Creato da FraZigno il 05/10/2010

I viaggi

Racconti di viaggi e avventure nate in Australia e non solo....

Messaggi di Settembre 2015

non ci credevo: Le Galapagos

Post n°53 pubblicato il 30 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

 

Alle 5.00 suona la sveglia nell albergo di Gayalaquil, il taxi lascia in aeroporto. L'aereo per le mitiche Galapagos parte alle 8.10.

 

Arrivati all'aeroporto di Gayalaquil bisogna sbrigare una formalità burocratica di cui non eravamo a conoscenza: si chiama documento di trasporto turismo e costa 20 dollari. I bagagli vengono controllati da una equipe speciale che nota il mio avocado. Non me lo fanno buttare via ma tolgono solamente il picciolo. Il volo aereo dura una ora e quarantacinque minuti. Mi ha colpito molto questo fatto: poco prima dell'atterraggio le hostess hanno aperto le capelliere sopra di noi spruzzando un non-identificabile spray su tutti i bagagli a mano portati. Galapagos che sogno!

Atterriamo e il controllo avviene più che altro per pagare i cento dollari che servono per entrare nel parco. A Francesca fanno il timbro sul passaporto, io mi accorgo di non averlo. Torno subito indietro e con un: " Desculpame, may i have the stamp on my passport?" invito la signorina a timbrare anche il mio documento. Evviva, abbiamo tutte e due il timbro delle Galapagos! Fuori dall'aeroporto dell'isola di Baltra, saliamo sul pullman che ci porta al porto del canale dove salpano le barche per l'isola di Santa Cruz. L'isola di Baltra e quella di Santa Cruz sono divise da un canale largo circa un chilometro, costo della attraversata dollaro. Prendiamo poi un bus collettivo per Puerto Ayola, la principale e unica città dell'isola. Il viaggio dura circa un ora e costa 2 dollari. Arrivati al porto di Puerto Ayora, l'autista ci consiglia di prendere un taxi al costo di un dollaro perché il B&B da noi prenotato è lontano. In cinque minuti il taxi ci lascia davanti all'albergo. Impazienti, lasciamo i bagagli nella camera e subito usciamo alla scoperta del paese: andiamo nell'unico centro di informazione turistica del paese che non sia anche una agenzia turistica. Ci illustrano cosa possiamo visitare da soli e a piedi. La prima cosa che vogliamo assolutamente vedere è il Charles Darwin Research Center che in teoria dovrebbe ospitare anche il Solitario George la famosa tartaruga gigante conosciuta in tutto il mondo. Arriviamo all'entrata del centro di ricerca e vediamo le iguane marine, che spettacolo! Seguiamo il sentiero didattico proposto per la visita del centro e ad un certo punto troviamo, davanti a noi, il cartello che indica che qui risiede la la tartaruga George. La cerchiamo, ma vediamo solo tartarughe di media dimensione e probabilmente femmine ( le femmine e i maschi della specie tartaruga nigra si distinguono per la lunghezza della coda, molto più lunga nei maschi). Francesca non si da pace, vuole vedere George, uno dei suoi miti studiati durante il percorso da biologa. Troviamo un ufficio nelle vicinanze del recinto e subito si fionda all'interno alla ricerca di personale del parco che le possa dare una spiegazione. Trova una ragazza, probabilmente una volontaria, che le da questa terribile notizia: il solitario George è morto circa tre anni fa. È sconvolta, non ci crede! Continuiamo il giro tra iguane terrestri, colibrì, cactus e iguane marine ma con un velo di tristezza negli occhi per la notizia appena appresa. 

La seconda parte della giornata la dedichiamo all'organizzazione dei dieci giorni. Giriamo un paio di agenzie, e verso le 19 soddisfatti per i giri prenotati, torniamo in albergo. Mangiamo del cibo acquistato in supermercato, le Galapagos sono care e i soldi iniziano a scarseggiare. Galapagos il sogno!

Riposa in pace mitico George!

