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del campionato 05/06.

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(G.Padovan - Tuttosport del 27/7/06)

 

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Post N° 315

Post n°315 pubblicato il 13 Gennaio 2009 da SunJuve

La condanna a Moggi? Poco più che un'inezia

La GEA controllava 7 squadre di calcio, otteneva favori arbitrali per esse, condizionava partite e campionati, alterava la normale concorrenza in fase di calciomercato: una piovra che comandava il calcio italiano. Balle.
L'ha detto un Tribunale della Repubblica. Eppure è stato detto, ridetto, urlato da giornalisti e addetti ai lavori. La GEA è la madre di tutti gli scandali del calcio. Così dicevano.
Non soltanto. L'enunciazione di cui sopra è stata alla base della fase inquirente non solo del processo GEA, ma anche del processo che si celebrerà a Napoli. Fase inquirente condotta dagli stessi uomini. Quegli uomini che abbiamo visto in grave imbarazzo durante il processo nello spiegare contatti e vicinanze con antagonisti e concorrenti di Luciano e Alessandro Moggi.
Il processo di Napoli si è originato dalla deposizione rilasciata da Franco Dal Cin il 5 giugno 2004. Deposizione il cui spirito, secondo lo stesso Dal Cin, era il seguente: "Nessun inquisitore, nessuna prova, nessuna dichiarazione contro qualcuno, solo un racconto di cose che si dicevano."
Insomma: voci di corridoio. Come tutte le voci di corridoio, possibili balle.
Ma che cosa diceva in sintesi Dal Cin? Diceva che gli arbitri De Santis, Gabriele e Palanca (la cui posizione è già stata archiviata) facevano parte di una cosiddetta "combriccola romana" che favoriva le squadre legate alla GEA. Esattamente: alla GEA.
E' la Procura di Napoli che arbitrariamente associa la GEA a Luciano Moggi, di conseguenza predisponendo intercettazione delle sue utenze telefoniche.
Ora sappiamo che quell'ipotesi investigativa, già fondata su voci di corridoio, si basava su una premessa che è stata sconfessata dal Tribunale di Roma: Luciano Moggi non era un socio occulto della GEA. La GEA non era un'associazione a delinquere, ma una normale società di procuratori che svolgeva il proprio lavoro legittimamente.
Per questo motivo se la GEA non esiste più come associazione a delinquere l'intera costruzione di Calciopoli, le sue basi, le sue premesse investigative, vacillano.
Questo è. Ma naturalmente c'è chi non se ne cura, per ignoranza o convenienza.
Questi signori preferiscono dire: "sì, ok, però Moggi è stato condannato per violenza privata".
Come se, dopo averlo accusato di tutti i mali del calcio, non si dovessero scusare di niente, perchè in fondo, seppur per tutt'altro, è stato condannato.
Manifesto del pensiero negazionista è la doppia pagina con cui la Gazzetta commentava i fatti venerdì. Un cubitale "Condannati i Moggi". Capofila l'uomo con la tiara rosa, Franco Arturi, pontificatore che morto uno non se ne fa un altro. Incurante di una sentenza che diceva tutto il contrario, continuava a cianciare di GEA che dispiegava la sua forza tra gli addetti ai lavori e panorama di sospetti e intrighi che minava la credibilità del calcio. Rimandando però per il merito della sentenza a Ruggiero Palombo. Peccato che nel merito della sentenza non ci fossero entrati nemmeno i giudici, essendo le motivazioni della sentenza ancora da depositarsi. Il Palombo abbozzava un titolo "Punito e contento" per Moggi, atto ad alimentare la vulgata del Moggi condannato, anzichè del Moggi scagionato. Ma nell'editoriale si arrendeva all'evidenza. Tutte quelle cose non si possono più dire, purtroppo.
Poi c'è La Repubblica, il quotidiano più politicamente corretto (con la grappa?) del mondo. Per bocca di Fabrizio Bocca: "Il sistema Moggi esisteva e avvelenava il calcio italiano, la sentenza ne è una conferma". La Corte ha detto il contrario. Ma per lui la violenza privata, evidentemente, è un crimine odioso.
