematografia russa, che ha diretto classici come "Ironya Sud'by" (ironia del destino) e "Una matta, matta, matta, corsa in Russia", con Ninetto Davoli.



Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/foto/20151130/1639110/Eldar-Ryazanov-film.html#ixzz3tH3H8iQI

 
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Crisi Siriana

Post n°12795 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 Crisi siriana, aprile 2013 - La foto di lato si riferisce alla "strage du Hule", opera dei "ribelli" siriani di AlQaida. Tutto il mondo pensava però che ne fosse responsabile l'esercito regolare e il presidente Bachar al-Assad. Merito dell'Osservatorio siriano  dei diritti umani, che è riuscito a diventare unica fonte di informazione su quanto accade in Siria e ha bombardato i media internazionali di false informazioni. Oggi il New York Times scopre che "l'Osservatorio" è in realtà una sola persona, abita a Londra ed è finanziata dal governo inglese...






Mondialisation.ca, 18 aprile 2013 (trad. ossin)



Osservatorio siriano dei diritti umani: smascherato l’imbroglio finanziato dalla UE
Tony Carlucci


Il New York Times riconosce il gruppo fraudolento siriano di difesa dei diritti dell’uomo è costituito in realtà da un solo uomo “tuttofare”, finanziato dall’Unione Europea e da un altro paese europeo


12 aprile 2013.  In verità si conosceva da tempo l’assurda facciata propagandistica dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, diretto da Rami Abdel Rahman dalla sua residenza nella campagna inglese. Stando ad un articolo di Reuters del dicembre 2011 intitolato: “Coventry: una residenza improbabile per un eminente attivista siriano”, Abdel Rahman ammette di essere membro della “opposizione siriana” che cerca di abbattere il presidente siriano Bachar al-Assad:


“Dopo avere scontato tre brevi condanne in Siria per il suo attivismo filo-democratico, Abdel Rahman è emigrato in Gran Bretagna nel 2000 temendo una quarta condanna più pesante”.

“Sono venuto in Gran Bretagna il giorno stesso in cui è morto Hafez al-Assad e ritornerò in Siria quando Bachar Al-Assad se ne andrà”, ha dichiarato Abdel Rahman facendo riferimento al padre di Bachar, Hafez, anch’egli autocrate.


Non si potrebbe immaginare una fonte di informazione meno affidabile, più screditata e più falsata. Ciononostante, nei due anni appena trascorsi, il suo “osservatorio” è stata l’unica fonte di informazione dell’interminabile torrente di propaganda prodotto dai media occidentali. Ma il peggio è che anche le Nazioni Unite utilizzano questa fonte screditata e apertamente propagandista come fondamento dei loro rapporti. Almeno è questo che il New York Times (NYT) dice adesso in un recente articolo: “Un uomo occupatissimo dietro il bilancio delle vittime della guerra civile siriana”.


L’articolo del New York Times ammette questo:

“Gli analisti militari di Washington si affidano al suo bilancio di soldati e ribelli uccisi per valutare l’evoluzione della guerra. Le Nazioni Unite e le organizzazioni di difesa dei diritti umani rovistano tra i suoi racconti di uccisioni di civili per trovare prove da utilizzare in caso di processo per crimini di guerra. I grandi media citano i suoi dati, noi compreso.

Tuttavia, nonostante il suo ruolo centrale in quella selvaggia guerra civile, l’Osservatorio dal nome pomposo si riduce in realtà a un solo uomo “tuttofare”. Il suo fondatore, Rami Abdel Rahman, 42 anni, che è emigrato dalla Siria 13 anni fa, lavora da una casa semi isolata di mattoni rossi situata in una ordinaria strada residenziale di questa tetra città industriale (Coventry, Inghilterra)”.


Il New York Times rivela d’altronde per la prima volta che le operazioni di Rami Abdel Rahman sono in effetti finanziate dall’Unione Europea e da un “paese europeo” che non vuole indicare:


“Il denaro che ricava da due esercizi commerciali copre quasi interamente le spese dei reportage sul conflitto e si aggiunge a piccole sovvenzioni dell’Unione Europea e di un paese europeo che non vuole indicare”.


E tuttavia nella foto qui sotto (Reuters) vediamo “Rami Abdel Rahman, capo dell’Osservatorio Siriano per i diritti umani, lasciare il ministero degli affari esteri e del Commonwealth dopo un incontro col ministro William Hague, il 21 novembre 2011. Abdel Rahman non è affatto il “capo” dell’Osservatorio Siriano per i diritti dell’uomo, egli “è” l’Osservatorio Sirano per i diritti dell’uomo, che dirige da casa sua in Inghilterra come l’opera di una sola persona.


