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ERNST JUNGER E LE DROGHE

Post n°1448 pubblicato il 09 Marzo 2009 da SANDRONE.Vg
 

junger-e-le-drogheTratto da http://www.mirorenzaglia.org/ Di Alessandro Cavallini
Negli ultimi vent’anni l’ambiente della Destra Radicale ha fatto della lotta indiscriminata all’uso delle droghe uno dei maggiori cavalli di battaglia nella propria attività di propaganda. Ma siamo propri sicuri che ciò sia coerente con il pensiero dei propri Maestri di Idee? Al riguardo ci viene in mente il libro “Avvicinamenti”, in cui il soldato politico Ernst Jünger [nella foto sotto] parla delle proprie esperienze con le sostanze stupefacenti. Qui le droghe sono viste come strumento per viaggi iniziatici come gli antichi sciamani, come i mistici che cercavano la luce di Dio, come i sapienti che si tuffavano negli abissi sconosciuti dell’essere, oltre i confini del tempo e della materia. Prova già l’etere e il cloroformio mentre ancora indossava la divisa. Non a caso i suoi superiori diffidavano di questo soldato bohemien ed anticonformista, che Dopo una serata a discutere di Rimbaud, si stordisce di stupefacenti. Sprofonda in mondi sconosciuti. E si risveglia nauseato, in mezzo al proprio vomito, e poi si unisce ai commilitoni che fanno esercizi ginnici con la coscienza in subbuglio. Numerosi anche gli episodi al limite della comicità raccontati da Jünger nel suo libro. Come quella volta in cui fuma cannabis in un albergo di Halle, in viaggio con la madre. Forse esagera con le dosi, perché compie un viaggio estremo che lo spaventa. Preso dal panico, corre per l’albergo in pigiama, urlando, finendo nelle camere dei clienti, scandalizzando una signora seduta sul bidè. La madre preoccupata convoca un medico che lo riporta in sé con una potente tazza di caffè e pensa che la causa di quella turbolenta nottata sia una carpa alla polacca avariata. Il dottore sorride, annuisce sornione, e Jünger, vergognoso rinuncia per anni ad altre sbronze tossiche. Ma negli anni Cinquanta riprende gli esperimenti provando varie piante «messicane», immergendosi in labirinti temporali che lo riportano alle antiche civiltà americane, distrutte dall’occidente. Nel ‘51 si reca dall’amico Hoffmann: aspettano che la moglie del chimico svizzero vada a fare una passeggiata, e prendono alcune gocce di Lsd. E’ un’esperienza affascinante. Ma solo un assaggio, perché la quantità è troppo modica. Decidono di riprovare con una dose maggiore. Devono rimandare più volte, per colpa di influenze, strade ghiacciate, incidenti vari. Finché ripetono l’esperienza con grande soddisfazione, in un mondo metafisico di colori ed estasi di leggerezza. Bisogna aggiungere che Jünger era consapevole delle potenzialità distruttive delle droghe. Proprio per questo sapeva che non è da tutti avvicinarsi a questo mondo oscuro ma affascinante. Occorrono disciplina, saggezza, senso del sacrificio, perché ogni «viaggio» è una specie di furto prometeico, che richiede una restituzione. Infatti c’è distinzione tra chi utilizza le droghe per superare i propri limiti umani e giungere ad una conoscenza superiore e lo sfigato discotecaro in cerca dello sballo del sabato sera. Questo per chiarire che il nostro scritto non vuole certo essere un inno sconsiderato all’uso degli stupefacenti, ma per ricordare come, talvolta, si possa trasformare il veleno in farmaco, secondo gli antichi insegnamenti tradizionale per chi è in grado di seguire la Via della Mano Sinistra. Non a caso, lo stesso Jünger da giovane affermava che fosse «Meglio essere un delinquente che un borghese». Alla faccia di chi si ostina a voler conservare il Nulla Assoluto dell’attuale società, schierandosi sul suo fianco destro in compagnia di nani, ballerine e veline trasformate in ministri.

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