E ancora Moratti a Sky, ormai abituale grancassa: "E' una condanna. Non conosco bene la situazione della GEA ma è una condanna. E' sempre qualcosa che dà fastidio". Questo è il presidente dell'Inter, l'Inter di Oriali e Recoba che una fastidiosissima condanna hanno patteggiato.
Ce ne sono tanti altri. Gente che non ha il buon gusto di cambiare idea davanti all'evidenza e si ostina a compromettere la propria credibilità di cronista e professionista in questo modo.
Le persone intelligenti sanno cambiare idea. E di questo dobbiamo dare merito all'Avvocato Mattia Grassani, una vita professionale spesa dall'altra parte della barricata rispetto a Moggi. Esperto di diritto sportivo, tra i più celebri avvocati in cause sportive, ieri ha spiegato l'esatta sostanza della condanna a Moggi, in un editoriale su Tuttosport.
"Non un'inezia, ma poco di più", così riassume la vera sostanza della condanna per violenza privata. Chiarisce in modo esemplare che cos'è la violenza privata, al di là del suono bellicoso delle parole. Ossia come da art.610 del codice penale il reato si ascrive a "chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualcosa". Tra i casi, cita l'avvocato, l'automobilista che assume una condotta di guida intimidatoria o il picchettaggio sul posto di lavoro. Questo è. Insomma, per dirla tutta, c'è anche chi potrebbe andarne orgoglioso. Ed è chiaro che un tale reato va ricondotto a una prospettiva sistemica. L'avvocato Grassani dispiega infatti una serie di esempi in tutto similari, avvenuti nel mondo del calcio, tra cui i più celebri i casi Dellas e Zanin. Insomma, il comportamento per cui è stato condannato Moggi , nonostante oggi Maurizio Galdi sulla Gazzetta si ostini, senza conoscere la sentenza, a ricondurlo all'attività GEA, non ha nulla a che vedere con l'illecita concorrenza, per cui è stato parimenti scagionato, ed è comportamento piuttosto comune nel sistema calcio.
Chiosa Grassani: "Dinamiche abbastanza frequenti nel mondo del calcio che, d'ora in poi, potrebbero interessare non solo i Collegi Arbitrali e gli organi della giustizia sportiva ma anche l'autorità giudiziaria penale". A chiarire come la condanna di Moggi costituisca un precedente giudiziario tutto sommato abbastanza pericoloso per le attività dei dirigenti sportivi, e non trovi corrispondenza in un'uguale severità e ricorso alla giustizia ordinaria, per i casi simili.
Luciano Moggi, insomma, è stato ritenuto colpevole per un reato non certo odioso, ma piuttosto veniale: un reato che con un'interpretazione estensiva (come quella che secondo noi ha portato alla condanna) ricomprende fattispecie delle più disparate e porta a un aumento del lavoro delle Procure sinceramente inappropriato. Un reato che, ancora, è di fatto comune nel mondo del calcio e in quello degli affari più in generale e che, molto raramente, è oggetto di indagini e sanzioni.
Un reato, ad esempio, parecchio differente, sotto il profilo etico-giuridico, dalla diffamazione a mezzo stampa o il concorso in falso e ricettazione per cui ha patteggiato una condanna il dirigente dell'Inter Oriali. Nemmeno il più capzioso dei sofisti paragonerebbe i due reati, mettendoli alla stessa stregua.
In un mondo del calcio che ha permesso che Baronio venisse messo fuori rosa perchè portava sfiga secondo il suo presidente, nessun biasimo, nessuna indignazione può indirizzarsi verso Moggi.
Anche perchè nel corso del processo abbiamo sentito testimoni come Cassetti, Grassadonia, Lai parlare di minacce di segno contrario: se abbandoni la GEA, noi ti facciamo un contratto. Cassetti ha sentito queste parole dai dirigenti dell'Inter, in un periodo, tra l'altro, in cui era vietato firmare contratti.
Nessun moralismo quindi verso Luciano Moggi. Aspettiamo fiduciosi le motivazioni della sentenza e il processo d'appello, sicuri che l'accusa di violenza privata, formulata sulla base di un'interpretazione, a nostro parere, erroneamente estensiva della legge, cadrà come le precedenti.
Nel frattempo, se qualcuno vuole puntare il dito contro i Moggi, lo faccia. Sappia però che, sotto ogni profilo, è come prendersela con uno che ti ha fatto uno sgarbo al volante. Inutile.