 


Sebbene Abdel Rahman si rifiuti di indicare il “paese europeo” che lo finanzia, non vi è alcun dubbio che si tratti del Regno Unito dal momento che Abdel Rahman ha un rapporto diretto col ministro degli affari esteri William Hague. E’ confermato che si sono incontrati diverse volte al Ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth a Londra. Il NYT rivela che è stato in realtà proprio il governo inglese a sistemare Abdel Rahman a Coventry, in Inghilterra, dopo che lo stesso aveva abbandonato la Siria, più di dieci anni fa, a causa delle sue attività antigovernative:


Quando due suoi compagni vennero arrestati nel 2000, egli fuggì dal paese pagando un passeur di migranti che lo introducesse clandestinamente in Inghilterra. Il governo lo ha sistemato a Coventry, di cui egli apprezza il tranquillo ritmo di vita.


Abdel Rahman non è affatto un “militante dei diritti umani”. E’ un propagandista remunerato. Assomiglia a quella banda di traditori turpi e decisi cui si è dato rifugio a Londra e a Washington durante la guerra in Iraq e la più recente orgia occidentale in Libia, con l’unico scopo di assicurare ai governi occidentali un frastuono costante di propaganda e rapporti informativi deliberatamente falsificati e concepiti specificamente per giustificare i disegni egemonici occidentali.

Tra i colleghi di Abdel Rahman si trova il noto transfuga iracheno Rafid al-Janabi, nome in codice “Curveball”, che si è pubblicamente vantato di avere inventato le accuse sulle armi di distruzione di massa irachene, il casus belli dell’Occidente per giustificare una guerra di dieci anni costata milioni di vite, anche di soldati occidentali, e che ha lasciato l’Iraq nel casino. Si trova anche il dr. Sliman Bouchuiguir, libico, meno conosciuto fondatore del racket dei diritti umani pro-Occidente a Bengasi, che si vanta oramai apertamente di avere inventato le storie di atrocità commesse nei confronti del popolo libico e attribuite a Muammar Gheddafi, storie che miravano a dare alla NATO l’occasione per intervenire militarmente.

Mentre in Iraq e in Libia la strategia occidentale ha avuto successo, essa è miseramente fallita nel tentativo di vendere un intervento militare in Siria. Anche la sua guerra clandestina sta cominciando a disvelarsi, dal momento che l’opinione pubblica sta comprendendo che il famosi “ribelli filo-democrazia”, armati da anni dall’Occidente, sono in realtà degli estremisti settari che fanno la guerra sotto le bandiere di AlQaida. Anche il simulacro dell’Osservatorio Siriano dei diritti dell’uomo  sta per rivelarsi per quello che è. Allo stato, però, è poco probabile che la mezza rivelazione del NYT convincerà i lettori che Rami Abdel Rahman non è niente altro che un altro “Curveball”, che aiuta l’élite imprenditoriale e finanziaria di Wall Street e Londra a vendere al pubblico un’altra guerra inutile.      

 
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Il cinema piange Gabriele Ferzetti, aveva 90 anni da lastampa

Post n°12794 pubblicato il 03 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA

Ha lavorato con alcuni dei maggiori registi italiani, da Michelangelo Antonioni a Elio Petri, da Sergio Leone a Mario Monicelli. Ha recitato in oltre 100 film

Gabriele Ferzetti in L’avventura di Michelangelo Antonioni

02/12/2015

È morto Gabriele Ferzetti, uno degli interpreti più amati del cinema e del teatro italiano. Era nato a Roma il 17 marzo 1925. Tra le sue interpretazioni più celebri, La provinciale di Mario Soldati, Le amiche e L’avventura di Michelangelo Antonioni, La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini, A ciascuno il suo di Elio Petri. E poi ancora C’era una volta il west di Sergio Leone e Il portiere di notte di Liliana Cavani. Il suo ultimo film al cinema è Diciotto anni dopo di Edoardo Leo, nel 2010, l’anno prima era nel cast del pluripremiato Io sono l’amore di luca Guadagnino.  

 

È stato un giovane seduttore, un quarantenne problematico e dubbioso, un affascinante signore sulla scena e sullo schermo, uno uomo appartato e schietto, un raffinato osservatore dei tempi che cambiano e un attore sottile, dedito sempre alla sottrazione e al perfezionismo. È stato Gabriele Ferzetti e nel suo caso, per fortuna, nessuno ha mai potuto mettere in campo paragoni. Era semplicemente Ferzetti, l’interprete a cui il nostro teatro e il nostro cinema migliore devono molto. 