 
 
 

Terzo giorno. Machu Picchu

Post n°52 pubblicato il 21 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Il D-day peruviano è arrivato. Dopo la Muraglia Cinese, Petra e il Colosseo, oggi Machu Picchu sarà la quarta meraviglia del mondo visitata da me e Francesca. Arriviamo al gate di entrata alle 4.30 della mattina. Non piove anzi il cielo è pieno di stelle. Evviva! Non c'è ancora tanta fila, più o meno saremo i trentesimi ad entrare oggi nella città Inca più famosa al mondo. Alle cinque aprono i cancelli e immersi ancora in un tenebroso buio iniziamo il sentiero; 450 metri di salita ci separano da Machu Picchu. La prima parte del percorso lo affrontiamo con il frontalino acceso. La pendenza è notevole e i due giorni precedenti di trekking intenso si fanno sentire. Superata da poco la metà del percorso, inizia ad albeggiare.

Le montagne intorno a noi sono fantastiche anche se della città non si vede ancora nulla.

Arriviamo all'entrata di Machu Picchu dopo circa un'ora di salita.

Siamo tutti sudati e un pochettino stanchi ma finalmente ci siamo: l'ultimo controllo al biglietto e poi finalmente siamo davanti alla meraviglia Inca.

È impossibile scrivere l'emozione provata nel vedere per la prima volta la città dal vivo. Ci sembra di essere davanti ad una cartolina o a una immagine del computer che tante volte abbiamo guardato durante l'organizzazione del viaggio. 

Ora non dobbiamo più usare l'immaginazione, finalmente siamo con i nostri occhi proprio davanti alla città inca fondata presumibilmente nel 1440 dall'imperatore Pachacutec.

Ippolito ci fa per due ore da cicerone. Visitiamo: il tempio del Sole, la Tomba Reale, la piazza Sacra, il Tempio delle Tre Finestre, Lintihuatana (palo del Sole), Piazza Centrale e il Tempio del Condor. La nostra guida ci racconta diverse curiosità della cultura Inca come per esempio quella riguardante l'arrivo di un figlio: gli Inca preferivano la nascita di una femmina piuttosto che di un maschio.

 

Scopriamo che Machu Picchu è diviso in due grandi settori separati da un unica minuscola porta di accesso: la parte agricola ricca di terrazzamenti per la produzione di cibo e la parte urbana dove risiedono le abitazioni e i vari templi. Ci viene raccontato che gli Inca erano dei grandi astronomi, ma questo lo sapevamo già, e che molto probabilmente Machu Picchu era una posto di villeggiatura usato dai sovrani e dalla gente appartenente alla classe sociale medio alta.

 

 

Ci sono anche dei lama nella piazza principale e naturalmente per fotografarli bisogna dare un soles al legittimo proprietario.

 

 

 

A questo punto Ippolito ci saluta indicandoci dove sono i bagni (informazione importantissima per prostata). Io e Francesca ci separiamo dai ragazzi americani e decidiamo di raggiungere a piedi la porta del Sol (Intipunku) facendo quindi un pezzo di Inca Trail. La porta del Sol è l'entrata principale per Machu Picchu. Dopo mezz'ora di ardua salita arriviamo a destinazione.

La vista sulla città è fantastica, ce la godiamo per una buona oretta. Rientriamo verso Machu Picchu passando dalla casa del guardiano da dove vengono scattate le tipiche foto che, nell'immaginario di tutti noi, rappresentano questa meraviglia. Anche io e Francesca ci facciamo la foto di rito e proviamo a qualche selfie. Le rimanenti due ore le passiamo a gironzolare per la città.

Rientriamo ad Aqua Caliente verso le tre del pomeriggio e decidiamo di mangiare una pizza prima di affrontare il rientro a Cuzco. Il viaggio sarà in parte con il treno ( i treni peruviani sono da terzo mondo) e in parte con il pulmino dell'agenzia con cui abbiamo fatto il trekking. Alle 22.30 tutti sporchi ma felici siamo di nuovo a Cuzco. Quarta meraviglie del mondo: done!