 
 
 

Post N° 314

Post n°314 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da SunJuve

Comunicato stampa

Il tonfo del reato di Associazione a delinquere nel processo GEA ha creato panico e sgomento negli accusatori della prima ora. Una inversione di tendenza sembra prendere ormai piede nella maggior parte degli organi di stampa. Appare arduo, infatti, pensare a differenti conclusioni nel procedimento penale in fase di celebrazione a Napoli. L'Associazione GiùlemanidallaJuve, fin dalla sua costituzione avvenuta nel maggio del 2006, si è sempre battuta per sostenere l'illegittimità delle sentenze sportive. Avevamo già parlato di sentenze degne di una "Santa Inquisizione". Un processo figlio dell'odio fomentato ad arte dalla maggior parte dei media e basato - a ben vedere! - sulla totale assenza di un fondamento giuridico, fondamento che la nostra Associazione aveva inteso difendere con il proprio intervento ad adiuvandum nel processo amministrativo celebratosi in Roma il 1 di settembre del 2006. Uno sforzo reso vano dal famigerato ed incomprensibile ritiro del ricorso al TAR deciso nel CDA del 31/08/06 dalla società Juventus, che dichiarava - udite udite - "cessata la materia del contendere". Forti delle nostre ragioni non ci siamo lasciati demoralizzare. Abbiamo continuato la battaglia con maggior determinazione, consci che solo il tempo ci avrebbe concesso la sospirata vittoria. Oggi, GiùlemanidallaJuve pare essere l'unico soggetto giuridico titolato alla richiesta di revoca dei provvedimenti della Giustizia Sportiva. È infatti pendente un ricorso al Consiglio di Stato ed uno alla Commissione Europea affidato allo studio legale dell'Avvocato Luc Misson. Quest'ultimo, dopo aver conseguito il successo con la famosa sentenza Bosman, ha da subito sposato le nostre ragioni denunciando ancora una volta - e con grande rigore professionale - la profonda illegittimità e la indiscutibile inattendibilità della Giustizia amministrata senza il presidio delle garanzie costituzionali. Appare arduo, inoltre, attendersi una virata nella fin qui passiva condotta tenuta dalla società Juventus che ha preferito "patteggiare" svendendo il proprio ed il nostro onore. Tale scellerata linea di difesa, per altro, non è figlia di quel famigerato sentimento popolare dell'estate 2006. La condotta sottomessa della stessa Juventus si è perpetrata, infatti, anche nel corso degli ultimi due anni nei successivi procedimenti penali e sportivi in cui è stata implicata. Negli oltre due anni di attività della nostra Associazione abbiamo più volte sollecitato l'attuale gruppo dirigente ad avviare ogni azione utile al riconoscimento dei titoli impunemente sottratti dalla Giustizia Sportiva. Lo abbiamo fatto più volte a mezzo stampa, lo abbiamo fatto in tutte le assemblee degli azionisti celebrate nel post calciopoli. Tardive ed inutili appaiono, quindi, le recenti affermazioni del presidente Cobolli sulle odierne difficoltà per richiedere una revisione del procedimento sportivo a fronte di miti sentenze penali. Sono più di due anni che chiediamo a Cobolli di attivarsi in tal senso. E non sarà di certo sufficiente palesare ad "alta voce" la nostra innocenza. È utile ricordare, infine, che la società Juventus ha colpevolmente lasciato decadere i termini per poter avviare azioni legali nelle sedi opportune. Gli spot pubblicitari elargiti a mezzo stampa dal presidente Cobolli non hanno superato lo scoglio della delusione dei tifosi. Delusione che sarà ancor più amara dopo le decisioni del Tribunale di Napoli.