 

Nato a Roma il 17 marzo 1925, di buona famiglia ed educazione impeccabile, ben presto divorata dalla passione per la recitazione. Frequenta l’accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico e già brucia le tappe, approdando al mondo del cinema che ha appena 17 anni: nel 1942, attor giovane a fianco di Dorsi Duranti ne «La contessa di Castiglione» di Flavio Calzavara. A guerra finita si costruisce con maniacale professionalità una spina dorsale da uomo di teatro e Luchino Visconti lo sceglie, nel 1948, per lo scespiriano Come vi piace. Il suo primo ruolo da protagonista in teatro è del 1951 con Olga Villi in Sogno ad occhi aperti di Rice; la prima grande affermazione sullo schermo la deve a Mario Soldati che lo mette insieme a Gina Lollobrigida ne La provinciale del 1953, grazie al quale gli spetterà il ruolo da prim’attore ne Le avventure di Giacomo Casanova diretto da Steno e purtroppo per molti anni massacrato dalla censura. 

 

Due anni dopo, sullo schermo, un incontro folgorante con Michelangelo Antonioni che tra Le amiche L’avventura ne fa l’emblema di una condizione maschile sospesa nell’incertezza, vero controcanto alla passione arrembante e un po’ «machista» del maschio italiano ai tempi della rinascita economica. Gabriele Ferzetti è ben diverso: bello, elegante, sobrio, affascinante, sta però sempre un po’ in disparte, non riempie lo schermo come Gassman o Sordi, ritaglia i suoi ruoli lavorando di cesello ed esprimendo la parte segreta dell’uomo contemporaneo. Lo capisce bene uno dei nostri registi più sensibili e sommessi come Antonio Pietrangeli in Nata di marzo, ispira a Florestano Vancini uno dei suoi ruoli più belli in La lunga notte del ’43, gli darà gloria Elio Petri in A ciascuno il suo

 

Nel frattempo la carriera di Gabriele Ferzetti corre a ritmi impossibili con una frequentazione ossessiva dei set (alla fine saranno più di 100 i suoi film) che si alterna con frequenza alla passione per il teatro e ad avventure oltre confine come nel bellissimo Tre camere a Manhattan di Marcel Carnè (1965). La duttilità d’interprete lo vede pienamente a suo agio in drammoni storici, commedie scanzonate, film d’avventura e drammi passionali. Non manca neppure l’appuntamento con i fermenti e gli scandali del ’68, partecipando a Grazie zia di Salvatore Samperi, ma sarà Sergio Leone a dargli gloria assoluta disegnando con lui il memorabile affarista sofferente e cinico di C’era una volta il West

 

In teatro, specie grazie alla consuetudine con Mario Missiroli, firma pagine importanti recitando con grandi colleghe come Lea Padovani o Anna Proclemer. E questa passione lo accompagnerà sempre, fino al meritatissimo premio Ubu ricevuto per Danza di morte nella sua piena maturità. 

Le sue incursioni nel cinema e nel teatro sono talmente tante e così varie (ha partecipato anche a un’avventura di 007, Al servizio segreto di Sua Maestà) che perfino oggi riesce difficile darne conto. C’era in lui una voglia di mettersi alla prova, un piacere sottile di non piacersi mai abbastanza che lo spingeva a superare ogni volta i confini. E c’era anche una timidezza segreta che spesso veniva scambiata per distanza e alterigia che lo spingeva a tenersi lontano dalle luci della ribalta, dai paparazzi, dal successo facile. Piace ricordarlo ancora nelPortiere di notte di Liliana Cavani (un monumento a quella sobrietà interpretativa che resta il suo tratto ineguagliato), nel Quartetto Basileus di Fabio Carpi, nell’Otello di Oliver Parker e in Io sono l’amore di Luca Guadagnino.  

 

In quell’occasione il successo internazionale del film fece scoprire a molti la classe ineguagliabile di quel gentiluomo che, come il miglior vino, migliorava invecchiando. Se si pensa a Gabriele Ferzetti oggi lo si vede ovunque: lo si ricorda al cinema, è vivo in teatro, è come un amico che conosciamo da sempre grazie alle ripetute incursioni televisive. Eppure ci lascia con il sospetto di non averlo mai veramente conosciuto, di averlo applaudito anche troppo poco, sempre più ammirato che amato. E allora è giusto, almeno un’ultima volta, lasciare proprio a lui il centro della scena: buon viaggio Gabriele!  

 
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