 
 
 

Salkantay trek.Secondo giorno verso Machu Picchu

Post n°51 pubblicato il 16 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Il giorno dopo ci alziamo alle 6.00. Piove. Mannaggia che palle! Oggi bisogna fare circa 22 km lungo la Santa Teresa valley.

Facciamo una abbondante colazione, ricarichiamo le borracce con acqua bollita e indossiamo i vari poncho; la pioggia non ci da tregua. Per questo motivo, Ippolito ci dice che oggi non è sicuro percorrere il sentiero nella foresta ma è meglio seguire la strada. Ci lascia nelle mani di Migel; lui non lo dice ma -secondo me- preferisce raggiungere La Playa, il campo dove si pranzerà, in macchina. Migel è bravo, anche se è solo un tirocinante. Ci guida lungo la strada anche se tutti noi vediamo gli altri gruppi del trekking scendere lungo il sentiero sconsigliato da Ippolito. Dopo un'ora di cammino e dopo che, un po' tutti, hanno stressato Migel per scendere sul sentiero, in prossimità della prima delle tre rudimentali cittadine che vengono attraversate dal percorso, riusciamo a trovare un punto di ingresso per addentrarci anche noi nella foresta Amazzonica. Miguel ci ha accontentati. well done!

È tutta un altra storia. Il sentiero passa tra campi coltivati con: zucche bianche, frutti della passione, piante di avocado, piante di caffè, jungle potatos, papaia, bananeti con le loro tipiche foglie, le fragoline di bosco (o meglio di foresta amazzonica) e una svariata e coloratissima presenza di orchidee. Il sentiero che ci porta alla Playa piace molto sia a me che a Francesca. In modo particolare, lei instaura con Migel un intenso scambio di domande e risposte sulla flora circostante. Le tre ore che ci separano da La Playa passano veloci e la fatica non si fa sentire.

Arriviamo alla Playa alle 13. Mangiamo - anche oggi c'è molto riso- e, dopo che prostata è andato per la decima volta in bagno, con un pulmino ripartiamo alla volta della centrale idroelettrica. Nella tanto amata valle sacra degli Inca, i peruviani hanno costruito una centrale idroelettrica gigantesca. I piloni grigi dell'alta tensione rovinano la naturale bellezza dei verdi versanti delle montagne a loro volta bucate come un gruviera dalle prese e dalle gallerie di scarico dell'acqua utilizzata dalla centrale. Va be', poco importa se ora vicino a Machu Picchu c'è una centrale idroelettrica. Gli Inca non avevano bisogno di energia elettrica, noi si.

               avogado

                                  Zucca bianca

 

 

orchidea                                                                         bananeto

 

fragoline di foresta Amazzonica

Il pulmino ci scarica in prossimità della stazione del treno che ogni giorno collega la centrale idroelettrica con Agua Calientes, la porta d ingresso a Machu Picchu. Il sentiero corre lungo la ferrovia e spesso bisogna attraversare i binari da una parte all'altra stando naturalmente attenti all'arrivo del treno. Finalmente iniziamo ad intravedere i primi terrazzamenti di Machu Picchu, che emozione. Alle sei siamo ad Aqua Calientes, siamo fradici, stanchi, sporchi ma felici. Decidiamo di cenare e poi di andare in albergo, domani alle 3.30 si sale verso una delle sette meraviglie del mondo. Quante volte sarà andato in bagno oggi prostata? Mah, ci siamo stancati di contare....


 

 
 
 

Salkantay Trek. Primo giorno verso Machu Picchu

Post n°50 pubblicato il 14 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

I tanto attesi tre giorni di trekking che ci porteranno a visitare Machu Picchu sono arrivati. Migel, guida tirocinante di 21 anni, ci passa a prendere in hotel alle 2.30 della mattina. Dopo 15 giorni di sole, stamattina piove. Saliamo su un Toyota pick up. Siamo noi tre più l autista.