 
 
 

Post N° 313

Post n°313 pubblicato il 09 Gennaio 2009 da SunJuve

http://www.ju29ro.com/farsopoli/1-farsopoli/789-il-misero-crollo-della-prima-cupola.html

Il misero crollo della prima cupola

Ci avevano raccontato che Moggi tramite la GEA condizionava illecitamente il mercato dei calciatori a favore della Juventus. Pretesero l’estromissione di Lippi dalla Nazionale, stracciandosi le vesti, perché suo figlio condizionava le convocazioni  (prima di salire sul carro del vincitore dopo il trionfo di Berlino).
Ieri, a Roma, un Tribunale della Repubblica ha stabilito che si trattava solo di chiacchiere, maldicenze, che la fantomatica cupola di Moggi e dei procuratori non è mai esistita, che la GEA non svolgeva attività illecite, né, tantomeno, era il braccio armato per il mercato del DG della Juventus.
Tutti assolti, tranne Luciano e Alessandro Moggi, condannati - a dispetto delle pesanti richieste dell’accusa - solo a un pugno di mesi per “minacce private”, il padre ai danni dei Blasi e Amoruso, il figlio dei semisconosciuti Ilyas Zetulaiev e Victor Budianski. Benché, sulla base di quanto emerso dal dibattimento, anche queste condanne lascino non poche perplessità (e gli avvocati, incuranti del fatto che la pena verrebbe comunque indultata, hanno promesso battaglia all’appello), attendiamo rispettosamente le motivazioni per poter fare un commento nel merito.
Resta il fatto che la giornata di ieri ci racconta una cosa fondamentale su Calciopoli: è crollato il primo dei due grandi teoremi che costituiscono l’architrave del processo sportivo. Due teoremi, quello della GEA e quello della cupola in FIGC, che, si badi bene, sono intrecciati fra loro in maniera quasi inestricabile.
In queste ore, gli juventini che manifestano sollievo a questo verdetto, si sentono spesso fare questa obiezione: “Okay, la GEA era pulita, ma che c’entra questo con gli arbitri, i designatori, i dirigenti federali e tutto il resto? Questi fatti riguardano il processo di Napoli, è un’altra cosa”.
Sì, quello è un altro processo, in un'altra città, ma c’è un dettaglio: è scaturito dalla stessa indagine. Vi ricordate le informative delle intercettazioni, quelle misteriosamente passate alla stampa nel maggio 2006? Ebbene, sono una delle principali fonti del teorema fatto a pezzettini ieri dai giudici e, allo stesso tempo, pure la fonte principale dell’ipotesi accusatoria che dovrà passare al vaglio del tribunale di Napoli.
La sentenza di ieri ci dice, ad esempio, che le accuse di Franco Baldini erano completamente campate in aria, e scusate se è poco. Sì, Baldini, quello che andava dalla Dandini a lamentarsi mentre stava perdendo il posto alla Roma, quello che in un’aula romana, clamorosamente, ha dovuto ammettere di aver frequentato, durante le indagini, l’estensore delle informative sulle intercettazioni.
Ora fate un esperimento: andate nell’area download del nostro sito e scaricatevi l’informativa di aprile 2005. Andate a pag. 589, e cioè all’inizio del capitolo 5 “L’esercizio monopolistico del mercato calcistico”. Le prime righe recitano: “Le indagini hanno portato all’acquisizione di ulteriori elementi che integrano quelli già segnalati nella nota del 18 settembre scorso, circa lo strumento operativo utilizzato da Luciano Moggi per condizionare le economie calcistiche, costituito dalla GEA World S.p.A., società che lo stesso controlla avvalendosi a tal fine del figlio Alessandro e di Franco Zavaglia…” eccetera eccetera.
La sentenza di ieri ci dice che tutto questo capitolo è da cancellare, non descrive la realtà. A questo punto, che pensare del cap. 1 “La struttura associativa” in cui si descrive la presunta cupola in Figc? E del capitolo 2 “Il controllo del palazzo”, in cui si tratteggiano foschi rapporti tra Moggi e le istituzioni? E soprattutto cosa del capitolo 3 “Il controllo del settore arbitrale”?
Cosa pensare, dato che stiamo parlando di un documento che la stampa presentò al pubblico come verità rivelata e sulla cui base venne celebrato in tutta fretta il processo sportivo che tolse due scudetti alla Juventus e la eliminò per un anno dalla serie A?
Sarà il processo di Napoli ad avere l’ultima parola, com’è giusto che sia.
Nell’attesa, dopo il verdetto di ieri, il tifoso juventino ha ora elementi molto solidi per ritenere che quella Juve, così ferocemente vilipesa due anni e mezzo fa, fosse invece una società sana che esprimeva una squadra che vinceva senza barare.

 
 
 

Post N° 312

Post n°312 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da SunJuve

ROMA, 8 gennaio - 1 anno e 6 mesi per Luciano Moggi, 1 anno e 2 mesi ad Alessandro Moggi per violenza privata. Assolti tutti gli altri imputati. Caduta l'accusa di associazione a delinquere. Questa la sentenza del processo per la presunta concorrenza illecita che sarebbe stata esercitata dalla Gea World, la società che ha gestito le procure di numerosi calciatori di serie A e B, nel quale sono imputati per associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, con minacce e violenza, Luciano e Alessandro Moggi, Franco Zavaglia (presenti in aula), Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi.

LE MOTIVAZIONI - 
Decaduta l'accusa di associazione a delinquere, Luciano Moggi viene condannato per violenza privata per le pressioni esercitate sugli ex juventini Nicola Amoruso ed Emanuele Blasi. Per Moggi Jr l'addebito che porta alla condanna in primo grado a 1 anno e 2 mesi deriva dalle circostanze e dalle pressioni esercitate sui due giocatori dell'est Zeytulaev e Nigmatullin. Assolti gli altri imputati Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi.

Moggi assolto per Ass. a delinquere,condannato a 1 anno e
6 mesi per "violenza privata" ahahah,naturalmente nei
prossimi gradi verrà giustamente assolto .
Il castello si sta sgretolando... Farsopoli
cadrà e i (Me)r(d)atti insieme a tutti gli
imbianchini che scrivono stronzate sui
media piangeranno lacrime amare.
E con Zeytulaev,Blasi,Amoruso e
Nigmatullin questi dominavano il
mercato dei procuratori ???
Ahahahaha , è tutto un
castello di carta.

NEWS DALL'AULA: Moggi Luciano e Moggi Alessandro condannati per VIOLENZA PRIVATA nei confronti di Amoruso e Blasi; tutte le accuse di associazione a delinquere e illecita concorrenza sono crollate. La GEA ne esce immacolata.
Alessandro Moggi, intervistato, si dichiara amareggiato per una sentenza che considera ingiusta.
 
Il commento dell'avvocato Melandri raccolto dal nostro Marmas, presente in aula: "Per me è una vittoria, per il p.m. una grande sconfitta."
Domanda di Marmas all'avvocato Prioreschi: "Questa sentenza avrà risvolti sull'altro processo che sta iniziando?"
Prioreschi: "Secondo me la caduta delle accuse nei
confronti dell'associazione a delinquere avrà delle
ripecussioni positive anche a Napoli"

 
 
 