Dopo tre ore di tortuoso viaggio pieno di curve e per la maggior parte su strada sterrata, arriviamo al campo base del Salkantay trek. Siamo a 3850 metri.

Migel ci accompagna nella tenda dove conosciamo i nostri compagni di viaggio: nove americani, un ragazzo peruviano e la nostra prima guida -supervisor di Migel- Ippolito. Costatiamo che sono tutti più giovani di noi. Dopo le veloci presentazioni, ci viene data la colazione.

Alle 6.50 inizia l'avventura. Ci attendono 4 ore di salita che ci porteranno al passo del Salkantay, 4630 metri.

Purtroppo continua a piovere ma le montagne intorno a noi sono bellissime e ci rincuorano. Dopo 200 metri di salita, poco sotto 4000 metri, la pioggia si trasforma in neve. Camminiamo a quasi 4000 metri sotto una fitta nevicata, figo! Lungo la prima parte del percorso iniziamo a conoscere i compagni di viaggio e in modo particolare notiamo che uno dei ragazzi americani deve andare spesso in bagno, caratteristica per cui verrà successivamente soprannominato prostata. Il cammino continua sotto una fitta nevicata che non accenna a diminuire. Lungo il percorso la fame d'aria si fa sentire così nelle varie soste mastichiamo foglie di coca e mangiamo il buonissimo cioccolato preparato da Francesca il giorno prima nel laboratorio del museo del cioccolato di Cuzco. Nonostante il cielo sia grigio in alcuni, seppur brevi, momenti le nuvole come per magia si dissolvono e lasciano intravedere panorami da mozzafiato. Le cime delle catena del Salkantay si mostrano in tutta la loro maestosità; di fronte a noi vette di oltre 6000 metri, che spettacolo!

Dopo 780 metri di salita, 20 o 30 foglie di coca masticate, 10 urinate di prostata arriviamo al passo! Io e Francesca, nonostante siamo i più vecchi, arriviamo prima dei giovani compagni di camminata. Siamo entrambi stupiti dal fatto di non aver sofferto troppo l'altitudine. Sono le 10.30 la neve ha smesso di cadere ma purtroppo il ghiacciaio del Salkantay -6280 metri- è coperto dalle nuvole.

Rimaniamo comunque affascinati da ciò che ci circonda e soprattutto felici di essere arrivati a piedi a questa quota. Dopo circa mezz'ora vissuta nella invana speranza di riuscir a vedere il ghiacciaio, le foto di rito e due pisciate di prostata, Ippolito ci invita ad iniziare la discesa. 

Ci attendono circa 1800 metri di discesa. La prima parte del percorso che ci porterà al campo base di Huayracmachay a 3900 metri è molto bella e anche le condizioni meteo sembrano essere in miglioramento. In due ore passiamo dal brullo e bianco paesaggio dei 4630 metri al più colorato e vivo ambiente dei 4000 metri. Lo zero termico è a circa 4200 metri; da li in giù il sentiero non è più bianco candido ma diventa melmoso ed è quasi impossibile non bagnarsi i piedi. Anche con i migliori scarponi in gore-tex che si possano avere, in queste condizioni risulterebbe difficile mantenere i piedi asciutti. Prima di arrivare al campo base, il sole ci fa un incredibile regalo: finalmente vediamo l azzurro vivo del ghiacciaio del Salkantay...indescrivibile, nella mia vita non ho mai visto un ghiacciaio così imponente e bello come quello che ora ho davanti ai miei occhi. Ci godiamo lo spettacolo, il pranzo può attendere.