Post N° 311

Post n°311 pubblicato il 07 Gennaio 2009 da SunJuve

Moggi l’inopportuno
Farsopoli di E. LOFFREDO del 06/01/2009 23.08.14
 
L’invidia, tra i sette peccati capitali è quello che forse più di tutti si cova segretamente nell’intimo della propria anima. Quand’anche è un sentimento palese e chiedete ad una persona se è invidiosa, questa vi risponderà in modo quasi sdegnato: ma chi, io?
Non v’è dubbio che anche l’invidia verso un gruppo dirigenziale troppo vincente, abbia mosso i meccanismi di Farsopoli. L’invidia di alcuni di non riuscire a vincere e quella di altri per non essere stati negli stessi posti altrettanto capaci. Questo peccato capitale ha generato e alimentato un sentimento pregiudiziale di critica verso le azioni, le opere e le omissioni della Triade.
Ogni gesto, ogni singola azione di quella dirigenza, è divenuto cieco pretesto per additarla pubblicamente.
Chiariamo subito che non vuol essere questa l’ennesima e “rancorosa” arringa pro-Triade, anzi! E’ forse un’occasione per criticarne alcuni atteggiamenti che, col senno di poi, hanno nociuto alla Juve.
Non deve stupire questo giudizio di critica nei confronti dell’ex dirigenza bianconera, ma non deve tuttavia essere percepita per una di quelle frettolose condanne capitali che si è voluto sentenziare ai suoi danni.
Proprio criticando sia le azioni, che soprattutto il modus operandi della Triade, e di Moggi su tutti, nei dodici anni juventini, crediamo di poter giungere (una volta di più) ad un verdetto di non-colpevolezza per i fatti di Farsopoli.
È innegabile che in tutti gli anni di vittorie Moggi & C. abbiano seminato in modo inopportuno. Ad esempio quando dopo un Juve-Parma a Sacchi che negli spogliatoi dispiegava il solito lamentoso pianto contro un presunto torto arbitrale, Giraudo rispose, irridendo il tecnico di Fusignano: «Arrigo non prendertela, sembra che tu abbia perso un mondiale…» (chiara e feroce allusione al mondiale del ’94). Episodi come questo, che non credo siano numerosi, hanno creato nel corso degli anni quel sentimento di quasi-odio verso i colori bianconeri.
Così come è deprecabile la sbruffoneria di Moggi nel raccontare un non-evento per pavoneggiarsi con le sue interlocutrici telefoniche, “mi sono portato le chiavi in aeroporto…”. Circostanza poi che è stata ampiamente smentita non solo da Moggi.
Quello dell’eccessivo uso del telefonino è una delle colpe maggiori di Moggi. Anche se dalle trascrizioni delle telefonate non emerge nulla di sportivamente rilevante ai danni suoi e della Juve, questa sua lecita e a volte scagionante disinvoltura, è stato il principale grimaldello usato per aizzare il sentimento popolare. Dobbiamo ancora una volta ricordare che le telefonate di Moggi, soprattutto quelle ai designatori, erano consentite e rappresentavano la consuetudine per i dirigenti della maggior parte delle squadre di Serie A? Se poi ci aggiungiamo che un tribunale a Roma ha stabilito che i sorteggi arbitrali non erano pilotati come vuol farsi credere utilizzando in modo strumentale una di quelle trascrizioni…
Così anche il modo di fare mercato di Moggi è diventato, prima ancora che un fatto penalmente perseguito da un solerte presidente dell’ANM, una delle prove del malsano ed illegittimo strapotere del dirigente juventino. Moggi si rifiutava di parlare coi procuratori, e trattava direttamente coi giocatori. Che crimine!
Gioverà a qualcuno forse, ricordare un episodio che ebbe modo di raccontare il compianto Carlo Marinkovich, noto giornalista che seguiva la F.1: “Quando Enzo Ferrari invitò il pilota Eddie Cheever a Maranello per proporgli l’ingaggio e questi si presentò col suo legale, il Drake esclamò: «Il signore è il suo legale? Benissimo, il contratto lo facciamo un’altra volta o forse mai più!». Era noto che Ferrari amava parlare direttamene coi piloti…”. Con tutto il rispetto per il mito di Enzo Ferrari, sembra quasi il metodo Moggi!
Così, sempre per restare dalle parti di Maranello, vorremmo sapere quanto di quello sdegno che si è provato per Moggi padre e figlio, è nato anche per Jean Todt e il figlio Nicolas, manager di Felipe Massa.
Col senno di poi potremmo censurare questi e simili atteggiamenti tenuti dagli ex Dirigenti bianconeri. Potremmo censurarli non perché sono colpe tali da rappresentare motivo di condanna sportiva, ma perché (col senno di poi appunto) rappresentano il seme da cui è scaturito quel livore che molti hanno nutrito verso le nostre maglie.
Siamo alla vigilia del processo di Napoli, chissà quante ce ne racconteranno ancora sulla Triade. Per il bene dei giudici, è opportuno che ci diano la prova inconfutabile del sistema a delinquere che avevano messo in piedi Moggi&Giurando.
L’impalcatura accusatoria in questi due anni ha manifestato più di uno scricchiolio (ad esempio l’assoluzione di alcuni di coloro che dovrebbero essere parte necessaria della “cupola”), e più di una crepa (le modalità di raccolta e forse selezione delle intercettazioni), per non sollevare dubbi sulla consistenza delle accuse mosse.
Per ora Moggi, Giraudo (e Bettega) devono rispondere di: antipatia, sbruffoneria, eccessi di vittorie e abuso sportivo di capacità manageriale (Presidente Cobolli sono forse queste le colpe che Lei non ha compreso e per le quali siamo stati mandati in B e privati di due strameritati scudetti). Aspettiamo di conoscere quali altre responsabilità (penali) hanno costoro.
BUON  2009

 
 
 
 
 

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