Purtroppo il sole resiste alle nuvole per poco più di mezz'ora. Siamo comunque felici di aver avuto la possibilità di vedere il ghiacciaio. Alle 13.10 siamo al campo per il pranzo. Ottimo: una varietà tra carne, verdure e pasta che ci dà la forza di ricominciare la discesa. Da 3900 metro dobbiamo arrivare ai 2900 metri di Chaullay Village, il campo base nella giungla dove trascorreremo la notte. Sinceramente, devo ammettere che i 1000 metri di discesa sotto la pioggia e lungo un percorso melmoso e poco significativo me li sarei evitati volentieri. Arriviamo al campo alle 17.30, le tende sotto una struttura fatta di paglia sono già montate. La pioggia continua a cadere senza tregua e noi siamo praticamente bagnati fino alle mutande. Durante la cena, in contemporanea con l'arrivo dell'ennesima portata con contorno riso, sento Ippolito esclamare: " I peruviani mangiano riso più dei cinesi". Fino ad ora non avevo fatto caso a questo particolare culinario ma in effetti pensando ai viaggi in oriente mi rendo conto che la quantità di riso mangiata dai peruviani non è assolutamente minore a quella mangiata da un cinese. Prima di dormire ci domandiamo quante volte prostata sarà andato al bagno oggi: per me 20 per Francesca un po' di più.

 

 
 
 

Nazca, il volo

Post n°49 pubblicato il 11 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Nasca 2 agosto 2015

Oggi la giornata inizia subito con tanta adrenalina! Abbiamo prenotato un volo con un Cesna 207 sulle misteriose linee di Nazca. Sia io che Francesca siamo stati indecisi fino all'ultimo sul fare o non fare questa avventura in quanto molte guide turistiche riportano che le compagnia aeree sono poco affidabili e vengono menzionati diversi incidenti aerei avvenuti dal 2008 ad oggi, in totale cinque. Chiediamo quindi rassicurazioni al gestore dell'hotel che ci ospita il quale ci dice che le regole sulla sicurezza sono cambiate nel 2013 e che ora tutto è più sicuro quindi: hey oh let's go!


Il volo è fantastico, il pilota con avvincenti virate prima a sinistra poi a destra inclina l'aereo così da permettere a tutti i passeggeri di vedere chiaramente le diverse figure costruite minuziosamente prima dalla civiltà Paracas e poi dai Nazca. La costruzione delle figure avviene spostando i sassi roventi neri lungo linee geometriche precise che porta alla luce la sabbia bianca sottostante.

La balena, la scimmia, il colibrì, l astronauta e la rana sono solo alcuni dei disegni che hanno reso le linee di Nazca così famose nel mondo.

il colibrì

l'albero

il condor

 

la balena

Il copilota, attraverso le cuffie, ci indica dove guardare mentre il pilota governa il nostro Cesna con un volo acrobatico che volteggia libero nell'aria come un condor: virate, planate e improvvise risalite nell'azzurro del cielo, che emozione. Il volo dure circa trenta minuti, l atterraggio è perfetto. Sia io che Fra siamo veramente contenti di aver vissuto questa esperienza.


Alle 10 siamo nuovamente in hotel, qui conosciamo Juan Carlos, guida che lavora con l hotel e che visti i suoi 5 anni passati in Italia parla un fluente italiano. Ci propone diversi tour ma, soprattutto io, spingo per fare un tour di visita sulle linee a terra. Dopo averle viste dall alto, la curiosità è forte per capire come realmente sono fatte.


Charlos prima ci porta alle linee di Pampa fatte dai Paracas 2500 anni fa, 500 anni prima dei Nasca. Sono belle. Ci spiega che fortunatamente nella zona piove poco e quindi le linee si conservano. Le linee sono state fatte spostando i sassi neri e liberando la candida sabbia alla luce. Ma la curiosità più bella che ci spiega è che queste linee vengono pulite naturalmente dal forte vento che batte ogni pomeriggio in questa zona. 

Per molti turisti, specialmente asiatici queste linee hanno origini extraterresti, per gli scienziati e in particolar modo per la scienziata tedesca Roche che lavoro qui dal 1943 fino alla sua morte, le linee ricordano la disposizione delle stelle nel cielo creando una sorta di calendario astronomico che gli inca probabilmente usavano per l agricoltura. Interessante.

 

 
 
 

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